APRASSIA
 

 

 

 

 

 

 


L’aprassia è una condizione in cui, in assenza di disordini neurologici elementari motori o sensitivi, si manifestano difficoltà o incapacità nell’eseguire in maniera corretta movimenti volontari aventi significato (gesti), o privi di specifico significato; è un disordine di pianificazione (strategia del movimento) e programmazione (organizzazione degli stadi successivi che devono essere svolti per compiere un movimento)dell’attività motoria complessa, non dovuta a: paresi, atassia (movimenti incoordinati), distonia (disturbo del tono muscolare), discinesia (movimenti patologici), perseverazione. Eziologia.

 

La causa più comune alla base dei disturbi del controllo cognitivo del movimento è la malattia cerebrovascolare. Le aprassie sono spesso la conseguenza di un infarto embolico o trombotico nel territorio dell’arteria cerebrale media.

Una lesione cerebrale traumatica, che implica in particolare un danno diretto o controlaterale delle porzioni anteriori del cervello, può causare incostanza motoria, adiadococinesia, perseverazione motoria o ecoprassia.

Un altro fattore eziologico è la comparsa di una neoplasia nelle aree associate con i vari disturbi del movimento.

Le malattie degenerative (es. morbo di Alzheimer), sono strettamente associate all’aprassia ideativa o ideomotoria.
Vi può essere anche una eziologia psicologica o motivazionale, come nel caso della disfunzione motoria psicogena, spesso accompagnata da malattie organiche.

L’ aprassia, nella maggior patre dei casi, si evidenzia solo nelle condizioni d’esame testologico, raramente appare nelle attività di tutti i giorni benchè la sua incidenza sia considerevole (dell’ordine del 30% nei cerebrolesi sinistri); i pazienti stessi non sono consapevoli del loro deficit prassico e non lamentano alcuna disabilità, oppure questa coesiste con deficit di altra natura quali un’emiparesi o un’afasia, che hanno una maggiore rilevanza. Sin da quando Steinthal (1871) parlò per primo di aprassia, questo termine è stato applicato ad un’ampia varietà di quadri clinici, estremamente eterogenei sia per sistema effettore coinvolto che per caratteristiche semeiologiche e patogenetiche: l’aprassia degli arti, dell’abbigliamento, dello sguardo, del distretto bucco-facciale, del linguaggio, del cammino, delle abilità costruttive ecc. Tuttavia, non mancano argomenti per una concezione unitaria: si tratta in generale di anomalie motorie riguardanti non tanto i meccanismi elementari del movimento, quanto la programmazione, l’organizzazione, la sequenzialità e l’armonia del movimento stesso. L’aprassia è contraddistinta da una dissociazione automatico-volontaria: lo stesso gesto che é eseguito correttamente in risposta a sollecitazioni contestuali, o a esigenze interiori, fallisce quando viene richiesto dall’esaminatore, fuori da ogni motivazione interna o esterna. Solo in casi estremi e forse solo in caso di lesioni bilaterali, si ha una interferenza con l’attività quotidiana. Vi è dunque un sostanziale accordo tra i vari autori nell’includere nella definizione di aprassia solo i disturbi a carico dei movimenti volontari ed appresi (Rothi e Heilman, 1997). Verrebbero quindi esclusi i disturbi della motilità automatica, in particolare a carico della deglutizione e dei movimenti oculari, e tutti i disturbi in cui il comportamento anomalo del paziente non può essere giustificato solo sulla base di un’alterazione motoria, quali la cosiddetta aprassia dell’abbigliamento e l’aprassia costruttiva; ques’ultime vengono attualmente interpretate come la risultante di anomalie delle capacità visuo-percettive e spaziali. Al termine “aprassia costruttiva” si preferisce pertanto quello di “disabilità visuo-costruttiva” (Benton e Tranel, 1993) o “incapacità costruttiva”. Un aspetto fondamentale dell’aprassia è che essa non è in relazione con le caratteristiche metriche e cinematiche che qualificano il movimento in quanto tale: l’ampiezza, la direzione, la prontezza e la velocità, la forza, il ritmo, la scioltezza, etc., le cui alterazioni si traducono in dismetria, atassia ottica, bradicinesia, ipostenia, adiadococinesia, asinergia etc. L’essenza dell’aprassia risiede invece ad un livello più elevato dell’organizzazione motoria, quello in cui i movimenti vengono “ideati” o “evocati” e “scelti”. La frattura nell’organizzazione gestuale può avvenire per due ragioni:

