Seconda Università degli Studi di Napoli
CdL in
Fisioterapista
(Maurizio Solazzo)
L’algodistrofia, anche
conosciuta come "sindrome complessa del dolore regionale" è una
sindrome
multisintomatica e multisistemica
ed è una patologia che ha molti significati psicosomatici.
L’algodistrofia
è stata per la prima volta chiaramente descritta più di 125 anni fa dai dottori
Mitchell, Morrehouse e Keen, ma le sue vere cause rimangono ancora oggi
incerte.
Molti termini diversi da
Algodistrofia, come Atrofia di Sudek e Causalgia, sono stati usati per
descrivere questa condizione di dolore urente bruciante.
Solamente nel 1946 Evans
ha usato il termine globale "distrofia da riflesso simpatico" al fine
di
enfatizzare l’importanza del sistema nervoso simpatico nella patofisiologia del dolore post-traumatico.
Negli ultimi 20 anni la
ricerca medica, si é dedicata più precisamente alla definizione di questa
sin-drome finendo però soltanto per allargare e amplificare la definizione
della diagnosi.
La distrofia da riflesso
simpatico, RSD, è oggi riportata come sindrome complessa da dolore regionale,
CRPS, ed è classificata come tipo 1 e tipo 2.
E’ definita come una
sindrome multi-sintomatica e multisistemica che può affliggere una estremità
traumatizzata ma che può localizzarsi anche in altre parti del corpo.
Gli studiosi di questa
sindrome sostengono in modo unanime che essa sia causata da una disfunzione del
sistema nervoso simpatico, in cui è presente un aumento dell’impulso dei nervi
simpatici efferenti nei confronti delle estremità coinvolte che induce un
aumento dell’attività afferente.
E’ una sindrome che si
manifesta frequentemente dopo un trauma ad un nervo, ad un tessuto molle o ad
un plesso neurale, ma la severità
dell’evoluzione non è proporzionale alla intensità o alla gravità del trauma
iniziale.
Sono comunque stati
riportati anche casi di algodistrofia che sono avvenuti spontaneamente e che il
paziente non ha potuto collegare ad un trauma diretto della parte del corpo che
ha subito la indrome.
PATOFISIOLOGIA DELL’ALGODISTROFIA
Il criterio diagnostico
si basa sulla presenza di dolore regionale, sul cambiamento della sensibilità,
sulla disfunzione del distretto
anatomico, sul cambiamento della temperatura, sulla anormale udorazione, sulla
presenza di edema, sulla anomalia del controllo motorio a seguito del trauma.
Molti studi hanno dimostrato che la disfunzione del sistema simpatico consiste
in una maggiore sensitività alle catecolamine indotte da una (parziale)
denervazione.
È stato anche ipotizzato
che l’eccitamento delle sole fibre sensorie causi un rilasciamento di
neuropeptidi alla periferia della parte terminale di queste fibre.
I neuropeptidi possono
provocare vasodilatazione, aumentare la permeabilità vascolare e scatenare
nelle fibre sensitive un
fenomeno chiamato "infiammazione neurogenica".
Il sistema nervoso
centrale riceve un aumento di stimoli dai nocirecettori periferici che ne
altera il
meccanismo.
Questi dati inducono a
classificare l’algo-distrofia come un disordine infiammatorio
regionale esagerato.
Howarth, et al., ha
utilizzato tecniche di medicina nucleare per dimostrare che i vasi linfatici
periferici sono sotto controllo autonomo allo stesso modo dei vasi sanguigni
che irrorano la stessa regione anatomica. Dallo studio della distrofia del
riflesso simpatico, sono giunti alla conclusione che l’edema periferico sia
causato da un incremento degli stimoli simpatici sui vasi linfatici.
L’attivazione del sistema nervoso simpatico a seguito del trauma è parte del
"paura-fuga". Questa è una modalità di risposta ad una situazione di
emergenza e consiste nell’avere paura o fuggire. Questo tipo di risposta è
molto importante per la sopravvivenza.
