image007.jpg

presenta nell’ambito della Giornata Nazionale del Nuovo Cinema Italiano

VIDEO_TS (title 1 ch 0 frame 39831).bmp

Incontro

Francesco G. Raganato

Lecce, Fondo Verri (via santa maria del paradiso, 8)

Giovedi 26 novembre 2009 ore 20

Ingresso € 3,00 con tessera

 

fr rag.jpgFRANCESCO G. RAGANATO

Francesco Giuseppe Raganato (1978, Copertino, LE) si laurea in Storia della Scenografia all’Università “La Sapienza” di Roma. Dal 2002 avvia una fruttuosa collaborazione con GANGA, casa di produzione di Francesco Cabras e Alberto Molinari, collaborando alla realizzazione di “The Big Question”, documentario girato sul set de “La passione di Cristo” di Mel Gibson, con cui vincerà numerosi festival. Dal 2003 collabora anche con la casa di produzione Wilder con cui gira documentari per RAI3, La7, History Channel, Fox Crime, Sat2000. Ha girato 5 documentari per la “Storia siamo noi” di Giovanni Minoli (tra cui “L’Italia di Alfredino” sulla tragedia di Vermicino, campione di ascolti; “La marcia dei 40.000” sulle lotte operaie alla FIAT e “L’attentato a Togliatti”) e ha diretto per due anni la serie “Delitti”, documentari di cronaca nera in onda su LA7 e History Channel. È anche direttore della fotografia. Il suo ultimo documentario L’isola analogica ha vinto numerosi festival, tra cui  il primo premio nazionale al Premio Internazione del Documentario e del Reportage Mediterraneo 2007, organizzato dalla RAI e dal CMCA di Marsiglia. Ha appena concluso le riprese di 40 minidocumentari per la promozione culturale della Regione Sardegna.

L’ISOLA ANALOGICA (27’)

Regia e fotografia Francesco G. Raganato; Montaggio Johannes H. Nakajima; Prodotto da Andrea Patierno; Musica Massimo Carozzi

L'isola analogica racconta alcune curiose vicende che hanno avuto luogo ad Alicudi, espressioni di un intreccio magmatico di leggende, allucinazioni, usanze e superstizioni, legate (o meno) al consumo accidentale della segale cornuta per usi alimentari. La segale, in particolari condizioni climatiche, può essere aggredita da un minuscolo fungo parassita, detto Ergot, lo stesso fungo da cui nel 1946 Albert Hoffman ricavò l'LSD. Gli abitanti di Alicudi, secondo diverse testimonianze, all’inizio del secolo scorso hanno subìto senza rendersene conto una epidemia di ergotismo, probabilmente a causa dell’uso continuato della segale nella panificazione. Il documentario testimonia le tracce di questo evento che ancora permangono nella tradizione orale dell’isola, dalle formule magiche per tagliare le trombe d’aria, alle donne che volavano per andare a fare provviste a Palermo, alla maledizione di San Bartolo legata al trasferimento della statua dalla vecchia alla nuova chiesa.  In questi racconti è come se la Logica, che governa gli stili di vita “civilizzati”, perdesse il suo potere di distinzione tra vero e falso, giusto e sbagliato, e lasciasse il posto ad un approccio alla vita olistico, o non precisamente logico, appunto, analogico.

NOTE DI REGIA: “Girato in soli 5 giorni, Alicudi è un documentario che nasce soprattutto come esperienza visiva e sonora. Parte con una latente intenzione realistica, poi però i racconti degli isolani incalzano,  diventano sempre più strani e misteriosi e sull’isola la dimensione del reale viene  subito sostituita da una dimensione nascosta, quella “analogica”, suggestiva e misteriosa. Tutto il documentario si muove dunque su questa sottile linea di separazione, di racconto realistico ma allo stesso tempo onirico e surreale. La fotografia, il montaggio ed il suono sono volutamente carichi ed evidenti, e spingono il documentario verso una sua naturale dimensione figurativa piuttosto che descrittiva. Le leggende, le superstizioni, le memorie segrete degli abitanti ma soprattutto l’ipotesi plausibile dell’esistenza di una realtà parallela rendono Alicudi un viaggio sensoriale affascinante”.

PREMIO INTERNAZIONALE DEL DOCUMENTARIO E DEL REPORTAGE MEDITERRANEO – Miglior Documentario Nazionale; FESTIVAL DEL DOCUMENTARIO D’ABRUZZO – Miglior Documentario Internazionale; FESTIVAL DEL CINEMA INVISIBILE – Miglior Documentario; ISTANBUL INTERNATIONAL DOCUMENTARY FESTIVAL – Offical selection; CINEMA DEL REALE – Official selection; ISCHIA LOCATION INTERNATIONAL FILM FESTIVAL – Official Selection; VOLCANO FILM FESTIVAL - Opening Night film; TEKFESTIVAL Roma -  Official selection

SAN GIUSEPPE DA COPERTINO (39’)

