TEORIA POLITICA di Gianpiero Magnani

ARGOMENTI FILOSOFICI



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LIBERTA'


LIBERTA'




Argomenti filosofici sulla LIBERTA'


1. LA LIBERTA' UMANA
Nel suo Saggio sulla liberta', John Stuart Mill osserva che la liberta' di azione di chiunque puo' essere limitata solo per evitare danno agli altri, il bene dell'individuo, sottolinea Mill, che sia fisico o morale, non costituisce una giustificazione sufficiente (pag.33); l'individuo e' sovrano su se stesso ma e' responsabile del male che fa ad altri (pag.34).
La liberta' umana e' (pagg.35-36):
- liberta' di coscienza, pensiero, sentimento, opinione in tutti i campi (scientifico, morale, teologico, ecc);
- liberta' di espressione pubblica delle proprie opinioni;
- liberta' di gusti, occupazioni ed azioni con le loro conseguenze ed unico limite l'evitare danno agli altri;
- liberta' di associazione, di unione per qualsiasi scopo che non rechi danno ad altri, purche' ad associarsi siano adulti consenzienti, non costretti con la forza o con l'inganno (pag.36).
Ognuno deve poter vivere come sembra meglio a lui e non come sembra meglio agli altri.
Nella Prefazione, Giorello e Mondadori sottolineano l'aspetto della diversita' dello sviluppo umano come conseguenza della liberta' d'azione e della limitazione forte dell'intervento statale (pagg.8 e 11); la natura umana non e' una macchina ma un albero che puo' svilupparsi in diverse direzioni (pag.88), persone diverse devono condurre vite diverse, il valore di un periodo storico e' proporzionale alla liberta' che vi si e' realizzata, e la liberta' e' l'unico fattore di progresso (pagg.93 e 101).
La perfezione meccanica di uno Stato autoritario non serve a nulla: "a lungo termine, il valore di uno Stato e' il valore degli individui che lo compongono" (pag.153), ciascuno dei quali e' un centro indipendente e potenziale di irradiamento del progresso.
Uno dei mali della societa' e' la tirannia della maggioranza (pag.27): la volonta' del popolo e' sempre di una parte del popolo (la piu' numerosa o la piu' attiva). Non vi e' solo tirannia del magistrato, ma anche tirannia dell'opinione dominante, che ostacola ogni individualita' discordante (pag.27); le minoranze, proprio in quanto sono minoranze, hanno diritto di dissenso.
Opinioni comuni nel passato sono respinte oggi, opinioni comuni nel presente saranno respinte nel futuro: "le epoche storiche", scrive Mill, "non sono piu' infallibili degli individui" (pag.42). Impedire a qualcuno di esprimere la propria opinione e' una presunzione di infallibilita' (pag.41), tanto che l'opinione contraria sia giusta quanto che sia sbagliata; anzi, secondo Mill la verita' risalta dal contrasto con l'errore.
La discussione e' indispensabile per correggere i propri errori, la saggezza consiste nell'ascoltare ogni opinione e considerare un argomento da ogni punto di vista: la migliore giustificazione delle nostre convinzioni consiste nel tentativo di dimostrarne l'infondatezza (pag.45).
La verita' non ha potere intrinseco e non trionfa necessariamente sull'errore e sulle persecuzioni, pero' la si puo' riscoprire finche' circostanze favorevoli non le consentiranno di resistere ai tentativi di sopprimerla (pag.54).
Un'opinione ridotta al silenzio puo' essere vera, se e' in errore puo' tuttavia contenere una parte di verita' e comunque serve per evitare che l'opinione accettata comunemente diventi un pregiudizio o, peggio, un dogma; le argomentazioni da evitare sono quelle che:
- procedono per sofismi,
- nascondono fatti o argomenti,
- espongono in modo inesatto le questioni,
- travisano le opinioni altrui (pagg.80-81).
L'educazione intellettuale si fonda sull'esame dei fondamenti delle proprie opinioni, che devono essere giustificabili nei confronti delle obiezioni piu' comuni: "chi conosce solo gli argomenti a proprio favore conosce poco" (pag.62); se non vi sono oppositori ad una verita' bisogna inventarli,  coi relativi argomenti. Accade che dottrine contrastanti contengano ciascuna una parte di verita', il dissenso allora integra gli argomenti a favore di quella piu' accettata (pag.72).
E' il caso a decidere la collocazione di ciascun individuo, con le sue opinioni: "le stesse cause che lo hanno reso anglicano a Londra l'avrebbero fatto diventare buddista o confuciano a Pechino" (pag.42); in materia di religione e politica non si dovrebbero studiare la verita' o falsita' delle diverse opinioni, ma gli argomenti con cui sono sostenute dalle varie scuole o chiese (pag.143).


2. LA LIBERTA' E LE LIBERTA'
Ralf Dahrendorf (La liberta' che cambia) distingue le liberta' (liberty) e la liberta' (freedom), ovvero il tentativo di ampliare le chances di vita e lo stato in cui queste devono trovarsi, vale a dire le condizioni necessarie della liberta' che comprendono le liberta' fondamentali ma non, ad esempio, l'eliminazione della miseria che e' condizione sufficiente ma non necessaria della liberta' (pag.211). La poverta' e la disoccupazione hanno infatti un carattere diverso dalla violazione dei diritti umani, in quanto non possono essere abolite da un tribunale (Prefazione, V).
La societa' acquisitiva, osserva Tawney, permette una apparenza di liberta', che pero' consiste solo "nell'assenza di ostacoli tra le opportunita' di avanzamento personale e coloro che la nascita, la ricchezza, il talento, la buona fortuna, hanno posto in posizione vantaggiosa per affermarle" (La societa' acquisitiva, pag.84).
Oggi la liberta' personale, osserva Jeremy Rifkin (L'era dell'accesso), non e' piu' in relazione col diritto/esclusione dal possesso, ma con l'inclusione/esclusione da reti di relazioni reciproche (di natura economica/commerciale). Il divario fra chi e' connesso e chi non lo e' investe i meccanismi di comunicazione ed e' piu' grande di quello fra chi ha e chi non ha (pag.19). La proprieta' delle radiofrequenze (ora e' collettiva, domani sara' probabilmente privatizzata) costituisce il patrimonio piu' importante (pag.302). Il gioco maturo (piacevole, volontario, spontaneo, condiviso, socializzante, svincolato dal tempo e dallo spazio, pag.348), osserva l'Autore, e' l'espressione piu' alta della liberta' (pag.351).
Nel periodo storico del new deal americano, osserva Antonella Besussi (La societa' migliore), Il concetto di liberta' viene descritto in modo diverso nel vocabolario dell'industrializzazione rispetto a quello dell'umanitarismo ("quale liberta' e di chi, pag.204); novita' lessicali sono il riferimento della liberta' alla sicurezza (liberta'-capacita', liberta' dalla paura, liberta' dal bisogno) ed al caso: "libero e' chi e' protetto da causalita' che neutralizzano il suo potere di conseguire scopi" (pag.223).
Jean-Jacques Rousseau (Il contratto sociale) osserva che ogni uomo nasce libero, ma ovunque e' in catene (pag.52); ma il valore morale delle azioni necessita che la volonta' umana sia libera (pag.57). Rousseau distingue la liberta' naturale dalla liberta' contrattuale (pag.63): la prima si realizza soltanto in un'associazione ("un corpo morale collettivo") in cui ciascuno, donando tutto senza riserve, obbedisca solo a se stesso (pagg.63-64). Le conseguenze totalitarie sono evidenti a pag.67 (il corpo sociale forzera' ad essere libero chi si rifiuta di obbedire alla volonta' generale); lo stato civile cosi' definito eleva l'uomo rispetto allo stato di natura, nel quale ciascuno non considera che se stesso (pag.68).
La liberta' naturale e' limitata dalle sole forze dell'individuo, la liberta' civile e' limitata dalla liberta' generale (pag.68).
Si vedano altre considerazioni dell'Autore negli argomenti filosofici sulla democrazia e sull'uguaglianza in questo sito.

3. UOMO LIBERO E STATO LIBERO
Il metodo liberale, osserva Carlo Rosselli, non esclude la violenza, ma anzi la trasforma in forza del diritto (pag.101): la liberta' inizia con l'educazione (uomo libero) e finisce con lo Stato libero che e' "uno Stato di liberi" (pag.111).
Riprendendo un altro celebre libro di Norberto Bobbio (Il futuro della democrazia), lo stato liberale si caratterizza come (pag.110):
- stato laico (processo di emancipazione del potere politico dal potere religioso);
- stato del libero mercato (processo di emancipazione del potere economico dal potere politico).
Diritti civili, liberta' economica, concezione negativa dello stato, concezione individualistica della societa' e della storia: il punto di partenza e' "l'individuo singolo con le sue passioni (da indirizzare o da domare), coi suoi interessi (da regolare e coordinare), coi suoi bisogni (da soddisfare o reprimere)" (pag.123).
Dalla limitatezza delle risorse nasce il problema della coesistenza delle liberta', della applicazione del postulato della liberta' individuale ai casi concreti. Lo stato-benessere e' stato "una soluzione di compromesso" (pag.114).
Bertrand Russell (Il Potere) osserva che gli argomenti di John Stuart Mill sulla liberta' di parola necessitano di principi piu' forti: "la liberta' di parola e' futile se non implica il diritto di dire cose che possono avere conseguenze spiacevoli per alcuni individui o classi di individui" (pag.158). Il pubblico e' come un giudice che ascolta gli avvocati/filosofi delle parti in causa e deve conoscere ogni lato delle questioni esposte (pagg.162-163): la libera discussione presuppone un accordo fra le parti sulla forma di governo, altrimenti la propaganda diventa il preludio all'uso della forza (pag.163).
L'interferenza sulla liberta', osserva ancora Russell, puo' essere giustificata solo da "forti ragioni di ordine pubblico" e non astrattamente (pag.200).
I regimi autoritari, osserva Hannah Arendt (Le origini del totalitarismo) tendono a limitare la liberta', i regimi totalitari la distruggono ed eliminano "la spontaneita' umana in genere" (pag.555).
Sempre Bertrand Russell (Storia della Filosofia Occidentale, cit.) sottolinea come Robespierre e Hitler siano conseguenze di Rousseau, invece Roosevelt e Churchill derivano da Locke (pagg.915 e 933); il concetto di "forzare alla liberta' " e' metafisico e produce conseguenze totalitarie, la sua teoria implica il rifiuto dei diritti dell'uomo e delle associazioni parziali di cittadini, i suoi principi generali non risolvono alcun problema particolare (pagg.929-934).
Per Hegel, osserva ancora Russell, liberta' significa obbedienza alla legge (pag.980), il ruolo delle nazioni nella sua teoria e' lo stesso che avranno poi le classi per Marx (pag.983): i cittadini esistono per lo Stato (considerato come una super-persona) e non viceversa come per Locke (pag.989).
Il concetto di liberta' per Hobbes e' coerente con quello di necessita': "la liberta' e' l'assenza di impedimenti esterni al moto" (pag.724); il sovrano ha la liberta' che nello stato di natura avevano tutti gli individui (pag.726).
Russell evidenzia altresi' alcuni tratti liberali dell'Utopia di Thomas More (a pag.685 per la tolleranza religiosa, contro la caccia, sulla guerra).
Sullo stretto legame esistente fra liberta' e disobbedienza si veda Erich Fromm, La disobbedienza e altri saggi.
Tzvetan Todorov, negli atti al convegno di Amnesty International su L'intolleranza: uguali e diversi nella storia (pagg.1,4,5), evidenzia come la liberta' debba essere intesa correttamente come liberta' civile e cioe' come liberta' limitata: "Al di qua dei limiti fissati, ho il diritto di fare tutto come voglio; al di la', devo sottomettermi alle regole e alle leggi emanate dalla societa' di cui sono membro". Perche' la liberta' possa regnare nel dominio del privato, continua Todorov, e' necessario che sia controllata nel dominio del pubblico: "L'opposizione pertinente non e' dunque tra uno stato totalitario i cui sudditi non godono di nessuna liberta' (dove nulla e' tollerato) e uno stato libertario, che non conosce intralci alla liberta' (dove tutto e' tollerato); ma tra queste due forme estreme, da una parte, e la liberta' limitata, dall'altra". La liberta' limitata e' un principio fondante degli stati democratici, che storicamente ha preso forma nell'eta' classica come lotta per la tolleranza religiosa.

4. LIBERTA' NEGATIVA E LIBERTA' POSITIVA
La distinzione fra liberta' positiva e liberta' negativa e' di Isaiah Berlin (Due concetti di liberta', in Quattro Saggi Sulla Liberta'): la liberta' negativa, osserva Norberto Bobbio nel libro Eguaglianza e liberta', e' assenza di impedimento (possibilita' di fare) e assenza di costrizione (possibilita' di non fare) e non riguarda solo gli uomini (cit., pag.46): e' liberta' d'agire (pag.50; determinismo, pag.52). La liberta' positiva e' autonomia (autodeterminazione, pag.48), e' liberta' di volere (pag.50; indeterminismo pag.53); a differenza dell'azione, la volonta' e' libera se autodeterminata (obbedienza a se stessi, pag.67).
Le due liberta' (positiva e negativa) sono indipendenti fra loro, ma quella negativa e' condizione necessaria per l'altra (pag.52). Storicamente, i soggetti della liberta' negativa sono gli individui (liberta' del borghese), il soggetto della liberta' positiva e' un ente collettivo (liberta' del cittadino: Rousseau, Hegel, pag.55).
Sia la liberta' da (freedom from) che la liberta' di (freedom to) riguardano l'azione e descrivono due aspetti della stessa situazione, percio' si implicano (sono interscambiabili) e, precisa Bobbio, non vanno confuse con la distinzione fra liberta' negativa e liberta' positiva (pag.58), cui si possono ricondurre invece le due forme di liberta' distinte da Benjamin Constant, la liberta' dei moderni (liberta' moderna, che e' negativa) e la liberta' degli antichi, positiva (Benjamin Constant, Antologia di scritti politici), le quali entrambe sono necessarie per lo stato democratico moderno ("dove cade l'una cade l'altra", Bobbio cit., pag.63).

