L’aprassia è una condizione in cui, in assenza di disordini
neurologici elementari motori o sensitivi, si manifestano difficoltà o
incapacità nell’eseguire in maniera corretta movimenti volontari aventi
significato (gesti), o privi di specifico significato; è un disordine di
pianificazione (strategia del movimento) e programmazione (organizzazione degli
stadi successivi che devono essere svolti per compiere un
movimento)dell’attività motoria complessa, non dovuta a: paresi, atassia
(movimenti incoordinati), distonia (disturbo del tono muscolare), discinesia
(movimenti patologici), perseverazione. Eziologia.
La causa più comune alla base
dei disturbi del controllo cognitivo del movimento è la malattia
cerebrovascolare. Le aprassie sono spesso la conseguenza di un infarto embolico
o trombotico nel territorio dell’arteria cerebrale media.
Una lesione cerebrale traumatica, che implica in particolare un danno diretto o
controlaterale delle porzioni anteriori del cervello, può causare incostanza
motoria, adiadococinesia, perseverazione motoria o ecoprassia.
Un altro fattore eziologico è la comparsa di una neoplasia nelle aree associate
con i vari disturbi del movimento.
Le malattie degenerative (es. morbo di Alzheimer), sono strettamente associate
all’aprassia ideativa o ideomotoria.
Vi può essere anche una eziologia psicologica o motivazionale, come nel caso
della disfunzione motoria psicogena, spesso accompagnata da malattie organiche.
L’ aprassia, nella maggior patre dei casi, si evidenzia solo nelle condizioni
d’esame testologico, raramente appare nelle attività di tutti i giorni benchè
la sua incidenza sia considerevole (dell’ordine del 30% nei cerebrolesi
sinistri); i pazienti stessi non sono consapevoli del loro deficit prassico e
non lamentano alcuna disabilità, oppure questa coesiste con deficit di altra
natura quali un’emiparesi o un’afasia, che hanno una maggiore rilevanza. Sin da
quando Steinthal (1871) parlò per primo di aprassia, questo termine è stato
applicato ad un’ampia varietà di quadri clinici, estremamente eterogenei sia
per sistema effettore coinvolto che per caratteristiche semeiologiche e
patogenetiche: l’aprassia degli arti, dell’abbigliamento, dello sguardo, del
distretto bucco-facciale, del linguaggio, del cammino, delle abilità costruttive
ecc. Tuttavia, non mancano argomenti per una concezione unitaria: si tratta in
generale di anomalie motorie riguardanti non tanto i meccanismi elementari del
movimento, quanto la programmazione, l’organizzazione, la sequenzialità e
l’armonia del movimento stesso. L’aprassia è contraddistinta da una
dissociazione automatico-volontaria: lo stesso gesto che é eseguito
correttamente in risposta a sollecitazioni contestuali, o a esigenze interiori,
fallisce quando viene richiesto dall’esaminatore, fuori da ogni motivazione
interna o esterna. Solo in casi estremi e forse solo in caso di lesioni
bilaterali, si ha una interferenza con l’attività quotidiana. Vi è dunque un
sostanziale accordo tra i vari autori nell’includere nella definizione di
aprassia solo i disturbi a carico dei movimenti volontari ed appresi (Rothi e
Heilman, 1997). Verrebbero quindi esclusi i disturbi della motilità automatica,
in particolare a carico della deglutizione e dei movimenti oculari, e tutti i
disturbi in cui il comportamento anomalo del paziente non può essere
giustificato solo sulla base di un’alterazione motoria, quali la cosiddetta
aprassia dell’abbigliamento e l’aprassia costruttiva; ques’ultime vengono
attualmente interpretate come la risultante di anomalie delle capacità
visuo-percettive e spaziali. Al termine “aprassia costruttiva” si preferisce
pertanto quello di “disabilità visuo-costruttiva” (Benton e Tranel, 1993) o
“incapacità costruttiva”. Un aspetto fondamentale dell’aprassia è che essa non
è in relazione con le caratteristiche metriche e cinematiche che qualificano il
movimento in quanto tale: l’ampiezza, la direzione, la prontezza e la velocità,
la forza, il ritmo, la scioltezza, etc., le cui alterazioni si traducono in
dismetria, atassia ottica, bradicinesia, ipostenia, adiadococinesia, asinergia
etc. L’essenza dell’aprassia risiede invece ad un livello più elevato
dell’organizzazione motoria, quello in cui i movimenti vengono “ideati” o
“evocati” e “scelti”. La frattura nell’organizzazione gestuale può avvenire per
due ragioni:
- il paziente non sa cosa deve fare, non riesce cioè a rappresentarsi
mentalmente il gesto da compiere. A questo tipo di disturbo corrisponde
l’aprassia ideativa (AI);
- il paziente non sa come fare, non è in grado di tradurre la sequenza motoria
che ha in mente in un corretto programma innervatorio.A questo tipo di disturbo
corrisponde l’aprassia ideomotoria (AIM).