- il paziente non sa cosa deve fare, non riesce cioè a rappresentarsi mentalmente il gesto da compiere. A questo tipo di disturbo corrisponde l’aprassia ideativa (AI);

- il paziente non sa come fare, non è in grado di tradurre la sequenza motoria che ha in mente in un corretto programma innervatorio.A questo tipo di disturbo corrisponde l’aprassia ideomotoria (AIM).

Un’altra distinzione si riferisce al settore corporeo impegnato nel movimento (sistemi effettori colpiti): aprassia degli arti, della muscolatura orale, della muscolatura assiale o del tronco.

Si ritiene che nella programmazione di attività gestuali complesse vi sia una prevalente partecipazione dell’emisfero sinistro.

MODELLO INTERPRETATIVO DELL’APRASSIA.
Liepmann (1905b) propone che l’organizzazione gestuale di ambedue gli arti, così come della muscolatura bucco-facciale, sia sotto il controllo dell’emisfero sinistro. Le informazioni sensoriali (visive, uditivo-verbali, tattili), elaborate dall’intero manto corticale, convergono e raggiungono nell’emisfero di sinistra il senso-motorio (area sensitiva e motoria primarie). Geschwind (1965) sostituì nello schema di Liepmann il concetto di sensomotorio con quello di corteccia premotoria. La corteccia premotoria (PM) di sinistra manda delle afferenze sia alla corteccia motoria di sinistra, responsabile dei movimenti eseguiti dagli arti di destra, sia, attraverso il corpo calloso, alla corteccia premotoria di destra, che, a sua volta, invia fibre alla corteccia motoria destra, che controlla gli arti di sinistra.

Lesioni al modello:

- con lesione dell’area temporo-parieto-occipitale sinistra (TPO), il paziente non è in grado di pianificare nessun movimento e procede per tentativi ed errori. Il paziente non ha nessuna idea di come deve essere svolta l’attività richiestagli (aprassia ideativa);

- con lesione al fascicolo arcuato (connessione tra TPO e PM), l’informazione è elaborata ma non può essere mandata all’area PM. Il paziente ha dunque in mente un piano e se ne rende conto, riesce a riconoscere un movimento corretto da uno errato, per compiere una determinata attività, ma non riesce a compierla;

- con lesione dell’area PM sinistra il paziente dimostra di sapere cosa deve fare, ma non sa come farlo, non riesce a programmarlo (aprassia ideomotoria);

- con lesione dell’area motoria (M) sinistra, si ha un normale funzionamento della mano sinistra, ma non della mano destra;

- con lesione del corpo calloso (CC) l’informazione non passa a destra; si ha aprassia sinistra o aprassia diagonistica;
- con la disconnessione tra PM e M sinistre, il paziente è plegico a destra e aprassico a sinistra (aprassia simpatica).
TPO sx------- PMsx -------- Msx ed Mdx (tramite il CC)------- PMdx ------- Mdx

 

 

 

Aprassia ideativa.