Liberta' e illiberta', precisa Bobbio (cit., pag.75) sono storicamente in rapporto reciproco: la liberta' e' stata la lotta di liberazione dal dogmatismo religioso, dai vincoli economici, dal potere ereditario (dispotismi sacerdotale, feudale, principesco, pag.79).
Il potere delle idee, secondo Isaiah Berlin, e' tale che i concetti filosofici possono arrivare a distruggere civilta' (pag.186), idee politiche e forze sociali hanno bisogno le une delle altre.
Le questioni centrali della politica sono l'obbedienza e la coercizione, "costringere un uomo vuol dire privarlo della liberta' " (pag.188). La liberta' di alcuni dipende dalle limitazioni di altri, e se gli altri sono molti esseri umani, il sistema e' ingiusto e immorale (pag.192).
Non vi e' connessione logica necessaria fra la liberta' (grado di interferenza del governo sull'individuo) e la democrazia (chi governa, pag.196). Soltanto se non si raggiunge un obiettivo perche' ostacolati da altri, si puo' parlare di mancanza di liberta' politica (pag.189), la liberta' e' tanto piu' grande quanto maggiore e' l'area di non-interferenza (pag.190).
Berlin introduce il concetto di uguaglianza della liberta' (non fare agli altri cio' che non vorrei fosse fatto a me, pag.192). La liberta' non e' il solo fine dell'uomo, in certe situazioni "le scarpe valgono di piu' delle opere di Shakespeare" (pag.191).
La liberta' da ha per obiettivo (negativo) l'eliminazione delle interferenze (pag.194); l'evidenza storica dimostra che l'argomento di John Stuart Mill secondo cui la liberta' e' condizione necessaria per lo sviluppo non e' sempre vero (pag.195).
La liberta' negativa implica un'idea di individuo oggetto, per cui si decide: e' l'idea che spesso caratterizza il riformatore sociale, che individua traguardi per gli individui che questi ultimi non riescono a vedere, trattati come oggetti privi di volonta' propria (pag.203).
La liberta' positiva implica un'idea di individuo soggetto, agente, che decide (pag.197): autonomia (agire) contro eteronomia (subire, pag.204). Un modo per eliminare gli ostacoli dal cammino e' quello di abbandonare il cammino (pagg.202 e 205); e' la teoria dell'uva acerba secondo cui non si puo' volere cio' che non si e' sicuri di ottenere: la liberta' negativa (liberta' tout court secondo Jonh Stuart Mill) non e' capacita' di fare cio' che si desidera, perche' basta limitare i desideri (voglio solo cio' che posso fare) per sentirsi liberi (pag.205).
Rousseau e la Rivoluzione Francese forniscono esempi di liberta' positiva.
Il problema della liberta' negativa non e' chi esercita l'autorita' ma quanta autorita' esercita, la causa piu' importante dell'oppressione e' l'accumulazione del potere (pag.228). Il dittatore, ma anche il prepotente e l'inquisitore, partono dal presupposto che gli uomini non sono in grado di sapere cosa e' meglio per loro (pag.216); Per Constant, Mill, Tocqueville, in una societa' libera non ci sono poteri assoluti ma solo diritti assoluti (pag.230).
Secondo Berlin, se vi e' accordo sui fini, le questioni relative ai mezzi non sono politiche e possono essere risolte da esperti (pag.185). La morale non puo' essere oggetto di conoscenza specialistica e percio' non vi possono essere esperti in materia: gli uomini diventano liberi non quando gli si impone di agire in certi modi, ma quando acquisiscono la consapevolezza del perche' devono agire in quei modi (pag.218); nella societa' ideale (che e' "costituita da esseri pienamente responsabili", pag.214) non c'e' bisogno di regole e la liberta' (autonomia) coincide con la legge (autorita').
I desideri di liberta' e di giustizia sono entrambi fondamentali, vivere secondo i propri desideri e rifiutare per gli altri trattamenti indecentemente disuguali, perche', osserva Berlin, "che non si possa avere tutto e' una verita' necessaria e non contingente" (pag.234).

5. I LIMITI ALLA LIBERTA'
Per Kant (Lo stato di diritto), l'antagonismo spinge gli uomini ad associarsi e causa l'ordinamento legale della stessa societa'; benche' la liberta' senza limiti permetta lo sviluppo delle facolta' naturali, gli uomini non possono vivere a lungo in condizioni di liberta' selvaggia.
La convivenza sociale impone percio' all'uomo di obbedire ad una volonta' universalmente valida per poter essere libero. Kant distingue la liberta' di pensiero dall'anarchia di pensiero, che e' liberazione dai limiti posti dalla ragione: la liberta' di pensiero che si libera dalle leggi della ragione, alla fine distrugge se stessa, il principio di non riconoscere alcun dovere (libertinaggio dello spirito) porta al disordine ed in ultima analisi all'autorita' politica.
Occorre trovare garanzie alla liberta' altrui, e il diritto e' limitazione di liberta'; lo stato civile coincide con lo stato giuridico, che e' caratterizzato dal diritto pubblico (mentre lo stato di natura dal diritto privato: lo stato civile e' uno stato giuridico, fondato sul diritto pubblico, che ha come obiettivo quello di garantire la liberta' individuale, attraverso la quale l'individuo cerca la felicita' (suo fine). Il concetto di diritto implica un governo di tipo rappresentativo (repubblica), anche se Kant ritiene che il dispotismo sia comunque meglio dell'anarchia.

6. LA LIBERTA' DEGLI ANTICHI E QUELLA DEI MODERNI
Lo scopo di tutte le societa' umane, osserva Benjamin Constant (
Antologia di scritti politici), e' la liberta' personale (pag.73)
Constant distingue due tipi di liberta':
la liberta' dei moderni, basata sul sistema rappresentativo e che consiste in un complesso di diritti che l'individuo ha nei confronti del potere sociale (pagg.37-38):
- diritti negativi (non essere arrestato, maltrattato, ucciso per volonta' arbitraria);
- diritti positivi (essere sottosposto solo alle leggi, esprimere la propria opinione, scegliere il proprio lavoro, disporre della sua proprieta', muoversi senza chiedere permessi, unirsi con altri individui per interesse, fede, ecc.).
La liberta' dei moderni si basa sul godimento pacifico dell'indipendenza privata (pag.44) che e' il primo bisogno dei moderni (pag.49), mentre l'esercizio dei diritti politici costituisce solo una parte dei vantaggi; infatti i mezzi del benessere privato variano e si moltiplicano in funzione di (pag.45):
- progressi della civilta';
- tendenza al commercio;
- comunicazione dei popoli fra loro.
L'uomo, scrive Constant, "deve essere padrone di se stesso prima di estendere il suo potere di fuori di se'" (pag.174).
L'Autore distingue la liberta' individuale, che e' la liberta' dei moderni, dalla liberta' politica, collettiva; la seconda e' indispensabile alla prima perche' ne e' la garanzia, e si esplica col sistema rappresentativo, che Constant definisce "una procura data a un certo numero di uomini dalla massa del popolo, che vuole che i suoi interessi siano difesi e che tuttavia non ha il tempo di difenderli" (pag.56), pur controllando che i governanti non siano negligenti, corrotti, incapaci (pag.56): il pericolo della liberta' moderna e' infatti che si rinunci al diritto di partecipazione al potere politico, per perseguire solo interessi privati (pag.56).
La liberta' degli antichi consisteva invece nell'esercizio collettivo, diretto (pag.38), di funzioni sovrane (deliberare guerra e pace, pronunciare giudizi, esaminare atti, ecc.); non c'e' nulla che non sia regolato dalle leggi, l'autorita' si intromette in tutti i rapporti privati: "presso i moderni, al contrario, l'individuo, indipendente nella vita privata, e', anche nel piu' libero degli Stati, sovrano solo in apparenza. La sua sovranita' e' limitata, quasi sospesa" (pag.39).
Per esercitare funzioni di democrazia diretta, occorrono:
a) limitata estensione dello Stato (l'estensione territoriale accresce gli svantaggi, pag.131);
b) schiavi che permettano ai cittadini di dedicare tempo alle funzioni sovrane (deliberare quotidianamente in pubbliche piazze, pag.42);
c) scarso amore per la liberta' individuale e per il commercio che la ispira (pag.43).
Il fine degli antichi, scrive ancora Constant, "era la divisione del potere sociale fra tutti i cittadini di una stessa patria; era questo che essi chiamavano liberta'. Il fine dei moderni e' la sicurezza nei godimenti privati; e chiamiamo liberta' le garanzie accordate a questi godimenti dalle istituzioni" (pag.45).
Il consenso della maggioranza non e' sempre sufficiente a legittimare gli atti (pag.61): "la volonta' di tutto un popolo non puo' rendere giusto cio' che e' ingiusto" (pag.67); inoltre, i rappresentanti della volonta' generale (che sono alcuni, pur agendo a nome di tutti), divengono despoti (Rousseau, pagg.63-64).
Il genere umano non e' stazionario, il giudizio sulle opinioni e le istituzioni e' percio' relativo, quelle un tempo necessarie oggi sono considerate abusi, quelle oggi indispensabili un domani potranno essere esse stesse respinte come abusi: dai grandi mali nascono le rivoluzioni che hanno come scopo il bene dell'umanita' (pagg.181-182).
La sovranita' deve essere limitata, e non basta dividere i poteri, se questi possono formare una coalizione (pag.66); un popolo infatti "non puo' delegare a nessuno un'autorita' che egli stesso non ha" (pag.67).
L'arbitrio e' nemico della liberta', di tutte le attivita' che danno prosperita', del commercio, del credito, della sicurezza, della morale (non esiste morale senza sicurezza, pag.73), ed e' contagioso (pag.111).
I diritti sono indipendenti dall'autorita' sociale, che non puo' lederli (pag.82), e vanno separati dal principio di utilita' (Bentham) perche' una violazione di diritti potrebbe anche rivelarsi utile (pag.80); l'obbedienza alla legge e' un dovere relativo, presuppone sia la legittimita' che la giusta limitazione della legge (pag.85).
I caratteri di illegalita' delle leggi sono:
a) la retroattivita' (pag.86);
b) la prescrizione di azioni contro la morale (pag.87);
c) la divisione dei cittadini in classi e la loro punizione non per fatti dipendenti dalla loro volonta' ma in quanto appartengono a classi: "le leggi contro i nobili, contro i preti, contro i padri dei disertori, contro i parenti degli emigranti, non erano leggi" (pag.87).
L'uomo che serve una legge che considera iniqua non e' scusabile (pag.88 e pag.182).
Alcuni diritti individuali sono indipendenti dall'autorita' sociale, quale che sia (pag.109):
- la liberta' personale;
- la liberta' religiosa;
- la liberta' di pensiero;
- la garanzia contro l'arbitrio;
- i diritti di proprieta': questi ultimi non sono pero' anteriori alla societa' come lo sono invece gli altri diritti individuali, anzi la proprieta' e' una convenzione sociale, sebbene necessaria alla divisione del lavoro e allo sviluppo (pag.110).
Guerra e commercio sono entrambi mezzi per possedere cio' che si desidera, ma mentre il commercio e' calcolo, la guerra e' impulso: "per questo appunto deve sorgere un'epoca in cui il commercio sostituisce la guerra" (pag.41).
Nell'universo, sostiene Constant, ci sono due principi, la forza e la ragione (pag.204); le opinioni creano la forza (pag.205), le istituzioni sono opinioni messe in pratica (pag.181) mentre la sola forza non puo' combattere il pensiero: per disarmare l'errore, occorre confutarlo (pag.70).
Alla base delle ingiustizie ci sono sempre ineguaglianze: si vedano anche le considerazioni dell'Autore citate in questo sito negli "argomenti filosofici" relativi all'uguaglianza.
Per gli antichi, osserva Maurice Duverger (I sistemi politici), liberta' era soprattutto partecipazione, per i moderni e' invece indipendenza individuale (liberta'-resistenza contro liberta'-partecipazione, pag.221).
L'ideologia liberale, il liberalismo politico (pag.211 e seguenti), e' la conseguenza storica della Riforma (libero arbitrio), del metodo cartesiano (tutto deve essere sottoposto alla critica della conoscenza), di John Locke (il suo Trattato sul governo), dei filosofi francesi del XVIII secolo e delle rivoluzioni americana e francese (l'influenza della religione nel liberalismo politico americano e' discussa a pag.351 del volume).
Sviluppatasi inizialmente in sistemi politici conservatori (pag.223), fra i contenuti dell'ideologia liberale troviamo l'individualismo, liberta' ed uguaglianza "nei diritti", lo Stato astensionista, i principi di legalita' e controllo giurisdizionale, elezioni, pluralismo, rappresentanza (mandato limitato), laissez-faire laissez-passer ed inviolabilita' della proprieta' privata (liberalismo economico, pag.216).
Vi e' connessione fra sviluppo tecnico e democrazia liberale (pag.201 e seg., i diversi tipi di democrazie liberali sono descritti da pag.233 e seg.).
I rapporti fra liberalismo e socialismo (analizzati da pag.227) sono rapporti conflittuali ma anche di influenza: diritti economici e sociali, stato del benessere; lo stesso sistema di valori e' a fondamento sia del liberalismo che del socialismo (pag.488).