Un’altra distinzione si riferisce al settore corporeo impegnato nel movimento
(sistemi effettori colpiti): aprassia degli arti, della muscolatura orale,
della muscolatura assiale o del tronco.
Si ritiene che nella programmazione di attività gestuali complesse vi sia una
prevalente partecipazione dell’emisfero sinistro.
MODELLO INTERPRETATIVO DELL’APRASSIA.
Liepmann (1905b) propone che l’organizzazione gestuale di ambedue gli arti,
così come della muscolatura bucco-facciale, sia sotto il controllo
dell’emisfero sinistro. Le informazioni sensoriali (visive, uditivo-verbali,
tattili), elaborate dall’intero manto corticale, convergono e raggiungono
nell’emisfero di sinistra il senso-motorio (area sensitiva e motoria primarie).
Geschwind (1965) sostituì nello schema di Liepmann il concetto di sensomotorio
con quello di corteccia premotoria. La corteccia premotoria (PM) di sinistra
manda delle afferenze sia alla corteccia motoria di sinistra, responsabile dei
movimenti eseguiti dagli arti di destra, sia, attraverso il corpo calloso, alla
corteccia premotoria di destra, che, a sua volta, invia fibre alla corteccia
motoria destra, che controlla gli arti di sinistra.
Lesioni al modello:
- con lesione dell’area temporo-parieto-occipitale sinistra (TPO), il paziente
non è in grado di pianificare nessun movimento e procede per tentativi ed
errori. Il paziente non ha nessuna idea di come deve essere svolta l’attività
richiestagli (aprassia ideativa);
- con lesione al fascicolo arcuato (connessione tra TPO e PM), l’informazione è
elaborata ma non può essere mandata all’area PM. Il paziente ha dunque in mente
un piano e se ne rende conto, riesce a riconoscere un movimento corretto da uno
errato, per compiere una determinata attività, ma non riesce a compierla;
- con lesione dell’area PM sinistra il paziente dimostra di sapere cosa deve
fare, ma non sa come farlo, non riesce a programmarlo (aprassia ideomotoria);
- con lesione dell’area motoria (M) sinistra, si ha un normale funzionamento
della mano sinistra, ma non della mano destra;
- con lesione del corpo calloso (CC) l’informazione non passa a destra; si ha
aprassia sinistra o aprassia diagonistica;
- con la disconnessione tra PM e M sinistre, il paziente è plegico a destra e
aprassico a sinistra (aprassia simpatica).
TPO sx------- PMsx -------- Msx ed Mdx (tramite il CC)------- PMdx ------- Mdx
Aprassia ideativa.
L’aprassia si dice
“ideativa” quando il paziente mostra difficoltà nel rappresentare mentalmente a
se stesso il movimento da eseguire; è stata considerata come un disturbo della
capacità di rievocare il gesto e la sequenza di movimenti adeguati a compierlo.