L’aprassia si dice “ideativa” quando il paziente mostra difficoltà nel rappresentare mentalmente a se stesso il movimento da eseguire; è stata considerata come un disturbo della capacità di rievocare il gesto e la sequenza di movimenti adeguati a compierlo. Fu descritta inizialmente in pazienti che compivano grossolani errori di utilizzazione di singoli oggetti (Pick, 1905), che pur riconoscevano (ad es. usavano le forbici come un cucchiaio e le mettevano in bocca), come se non fossero in grado di rievocare il movimento aduguato per quel determinato oggetto. Successivamente si sono privilegiate azioni richiedenti l’impiego di più oggetti (ad es. accendere una candela avendo a dipsosizione una candela, un candeliere ed una scatola di fiammiferi chiusa), con le quali è più facile mettere in evidenza gli errori che il paziente commette nell’organizzare la sequenza motoria idonea a raggiungere lo scopo. L’aprassico ideativo non riesce a rievocare il gesto da compiere, omette o inverte l’ordine delle azioni, compie con un oggetto movimenti che sono propri di un altro oggetto, cioè non sa cosa fare. De Renzi e Lucchelli (1988) hanno proposto che alla base dell’aprassia ideativa ci sia un’amnesia d’uso degli oggetti. Questa interpretazione è stata criticata da alcuni autori (Poeck e Lehmkuhl, 1980), che considerano invece l’aprassia ideativa un disordine nell’organizzazione sequenziale o temporale del movimento. Atri autori, infine, interpretano l’aprassia ideativa come un disturbo della rievocazione dalla memoria semantica degli attributi d’uso di un oggetto, sulla base di un’alterazione del “sistema prassico-concettuale”, ossia di quella sottocomponente del sistema semantico responsabile delle conoscenze circa la funzione di un oggetto entro un determinato contesto (Roy e Square, 1985; Ochipa et al., 1989).

SEDI DI LESIONI.
Le lesioni cruciali nella genesi di questo disturbo sono situate a livello della regione temporo-parieto-occipitale sinistra (Hécaen, 1972), anche se sono stati descritti casi di aprassia ideativa conseguenti a lesioni frontali o di altre sedi, ad esempio nuclei della base (De Renzi e Lucchelli, 1988).

 

 

Aprassia ideomotoria.

 

L’aprassia ideomotoria si caratterizza per l’incapacità da parte del paziente, una volta rievocata la rappresentazione mentale del movimento richiesto, di attivare la corretta sequenza motoria per attuare il movimento stesso: il paziente sa “cosa” fare, ma non sa “come” farlo (De Renzi e Faglioni, 1996). Il movimento effettuato dal paziente appare tipicamente non riconoscibile, grossolano e approssimativo. Il deficit è bilaterale, anche se viene generalmente indagato per i soli arti di sinistra, coesistendo spesso l’aprassia con una emiparesi destra. L’aprassia ideomotoria (AIM), sembra essere caratterizzata dall’incapacità di tradurre il programma motorio nei movimenti corretti che un gesto, l’uso di un oggetto o l’attuazione di una determinata azione richiedono. Spesso il paziente con AIM usa parti del corpo come se fossero oggetti (ad es. se gli si chiede di mostrare come si usa lo spazzolino da denti, userà il dito indice come se fosse lo stesso spazzolino, anzichè produrre il gesto con cui lo spazzolino viene usato).

SEDI DI LESIONI.
Una lesione del lobo parietale di sinistra, in particolare l’opercolo parietale, dove sono localizzati i sistemi di connessione tra processi anteriori e posteriori, darebbe luogo ad un’aprassia ideomotoria che colpirebbe entrambi gli arti, in quanto il lobo parietale è responsabile dell’elaborazione del progetto d’azione e del controllo della sua esecuzione. In misura minore l’aprassia ideomotoria ricorre per lesioni frontali sinistre, responsabili della degradazione dei corrispondenti programmi di innervazione, che determineranno un’aprassia evidenziabile solo a carico degli arti di sinistra, poichè quelli di destra saranno plegici. Casi convincenti di AIM con lesione del giro angolare o del lobo temporale posteriore non sono stati descritti, tranne che da Basso e coll. (1980 c), che trovarono compromessa l’imitazione di gesti in pazienti con lesione infrasilviana. Alla luce delle più moderne tecniche di neuroimaging, si è rilevato importante anche il ruolo delle strutture sottocorticali, in particolare i nuclei della base, il pulvinar, i nuclei ventro-postero-laterale, ventro-laterale e laterale posteriore del talamo e la sostanza bianca sottocorticale.