7. LIBERTA' E SVILUPPO
La liberta’ personale e la tolleranza, osserva Amartya Sen (Lo sviluppo e' liberta'), devono essere garantite e condivise da tutti: il valore della liberta’ e della tolleranza va coniugato con l’uguaglianza della liberta’ e della tolleranza; interpretazioni diverse e piu’ riduttive (quali possono essere i valori asiatici, islamici, occidentali, africani, ecc.) sono ipersemplificazioni del tutto arbitrarie (pag.234 e seguenti). Le regole di buon comportamento e la fiducia reciproca sono fondamentali per far funzionare economie di scambio (pag.263 e seguenti); liberta’ e responsabilita’ sono strettamente connesse (pag.284 e seguenti), la liberta’ ha molti aspetti: processuale, possibilitante, costruttivo (pag.292).
L’utilitarismo nega valore intrinseco a diritti e liberta’, che contano solo se influiscono sull’utilita’: si puo’ essere schiavi felici o anche mentalmente condizionati ed adattati (pag.67).
Le condizioni mentali di persone diverse non sono confrontabili (desideri, piaceri, felicita’, ecc.), l’utilita’ esprime le preferenze di ciascun individuo, non e’ possibile alcun confronto interpersonale di utilita’ e lo stesso comportamento di scelta, in persone con stati d’animo diversi, da’ origine a funzioni di utilita’ diverse (pagg.72-73). Allo stesso modo, con funzioni di domanda eterogenee e’ impossibile il confronto fra redditi reali di persone diverse; Sen individua almeno cinque cause che variano il rapporto fra redditi reali e vantaggi che ne derivano in termini di benessere e di liberta’, rendendo inservibile il concetto di opulenza (pagg.74-76): l’eterogeneita’ degli esseri umani (per eta’, sesso, malattie), le diversita’ ambientali (clima ma anche svantaggi ambientali o malattie infettive), le variazioni delle condizioni sociali (istruzione, criminalita’, epidemiologia), le differenze relative (come essere relativamente poveri in una societa’ ricca, pag.94), la distribuzione intrafamiliare del reddito (per eta’, sesso, bisogni).
Sen privilegia il criterio delle capacita’ o liberta’ sostanziali (capabilities, pag.19), rispetto alle utilita’ (welfaristi) o ai beni principali (Rawls): non basta possedere i beni principali, osserva l’Autore, questi infatti devono essere convertiti in capacita’ di raggiungere i propri scopi, gli individui sono diversi fra loro per eta’, sesso, talento, malattie, invalidita’, condizioni familiari, indipendentemente dai beni posseduti; talune occasioni non vengono colte, la stessa liberta’ di scegliere e’ di per se’ un valore (scegliere di digiunare non e’ la stessa cosa di soffrire la fame, pag.80).
Il livello di reddito incide sulle capacitazioni in modo contingente e condizionato, variando da comunita’ a comunita’, da famiglia a famiglia, da persona a persona; la poverta’ reale puo’ essere percio’ piu’ o meno intensa rispetto al livello del reddito (pagg.92 e seg.).
I risultati del mercato dipendono dagli assetti sociali e politici, di cui e’ parte integrante l’azione pubblica (pag.146); le innovazioni sociali possono incidere positivamente sui mercati economici (pag.259).
Il conservatorismo finanziario (l’estremismo antideficit) non e’ applicabile allo stesso modo in tutte le situazioni, e indipendentemente dagli scopi della spesa pubblica (sanita’ e istruzione piuttosto che spese militari); la discussione pubblica e’ fondamentale per individuare i bisogni economici e stabilirne la priorita’, la “condizione umana” in se’ non ci dice nulla (pagg.157-158).


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI :
  • Amnesty International, L'INTOLLERANZA. Uguali e diversi nella storia, a cura di Pier Cesare Bori (ed.Il Mulino, Bologna 1986)
  • Isaiah Berlin, DUE CONCETTI DI LIBERTA' in Quattro Saggi Sulla Liberta' (ed. Feltrinelli, Milano 1989)
  • Norberto Bobbio, EGUAGLIANZA E LIBERTA' (ed. Einaudi, Torino 1995)
  • Benjamin Constant, ANTOLOGIA DI SCRITTI POLITICI (ed. il Mulino, Bologna 1982)
  • Maurice Duverger, I SISTEMI POLITICI 1955/ed. Laterza, Bari 1978
  • Immanuel Kant, LO STATO DI DIRITTO
  • John Stuart Mill, SAGGIO SULLA LIBERTA'
    On liberty (1858/ed. il Saggiatore, Milano 1984)
  • Jean-Jacques Rousseau, IL CONTRATTO SOCIALE (1762, "Du contrat social ou principes du droit politique", ed. Bur Rizzoli, Milano 1991)
  • Bertrand Russell, STORIA DELLA FILOSOFIA OCCIDENTALE (1948/ed.Longanesi, Milano 1967)
  • Amartya Sen, LO SVILUPPO E’ LIBERTA’ (ed. Mondadori, Milano 2000)




  • Argomenti filosofici sulla DEMOCRAZIA


    1. DEMOCRAZIA DIRETTA E DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA
    La democrazia integrale, sostiene Norberto Bobbio nel libro Il futuro della democrazia, e' un continuum fra gli estremi della democrazia diretta e della democrazia rappresentativa, che non sono pertanto alternative ma entrambe necessarie a seconda delle diverse esigenze e situazioni (pag.41).
    Il processo di democratizzazione non consiste nel passaggio dalla democrazia rappresentativa alla democrazia diretta, bensi' dalla democrazia politica alla democrazia sociale (la societa' civile "nelle sue varie articolazioni, dalla scuola alla fabbrica", pag.44).
    La democrazia diretta richiede condizioni molto particolari: stati piccoli, costumi semplici, eguaglianza, austerita'. Il cittadino totale di Rousseau e' l'altra faccia dello stato totale; da due diversi punti di vista (del popolo e del principe) il principio e' infatti lo stesso: "tutto e' politica, ovvero la riduzione di tutti gl'interessi umani agli interessi della polis, la politicizzazione integrale dell'uomo, la risoluzione dell'uomo nel cittadino, la completa eliminazione della sfera privata nella sfera pubblica, e via dicendo" (pag.31).
    Il principio della democrazia rappresentativa implica due tipi di domande:
    a) come rappresentare: come delegato (portavoce) o come fiduciario (senza vincolo di mandato);
    b) che cosa rappresentare: interessi generali o interessi particolari (fazioni e corporazioni, pag.130).
    Di solito, vanno insieme la figura del rappresentante come delegato e la rappresentanza degli interessi particolari (politici di professione che vivono di politica e non solo per la politica, pagg.35-36).
    Inoltre, il principio della democrazia rappresentativa puo' essere applicato in piu' modi, repubblica presidenziale, stato parlamentare (che puo' essere non democratico, per cui e' plausibile criticare lo stato parlamentare senza per questo dover criticare la democrazia rappresentativa, pag.33), ed esteso ad altre sedi (comuni, province, ecc.).
    Democrazia e pluralismo non hanno la stessa estensione: la societa' feudale era pluralistica ma non democratica, la democrazia degli antichi non era pluralistica (pag.48). La teoria pluralistica contrappone il potere distribuito al potere monocratico, mentre la teoria democratica contrappone il potere dal basso al potere autocratico. Sono tipi ideali di stato (pag.50):
    - lo stato democratico e monocratico (la repubblica di Rousseau);
    - lo stato autocratico e policratico (la societa' feudale);
    - lo stato autocratico e monocratico (la monarchia assoluta);
    - lo stato democratico e policratico (la democrazia dei moderni).
    Fra dispotismo puro e pura democrazia possono esistere forme intermedie, a seconda dello spazio (maggiore o minore) riservato al dissenso, che e' necessario in una societa' pluralistica (pag.54).
    La definizione minima di democrazia, secondo Bobbio, e' quella di un insieme di regole primarie, che stabiliscano chi puo' prendere decisioni collettive e attraverso quali procedure (pag.4).
    La regola della maggioranza e' la regola fondamentale della democrazia, l'unanimita' e' consentita solo nei due casi estremi della decisione molto grave (diritto di veto) oppure di scarsa importanza (consenso tacito). Le norme costituzionali non sono le regole del gioco, bensi' quelle preliminari che consentono il gioco (pag.6); stato e mercato sono forme di regolazione sociale (pag.121).
    Molte regole del gioco politico sono costitutive: si vota perche' esiste una legge elettorale, cosi' come per i giochi; al contrario, altri comportamenti (il nutrirsi, l'accoppiarsi, il passeggiare, ecc.) sono 'regolanti' nel senso che non richiedono regole che li precedono.
    Condizioni preliminari per il buon funzionamento di un sistema democratico sono i principi della liberta' di associazione e della liberta' di opinione (pag.63), la cui maggiore o minore limitazione determina il grado di democraticita' di un sistema politico.
    Veto e disobbedienza civile non sono diritti garantiti ma rapporti di forza (pag.73).
    Sono promesse non mantenute della democrazia (non degenerazione ma divario fra democrazia reale e democrazia ideale, Premessa VIII) il permanere di:
    - oligarchie (pag.13);
    - rivincita degli interessi (pag.11);
    - partecipazione interrotta (spazio limitato, pag.14);
    - cittadini non educati (apatia politica, pag.18);
    - soppressione dei corpi intermedi (societa' centrifuga, pag.10);
    Le promesse non mantenute trovano a monte ostacoli non previsti dal progetto politico democratico:
    a) tecnocrazia (che e' antitetica alla democrazia, pag.22);
    b) processo di burocratizzazione;
    c) scarso rendimento: domande facili, risposte difficili (pag.24).
    La sopravvivenza di poteri invisibili corrompe invece la democrazia, la pubblicita' e' una forma di controllo (pag.17): la democrazia e' "governo del potere pubblico in pubblico" (pag.76) dove pubblico e' contrapposto sia a privato che a segreto; il potere vicino (locale) e' il piu' visibile (pag.80).
    L'essere in trasformazione e' lo stato naturale di ogni sistema democratico: "la democrazia e' dinamica, il dispotismo e' statico" (Premessa VII); la democrazia implica il dissenso, il consenso essendo richiesto soltanto sulle regole della competizione (pag.51).
    Fra gli insuccessi della democrazia rientrano temi quali (pag.75):
    - la teoria delle élites;
    - il divario fra democrazia formale e sostanziale;
    - il malgoverno (non la forma di governo ma il modo di governare: governo degli uomini o governo delle leggi, governo per il bene comune distinto dal governo per il bene proprio, governo secondo leggi distinto dal governo arbitrario, pagg.148-151);
    - il potere invisibile (che occulta e che si occulta, pag.86).
    Le storie dei regimi autocratici e delle congiure (contropotere invisibile) sono parallele (pag.88); nella ragion di stato il tema del 'mendacio' (simulare cio' che non e' e dissimulare cio' che e') e' obbligato (pag.89); inoltre, il segreto puo' essere tecnico (la decisione non e' da tutti) o politico (la decisione non e' per tutti, pag.94).
    La coppia comando-obbedienza e' caratteristica del rapporto asimmetrico di potere, la cui raffigurazione perfetta e' il Panopticon di Bentham (pag.90). Ogni problema relativo alla sfera politica puo' essere esaminato dal punto di vista di chi governa (ex parte principis) o dal punto di vista di chi e' governato (ex parte populi, pag.95).
    Il potere puo' essere diviso (pag.96):
    - verticalmente/orizzontalmente (distinzioni classiche);
    - in profondita' (emergente, semisommerso, sommerso).
    Il governo dell'economia e' in gran parte potere invisibile (pag.97). Infatti le nostre societa' sono policratiche e non monocratiche, oltre allo Stato ci sono altri centri di potere (pag.47). Si vedano anche le tesi di Norberto Bobbio analizzate negli argomenti filosofici sulla democrazia in questo sito.
    All'argomento del male minore (meglio una cattiva democrazia di una buona dittatura, pag.65) si contrappongono i fenomeni di reflusso dalla politica (pag.67):
    - il distacco (non tutto e' politica);
    - la rinuncia (la politica non e' di tutti: teoria conservatrice delle élites, teoria rivoluzionaria del partito-avanguardia, pag.69);
    - il rifiuto (pag.70), che puo' essere particolaristico (gli uomini hanno solo interessi) o etico-religioso (volto demoniaco del potere).
    L'apatia politica non minaccia i regimi democratici (pag.139), l'astensionismo preoccupa solo se va a vantaggio del partito avverso (pag.61).
    Nello stato totale la politica e' tutto ma non e' di tutti, nello stato democratico e liberale la politica non e' tutto ma e' di tutti (pag.68, vedere anche in questo sito negli argomenti filosofici sulla liberta').
    L'antitesi dello stato liberale e' lo stato paternalistico, l'antitesi dello stato democratico e' lo stato assoluto: tant'e' che, ad esempio, Rousseau, scrittore democratico, non si puo' annoverare fra gli scrittori liberali (pag.116).
    Il neo-liberalismo auspica uno stato insieme minimo (antitesi stato minimo/stato massimo) e forte (antitesi stato debole/stato forte, pag.122); il socialismo liberale parte dalla stessa concezione individualistica ma costruisce un diverso progetto di contratto sociale che include principi di giustizia distributiva (pag.124).