Fu descritta inizialmente in pazienti che compivano grossolani errori di
utilizzazione di singoli oggetti (Pick, 1905), che pur riconoscevano (ad es.
usavano le forbici come un cucchiaio e le mettevano in bocca), come se non
fossero in grado di rievocare il movimento aduguato per quel determinato
oggetto. Successivamente si sono privilegiate azioni richiedenti l’impiego di
più oggetti (ad es. accendere una candela avendo a dipsosizione una candela, un
candeliere ed una scatola di fiammiferi chiusa), con le quali è più facile
mettere in evidenza gli errori che il paziente commette nell’organizzare la
sequenza motoria idonea a raggiungere lo scopo. L’aprassico ideativo non riesce
a rievocare il gesto da compiere, omette o inverte l’ordine delle azioni,
compie con un oggetto movimenti che sono propri di un altro oggetto, cioè non
sa cosa fare. De Renzi e Lucchelli (1988) hanno proposto che alla base
dell’aprassia ideativa ci sia un’amnesia d’uso degli oggetti. Questa
interpretazione è stata criticata da alcuni autori (Poeck e Lehmkuhl, 1980),
che considerano invece l’aprassia ideativa un disordine nell’organizzazione
sequenziale o temporale del movimento. Atri autori, infine, interpretano
l’aprassia ideativa come un disturbo della rievocazione dalla memoria semantica
degli attributi d’uso di un oggetto, sulla base di un’alterazione del “sistema
prassico-concettuale”, ossia di quella sottocomponente del sistema semantico
responsabile delle conoscenze circa la funzione di un oggetto entro un
determinato contesto (Roy e Square, 1985; Ochipa et al., 1989).
SEDI
DI LESIONI.
Le
lesioni cruciali nella genesi di questo disturbo sono situate a livello della
regione temporo-parieto-occipitale sinistra (Hécaen, 1972), anche se sono stati
descritti casi di aprassia ideativa conseguenti a lesioni frontali o di altre
sedi, ad esempio nuclei della base (De Renzi e Lucchelli, 1988).
Aprassia ideomotoria.
L’aprassia
ideomotoria si caratterizza per l’incapacità da parte del paziente, una volta
rievocata la rappresentazione mentale del movimento richiesto, di attivare la
corretta sequenza motoria per attuare il movimento stesso: il paziente sa
“cosa” fare, ma non sa “come” farlo (De Renzi e Faglioni, 1996). Il movimento
effettuato dal paziente appare tipicamente non riconoscibile, grossolano e
approssimativo. Il deficit è bilaterale, anche se viene generalmente indagato
per i soli arti di sinistra, coesistendo spesso l’aprassia con una emiparesi
destra. L’aprassia ideomotoria (AIM), sembra essere caratterizzata
dall’incapacità di tradurre il programma motorio nei movimenti corretti che un
gesto, l’uso di un oggetto o l’attuazione di una determinata azione richiedono.
Spesso il paziente con AIM usa parti del corpo come se fossero oggetti (ad es.
se gli si chiede di mostrare come si usa lo spazzolino da denti, userà il dito
indice come se fosse lo stesso spazzolino, anzichè produrre il gesto con cui lo
spazzolino viene usato).
SEDI
DI LESIONI.
Una
lesione del lobo parietale di sinistra, in particolare l’opercolo parietale,
dove sono localizzati i sistemi di connessione tra processi anteriori e
posteriori, darebbe luogo ad un’aprassia ideomotoria che colpirebbe entrambi
gli arti, in quanto il lobo parietale è responsabile dell’elaborazione del
progetto d’azione e del controllo della sua esecuzione. In misura minore
l’aprassia ideomotoria ricorre per lesioni frontali sinistre, responsabili
della degradazione dei corrispondenti programmi di innervazione, che
determineranno un’aprassia evidenziabile solo a carico degli arti di sinistra,
poichè quelli di destra saranno plegici. Casi convincenti di AIM con lesione
del giro angolare o del lobo temporale posteriore non sono stati descritti,
tranne che da Basso e coll. (1980 c), che trovarono compromessa l’imitazione di
gesti in pazienti con lesione infrasilviana. Alla luce delle più moderne
tecniche di neuroimaging, si è rilevato importante anche il ruolo delle
strutture sottocorticali, in particolare i nuclei della base, il pulvinar, i
nuclei ventro-postero-laterale, ventro-laterale e laterale posteriore del
talamo e la sostanza bianca sottocorticale.
Aprassia mielocinetica.