Regia, Fotografia e Montaggio: Francesco G. Raganato; Musiche originali: Emanuele Raganato; Produzione: Wilder

Italia, terra di santi… Copertino è un paese del Salento, poco distante da Lecce, che nel 1603 ha dato i natali a Giuseppe Desa, un bambino un po’ fuori dal comune, giudicato da chi lo conosceva come eccessivamente  distratto e buono a nulla. Giuseppe veniva spesso deriso per la sua ingenuità e per la sua ignoranza, finché un giorno, pregando di fronte ad un quadro della Madonna, si sollevò da terrà e spiccò un volo. Da allora i suoi voli divennero sempre più frequenti e cominciò a guarire i malati… Questa è la storia straordinaria di San Giuseppe, protettore degli studenti e degli aviatori,  raccontata con fervore dagli stessi Copertinesi, con la gioia e un po’ la malinconia di chi sente la presenza di una persona cara anche quando questa non c’è piu’.

NOTE DI REGIA: “San Giuseppe da Copertino è il mio debutto alla regia ed è venuto molto naturale raccontare una storia a me molto, molto vicina. Tutta la mia vita a Copertino è stata scandita dal doppio appuntamento con la festa di San Giuseppe: una il 17 giugno e l’altra, la pù grande, il 18 settembre, in coincidenza guardacaso con la fine e l’inizio di ogni anno scolastico. La festa del 2004, anno in cui è stato girato il documentario, ha avuto un sapore speciale poiché, dopo circa quarant’anni, il corpo del santo (custodito ad Osimo, nelle Marche, dove il santo morì) è ritornato per un mese nella sua città natale. L’idea del documentario nasce da due necessità. La prima è quella di raccontare il sentimento di una piccola comunità verso il suo santo. Certo, sono molti i paesi in cui si venera un santo, ma pochissimi hanno un santo “fatto in casa”,  nato e vissuto in quello stesso paese. La seconda necessità è quella di raccontare un fenomeno etnografico ben preciso, come quello della festa patronale, che ancora resiste forte e radicato,  ma non si sa ancora per quanto. Nel Salento, come nel Sud spesso accade, queste tradizioni danno il senso di appartenenza ad una comunità, e la comunità si riconosce in esse. Ma per quanto tempo ancora? Ho voluto dare al documentario una forte impronta visiva e sonora. La terra intorno a Copertino volevo sentirla in video perentoriamente rossa e le foglie degli ulivi intensamente verde scuro. Volevo che le facce degli intervistati ricordassero almeno nella luce, le icone sacre di cui Copertino è piena. L’idea di dare un color ruggine alle riprese aeree viene dalla lettura di “A boccaperta” di Carmelo Bene, che definisce Copertino “cosmica”. Da qui l’idea di immaginare Copertino dall’alto, come un paese “marziano”. Anche la colonna sonora attinge idealmente da varie fonti: si trattava di musicare un tema sacro, alto e popolare, inserito in un Sud allo stesso tempo antico e moderno. Con queste premesse la colonna sonora spazia dalle composizioni sacre di derivazione monastica alle sonorità mediterranee, in un abbraccio ideale che parte dal medioriente ed arriva alla Spagna”.

SALENTO INTERNATIONAL FILM FESTIVAL - Miglior Documentario; SATRICUM DOC FESTIVAL -  Miglior Documentario

INCROCIO (2’)

Regia Musica e Montaggio Francesco G. Raganato; Fotografia Daniele Poli; con Lidia Vitale e Simone Spinazzè; Tratto dall’omonimo testo teatrale di Josè S. Sinisterra

Un uomo ed una donna si incrociano per le scale. Forse si conoscono, forse no. Basterebbe solo un attimo in più per capirlo, ma a volte la vita è troppo veloce ed ognuno prosegue per la sua strada. Questo è Incrocio. Un racconto minimo, essenziale, che colpisce per la sua semplice densità, per la palpabile sospensione, per il leggerissimo realismo esistenziale. Ed è idealmente un omaggio postumo a Michelangelo Antonioni e Ingmar Bergman, scomparsi prima delle riprese.

NOTE DI REGIA: “Incrocio rappresenta il distillato di quello che io identifico come cinema della sottrazione, ovvero un racconto filmico che si fonda essenzialmente su quello che non viene detto o mostrato. E’ una tipologia di racconto che necessita della partecipazione attiva dello spettatore che, nel caso di Incrocio, non ha indizi per collocare in una determinata categoria i due personaggi, che non è rassicurato da un evidente dipanarsi di plot e che quindi deve necessariamente riempire con i propri pensieri, con il proprio vissuto,  i buchi neri che incontra. Un film brevissimo che si espande in un prima ed un dopo che non si vedono, ma si percepiscono: così Incrocio diventa ampio e dai molteplici, possibili significati.”

CLERMONT-FERRAND 2007 – Market Selection; SONAR FILM FESTIVAL FIRENZE – Official Selection; LINEA D’OMBRA Salerno - Official Selection

 

A seguire il dibattito con l’autore.