    2. SOCIETA' E STATO
    Nel libro Stato, governo, societa', Norberto Bobbio propone varie distinzioni nel concetto di democrazia (pag.127):
    - democrazia degli antichi e democrazia dei moderni; quest'ultima implica l'associazionismo (funzione pubblica dei partiti politici, pag.143);
    - democrazia rappresentativa e democrazia diretta;
    - democrazia politica e democrazia sociale;
    - democrazia formale e democrazia sostanziale.
    Inoltre: forme buone e cattive di governo; forme di governo determinate dal numero dei governanti.
    Le deliberazioni a maggioranza sono a somma zero, quelle prese attraverso accordi sono a somma positiva (pag.109).
    Argomenti a favore della democrazia sono (pag.137):
    - l' argomento etico: la democrazia e' l'attuazione politica del valore supremo della liberta';
    - l' argomento politico: la democrazia e' una difesa da abusi e prevaricazioni (legislatore e destinatario coincidono);
    - l' argomento utilitaristico: la democrazia coinvolge gli interpreti dell'interesse collettivo.
    Lo sviluppo della democrazia oggi e' la sua estensione alla sfera sociale ed alle sue forme di potere ascendente, dalla scuola alla fabbrica (padre/figlio, coniuge, imprenditore/dipendente, insegnante/studente, genitore/studente, medico/malato, ufficiale/soldato, amministratore/amministrato, pag.147): "puo' benissimo darsi uno Stato democratico in una societa' in cui la maggior parte delle sue istituzioni, dalla famiglia alla scuola, dall'impresa ai servizi pubblici, non sono governate democraticamente" (pag.148).
    Indice di sviluppo democratico e' il numero di sedi in cui si esercita il diritto di voto, oltre a quelle politiche: dove si vota piuttosto che chi vota (pag.148).
    La nascita dello Stato e' il punto di passaggio dallo stato di natura/eta' primitiva all'eta' civile dove 'civile' sta insieme per 'cittadino' e 'civilizzato' (pag.63).
    Se lo Stato sia sempre esistito dipende dalla definizione che se ne da': l'estensione di un concetto e' inversamente proporzionale al numero delle sue connotazioni, l'enfasi sulle analogie piuttosto che sulle differenze e' decisiva per vedere la continuita' piuttosto che la discontinuita' fra lo Stato moderno e gli ordinamenti precedenti (pag.59).
    Oggi il sistema politico e' un sottosistema del sistema sociale, lo Stato nell'eta' moderna si e' degradato a parte della societa', la sociologia politica e' una parte della sociologia generale (pagg.51-52); la dottrina dei diritti individuali e il principio che il governo e' per l'individuo e non viceversa, sono divenuti (idealmente) irreversibili (pag.55).
    Con Machiavelli, "Stato" viene usato come genere, "repubblica" come specie (una delle forme di governo); per gli antichi l'unico termine di genere era invece civitas (pagg.56-57).
    Il significato di societa' civile come "sfera dei rapporti sociali distinta dalla sfera dei rapporti politici" (pag.24) deriva da Hegel e Marx, talora paese reale/paese legale (pag.25), talaltra luogo di formazione delle domande (input) contro luogo di definizione delle risposte (output), dove l'ingovernabilita' (aumento delle domande senza risposte) genera crisi di legittimita' (pag.26): la societa' civile, in questi casi (periodi di crisi istituzionale) e' il luogo dove si formano i poteri di fatto (pag.27).
    In negativo, societa' civile e' tutto cio' su cui non si esercita il potere statale: non-statale come pre-statale (associazioni), anti-statale (nel significato assiologico di gruppi per l'emancipazione del potere politico, contropoteri), post-statale (nel significato insieme assiologico e cronologico di ideale che sorge dalla dissoluzione dello Stato).
    Bobbio distingue tre modelli:
    - il modello aristotelico, caratterizzato dalla dicotomia famiglia/stato;
    - il modello giusnaturalistico, dove la dicotomia diventa stato di natura/stato civile;
    - il modello hegeliano dove vi e' progressione tra famiglia, societa' civile, stato.
    La societa' civile nel modello hegeliano e' una forma incompiuta di Stato (pag.31), nel modello hobbesiano e' l'antitesi dello stato di natura (pag.35), ed e' utilizzata comunemente anche in contrapposizione al potere religioso (pag.36); con Ferguson (in positivo) e Rousseau (in negativo) l'aggettivo 'civile' assume il significato di 'civilizzato' (pagg.38-39).
    Bobbio rileva due processi contraddittori: lo Stato che si fa societa' (dallo Stato sociale fino allo Stato totalitario) e la societa' che si fa Stato (fino all'estinzione dello Stato); i due processi sono rappresentati rispettivamente dalle figure del cittadino protetto e del cittadino partecipante (pag.42).
    Legittimita' ed obbligo politico sono problemi intimamente connessi: "l'obbedienza e' dovuta soltanto al comando del potere legittimo" (pag.81); l'obbedienza e il diritto di resistenza possono essere attivi o soltanto passivi.
    Secondo i positivisti il potere effettivo e' anche quello legittimo; Kelsen distingue quattro limiti al potere statale (pag.86): limiti spaziali (territorio), personali (popolo), temporali (dall'emanazione all'abrogazione di ciascuna legge), materiali: materie oggettivamente non regolamentabili (Spinoza: il sovrano non puo' far mangiare l'erba a un tavolo), materie rese indisponibili dall'ordinamento (diritti civili).
    Bobbio distingue a sua volta i limiti del potere politico, che sono giuridici, dai limiti al potere politico, che derivano dalla presenza piu' o meno forte del non-Stato (pag.113).
    La legge e' generale e costante, e pertanto superiore al giudizio caso per caso del governante: il costituzionalismo e' la teoria dei limiti del potere, che sono (pag.92) interni (rapporti fra governanti e governati) ed esterni (rapporti fra gli Stati); lo Stato universale avrebbe solo limiti interni (pag.95).
    Dittatura ha avuto per secoli una connotazione positiva, il dittatore era si' straordinario (stato di necessita'), ma temporaneo e legittimo (pag.151); il despota e' legittimo ma non temporaneo, il tiranno non e' legittimo: il tiranno non rispetta le leggi, il despota sopprime i corpi intermedi. Il termine 'dittatura del proletariato' non era valutativo, tutti gli Stati essendo dittature o domini di classi (pag.157).
    Le forme di governo possono essere autocratiche o democratiche, a seconda che l'ordinamento giuridico venga creato e modificato dall'alto o dal basso (pag.97). La rivoluzione copernicana e' il riconoscimento dei diritti dell'uomo e del cittadino (pag.108).
    Lo Stato eudemonologico (che comprende in se' lo Stato confessionale e lo Stato interventista, pag.115) si propone il fine della felicita' dei sudditi; l'eta' moderna si caratterizza al contrario e per la secolarizzazione (Stato laico) e per la liberalizzazione.
    Temi ricorrenti sono il problema dell'origine dello Stato e il problema della sua fine (che e' cosa diversa dalla crisi dello Stato, che riguarda solo uno Stato particolare, pag.118). L'ideale della fine dello Stato implica una concezione negativa dello stesso (come male non necessario, pag.120); se, viceversa, lo Stato e' un male necessario, l'ideale della sua fine viene meno (e' meglio dell'anarchia) ed assume la figura dello Stato minimo (pag.121).
    La dicotomia fra (diritto) pubblico e privato riflette l'avvenuta differenziazione sociale e sancisce la supremazia del primo termine sul secondo (pag.5); nel suo uso descrittivo essa comprende altre dicotomie:
    - societa' di eguali e di diseguali (governanti e governati, societa' economica e societa' politica);
    - legge e contratto (stato di natura e stato civile, vincoli derogabili e inderogabili, pag.9);
    - giustizia commutativa (ugual valore degli scambi in societa' di uguali) e giustizia distributiva (a ciascuno secondo il merito, il bisogno, il lavoro, in societa' di diseguali).
    Casi limite: la famiglia (societa' di disuguali retta dalla giustizia distributiva) e la societa' internazionale (societa' formalmente di uguali retta dalla giustizia commutativa, pag.10).
    Nel suo significato valutativo, la dicotomia pubblico/privato si risolve nella concezione del primato del privato (resistenza del diritto di proprieta', concezione liberale dello Stato, pag.14) o del primato del pubblico (il tutto viene prima delle parti, Stato interventista, Stato totale, primato della politica sull'economia, primato dell'organizzazione verticale o diretta dall'alto sull'organizzazione orizzontale o ordine sociale spontaneo, pag.16).
    La privatizzazione del pubblico nelle societa' industriali piu' avanzate si manifesta nella contrattazione collettiva (sindacati) e nei rapporti fra i partiti: lo Stato e' il luogo dove si compongono, si scompongono e si ricompongono i conflitti, attraverso accordi rinnovati "rappresentazione moderna della tradizionale figura del contratto sociale" (pag.17). In un altro significato, infine, pubblico si contrappone a segreto (pag.18).

    3. DEMOCRAZIA COME METODO
    Nel libro Quale socialismo ? Norberto Bobbio definisce la democrazia come una pratica (pag.47): "un insieme di regole (le cosiddette regole del gioco) che consentono la piu' ampia e piu' sicura partecipazione della maggior parte dei cittadini, sia in forma diretta sia in forma indiretta, alle decisioni politiche, cioe' alle decisioni che interessano tutta la collettivita'" (pag.42).
    In quanto metodo, la democrazia cosi' definita ha un valore strumentale o estrinseco (pag.81).
    La democrazia moderna presenta alcuni paradossi:
    - si richiede sempre piu' democrazia in condizioni sempre piu' sfavorevoli (pag.46): la democrazia assembleare e' ingannevole (ratifica decisioni prese da esecutivi la cui investitura e' carismatica); non bisogna confondere il governo del popolo con il governo per il popolo (pag.71);
    - piu' democrazia finora ha sempre voluto dire piu' burocrazia (pagg.46-47);
    - tecnocrazia (governo dei competenti) e democrazia (governo di tutti) sono incompatibili; scrive Bobbio: "il protagonista della societa' industriale e' lo scienziato, lo specialista, l'esperto; il protagonista della societa' democratica e' il cittadino qualunque, l'uomo della strada (...) la democrazia si regge sull'idea-limite che tutti possano decidere di tutto" (pag.49);
    - il processo democratico (la politica e' azione e non strumento o opinione, pag.51) contrasta con la societa' di massa, caratterizzata da conformismo generalizzato (pag.50) e da manifestazioni di massa (pagg.51-52).
    Il potere autocratico e' molto piu' diffuso del potere democratico, anche nelle societa' democratiche: e' significativo, sottolinea Bobbio, "che le richieste di maggiore democrazia che oggi vengono fatte dai piu' diversi movimenti vadano tutte nel senso di promuovere l'occupazione di spazi riservati sinora all'esercizio di un potere autocratico" (pag.100).
    I giudizi assiologicamente positivi sul metodo democratico possono essere ricondotti a tre prospettive fondamentali (pag.77):
    - la prospettiva etica presuppone la liberta' positiva o liberta' come autonomia (pag.78), che e' insieme un valore ultimo (indeducibile) ed un valore-limite (la sua realizzazione concreta e' sempre inadeguata, pag.78);
    - la prospettiva politica argomenta che la democrazia e' il piu' importante rimedio all'abuso di potere (pag.78), ed il potere politico, chiarisce Bobbio, "e' il massimo potere (...) di cui un uomo, o un gruppo, possa disporre in una determinata societa'" (pag.78);
    - la prospettiva utilitaristica, infine, si basa sulla considerazione che i diretti interessati siano i migliori interpreti dell'interesse collettivo, ed e' la prospettiva piu' contestata, come osserva l'Autore a pag.79: "e' sin troppo facile obiettare infatti che il singolo non vede al di là del proprio naso, e che l'interesse collettivo non e' mai la somma degli interessi individuali (posto che questa somma si possa fare)".
    Il problema della partecipazione e' essenzialmente un problema di forme (pag.19); i "vizi congeniti" ad ogni forma di partecipazione democratica (pag.102) sono la partecipazione manchevole (apatia politica) e la partecipazione distorta (manipolazione del consenso).
    La democrazia e' sovversiva (pag.53): "se l'emancipazione politica non e' sufficiente, e' pur sempre necessaria (...) non vi puo' essere emancipazione umana che non passi attraverso l'emancipazione politica. La quale richiede lo sviluppo, l'estensione, il rafforzamento di tutte le istituzioni da cui e' nata la democrazia moderna" (pag.65).
    Secondo Bobbio, i momenti di statu nascenti rientrano nella categoria dello stato di necessita' o di emergenza, per la quale il metodo democratico non vale (pag.74).
    La definizione pratica di democrazia, anche secondo Schumpeter (Capitalismo, socialismo, democrazia), e’ quella di metodo politico, ovvero uno strumento per decidere affidato a singoli individui "attraverso una competizione che ha per oggetto il voto popolare" (pag.231 e 257): il popolo non governa, ma ha l’opportunita’ di accettare o rifiutare i propri governanti; pero’ le qualita’ di un buon candidato, osserva Schumpeter, non concordano necessariamente con quelle di un buon amministratore (pag.275).
    Le condizioni per il successo del metodo democratico sono (pag.276 e seguenti): qualita’ elevata degli uomini politici, che implica una sorta di carriera professionale; raggio limitato delle decisioni politiche, supportate dal verdetto degli specialisti; utilizzo di una burocrazia esperta, forte e di buona tradizione; autocontrollo democratico, con l’opposizione che non cerca ogni volta di rovesciare il governo e gli elettori che devono dare fiducia ai governanti per un tempo sufficiente e nel contempo diffidare dalle lusinghe; tolleranza e rispetto per le opinioni altrui.
    L’ideologia borghese ha prodotto tanto la moderna democrazia quanto l’ideologia socialista (che ha bisogno dell’intellettuale di estrazione borghese, pag.297, nota e pag.299), le quali non sono fra loro ne’ necessarie ma neppure incompatibili (pag.271); si vedano anche, in questo sito, altri argomenti dell’Autore sul socialismo e sul capitalismo.
    Le virtu’ della democrazia, secondo Sen (Sviluppo e' liberta'), sono tre: e’ importante intrinsecamente, ha una utilita’ strumentale (crea possibilita’ e previene catastrofi economiche, pag.183 e seguenti), svolge un ruolo costruttivo nel creare valori e norme (“governo attraverso la discussione”, pag.273); la democrazia acquista un fondamentale valore pratico nelle situazioni critiche (pagg.161-162).