La risposta simpatica
nei vasi cutanei provoca una contrazione e spinge il sangue al interno delle
masse muscolari. Ciò
permetterà alla vittima di usare i propri muscoli dopo un trauma acuto e
fuggendo da un futuro pericolo. La riduzione della vascolarizzazione a livello
della cute riduce anche la perdita di sangue attraverso un eventuale lesione
cutanea.
In condizioni normali il
sistema nervoso simpatico riduce la sua attività dopo alcuni minuti o dopo
alcune ore in seguito
del trauma. Ma nei casi traumatici d’algodistrofia il sistema simpatico rimane
attivo.
Teoricamente l’attività
del sistema simpatico nella parte traumatizzata causa infiammazione dei vasi
sanguigni e spasmi
muscolari portando una maggiore sudorazione e dolore. Il maggiore dolore portato
da questo meccanismo potrà stimolare un’altra risposta determinando un circolo
vizioso doloroso.
IL MECCANISMO DEL DOLORE NELL’ALGODISTROFIA
La percezione del dolore
è complessa ed è determinata da:
- evento iniziale,
- informazione
afferente,
- interpretazione e
modulazione efferente del sistema nervoso centrale.
La percezione cosciente
dell’intensità del dolore è in relazione alla capacità fisiologica
d’adattamento del corpo ed alla modulazione ed al bilanciamento
dell’informazione delle fibre afferenti ed efferenti.
Tra un individuo ed un
altro é presente una grande variabilità nella capacità di modulare gli eventi
dolorosi acuti e
cronici.
In caso di trauma
diretto, i neuroni polimodali afferenti "recettori del dolore" sono
traumatizzati e
attivati. Essi attivano
i nervi periferici attraverso il sistema del midollo spinale, corna dorsale ed
i centri alti cognitivi.
Le fibre discendenti
dalla corteccia cerebrale, dal cervelletto e il midollo spinale modulano
quest’attività nociva.
L’interpretazione
corticale dell’evento nocirecettivo periferico come "dolore" dipende
da un com-plesso gioco di eventi fisiologici e fattori psicologici.
A seguito del trauma c’è
una transitoria alterazione della fisiologia delle estremità che si manifesta
attraverso una funzione ridotta, un iperpatia, alodinia, sindrome del non
riposo e disfunzioni autonomiche.
Normalmente talie
situazione è temporanea
La reazione diventa
patologica quando si ha un perdurare della persistenza di queste risposte.
Può risultare una struttura
permanente con cambiamento sia fisiologico che della funzione anatomica in
entrambe i sistemi nervosi, periferico e centrale.
Lo stato distrofico prolungato può
portare ad un danno irreversibile agli organi e alle strutture periferiche, a
un danno dei meccanismi di shunt artero-venoso o artro-fibrosi delle
articolazioni, a una alterata funzionalità dei neurorecettori o delle vie
nervose.
CASI CLINICI
Una volta che si è
chiaramente compreso il significato e l’importanza dell’interruzione di questo
ciclo vizioso, si è
provveduto ad una diagnosi precoce ed all’individualizzazione del protocollo
per il trattamento dei pazienti caduti nella rete della disfunzionalità.
L’80% dei pazienti
algodistrofici trattati nel primo anno successiva al trauma ha dimostrato un
significativo
miglioramento. Più del 50% dei pazienti trattati a distanza di più di un anno
dalla data del trauma è stato colpito da problemi residui. La statistica
dimostra che le donne sono affette dalla sindrome con un rapporto di 4:1
rispetto agli uomini e l’età media è tra i 30 e i 50 anni. Inoltre
l’algodistrofia è una diagnosi inusuale negli adolescenti e in pazienti in età
pediatrica.
DIAGNOSI E STADI DELL’ALGODISTROFIA
La diagnosi di
algo-distrofia può essere fatta nel contesto di una storia di trauma
predominante, ma
non assoluto, che ha
afflitto l’area associata al dolore. Può non essere proporzionatamente
inscritta in uno o più dei seguenti sintomi fisiologici:
anormale funzione del
sistema nervoso simpatico,
anormale sudorazione,
disordini di movimento,
cambio
della struttura del tessuto (distrofia e atrofia).