 

 

Aprassia mielocinetica.

 

Disturbo caratterizzato dall’estrema lentezza nell’esecuzione dei movimenti, che appaiono anche imprecisi e grossolani. Verrebbe meno la “melodia cinetica” e cioè la capacità di automatizzare e di fornire la giusta fluenza alle sequenze motorie. I singoli atti motori sono compiuti temporalmente decomposti e a spese di un notevole sforzo di concentrazione. I pazienti affetti da aprassia mielocinetica sarebbero incapaci di compiere movimenti fini e precisi con l’estremità distale controlaterale alla lesione. Dal momento che i pazienti presentano movimenti che, anche se privi di precisione, sono correttamente scelti e orientati nello spazio, molti autori non ritengono che l’aprassia mielocinetica possa considerarsi una vera aprassia, e la interpretano piuttosto come un disordine lieve di natura piramidale o extrapiramidale. Le medesime caratteristiche mielocinetiche si osservano in una certa misura nel comportamento extrapiramidale del paziente affetto da morbo di Parkinson, che esibisce lentezza nei movimenti, goffaggine, perdita della melodia cinetica, pur essendo perfettamente in grado di selezionare il movimento corretto.

 

 

Aprassia della motilità assiale o del tronco.


Secondo Geschwind (1975) l’esecuzione di movimenti da parte della muscolatura del tronco sarebbe preservata in pazienti che manifestano chiara aprassia degli arti. Generalmente, infatti, il paziente affetto da aprassia ideomotoria è in grado di eseguire correttamente movimenti che richiedono il coinvolgimento della muscolatura assiale come sedersi, alzarsi, girarsi nel letto o assumere posizioni particolari quali la posizione del pugile. Vi sarebbe dunque una indipendenza dei sistemi responsabili della motilità assiale rispetto a quelli responsabili del controllo della motilità distale. La difficoltà ad eseguire movimenti con la muscolatura assiale si accompagna di frequente all’incapacità di organizzare adeguatamente il programma motorio della deambulazione, in assenza di deficit motori o sensitivi in grado di giustificare tale quadro. In passato tale condizione veniva definita aprassia del cammino (il paziente dimostra evidenti difficoltà ad iniziare il cammino; una volta innescato, rimane lento e frammentato, a volte il paziente non è in grado di mantenere la posizione eretta, ma in posizione sdraiata è in grado di eseguire movimenti corretti con gli arti inferiori), oggi inquadrabile, non tanto in una effettiva forma di aprassia intesa come difficoltà nella programmazione ed esecuzione dei programmi motori, quanto piuttosto in una aspecifica compromissione delle dinamiche posturali. Al termine aprassia del cammino si preferisce sostituire quello di disturbo del cammino di tipo frontale. Tali difficoltà nel cammino potrebbero essere viste in termini di una disfunzionalità dei sistemi responsabili dello svolgersi delle attività automatiche o semi-automatiche nel mantenimento di una postura o della deambulazione.

SEDI DI LESIONI.
Coinvolgimento lesionale dei lobi frontali ed in particolare dei circuiti frontali sottocorticali.

 

 

Aprassia orale o bucco-facciale.

 

La stessa dissociazione fra incapacità a compiere un movimento a richiesta e conservata abilità ad eseguirlo in via automatica, che è alla base dell’aprassia degli arti, si osserva anche per i muscoli dell’apparato faringo-bucco-facciale e costituisce l’aprassia orale. L’aprassia orale consiste in un disturbo nella produzione dei movimenti volontari dell’apparato faringo-bucco-facciale, in assenza di paralisi dovute a lesione delle vie piramidali o a danni della corteccia motoria primaria. I pazienti affetti da aprassia orale non sono in grado di fischiare, soffiare, dare un bacio, fare il verso per chiamare il gatto, sia su richiesta verbale che su imitazione. L’errore più frequente che questi pazienti compiono nel tentativo di produrre il gesto adeguato è la sostituzione del gesto con un altro movimento orale o con un rumore onomatopeico.