    4. REGIMI POLITICI
    La parola Stato, osserva Maurice Duverger (I sistemi politici), ha due significati: stato-governo e stato-nazione.
    L'Autore distingue il sistema politico, che e' il sistema sociale nei suoi aspetti politici, dal regime politico, che comprende le istituzioni politiche, le quali a loro volta si distinguono dalle organizzazioni, che sono istituzioni non ufficiali (pagg.14-15). I regimi politici sono classificabili in sistemi liberali e sistemi autoritari (pag.21); Duverger distingue varie forme di regimi autoritari:
    - monarchie tradizionali (antiche: assolute o aristocratiche);
    - monarchie contemporanee, moderniste (il re non governa, oppure vi e' dispotismo illuminato) o arcaiche (laiche o teocratiche, pag.404 e seguenti);
    - dittature capitaliste, riformiste (pag.442) o conservatrici;
    - dittature militari: conservatrici, di tipo pretoriano, riformiste, pronunciamiento (pag.449; vi e' una progressione fra l'esercito neutrale, l'esercito come gruppo di pressione, il pronunciamiento, la tutela mitare e la dittatura militare);
    - dittature socialiste (pag.461 e seguenti), fra cui vi e' anche il socialismo militare (eserciti tradizionali o popolari, pag.558 e seguenti).
    Le dittature per Duverger sono risposte ad una crisi del sistema sociale, che solitamente e' una crisi di legittimita' (pag.414 e seguenti); in esse le elezioni sono sempre plebiscitarie, elezioni-ratifica di candidati scelti per cooptazione (pag.509 e seguenti).
    Il modello democratico ha un'origine storica (borghesia, parlamento) e valori politici che ne fondano la legittimita' democratica: suffragio universale, uguaglianza, riconoscimento di diritti fondamentali. E' in realta' un modello plutocratico, fondato sul popolo ma anche sulla ricchezza (pag.39).
    Nel periodo 1870-1939 il modello si caratterizza come "democrazia liberale", che sotto il profilo economico e' "capitalista", e si fonda sui principi della sovranita' popolare, le elezioni (che sono anche momenti rituali, pag.72), i parlamenti (immunita' parlamentari, pag.127), l'indipendenza dei giudici (pag.165 e seguenti), le liberta' civili, il pluralismo dei partiti (pag.38 e 45).
    Nel post-1945 assistiamo allo sviluppo della "tecnodemocrazia" (tecnostruttura politica), caratterizzata dai partiti di massa, dal rafforzamento dell'esercito e da strutture pubbliche di scala (pag.46 e seguenti).
    Costituzioni e leggi apparentemente democratiche, osserva l'Autore, possono convivere con regimi autoritari (partito unico, comunismo, pagg.59-60). Sono elementi del modello democratico il principio della rappresentanza popolare (teoria del mandato rappresentativo, teoria del mandato imperativo in Rousseau, pag.66), il principio della separazione dei poteri (Locke, Montesquieu, pag.124), il principio di legalita' (le decisioni amministrative e governative sono subordinate alle leggi vigenti, pag.176 e seguenti).
    Per poter funzionare, la democrazia diretta richiede paesi piccoli e problemi semplici (pag.73); sono procedure di democrazia semidiretta la petizione, il referendum, l'opzione (pag.74).
    Anche in democrazia funzionano molte procedure autocratiche di designazione dei governanti, da parte della grande industria, della finanza, di trusts: fra queste, eredita', cooptazione, burocrazia, potere economico, conquista violenta.
    I partiti politici possono essere di quadri (tradizionali: di notabili, aventi prestigio o mezzi economici; moderni: di tecnici) o di massa (anche di tipo comunista o fascista, pag.80). I partiti politici svolgono il duplice ruolo di inquadrare ideologicamente gli elettori e di selezionare i candidati; la selezione puo' avvenire per cooptazione, con congressi (pag.85), con elezioni primarie aperte, chiuse, "non di parte" (pag.372; lobbying, pag.383 nota). I partiti di massa sono rigidi (disciplina di voto) ed impongono la sottomissione dei parlamentari ai dirigenti interni (pag.88).
    Il suffragio puo' essere universale o ristretto (per censo, istruzione, sesso, eta', razza), diretto o indiretto (grandi elettori), il sistema elettorale puo' essere a voto singolo, plurimo, multiplo (pag.95), preferenziale (pag.264); le procedure del segreto elettorale e del contenzioso giurisdizionale o politico hanno lo scopo di eliminare le deformazioni elettorali (pressioni sui candidati, sugli elettori, manipolazioni materiali, pag.100 e seguenti).
    Il sistema elettorale puo' essere maggioritario (semplice o a due turni), proporzionale (uninominale o plurinominale, quest'ultimo con piu' candidati per ogni circoscrizione), o misto (semimaggioritario o semiproporzionale, pag.267 e seguenti); la rappresentanza proporzionale (che a differenza di quella maggioritaria e' compatibile solo col suffragio plurinominale) puo' determinarsi col sistema del quoziente elettorale (dividendo voti espressi per numero di candidati eleggibili) o con un numero uniforme determinato in anticipo (pag.107 e seguenti).
    Il regime politico delle democrazie liberali puo' essere parlamentare o presidenziale. Il pluralismo partitico che caratterizza le democrazie liberali (regimi parlamentari, pag.143, pag.149 e seguenti) puo' essere bipartitismo (sistemi maggioritari, pag.118), pluripartitismo ("democrazie mediate" ossia governi di coalizione, pag.114), a partito dominante (pag.153), "direttoriale" (pag.299).
    I poteri del parlamento sull'esecutivo possono essere di delimitazione, controllo, rivendicazione, opposizione (pag.131 e seguenti); le seconde Camere possono essere democratiche, federali, aristocratiche, economiche (pag.135 e seguenti). Il voto di sfiducia e' l'elemento fondamentale dei regimi parlamentari (pag.144).
    I regimi presidenziali possono essere puri (presidente eletto a suffragio universale, bonapartismo, pag.289) o semipresidenziali (pag.158 e seguenti).

    5. L'ANTICA GRECIA E LA DEMOCRAZIA MODERNA
    Bertrand Russell (Storia della Filosofia Occidentale, cit.) evidenzia come democrazia, nell'antica Grecia, fosse il governo di tutti i cittadini, esclusi pero' gli schiavi e le donne; il "tiranno" era invece colui che governava con potere non ereditario (pag.32). Il sorteggio era, per i greci, il metodo democratico per eccellenza (pag.264).
    Il periodo "moderno" si caratterizza per il ruolo della scienza rispetto alla Chiesa e per la sostituzione graduale delle monarchie con democrazie o tirannidi (pag.647). L'Autore osserva come il rifiuto in politica del principio ereditario non abbia avuto effetti in economia (il principio ereditario si applica al potere economico ma non a quello politico, pag.814); ai tempi di Robert Filmer e di John Locke un regno era l'equivalente di una proprieta' terriera.
    La democrazia moderna, sostiene Max Weber ne La societa' burocratica, non puo' essere amministrata da non-professionisti; essa implica lo sviluppo del funzionario professionale e di una vasta burocrazia. La democrazia moderna in un grande Stato e' democrazia burocratica, essa sostituisce le cariche onorifiche e nobiliari col funzionariato pagato (anche all'interno dei partiti, osserva Weber).

    6. DEMOCRAZIA DIRETTA E DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA
    La vera democrazia, secondo Jean-Jacques Rousseau (Il contratto sociale), e' contro l'ordine naturale (pag.118) e soggetta ad agitazioni e guerre civili (pag.119); d'altro canto la monarchia e' incostante, perche' legata al carattere di chi regna (pag.127).
    Lo stato civile richiede la sovrapproduzione, chi governa infatti non produce ma consuma, e deve ricorrere alla tassazione (pagg.130-131).
    Il governo degenera quando si restringe (da democrazia ad aristocrazia a monarchia) e quando si dissolve (la democrazia degenera in oclocrazia, l'aristocrazia in oligarchia, la monarchia in tirannia, pagg.137-138). Il patto sociale allora si rompe e i cittadini non sono piu' tenuti ma costretti all'obbedienza.
    Rousseau distingue il tiranno dal despota, che e' un tiranno che governa al di sopra delle leggi (pag.139).
    Il buon governo richiede che ciascun cittadino voti in assemblea (pag.145), la sovranita' non puo' essere ne' rappresentata ne' alienata (democrazia diretta, pag.146), "nel momento in cui un popolo si da' dei rappresentanti non e' piu' libero" (pag.148).
    Qualsiasi legge o patto fondamentale e' sempre revocabile se vi e' accordo fra tutti i cittadini (pag.154), il patto sociale richiede un consenso unanime, chi si oppone e' uno straniero: "il consenso sta nella residenza: abitare un territorio e' sottomettersi alla sovranita' " (pag.159).
    Una "repubblica cristiana" secondo Rousseau e' impossibile, perche' un termine esclude l'altro (pag.191), inoltre la tolleranza religiosa e' necessaria al corpo sovrano (pag.193).

    7. LA DEMOCRAZIA LIBERALE
    C.B.Machperson (La vita e i tempi della democrazia liberale) individua un doppio significato della parola liberale:
    1) liberta' del piu' forte secondo le regole del mercato ("liberale" come "capitalista");
    2) eguale liberta' di ciascuno per sviluppare le proprie capacita' (liberali etici).
    La democrazia liberale tenta di conciliare i due significati, che pero' sono in contrasto fra di loro (pag.12).
    La democrazia stessa viene intesa talvolta come procedura (per scegliere governi, fare leggi e prendere decisioni politiche), talvolta come una qualita', come un tipo di societa' e di relazioni sociali (democrazia partecipativa, pag.6). L'Autore distingue anche la democrazia utopistica (adattata ad una societa' senza classi: Rousseau, Thomas More, Winstanley, pag.12 e seguenti) dalla democrazia liberale, sorta a partire dal XIX secolo (pag.12); diversamente dalle teorie democratiche anteriori al XIX secolo, le teorie liberal-democratiche sottintendono il rapporto di tipo capitalistico, e quindi la divisione in classi della societa' (pag.22). Fino al XIX secolo, peraltro, le donne erano escluse dalla societa' civile e dall'idea stessa di classe sociale (pag.20).
    Machperson individua tre modelli consecutivi di democrazia liberale, cui aggiunge un quarto modello "di prospettiva" (pag.23).
    Il modello di democrazia protettiva (Jeremy Bentham, James Mill, pag.26 e seguenti) fu caratterizzato dall'estensione del diritto di voto come garanzia contro l'oppressione dei governanti e dalla subordinazione delle rivendicazioni di eguaglianza a quelle di sicurezza (della proprieta'); l'altalena di Mill sulla discrepanza fra il principio del suffragio universale e quello dell'esclusione dal voto (di donne, poveri, ecc.) e' discusso a pag.43 del libro di Machperson: le sole giustificazioni della democrazia furono in questo modello la protezione degli individui e la promozione della produzione capitalistica.
    Il modello di democrazia di sviluppo fu introdotto da John Stuart Mill a seguito dell'attivismo crescente della classe lavoratrice (pag.47) e prevedeva come obiettivo della democrazia il miglioramento dell'umanita', un modello morale secondo cui la societa' democratica e' insieme mezzo e risultato di un progresso verso una societa' piu' libera e piu' giusta (pag.49). L'uomo non e' solo un consumatore ed un appropriatore, ma ha proprie capacita' che solo la democrazia gli consente di sviluppare (confronto democrazia-totalitarismo, pag.50). Percio' la societa' esistente non andava accettata come tale, e Mill auspico' lo sviluppo di cooperative di produttori ma propose anche un sistema di voto plurimo che dava pesi politici diversi a cittadini diversi, per impedire una legislazione classista (pagg.59-61).
    La funzione pratica di un sistema partitico, osserva l'Autore, e' anche quella di ridurre il conflitto fra classi sociali, sia nel bipartitismo come nel pluripartitismo, attraverso la ricerca di compromessi da parte del governo sui conflitti d'interesse nel paese (pag.67; partito come mediatore fra interessi opposti, pag.70).
    l modello fu ulteriormente sviluppato da Dewey, con una visione umanistica (democrazia come modo di vita) e pragmatica (pag.77).
    Il modello di democrazia d'equilibrio o di "equilibrio elitario pluralistico" (pag.79) descrive il processo democratico come un equilibrio fra domanda ed offerta di beni politici; formulata nel 1942 da Joseph Schumpeter, considera la democrazia come un meccanismo di mercato di competizione fra elites, senza contenuti morali (votanti=consumatori,politici=imprenditori), un mercato politico (uomo politico=uomo economico) il cui successo deriva dalla sua natura "mercantile" (mano invisibile, pag.84).
    Il sistema mercantile politico, osserva Machperson, produce un equilibrio di disuguaglianza ed una sovranita' del consumatore che e' illusoria; inoltre, poiche' il potere d'acquisto politico e' dato dal denaro, la disuguaglianza economica e sociale crea sovranita' non democratiche ed apatia politica (pagg.88-89). Tale sistema e' inoltre oligopolistico, essendo costituito da due o pochi partiti che possono in tal modo creare la propria domanda (pag.91).
    Il modello di democrazia partecipativa nasce negli anni Sessanta dalla constatazione che vi e' uno stretto collegamento fra ingiustizia sociale e bassa partecipazione (pag.96). Una maggiore partecipazione comporta un problema di dimensioni, la formulazione di domande non incongruenti, il ruolo dell'iniziativa popolare (un sistema fondato sui referendum non e' una vera democrazia, che ha bisogno invece di politici eletti e responsabili, pagg.98-99).
    I movimenti svolgono un ruolo importante nel favorire la partecipazione attiva (pag.105); la democrazia partecipativa si configurerebbe come un sistema piramidale alla cui base vi sarebbe la dmeocrazia diretta ed ai livelli superiori quella delegata (pag.111). Tale sistema pero', osserva l'Autore, non eliminerebbe differenze di potere e sarebbe incompatibile con l'apatia politica (pag.114).
    Occorre allora combinare il sistema piramidale con quello partitico competitivo (pag.115; partecipazione piramidale all'interno dei partiti, pag.116).
    Il capitalismo ai tempi di Marx e di Mill, osserva infine Machperson, godeva i vantaggi dell'espansione interna e del colonialismo, inflazione e disoccupazione non potevano coesistere (pag.108).