Disturbo
caratterizzato dall’estrema lentezza nell’esecuzione dei movimenti, che
appaiono anche imprecisi e grossolani. Verrebbe meno la “melodia cinetica” e
cioè la capacità di automatizzare e di fornire la giusta fluenza alle sequenze
motorie. I singoli atti motori sono compiuti temporalmente decomposti e a spese
di un notevole sforzo di concentrazione. I pazienti affetti da aprassia
mielocinetica sarebbero incapaci di compiere movimenti fini e precisi con
l’estremità distale controlaterale alla lesione. Dal momento che i pazienti
presentano movimenti che, anche se privi di precisione, sono correttamente
scelti e orientati nello spazio, molti autori non ritengono che l’aprassia mielocinetica
possa considerarsi una vera aprassia, e la interpretano piuttosto come un
disordine lieve di natura piramidale o extrapiramidale. Le medesime
caratteristiche mielocinetiche si osservano in una certa misura nel
comportamento extrapiramidale del paziente affetto da morbo di Parkinson, che
esibisce lentezza nei movimenti, goffaggine, perdita della melodia cinetica,
pur essendo perfettamente in grado di selezionare il movimento corretto.
Aprassia della motilità assiale o del
tronco.
Secondo Geschwind (1975) l’esecuzione di movimenti da parte della muscolatura
del tronco sarebbe preservata in pazienti che manifestano chiara aprassia degli
arti. Generalmente, infatti, il paziente affetto da aprassia ideomotoria è in
grado di eseguire correttamente movimenti che richiedono il coinvolgimento
della muscolatura assiale come sedersi, alzarsi, girarsi nel letto o assumere
posizioni particolari quali la posizione del pugile. Vi sarebbe dunque una
indipendenza dei sistemi responsabili della motilità assiale rispetto a quelli
responsabili del controllo della motilità distale. La difficoltà ad eseguire
movimenti con la muscolatura assiale si accompagna di frequente all’incapacità
di organizzare adeguatamente il programma motorio della deambulazione, in
assenza di deficit motori o sensitivi in grado di giustificare tale quadro. In
passato tale condizione veniva definita aprassia del cammino (il paziente
dimostra evidenti difficoltà ad iniziare il cammino; una volta innescato,
rimane lento e frammentato, a volte il paziente non è in grado di mantenere la
posizione eretta, ma in posizione sdraiata è in grado di eseguire movimenti
corretti con gli arti inferiori), oggi inquadrabile, non tanto in una effettiva
forma di aprassia intesa come difficoltà nella programmazione ed esecuzione dei
programmi motori, quanto piuttosto in una aspecifica compromissione delle
dinamiche posturali. Al termine aprassia del cammino si preferisce sostituire
quello di disturbo del cammino di tipo frontale. Tali difficoltà nel cammino
potrebbero essere viste in termini di una disfunzionalità dei sistemi
responsabili dello svolgersi delle attività automatiche o semi-automatiche nel
mantenimento di una postura o della deambulazione.
SEDI DI LESIONI.
Coinvolgimento lesionale dei lobi frontali ed in particolare dei circuiti
frontali sottocorticali.
Aprassia orale o bucco-facciale.
La stessa dissociazione fra
incapacità a compiere un movimento a richiesta e conservata abilità ad
eseguirlo in via automatica, che è alla base dell’aprassia degli arti, si
osserva anche per i muscoli dell’apparato faringo-bucco-facciale e costituisce
l’aprassia orale. L’aprassia orale consiste in un disturbo nella produzione dei
movimenti volontari dell’apparato faringo-bucco-facciale, in assenza di
paralisi dovute a lesione delle vie piramidali o a danni della corteccia
motoria primaria. I pazienti affetti da aprassia orale non sono in grado di
fischiare, soffiare, dare un bacio, fare il verso per chiamare il gatto, sia su
richiesta verbale che su imitazione. L’errore più frequente che questi pazienti
compiono nel tentativo di produrre il gesto adeguato è la sostituzione del
gesto con un altro movimento orale o con un rumore onomatopeico.
SEDI DI LESIONI.
L’aprassia orale sembra essere legata a lesioni opercolari frontali sinistre;
solo in casi rari è stata osservata per lesioni parietali e lesioni ai nuclei
della base.