SEDI DI LESIONI.
L’aprassia orale sembra essere legata a lesioni opercolari frontali sinistre; solo in casi rari è stata osservata per lesioni parietali e lesioni ai nuclei della base.

 

 

Aprassia oculomotoria o dello sguardo.

 

Il movimento degli occhi a comando è alterato; si riscontra una mancata deviazione degli occhi in diverse direzioni specifiche, incapacità di interrompere la fissazione senza chiudere gli occhi, incapacità di muovere gli occhi senza muovere il capo nella stessa direzione. E’ conservato il movimento degli occhi quando stanno seguendo un target o quando al paziente è impedito di guardare (ad es. muovendo gli occhi sotto le palpebre chiuse). Si presenta in due modi diversi: sguardo fisso su un punto (il paziente sembra cieco), sguardo che vaga (senza un itinerario preciso, non si fissa su alcun oggetto). In entrambi i casi il paziente non è in grado di compiere saccadi oculari volontarie verso un oggetto e nemmeno di seguire un oggetto in movimento.Si distingue dalla paralisi oculomotoria dovuta a paralisi dei muscoli dell’occhio (il soggetto ha lo sguardo fisso e non è in grado di muovere gli occhi).

SEDE DI LESIONI.

Lesioni al lobo frontale, spesso con estensione al lobo parietale (Monaco et al., 1980; Cogan et al., 1953). Per l’aprassia oculmotoria limitata allo sguardo verticale si sono rilevate lesioni al nucleo talamico dorso-laterale.

 

 

Aprassia dell’abbigliamento.

 

Il paziente affetto da aprassia dell’abbigliamento non è in grado di vestirsi, presenta ovvi errori (ad es. il paziente cerca di infilare la mano nella estremità distale della giacca). Si è discusso circa la possibilità che le diagnosi di aprassia d’abbigliamento potessero essere fenomeni di negligenza spaziale unilaterale mal interpretati; ma probabilmente l’aprassia dell’abbigliamento è un fenomeno a sè, infatti ci sono stati pazienti che presentavano errori anche quando dovevano operare nella metà buona (ipsilaterale).

SEDE DI LESIONI.

L’aprassia dell’abbigliamento è limitata a pazienti con lesione cerebrale destra.

 

 

Aprassia diagonistica o callosale.

 

La mano sinistra e la mano destra agiscono verso fini opposti; si ha antagonismo tra ordini dati all’emisfero sinistro e quelli dati all’emisfero destro.

SEDE DI LESIONI.

Lesione del corpo calloso che fa sì che l’informazione non passi nell’emisfero destro.

 

 

Aprassia simpatica.

 

Il paziente è plegico a destra e aprassico a sinistra.

SEDE DI LESIONI.
Lesione nel lobo frontale di sinistra.

 

 

Aprassia da dissociazione.

 

Esistono diverse forme di dissociazione: verbale-motoria (alterata pantomima su comando verbale con conservazione dell’imitazione e dell’utilizzo degli oggetti), visuo-motoria (alterata imitazione con conservazione della pantomima su comando verbale e dell’utilizzo di oggetti), tattile motoria (alterato utilizzo degli oggetti con conservazione della pantomima su comando verbale e dell’imitazione).

SEDI DI LESIONI.
Tale disturbo può manifestarsi a seguito di una lesione coinvolgente le vie che veicolano informazioni sensoriali al lobo parietale e cioè per lesioni temporo-parietali, occipito-parietali o intra-parietali. L’interruzione di queti collegamenti provocherebbe un’alterazione selettiva dell’esecuzione del gesto connesso ad una data via sensoriale, verbale, visiva o tattile-cinestesica.

 

 

Agrafia aprassica.

 

Produzione di lettere mal composte fino al punto da diventare scarabocchi irriconoscibili quando sono scritte in risposta a un comando, a uno stimolo o sotto dettatura.