La tipologia del dolore del paziente può variare e può essere descritta come: severa, costante, inter-mittente, urente o con profonda dolenzia.
Molto spesso i pazienti presentano
allodinia, iperpatia e disestesia parossistica.
La pelle nell’area
affetta può apparire dimagrita, secca, disepitelizzata.
Tutti questi segni
indicano differenti fasi dell’atrofia o distrofia simpatica.
Questa sindrome è divisa
in tre stadi a seconda della presenza di specifici sintomi fisiologici.
Lo stadio 1 è caratterizzato da
presenza di dolore severo, che rimane limitato alla sede della lesione; il
paziente riferisce iperestesia e può presentare sudorazione localizzata, crampi
muscolari e rigidità articolare. All’inizio della sindrome la cute appare calda
e arrossata, magra e disidratata e lentamente può diventare cianotica,
ipotermica con brividi (cambiamenti trofici). Il paziente può avere iperidrosi,
specialmente se il trauma è localizzato nell’arto superiore. Variazioni
ambientali possono provocare cambi nella temperatura della cute, i quali non
sono sempre e solamente determinati da ciò.
Lo stadio 2 è caratterizzato da
dolore e da una sudorazione più diffusa. I peli del paziente possono
crescere abbastanza
increspati, ruvidi e numerosi. Nella parte finale dello stadio possono ridursi
e rallentare la crescita.
Le unghie del paziente
tendono a crescere più rapidamente nella fase acuta (stadio 1), mentre nel
passaggio da uno stadio all’altro diventano più lucide e affette da strie
bianche. I disordini
sono dovuti in parte
alla percezione del dolore e alla ipereccitabilità del sistema nervoso
simpatico
che di controverso ha un
effetto inibitorio sulla contrazione muscolare. Questo porta ad una rigidità
articolare e ad una
perdita di tono muscolare che se prolungati e persistenti per un lungo periodo
di
tempo possono presentare
svantaggi funzionali dovuti ad "atrofia da disuso". Qualche paziente
ha
riportato alcuni episodi
di severa distonia e stress psicologico causati da crampi spontanei. Questo
lascia il paziente in
una completa incapacità funzionale e lo induce ad assumere un "holding
attern",
che é un modo di
rappresentarsi dell’area afflitta con scopi un auto protezione.
I sintomi normalmente
iniziano con un trauma specifico e lentamente si diffondono prendendo il
sopravvento in un intero
quadrante del corpo. Studi radiografici in pazienti affetti da algodistrofia
hanno dimostrato un
aumento del riassorbimento osseo, osteoposi o osteopenia (atrofia di Sudek).
Questo é il quadro che
emerge alla fine del secondo stadio.
Lo stadio 3 della sindrome è
caratterizzato da una severa atrofia tissutale con perdita della massa
muscolare che può
diventare irreversibile. La durata di questa sindrome è proporzionale al grado
di
severità
della funzione deficitaria che può protrarsi e in settimane e in mesi e in
anni.
Più
la sindrome permane, più risulterà irreversibile.
I test di laboratorio per
la diagnosi includono: termogramma, radio nucleotide tre fasi, scanner
osseo, bloccaggio del
simpatico, radiografia, EMG (studio della conduzione nervosa elettromografia),
CAT scan e MRI.
Nessuno di questi test
può da solo essere determinante come fattore diagnostico della algodiostrofia.
Wasner et al., hanno
studiato la patofisiologia e il meccanismo delle anomalie vascolari che
distin-guono l’algodistrofia.
E’ stato dimostrato che
la massima differenza della temperatura cutanea che si manifesta durante il
ciclo di regolazione distingue l’algodistrofia dagli altri dolori delle
estremità che hanno un’altra sensibilità e specificità.
PROTOCOLLO DI TRATTAMENTO
Il protocollo di
trattamento standard dell’algodistrofia prevede la combinazione di medicazioni
cutanee, terapia
farmacologica orale analgesica, mobilizzazione delle estremità, terapia fisica,
blocchi nervosi del simpatico, simpatectomia, stimolazione del midollo spinale
e valutazione psico-sociale.