Aprassia oculomotoria o dello sguardo.
Il movimento degli occhi a
comando è alterato; si riscontra una mancata deviazione degli occhi in diverse
direzioni specifiche, incapacità di interrompere la fissazione senza chiudere
gli occhi, incapacità di muovere gli occhi senza muovere il capo nella stessa
direzione. E’ conservato il movimento degli occhi quando stanno seguendo un
target o quando al paziente è impedito di guardare (ad es. muovendo gli occhi
sotto le palpebre chiuse). Si presenta in due modi diversi: sguardo fisso su un
punto (il paziente sembra cieco), sguardo che vaga (senza un itinerario
preciso, non si fissa su alcun oggetto). In entrambi i casi il paziente non è
in grado di compiere saccadi oculari volontarie verso un oggetto e nemmeno di
seguire un oggetto in movimento.Si distingue dalla paralisi oculomotoria dovuta
a paralisi dei muscoli dell’occhio (il soggetto ha lo sguardo fisso e non è in
grado di muovere gli occhi).
SEDE DI LESIONI.
Lesioni al lobo frontale, spesso con estensione al lobo parietale (Monaco et
al., 1980; Cogan et al., 1953). Per l’aprassia oculmotoria limitata allo
sguardo verticale si sono rilevate lesioni al nucleo talamico dorso-laterale.
Aprassia dell’abbigliamento.
Il paziente affetto da
aprassia dell’abbigliamento non è in grado di vestirsi, presenta ovvi errori
(ad es. il paziente cerca di infilare la mano nella estremità distale della
giacca). Si è discusso circa la possibilità che le diagnosi di aprassia
d’abbigliamento potessero essere fenomeni di negligenza spaziale unilaterale
mal interpretati; ma probabilmente l’aprassia dell’abbigliamento è un fenomeno
a sè, infatti ci sono stati pazienti che presentavano errori anche quando
dovevano operare nella metà buona (ipsilaterale).
SEDE DI LESIONI.
L’aprassia dell’abbigliamento è limitata a pazienti con lesione cerebrale
destra.
Aprassia diagonistica o callosale.
La mano sinistra e la mano
destra agiscono verso fini opposti; si ha antagonismo tra ordini dati
all’emisfero sinistro e quelli dati all’emisfero destro.
SEDE DI LESIONI.
Lesione del corpo calloso che fa sì che l’informazione non passi nell’emisfero
destro.
Aprassia simpatica.
Il paziente è plegico a
destra e aprassico a sinistra.
SEDE DI LESIONI.
Lesione nel lobo frontale di sinistra.
Aprassia da dissociazione.
Esistono diverse forme di
dissociazione: verbale-motoria (alterata pantomima su comando verbale con
conservazione dell’imitazione e dell’utilizzo degli oggetti), visuo-motoria
(alterata imitazione con conservazione della pantomima su comando verbale e
dell’utilizzo di oggetti), tattile motoria (alterato utilizzo degli oggetti con
conservazione della pantomima su comando verbale e dell’imitazione).
SEDI DI LESIONI.
Tale disturbo può manifestarsi a seguito di una lesione coinvolgente le vie che
veicolano informazioni sensoriali al lobo parietale e cioè per lesioni
temporo-parietali, occipito-parietali o intra-parietali. L’interruzione di
queti collegamenti provocherebbe un’alterazione selettiva dell’esecuzione del
gesto connesso ad una data via sensoriale, verbale, visiva o
tattile-cinestesica.
Agrafia aprassica.
Produzione di lettere mal
composte fino al punto da diventare scarabocchi irriconoscibili quando sono
scritte in risposta a un comando, a uno stimolo o sotto dettatura.
SEDI DI LESIONI.
Lesioni al lobo parietale, incluso il giro angolare, con estensione occasionale
al lobo temporale, al lobo occipitale o alla capsula interna (Crary et al,
1988; Kinsbourne et al., 1974); lesioni al lobo frontale superiormente (Hodges,
1991), e al centro semiovale mediale (Croisile et al., 1990).
Aprassia costruttiva.