SEDI DI LESIONI.
Lesioni al lobo parietale, incluso il giro angolare, con estensione occasionale al lobo temporale, al lobo occipitale o alla capsula interna (Crary et al, 1988; Kinsbourne et al., 1974); lesioni al lobo frontale superiormente (Hodges, 1991), e al centro semiovale mediale (Croisile et al., 1990).

 

 

Aprassia costruttiva.

 

Disturbi nelle attività che richiedono di assemblare alcune parti dello stimolo per la riproduzione di un modello. Ciò può essere fatto sia chiedendo di mettere insieme dei bastoncini o dei cubi per riprodurre una figura, sia chiedendo al paziente di disegnare su copia o a memoria delle figure. L’aprassia costruttiva (AC), denota un difetto dell’abilità di combinare ed organizzare, in cui i dettagli devono essere chiaramente percepiti ed in cui le relazioni tra le parti componenti devono essere comprese per ottenere la loro sintesi. Già prima della seconda guerra mondiale gli studi mirati alla interpretazione teorica dell’AC seguivano due orientamenti divergenti: alcuni studiosi consideravano l’AC come disordine esecutivo reso evidente da compiti complessi, mentre altri la consideravano una conseguenza di un difetto visuo-percettivo (Gainotti, 1985).

SEDI DI LESIONE.
Si ritiene generalmente che l’AC sia più frequente in soggetti con lesioni posteriori parirto-occipitali (De Renzi, 1982 a), benchè essa possa essere osservata anche in pazienti con lesioni frontali.

 

 

 

 

 

 

L’APRASSIA NEL DISABILE MENTALE GIOVANE E ADULTO,
ALCUNE STRATEGIE DI INTERVENTO EDUCATIVO

 

 

 

 

L’aprassia è un disturbo primario della funzione motoria; primario perché non riconducibile ad altre patologie neuromotorie né a deficit della sensibilità, di comprensione o riconoscimento. Se ad un movimento presiede il controllo volitivo, il soggetto non è capace di organizzarlo in modo consono alle sue intenzioni.
Colpisce esclusivamente i movimenti volontari ma non quelli automatici o automatizzati, per cui i movimenti abituali ripetuti con consuetudine, quindi automatizzati, non risentono del disturbo. Alcuni movimenti possono essere eseguiti spontaneamente ma non quando vi è richiesta esterna o intenzionalità del soggetto.

L’aprassia è dovuta a lesioni corticali presenti nell’area in cui si crea l’immagine e la rappresentazione mentale del movimento, nell’area somatosensoriale oppure nella corteccia visiva o uditiva.
Il paziente aprassico presenta delle alterazioni dei movimenti:

  • mancanza di movimenti fondamentali. Un allievo invitato a lanciare la palla la fa oscillare e non la lancia;
  • presenza di movimenti estranei. Invitato a lanciare il pallone l’allievo gira su se stesso con il pallone in mano;
  • incapacità ad iniziare un movimento richiesto. L’allievo rimane immobile o esegue altri movimenti;
  • perseverazione di movimenti precedenti. Invitato a lanciare la palla, l’allievo la continua ad usare come nell’esercizio precedente;
  • sostituzione. Il movimento richiesto è sostituito con un altro che sarebbe corretto in un’altra situazione;
  • inversione nella successione di movimenti. Inizia l’esercizio dalla parte finale;
  • uso di parti del corpo come oggetto esterno.

Si possono distinguere alcune forme di aprassia.

L’aprassia ideativa nasce da una incapacità di pensare una azione nella sua interezza e sequenza.
Si verifica una incapacità ad eseguire nella corretta successione i singoli movimenti che compongono una azione.
L’esecuzione dei movimenti non è alterata ma è disturbata la loro corretta successione, in modo tale che l’obiettivo dell’atto motorio non può essere raggiunto.
Il paziente appare distratto, la frequenza e l’intensità dei disturbi motori sono legate alla complessità dei movimenti.
I singoli movimenti elementari possono anche essere eseguiti correttamente e nella esatta successione, mentre risulta peggiorato l’atto motorio nel suo insieme.
Si verifica la perdita della formula mentale dei movimenti, del ricordo dell’ordine dei singoli atti.