Solamente negli ultimi
anni, a seguito di varie pubblicazioni mediche che riguardano il protocollo
dell’algodistrofia, si è
verificata la necessità di linee e guide standard da seguire al fine di avere
una
diagnosi precisa della
sindrome .
Sulla base della
diagnosi i pazienti vengono divisi in due categorie con regimi di trattamento
deter-minato basandosi sul gruppo a cui appartengono.
È importante che il
paziente riceva un approccio terapeutico individuale che comprenda la terapia
fisica e l’incidenza dei
fattori bio-sociali in quanto determinanti per ottenere il successo del
trattamento della sindrome e sono parte della patofisiologia della stessa.
Vari studi hanno
ripetutamente dimostrato che pazienti affetti da algodistrofia delle estremità
supe-riori trattati utilizzando modalità classiche di fisioterapia (come
ultrasuoni, bagni caldo-freddi, stimolazione elettrica, massaggio linfodrenante
retrogrado, ecc.) comparati con un gruppo di controllo hanno ottenuto solamente
un modesto incremento della percezione del loro dolore.
Per quanto riguarda la
percentuale di riuscita terapeutica, per aumentare la funzionalità della forza
e della resistenza della mano, gli studi hanno dimostrato la presenza di una
modesta e minima differenza tra i due gruppi.
Rauis ha condotto per 12
anni, uno studio su 104 casi di pazienti affetti da algodistrofia
post-traumatica diagnosticata e trattata seguendo i protocolli standard. I
risultati di questo studio appaiano interessanti in quanto è stato documentato
che nel 49% dei soggetti si aveva una elevato valore di gamma GT caratteristico
nei casi di alcoolismo. L’esame di tipo psichiatrico, evidenziava segni di
depressione cronica e rivelava un profilo socio-professionale non soddisfacente
dovuto anche allo stato di inattività (persone disoccupate, donne senza figli,
o pensionati).
Operai, artigiani,
avvocati, medici, direttori di varia natura, artisti, consulenti, musicisti,
uomini sportivi e nessuna donna di casa con giovani figli non figuravano
afflitti dalla suddetta sindrome.
Gli agenti
antidepressivi usati come complemento della terapia farmacologia hanno portato
una significativa riduzione nell’evoluzione della malattia. L’autore propone di
classificare l’algodistrofia traumatica come una malattia psico-somatica.
Shibata et al., hanno
pubblicato uno studio su un paziente afflitto d’algodistrofia del braccio e i
sin-tomi erano cessati dopo che il paziente era stato colpito da ictus al lobo
temporale sinistro con conseguenti deficit neurologici. Questo caso indica che
i sintomi dell’algodistrofia possono essere sostenuti largamente da una
complessa rete che coinvolge il cervello.
Un altro caso di
algodistrofia è stato descritto in una ragazza di 12 anni con una patologia di
"Comorbid
Conversion". La sua gemella omozigote lamenta frattura del braccio con
esito favorevole, la sorella invece, cade in algodistrofia causata dal comorbid
conversion.
Birklein et al. hanno
valutato 145 casi di algodistrofia. Nel 42% dei casi, sono stati registrati
eventi
stressanti della vita in
stretta relazione con l’inizio dell’algodistrofia, e nel 41% di questi ultimi
casi era già presente una storia di dolore cronico.
Il ruolo del terapista
nella riabilitazione di questo tenace e distruttivo processo disfunzionale non
consiste solamente nel ridurre
i deleteri effetti fisici, ma anche nell’indirizzare e portare a conoscenza di
chi è affetto da questa sindrome come questo processo di malattia si sia
manifestato in una parte specifica del corpo.
Per definizione, il
ruolo del terapista consiste nell’ aiutare il paziente a ristabilire
l’omeostasi e la funzione della parte del corpo traumatizzata ed a reintegrare
la parte del corpo nel "corpo intero".
Pertanto noi non
potremmo più trattare i sintomi fisici senza considerare le manifestazioni
psicoso-matiche di questo processo patologico.
Integrazione
della terapia Cranio-Sacrale nel trattamento dell’algodistrofia degli arti
superiori – Tracy Fairplay