    8. SIAMO TUTTI DEMOCRATICI ?
    John Dunn (La teoria politica di fronte al futuro) rileva come da un lato la democrazia abbia radici esili, dall'altro come tutti oggi, in teoria, siamo democratici (pag.13): "la teoria democratica e' il gergo ufficiale del mondo moderno" (pag.27), la virtu' (e l'ipocrisia che l'accompagna) di uno stato moderno e' quella di essere democratico.
    Mentre in passato la democrazia era una forma molto particolare di regime (nel XVIII secolo il termine democrazia era utilizzato come antitesi ad aristocrazia, pag.19), oggi costituisce le buone intenzioni dei governanti ed e' un riconoscimento simbolico all'ideale dell'eguaglianza politica (pagg.28-29; la democrazia diretta e' oggi impossibile, la collina di Atene e' stata sostituita dai dibattiti sui mass media, pagg.31-32).
    La democrazia in senso forte e' un modello astratto (pag.43), un nome di cio' che vorremmo ma che non possiamo avere (pag.51): i cittadini ateniesi (una minoranza) avevano l'eguale diritto ad essere ascoltati dall'assemblea sovrana prima di prendere decisioni pubbliche (pag.36), le democrazie capitalistiche sono invece "strumenti imperfetti per scongiurare sorti peggiori" (pag.45).
    Siamo tutti democratici oggi che non possiamo piu' organizzare democraticamente la vita sociale per la sua complessita' (pag.53); qualsiasi distribuzione politica (decentramento, ecc.) oggi e' a somma zero (pag.107). Il facile eudemonismo delle societa' capitalistiche avanzate non si puo' estendere alla totalita' del mondo senza una radicale riorganizzazione e senza modificare il concetto di felicita' che esse incoraggiano (pag.187).
    Il potere, secondo l'Autore, non e' altro che "la facolta' di scegliere cosa fare" (pag.178), che e' la liberta' umana: gli esseri umani sono soggetti liberi, soggetti fallibili e percio' anche moralmente fallibili; pertanto non vi sono certezze sul futuro, anche morale, della nostra specie (pag.179). La ragione deve esercitare l'egemonia sulle passioni (pag.180), ma non ci sono meccanismi automatici che possano liberare la storia umana dal rischio morale, "il potere non puo' essere messo al riparo, isolato dalla facolta' di nuocere" (pag.183).
    Il presente, osserva ancora l'Autore, e' il tempo politico meno significativo eppure e' di grande motivazione politica (pag.107).
    L'antitesi al liberalismo non e' il socialismo ma sono il conservatorismo e l'autocrazia (pag.55). Il metodo di analisi del liberalismo e' l'individualismo (individualismo metodologico, pag.60) in cui l'individuo ha una connotazione positiva (identita'), mentre per l'individualista e' negativa (disconosce gli interessi altrui, pag.62).
    L'Autore giudica positivamente la teoria economica marxista, anche se non puo' essere ragionevolmente separata dalla sua teoria teleologica, che e' sbagliata (pag.143) e che oltretutto tenta di mettere insieme, nella rivoluzione, giustizia e violenza (l'assassinio di massa e' necessario quando l'utopia non si realizza, pag.145). Inoltre, la teoria marxista gioca sull'equivoco, non spiega come possano essere compatibili nello stato post-rivoluzionario la democrazia solidarista e la repressione centralizzata (pag.162).
    Siamo collettivamente incapaci di realizzare un modo di produzione alternativo a quello capitalistico (pag.146); inoltre oggi viviamo in una comunita' mondiale, non serve costruire un'isola morale in un oceano immorale (pag.153): "il problema centrale per la specie e' una versione grandiosa e sconcertante del dilemma del prigioniero" (pag.155).
    Non abbiamo ancora concepito un modo, come specie, di trascendere gli stati-nazione (pag.108); il nazionalismo oggi e' solo un costume (pag.97) ed e' uno scandalo morale perche' la cultura etica ufficiale del mondo e' universalistica (pag.104).
    In parte il sentimento nazionalista e' assimilabile alla preferenza di se' (solo noi possiamo tifare per noi stessi, pag.111). Il processo di liberazione nazionale e' servito per la stessa nascita socio-culturale delle nazioni (pag.117, l'Autore distingue il nazionalismo culturale all'interno ed all'esterno, pag.124).
    Noi oggi pensiamo la politica in termini di allocazione (produzione e distribuzione) e non di violenza (pag.118), il nostro e' un nazionalismo economico (pag.119; siamo tutti nazionalisti, pag.129; il nazionalismo e' un adattamento alla praticabilita', pag.133). Pertanto, il nazionalismo e' morale quando protegge gli interessi e la cultura locale, e' immorale quando li impone ad altri fuori dai confini (pag.130).
    La democrazia, osserva Anthony Giddens (Il mondo che cambia, cit.), e' stata l'idea piu' potente del Novecento (pag.86); esistono forme e livelli diversi di democratizzazione, ma e' indubbio che, grazie anche allo sviluppo dei mezzi di comunicazione globale, dalla meta' del XX secolo la democrazia e' sempre piu' progredita nel mondo, e cio' nonostante si riduca parallelamente il numero di coloro che nelle democrazie vanno a votare.
    Due grandi rivoluzioni, in Europa nel 1989 e in Sud Africa contro l'apartheid, sono state pacifiche; in una democrazia funzioante ci deve essere equilibrio fra governo (stato), economia (mercato), societa' civile (famiglia e altre istituzioni), i media svolgono un ruolo ambivalente, rafforzano la democrazia ma ne rendono piu' visibili i difetti. La globalizzazione, poi, richiede piu' governo anche sopra il livello degli stati-nazione: l'Unione Europea ne costituisce un primo esempio, seppur limitato e perfettibile.

    RIFERIMENTI BIBLOGRAFICI :
  • Norberto Bobbio, IL FUTURO DELLA DEMOCRAZIA
    (ed. Einaudi, Torino 1984)
  • Norberto Bobbio, STATO, GOVERNO, SOCIETA'
    (ed. Einaudi, Torino 1985)
  • Norberto Bobbio, QUALE SOCIALISMO ?
    (ed. Einaudi, Torino 1976)
  • John Dunn, LA TEORIA POLITICA DI FRONTE AL FUTURO
    (ed. Feltrinelli, Milano 1983)
  • Maurice Duverger, I SISTEMI POLITICI
    1955/ed. Laterza, Bari 1978
  • Anthony Giddens, IL MONDO CHE CAMBIA
    Runaway World, ed. Il Mulino, Bologna 2000
  • C.B.Machperson, LA VITA E I TEMPI DELLA DEMOCRAZIA LIBERALE
    (ed. il Saggiatore, Milano 1980)
  • Jean-Jacques Rousseau, IL CONTRATTO SOCIALE
    (1762, "Du contrat social ou principes du droit politique", ed. Bur Rizzoli, Milano 1991)
  • Bertrand Russell, STORIA DELLA FILOSOFIA OCCIDENTALE
    (1948/ed.Longanesi, Milano 1967)
  • Joseph A. Schumpeter, CAPITALISMO, SOCIALISMO, DEMOCRAZIA
    (1954/ed.Etas libri, Milano 1977)
  • Amartya Sen, LO SVILUPPO E’ LIBERTA’
    (ed. Mondadori, Milano 2000)
  • Max Weber, LA SOCIETA' BUROCRATICA
    (conferenza tenuta a Vienna nel 1918)




  • Argomenti filosofici sul POTERE


    1. IL POTERE POLITICO
    Norberto Bobbio osserva (in Crisi della democrazia e neocontrattualismo) come secondo i classici (Machiavelli, Hobbes, Marx), il potere politico si fondi in ultima istanza sull'uso della forza fisica (Norberto Bobbio in Crisi della democrazia e neocontrattualismo, pag.11): lo stato di diritto prevede norme generali e astratte che stabiliscono chi, quando, come (con quali procedure), in quale misura (proporzione fra delitto e castigo) utilizzare la forza, che e' legittima e legale (pag.16). Col metodo democratico conta invece la forza di persuasione, e non piu' la forza fisica (dibattito e voto, pag.18).
    L'ingovernabilita', osserva Bobbio, e' difetto di potere, ed e' il problema opposto a quello dell'abuso (pag.22). Vi sono rapporti privati che si sono estesi a quello pubblico: dal contratto (che richiede una transazione fra interessi diversi) al rapporto di clientela (pagg.24 e seguenti).
    Il potere occulto e' tipico delle ideologie, e va sconfitto dalla critica pubblica (demistificazione, pag.31). La crisi della democrazia comporta ingovernabilita', privatizzazione del pubblico, potere invisibile; la crisi dello stato di diritto comporta scandali e sottogoverno (pag.32).