L’aprassia motoria è l’incapacità di trasformare la rappresentazione mentale di un movimento in atto motorio. è presente l’idea dell’azione, ma non può essere tradotta in prassia.
Interessa i movimenti intenzionali o richiesti da altre persone, in modo particolare la gestualità espressiva; risparmia quelli abituali ripetuti innumerevoli volte e automatizzati, eseguiti spontaneamente, senza pensarci.
I movimenti colpiti appaiono senza senso, estranei alla circostanza.

Per aprassia costruttiva si intende l’incapacità di ricomporre un oggetto formato di diverse parti dovuta ad incapacità di organizzazione dello spazio. Problemi si evidenziano anche nel disegno, soprattutto se in prospettiva: il soggetto non è in grado di rappresentare la dimensione profondità e i disegni appaiono piatti.
Non si tratta di disturbo, ovviamente, se il soggetto è un bambino in età evolutiva che non ha ancora acquisito la tridimensionalità.

Nell’aprassia innervatoria è disturbata la capacità di compiere singoli e separati movimenti elementari di una azione, mentre è inalterata la possibilità di pensarli e di attuarli in corretta successione.
Il soggetto appare impacciato, goffo.

Le strategie di intervento educativo non si limitano ad azioni uniche e limitate nel tempo, ma sono costituite da mezzi programmatici e da metodologie individuate in relazione alle esigenze di ogni singolo soggetto e attuate in un arco di tempo sufficientemente ampio da garantire miglioramenti sensibili.

Innanzitutto è necessario verificare se le difficoltà aprassiche, dovute a interruzioni delle connessioni tra le aree corticali di decodifica percettiva e le aree motorie, si manifestano in seguito ad una ben precisa tipologia di richiesta esterna.
In questo caso è opportuno far ricorso ad altre modalità: se, ad esempio, la richiesta verbale mettesse in difficoltà l’allievo, sarebbe auspicabile presentare il compito anche in maniera visiva o tattile: visiva tramite la dimostrazione dell’educatore o l’impiego di immagini; tattile attraverso il contatto in esatta sequenza con gli oggetti da usare.
Le richieste verbali sono più efficaci se poste in maniera semplice, concisa, telegrafica e chiara; il rumore ambientale potrebbe creare confusione nella realizzazione delle azioni.

Gli aiuti gestuali e dimostrativi, la guida fisica, sono prestati in forma commisurata alla necessità e agiti in maniera meno intrusiva possibile.
Laddove il problema aprassico si presentasse costantemente nella medesima fase del compito, si presterebbe parecchio apportare aiuto a iniziare dalla fase immediatamente precedente.
Nel momento in cui l’allievo riesce a superare la difficoltà è opportuno far ricorso alla ripetizione in serie dell’azione al fine di trasformarla in atto automatizzato.
Appare logicamente deleterio considerare la difficoltà aprassica a guisa di errore.

I compiti che risultano complessi, composti da numerose azioni o difficoltosi, possono essere frazionati in modo che ogni singola frazione divenga un esercizio fattibile da concatenare, successivamente, alle altre in progressione anterograda (dall’inizio alla fine) o retrograda (dalla fine all’inizio del compito), a seconda di quale produca risultati migliori.

Per quanto riguarda l’apprendimento di nuove azioni è consigliabile partire da movimenti simili già posseduti dall’allievo (esperienza acquisita) e adattabili o trasformabili nel nuovo atto.

Un eccessivo stato ansioso e l’irrequietezza motoria potrebbero rappresentare un ulteriore aggravamento dell’aprassia, andando a compromettere la memoria di lavoro nella quale sono registrati i dati che riguardano l’esecuzione di azioni e funzioni motorie (cosa fare, come fare e in quale successione); in questo caso si possono utilizzare tecniche di rilassamento.