Disturbi nelle attività che
richiedono di assemblare alcune parti dello stimolo per la riproduzione di un
modello. Ciò può essere fatto sia chiedendo di mettere insieme dei bastoncini o
dei cubi per riprodurre una figura, sia chiedendo al paziente di disegnare su
copia o a memoria delle figure. L’aprassia costruttiva (AC), denota un difetto
dell’abilità di combinare ed organizzare, in cui i dettagli devono essere
chiaramente percepiti ed in cui le relazioni tra le parti componenti devono
essere comprese per ottenere la loro sintesi. Già prima della seconda guerra
mondiale gli studi mirati alla interpretazione teorica dell’AC seguivano due
orientamenti divergenti: alcuni studiosi consideravano l’AC come disordine
esecutivo reso evidente da compiti complessi, mentre altri la consideravano una
conseguenza di un difetto visuo-percettivo (Gainotti, 1985).
SEDI DI LESIONE.
Si ritiene generalmente che l’AC sia più frequente in soggetti con lesioni
posteriori parirto-occipitali (De Renzi, 1982 a), benchè essa possa essere
osservata anche in pazienti con lesioni frontali.
L’aprassia è un disturbo primario della funzione motoria;
primario perché non riconducibile ad altre patologie neuromotorie né a
deficit della sensibilità, di comprensione o riconoscimento. Se ad un
movimento presiede il controllo volitivo, il soggetto non è capace di
organizzarlo in modo consono alle sue intenzioni. L’aprassia è dovuta a lesioni corticali presenti nell’area in
cui si crea l’immagine e la rappresentazione mentale del movimento, nell’area
somatosensoriale oppure nella corteccia visiva o uditiva.
Si possono distinguere alcune forme di aprassia. L’aprassia ideativa nasce da una incapacità di pensare
una azione nella sua interezza e sequenza. L’aprassia motoria è l’incapacità di trasformare la
rappresentazione mentale di un movimento in atto motorio. è presente l’idea
dell’azione, ma non può essere tradotta in prassia. Per aprassia costruttiva si intende l’incapacità di
ricomporre un oggetto formato di diverse parti dovuta ad incapacità di
organizzazione dello spazio. Problemi si evidenziano anche nel disegno,
soprattutto se in prospettiva: il soggetto non è in grado di rappresentare la
dimensione profondità e i disegni appaiono piatti. Nell’aprassia innervatoria è disturbata la capacità di
compiere singoli e separati movimenti elementari di una azione, mentre è
inalterata la possibilità di pensarli e di attuarli in corretta successione. Le strategie di intervento educativo non si limitano ad
azioni uniche e limitate nel tempo, ma sono costituite da mezzi programmatici
e da metodologie individuate in relazione alle esigenze di ogni singolo
soggetto e attuate in un arco di tempo sufficientemente ampio da garantire
miglioramenti sensibili. Innanzitutto è necessario verificare se le difficoltà
aprassiche, dovute a interruzioni delle connessioni tra le aree corticali di
decodifica percettiva e le aree motorie, si manifestano in seguito ad una ben
precisa tipologia di richiesta esterna. Gli aiuti gestuali e dimostrativi, la guida fisica, sono
prestati in forma commisurata alla necessità e agiti in maniera meno
intrusiva possibile. I compiti che risultano complessi, composti da numerose azioni o
difficoltosi, possono essere frazionati in modo che ogni singola frazione
divenga un esercizio fattibile da concatenare, successivamente, alle altre in
progressione anterograda (dall’inizio alla fine) o retrograda (dalla fine
all’inizio del compito), a seconda di quale produca risultati migliori. Per quanto riguarda l’apprendimento di nuove azioni è
consigliabile partire da movimenti simili già posseduti dall’allievo
(esperienza acquisita) e adattabili o trasformabili nel nuovo atto. Un eccessivo stato ansioso e l’irrequietezza motoria potrebbero
rappresentare un ulteriore aggravamento dell’aprassia, andando a
compromettere la memoria di lavoro nella quale sono registrati i dati che
riguardano l’esecuzione di azioni e funzioni motorie (cosa fare, come fare e
in quale successione); in questo caso si possono utilizzare tecniche di
rilassamento. |