    2. IL POTERE ECONOMICO
    John Kenneth Galbraith osserva (in Anatomia del potere) come anche per l'analisi economica sia fondamentale sapere chi esercita il potere (Premessa, pag.3). Galbraith distingue:
    A) tre strumenti di esercizio del potere (pagg.10-11; pag.21 e seguenti):
    - la punizione (sottomissione per coazione, compenso negativo);
    - la remunerazione (sottomissione per incentivo o ricompensa, compenso positivo);
    - il condizionamento (persuasione, educazione, pubblicita': la sottomissione non e' avvertita come tale, pag.33 e seguenti);
    B) tre fonti (pag.13):
    - personalita', correlata al potere condizionatorio (leadership, pag.51 e seguenti);
    - proprieta', correlata al potere remunerativo (patrimonio ma anche reddito, unica fonte di potere per i teorici socialisti, pag.59 e seguenti);
    - organizzazione, che e' correlata a tutti gli strumenti di esercizio del potere.
    Strumenti e fonti sono combinati in varie proporzioni, le loro diverse interrelazioni (pag.49) danno origine al potere politico, religioso (pag.199 e seguenti), economico, militare (pag.187 e seguenti), della stampa (pag.203 e seguenti).
    Il potere viene ricercato per se stesso (autorealizzazione, celebrazioni rituali, pag.16) ma anche come mezzo per fini che riguardano l'estensione di interessi (economici) e di valori (religiosi, sociali, personali), e che sono spesso mascherati, nascosti, generando cosi' sentimenti di indignazione che pero', secondo l'Autore, vanno sempre confinati a giudizi specifici, in quanto non si puo' valutare in negativo "il potere" in generale, perche' questo e' essenziale alla vita collettiva (pag.19).
    La giusta graduazione di pene e compensi e' una delle questioni piu' dibattute (pag.23); assistiamo storicamente ad una progressiva trasformazione del potere punitivo in potere remunerativo (pag.27): le moderne politiche pubbliche (fiscale, monetaria, agricola, del lavoro) sono incentrate sull'effetto incentivante di ogni provvedimento (pag.28). Ma e' il potere condizionatorio che caratterizza le democrazie del XX secolo (pag.37); il condizionamento scolastico influenza anche il sistema socio-economico (virtu' del libero mercato, virtu' del socialismo, ecc., pag.42).
    Differenze di genere nell'esercizio del potere sono in realta', secondo l'Autore, differenze di grado (regimi totalitari, pagg.45-46; pag.79 e seguenti).
    Nella grande impresa moderna l'organizzaizone ha sostituito (in proporzione) sia la proprieta' che la personalita' (pag.64 e pag.157); come fonte di potere, l'organizzazione per essere efficace deve presentare tre caratteristiche:
    - simmetria biunivoca (la forza del suo potere esterno dipende dal grado di sottomissione interna, pag.69; lotta all'eresia, pag.73 e seguenti, pag.110 e seguenti);
    - accesso a tutti gli strumenti di esercizio de potere (punizione, remunerazione, condizionamento);
    - limitato numero di fini da raggiungere.
    La squadra sportiva e' un esempio concreto di fonti e di strumenti di potere in vista di un fine, che e' la sottomissione della squadra avversaria (pagg.77-78, nota). Ma molto potere politico (e della stampa) e' in realta' solo illusione del potere, pura persuasione; e talvolta l'organizzazione diventa il surrogato all'esercizio del potere stesso (pagg.84-85).
    Esercizio del potere e resistenza al potere sono fenomeni tra loro correlati, simmetrici; vi e' un equilibrio fra chi esercita il potere e chi vi si oppone (contropotere, pagg.87-89). Gandhi fu un esempio di contropotere efficace grazie proprio alla sua asimmetria (pag.94 e seguenti).
    Il livello di civilta' di un paese, secondo Galbraith, e' dato dal grado di efficacia con cui viene disciplinato il potere punitivo (pag.99), che peraltro e' interdetto al singolo individuo in ogni societa' ordinata. Quando invece tutte le fonti di potere sono deboli o assenti, si determina un vuoto di potere (pag. 124 e seguenti); che fu fondamentale, secondo l'Autore, per il sopravvento della rivoluzione industriale: il bene pubblico si identifico' con la ricerca dell'interesse personale (mano invisibile, pag.133), il capitalismo si fondo' sul meccanismo regolatore della sopravvivenza del piu' adatto (darwinismo sociale, pag.137), il potere della grande impresa non esisteva perche' affidato al mercato (pag.139).
    Il contropotere marxista utilizzo' come strumento prevalente il potere condizionatorio (pag.144 e seguenti); il potere condizionatorio e' piu' accessibile del potere remunerativo, in quanto necessita di un'organizzazione ma non di proprieta' (pag.163), e talvolta si caratterizza per la sua diffusione e dispersione, creando cosi' l'illusione individuale di avere potere (pag. 215 e seguenti).
    L'economia reale e' costituita invece da grandi organizzazioni che interagiscono, mentre secondo Galbraith l'insegnamento dell'economia utilizza "strumenti ideologici superati" (pag.164); anche lo Stato moderno si identifica con la burocrazia, una grande organizzazione che fa dello Stato stesso uno strumento per propri fini che non sono quelli insegnati agli studenti (democrazia come potere al popolo, pag.8; pag.167).

    3. FORME DI POTERE
    Nel libro Il potere, Bertrand Russel sostiene che l'uomo, diversamente dagli animali, ha taluni desideri che sono illimitati (pag.12): potere (limitato dalla morte), regno (limitato da altri regni), gloria (limitata dal tempo); l'interesse economico, al contrario, come desiderio e' limitato se viene separato da potere e gloria.
    Russel definisce il potere come "la capacita' di realizzare i desideri" (concetto quantitativo, pag.29). Il potere, come l'energia in fisica, muta di forma (pag.14), si puo' esercitare sugli uomini, sulla materia, su esseri non umani; il potere su di un individuo si puo' applicare (pagg.29-30) con la forza (esercito, polizia), con premi o punizioni (organizzazioni economiche), con la propaganda (partiti, scuole, clero).
    L'amore per il potere puo' essere esplicito (nei capi) o implicito (nei seguaci, pag.16). L'Autore distingue il potere tradizionale (sacerdotale, regale, pag.40) da quello di acquisizione recente (democrazia e dittatura, pag.31), il potere dei singoli individui da quello delle organizzazioni (pag.33).
    Nello sviluppo del libro, Russel individua alcune forme di potere:
    - il potere sacerdotale (pag.40 e seg.);
    - il potere regale (pag.56 e seg.);
    - il potere bruto (pag.62 e seg.);
    - il potere rivoluzionario (pag.78 e seg.);
    - il potere economico (pag.88 e seg.);
    - il potere sulle convinzioni (pag.100 e seg.);
    Il potere bruto e' tale quando viene rispettato solo perche' e' il potere (pag.72) e spesso e' la degenerazione del potere rivoluzionario; il potere bruto e' importante tanto nella sfera politica che in quella economica (pag.74).
    Il potere economico non e' primario come il potere militare, ma derivato (dalla legge o dalla guerra o dalla minaccia di guerra, pag.88); il potere industriale si fonda sulla serrata (pag.89), proprieta' e potere economico possono essere disgiunti (centrifuga la prima, centripeto il secondo, pag.93).
    Russel osserva che "il possesso del potere economico puo' condurre al possesso del potere militare e di propaganda, ma anche il processo opposto e' altrettanto comune" (pag.94). L'economica come scienza separata e' irrealistica, essendo un elemento della piu' complessiva scienza del potere (pag.99).
    Russel analizza anche il potere della ragione, ovvero gli argomenti e gli effetti della scienza (pag.102).
    Senza altri vincoli, le organizzazioni tendono ad accrescere le proprie dimensioni e l'intensita' del potere esercitato sui propri membri (pag.117); le forme delle organizzazioni sono discusse a pag.142 e seguenti. I partiti totalitari sono societa' segrete (pag.125).
    Come forme di governo dal punto di vista politico, Russel distingue la monarchia assoluta (pag.132), l'oligarchia (di cui una forma e' la teocrazia, pagg.135-136), la democrazia la quale da un lato e' incapace di prendere decisioni rapide o con conoscenze specifiche (pag.139), dall'altro e' pero' la migliore forma di governo per prevenire la guerra civile in quanto "impone l'accettazione del compromesso" (pag.140).
    La legge, per essere efficace, deve essere sostenuta dalla pubblica opinione (atteggiamento collettivo verso la legge, pag.31). Russel suggerisce ai governi di professare solo dottrine aderenti ai fatti, anche se noti soltanto al governo stesso: il fatto che ogni guerra abbia un vincitore ed un perdente comporta, secondo Russel, che "in tutte almeno uno dei governi, se non tutti e due, deve aver fatto i calcoli sbagliati" (pag.110).
    Il fanatismo produce disastri (pag.106); la propaganda, per essere efficace, deve far leva sul desiderio ed e' piu' facile in democrazia, dove pero' e' divisa fra Chiesa, Stato, partiti, affari (pagg.103-104).
    Russel distingue la morale positiva (istituzione sociale) dalla morale personale (coscienza individuale); inizialmente l'etica era connessa alla religione (l'autorita' religiosa stabiliva il giusto e l'ingiusto, pag.175), spesso le decisioni etiche si occupano dei mezzi e non dei fini (pag.178).
    Nel Rinascimento italiano e nella Grecia antica, osserva l'Autore, coesistevano basso livello morale ed alte realizzazioni della civilta' (pag.70). Il sogno del partito filosofo e' tanto sbagliato quanto quello del re filosofo (pag.77).
    L'Autore distingue il desiderio del potere come mezzo per soddisfare altri desideri dal desiderio del potere come fine in se' (pag.189): quest'ultimo non puo' essere benefico; inoltre, i mezzi impiegati non devono avere conseguenze secondarie negative tali da annullare la bonta' del fine perseguito (pag.191). Anche le opportunita' possono avere aspetti positivi (professioni costruttive) o negativi (opportunita' per i delinquenti, i dittatori, pag.192).
    Il bene e il male, secondo Russel, sono negli individui e non nelle comunita' (pag.194); lo scopo ultimo del potere dovrebbe essere la collaborazione sociale fra tutti gli esseri umani (pag.195). La democrazia e' in grado di domare il potere: i suoi meriti non sono positivi ("non garantisce un buon governo", pag.198) ma negativi (previene certi mali).

    4. IL TOTALITARISMO
    Hannah Arendt, nel celebre libro Le origini del totalitarismo, analizza gli elementi fondanti del totalitarismo, che sono:
    - il terrore (uccisione della spontaneita': uccisione della persona giuridica, uccisione della persona morale, uccisione dell'unicita' individuale);
    - l'ideologia (logica coerenza delle deduzioni dalle premesse, legge di movimento storico: un'ideologia e' la logica di un'idea, la storia e' la sua materia, procede per premesse e rifiuta la realta', pag.642 e 649);
    - la superfluita' (legge di eliminazione, sacrificio delle parti per il tutto);
    - l'estraniazione (perdita dell'io ovvero della capacita' di pensare, perdita del mondo ovvero del senso comune e dell'esperienza).
    Il totalitarismo trasforma la violenza in terrore e la propaganda in indottrinamento (scientificita' ideologica, predizione infallibile, profezia). Il terrore e' "la vera essenza del regime totalitario" (pag.475): la legalita' caratterizza monarchie e repubbliche, l'illegalita' le tirannidi, il terrore il totalitarismo.
    Il terrore diventa essenza del regime totalitario soltanto dopo che sono stati eliminati i nemici reali ed e' iniziata la caccia ai nemici oggettivi (pag.578): "qualsiasi delitto costruito dai governanti per via di ragionamento deve essere punito, a prescindere dal fatto che sia stato o no realmente commesso" (cit., pag.585). In questo differisce peraltro la polizia segreta dei regimi totalitari da quella dei regimi dispotici; i nemici vengono definiti ideologicamente come portatori di tendenze: "a causa della loro capacita' di pensare gli uomini sono sospetti per definizione" (pag.589).
    L'organizzazione totalitaria si caratterizza per:
    - logicita', coerenza dell'invenzione, rigore organizzativo;
    - distinzione fra membri effettivi e simpatizzanti (pag.505);
    - gerarchia fluttuante (consente nuovi controlli per controllare i controllori, pag.509);
    - forma paramilitare dei gruppi d'elite (pag.510);
    - duplicazione delle istituzioni esistenti, struttura a cipolla (istituzioni di facciata col centro d'autorita' altrove, pagg.544, 552, 566);
    - principio del capo (sua responsabilita' totale, l'errore da parte dei subordinati non e' ammesso, pag.533);
    - principio esoterico delle societa' segrete (funzione del rituale, e' escluso chi non e' espressamente incluso, pag.519);
    - apparato cospirativo con obiettivi non segreti (conquista del mondo);
    - accentramento, assenza di frazioni (Politbjuro, pag.521);
    - potere della polizia segreta e declassamento delle forze armate (pag.576);
    - carica suprema mai revocabile e sua successione non regolata da leggi (pag.532; assenza di rivoluzioni di palazzo, pag.558);
    - abolizione della separazione fra vita pubblica e privata;
    - mondo fittizio (la menzogna diventa espressione di abilita' tattica, pagg.526-528).
    Lo Stato e' la facciata, "rappresentando il paese nel mondo esterno" (pag.575) ed e' un mezzo, uno strumento per la lotta di classe (comunismo) o per la conservazione della razza (Hitler, pag.494); l'uguaglianza non e' uguaglianza di diritti, ma di natura (comunita' del popolo tedesco, pag.497). Nei regimi totalitari le istituzioni piu' in vista hanno meno potere, l'autorita' e' strettamente legata alla segretezza (pag.554).
    Il capo e' al centro del movimento, puo' agire come se fosse al di sopra di questo, e' "l'unico esponente del movimento con cui si possa ancora parlare in termini non totalitari" (pag.517 e 532).
    Alla base del sistema non e' la veridicita' delle parole del capo ma l'infallibilita' delle sue azioni; la cerchia intima del capo e' fedele al solo principio organizzativo, i membri effettivi sono fedeli all'ideologia, i simpatizzanti sono fedeli alle menzogne. Il totalitarismo implica l'eliminazione della realta' (mondo fittizio), la convinzione che tutto sia permesso, la certezza che tutto sia possibile.
    La fedelta' totale richiede non solo livellamento di condizioni ma anche assenza di vincoli sociali (famiglia, amici, conoscenti).
    I movimenti totalitari sono caratterizzati da:
    - organizzazioni di massa di individui atomizzati ed isolati, in paesi densamente popolati (pag.427, nei piccoli stati sono invece possibili solo dittature di classe o di partito);
    - genuina abnegazione dei seguaci, conformismo assoluto;
    - smania di moto perpetuo (muoversi e far muovere);
    - programma politico privo di contenuti particolari (obiettivi: dominio del mondo e per i prossimi millenni);
    I movimenti totalitari organizzano le masse, che sono costituite da individui politicamente neutrali, indifferenti agli argomenti politici, ai partiti ed al voto (pagg.431-432).
    Il totalitarismo ha messo in evidenza che i sistemi democratici si basano, oltre che su istituzioni pubbliche, anche sull'approvazione tacita della popolazione inattiva politicamente (pag.432).
    Le masse si caratterizzano per apatia, ostilita', indifferenza verso la vita pubblica; l'uomo-massa e' privo di status sociale e di rapporti comunitari, e' un apolide spirituale e sociale e su di esso si fonda il carattere totalitario. Il totalitarismo richiede infatti l'uniformita' eterogenea di individui completamente isolati in una massa senza legami: l'uomo di massa europeo si caratterizzava per la sua amarezza egocentrica, l'indebolimento dell'istinto di autoconservazione, la sacrificabilita' del proprio io (abnegazione), la mancanza di normali relazioni sociali (isolamento), conformismo, assenza di continuita', adattabilita' (pagg.437-439); l'atomizzazione della societa' e' la precondizione per trasformare una dittatura in regime totalitario.
    Il tramonto della societa' classista fu reso possibile da atti di terrorismo non calcolato e da intellettuali nichilisti i cui valori supremi erano il sacrificio e la guerra (generazione del fronte con "istinti antiumanistici, antiliberali, antiindividualistici, anticivili", pag.457).
    In Germania l'autentico totalitarismo fu instaurato durante la guerra (pag.430), dal 1942 (pag.562); la razza di dominatori in embrione erano le SS e non i tedeschi (pag.565).
    In Russia massificazione ed atomizzazione furono create artificialmente con lo stalinismo: il sistema di Stachanov "anniento' la solidarieta' e la coscienza di classe fra gli operai" (pag.444), dal 1930 al 1938 furono liquidate le classi possidenti, eliminate l'aristocrazia amministrativa e militare, introdotti il partito accentrato, il libretto di lavoro, il passaporto interno per spostarsi da una citta' all'altra e fu introdotto il criterio epurativo della colpa per associazione (pag.447 e 487). Negli Stati Uniti il maccartismo evidenzio' tendenze totalitarie (costringere i cittadini a dimostrare di non essere comunisti, pag.492).
    I lager uccidono il soggetto di diritto (sono fuori dal sistema penale, pag.612), la personalita' morale (dolore e ricordo sono vietati, pag.618), la differenziazione fisica (tortura e morte, pag.623). Nell'ultima fase totalitaria le vittime vengono scelte a caso (la sola liberta' rimane il suicidio, pag.592); nei lager la vittima non e' mai esistita (pag.595 e 606), il reato piu' grave e' parlare: la mancanza di comunicazione fa perdere il carattere di realta' (pag.596), perche' vi e' una riluttanza naturale degli esseri umani ad ammettere il mostruoso (pag.598 e 601).
    Sono nemici del totalitarismo:
    - la spontaneita' (pag.625);
    - l'imprevedibilita' delle azioni e dei comportamenti degli individui;
    - la liberta' d'iniziativa (intellettuale, artistica, ecc.);
    - le relazioni sociali (famiglia, amici, ecc.);
    Il dominio totale e' possibile teoricamente solo su scala mondiale (pag.578), ma contiene sempre in se' gli elementi della propria distruzione (in quanto si basa sullo sradicamento/superfluita' e sull'isolamento/estraniazione): l'inizio, allora, "e' garantito da ogni nuova nascita" (pag.656).

    RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI :
  • Hannah Arendt, LE ORIGINI DEL TOTALITARISMO. Parte terza: il totalitarismo (1951/ed. Bompiani, Milano 1978)
  • Norberto Bobbio, Giuliano Pontara, Salvatore Veca, CRISI DELLA DEMOCRAZIA E NEOCONTRATTUALISMO (ed. Editori Riuniti, Roma 1984)
  • John Kenneth Galbraith, ANATOMIA DEL POTERE (ed.Mondadori/CDE, Milano 1984)
  • Bertrand Russel, IL POTERE. Una nuova analisi sociale (1954/ed. Feltrinelli, Milano 1981)




  • Argomenti filosofici di ANALISI ECONOMICA


    1. L'ANALISI ECONOMICA
    Le "leggi economiche", osserva Joseph A. Schumpeter (Storia dell'analisi economica, cit.), non sono stabili come quelle della fisica, l'osservatore stesso e' socialmente condizionato (pag.40); oltre alla storia dell'analisi economica e' concepibile anche "una storia delle idee popolari sulle questioni economiche" (pag.47) dove il poco rigore produce piu' danni della faziosita' politica (pag.85; si vedano anche le considerazioni dell'Autore sulle questioni metodologiche, negli argomenti filosofici sul metodo in questo sito).
    La sequenza Petty-Cantillon-Quesnay elabora teorie, postulati, formule, teoremi che verranno sviluppati da economisti successivi ed evidenzia l'importanza del calcolo numerico per la ricerca econometrica come scienza quantitativa (pagg.69-73): il problema fondamentale della teoria economica diventa un problema di massimo edonistico (pag.85). Il tableau economique da' una visione complessiva della vita economica (pag.73 e 93), semplifica le molteplici relazioni e flussi, rende possibile una teoria numerica, propone analisi parziali e di equilibrio economico che verranno poi sviluppate compiutamente da Walras (pagg.95-97).
    La moda fisiocratica nel 1760-1770 fu un successo di salotti, non era legata ad interessi della classe agraria e non divenne un movimento come sarebbe stato poi il marxismo (pagg.78-81). Quesnay introduce il concetto di capitale "come ricchezza accumulata prima dell'inizio dell'attivita' produttiva" (pag.90), e considera la terra come l'unico fattore che produce plusvalore (crea ricchezza); piu' tardi Marx considerera' il lavoro unico fattore in grado di produrre plusvalenze (in quanto crea "valore", pag.92). Anche Trugot anticipo' concetti fondamentali dell'analisi economica successiva (teorie del prezzo, della moneta, del capitale, del valore, della distribuzione, pag.102).
    Adam Smith appartiene ancora al "tempo della cultura enciclopedica" (pag.103), ma tratta sistematicamente una pluralita' di concetti gia' tutti conosciuti a quell'epoca e considera la divisione del lavoro come una forza impersonale che egli eleva a fattore unico del progresso economico (pagg.109-110).
    Adam Smith elabora tre diverse teorie del valore: valore-lavoro, fatica, costo di produzione (pag.249); dopo di lui l'analisi economica procede da un lato con Ricardo e Marx, dall'altro con Turgot, Say, John Stuart Mill (pag.220). J.S.Mill sviluppo' la teoria della domanda e dell'offerta (pag.267) e un'analisi del profitto come sommatoria di salario per la direzione dei fattori della produzione, premio per il rischio ed interesse sul capitale, dimenticando la piu' tipica remunerazione dell'imprenditore, che Schumpeter fa derivare dall'innovazione (pagg.326-327). Anche Malthus, osserva Schumpeter, elabora concetti gia' comparsi prima di lui (pagg.139-140): la teoria malthusiana della popolazione produce effetti diversi a seconda delle diverse forme di organizzazione sociale (pag.239); in alternativa a Malthus, Mombert propose una "teoria della prosperita' " che prevedeva la diminuzione della natalita' al crescere del tenore di vita (pag.240).
    Le visioni sul futuro economico influenzano le teorie dello sviluppo economico: Schumpeter distingue i pessimisti stagnazionisti (Malthus, West, Ricardo, James Mill), gli stagnazionisti non pessimisti (J.S.Mill), gli ottimisti (Carey, List) e Marx che si distingue dagli altri perche' assegna allo sviluppo il tema centrale della sua teoria (pagg.225-228).
    Lo schema classico di analisi economica e' triadico: attori (imprenditori, gruppi sociali, classi), fattori (terra, lavoro, capitale), redditi (rendite, salari, profitti; pag.202 e seg.). Da Adam Smith, con Ricardo e Marx, la triade dei fattori si riduce ad uno solo: il lavoro (pag.207, pagg.249 e seg.). Ma il capitale, osserva Schumpeter, e' un requisito per ogni inizio di attivita' produttiva, e comporta problemi suoi peculiari di rinnovo e deprezzamento (pagg.211-212).
    Gli economisti classici affrontarono erroneamente i problemi della produzione e della distribuzione senza considerarli problemi di valutazione; la teoria del valore divento' centrale solo a partire da Ricardo (pagg.186-187 e 263). Grazie al principio dell'utilita' marginale, il valore di scambio puo' essere spiegato come valore d'uso (pagg.414-415); la teoria del prezzo e' la teoria della logica economica (pag.129).
    Le teorie del profitto si distinguono in teorie dell'interesse (imprenditore come capitalista, teoria marxista dello sfruttamento) e teorie funzionali dove l'imprenditore viene distinto dal capitalista, il profitto dall'interesse, la remunerazione derivando dall'incertezza non assicurabile (walras, Clark, Knight, Bohm-Bawerk, pag.390 e seg.). I profitti dipendono dalle situazioni di squilibrio economico (incertezza) e dai costi decrescenti (pag.586); in situazioni di concorrenza imperfetta il costo medio comprende il profitto, mentre in concorrenza perfetta i profitti sono nulli e il costo e' uguale al rendimento dei fattori della produzione (pag.589).
    Le teorie dell'interesse degli economisti erano basate volta per volta sull'uso, sullo sfruttamento (Marx), sull'astinenza o attesa (Senior), sulla forza contrattuale, sulla produttivita' (Lauderdale, pagg.339, 432-433); l'interesse veniva considerato come compenso da sfruttamento (marxisti), come compenso per i servizi del capitale, come sconto temporale: "interazione dellapreferenza (psicologica) per il tempo con la produttivita' fisica dell'investimento" (pag.438).
    Mentre la teoria dell'astinenza evidenzia l'atto di rendere disponibile il capitale (risparmio), le altre teorie, pur agli antipodi fra loro, concepiscono il servizio reso dal capitale (produttivo o di sfruttamento, pagg.344-345); Schumpeter esamina a pag.316 i concetti di attesa (produzione e distribuzione), astinenza (risparmio), penosita' (lavoro). Il risparmio non diminuisce il consumo ma lo orienta diversamente (pagg.322-324).
    Le teorie della rendita si basano ora sul monopolio (smith, pag.361), ora sui rendimenti decrescenti (icardo, pag.363), ora sulla produttivita' e sul concetto marginale introdotto nel 1911 da Edgeworth (pag.245; teorie della produttivita' marginale, pag.367). Per Malthus la rednita e' giustificata dalla prodigalita' della natura, per Ricardo e' giustificata al contrario dall'avarizia della natura (pag.368); Marshall distingue la rendita (reddito di un mezzo di produzione originario) dalla quasi-rendita (reddito di un mezzo di produzione costruito dall'uomo, pag.444).
    Schumpeter evidenzia la confusione che spesso ha accompagnato le analisi sulla ricchezza: fondo/flusso, globale/procapite, diretta/indiretta (pag.300 e seg.).
    La teoria economica classica del XX secolo si basa su due funzioni fondamentali (pag.567), la funzione dell'utilita' e la funzione della produzione che e' una "restrizione al comportamento delle imprese" (pag.561). Ma, secondo l'Autore, e' errato costruire una funzione di produzione per impianti gia' esistenti, come pure parlare di una "funzione di produzione sociale" (pag.570); tecnicamente, inoltre, si puo' fare a meno sia della funzione dell'utilita' che della funzione della produzione (saggi marginali di sostituzione, pag.577).
    Schumpeter individua un filone Smith-Mill-Marshall (pag.171) ed evidenzia come la teoria dell'utilita' di Marshall sia slegata dall'utilitarismo (pag.594). I mercati, per Walras, determinano prezzi e quantita':
    - dei prodotti (teoria dello scambio),
    - dei servizi produttivi (teoria della produzione),
    - dei capitali e dei mezzi di pagamento (teoria dell'equilibrio generale, pag.522 e seg.).
    Marshall, Pareto, Pigou furono teorizzatori dell'economia del benessere (pagg.612-613), scienza prescrittiva che si propone la corretta amministrazione del sistema economico esistente; Schumpeter rileva anche come la teoria pura dell'economia socialista sia stata elaborata da economisti non socialisti (von Wieser, Pareto, Barone, pag.506 e seg.). Keynes evidenzio' invece la centralita' del risparmio per le politiche egualitarie (pag.616); la teoria di Keynes era un'analisi statica di equilibri di breve periodo (pag.621), motore del suo modello era il nuovo investimento.
    Il ragionamento matematico in economia (la "logica del calcolo", pag.467) inizia con Bernouilli, Beccaria, Isnard e viene sviluppato da Cournot, Gossen, Von Thunen fino a Walras, Wicksell, Pareto, Fisher, Edgeworth, Pigou; l'economia matematica o econometrica spesso pero' non si poneva obiettivi pratici ma unicamente la soluzione di problemi che potevano essere trattati con funzioni matematiche (teorie del monopolio, dell'oligopolio, della concorrenza perfetta, pag.472; teorie del monopolio bilaterale e dello scambio isolato, pag.503).
    La curva di domanda e' lo strumento dell'analisi parziale, che considera trascurabili gli effetti indiretti dell'economia complessiva (Cournot e Marshall, pag.506 e seg.). Le leggi dei rendimenti (crescenti o decrescenti; West, Senior, pag.245) non sono dimostrabili logicamente ma sono soggette a verifica empirica; un'evoluzione di lungo periodo passa spesso attraverso successioni di situazioni di breve periodo (pag.136), il progresso tecnico rende superata una legge della produttivita' decrescente (produttivita' crescente in senso storico, pag.150): il progresso tecnico infatti puo' derivare da una diversa combinazione dei fattori della produzione, oppure dall'innovazione che determina un cambiamento degli orizzonti tecnici e di conseguenza la variazione della funzione stessa di produzione (pag.371).

    2. ARGOMENTI SUL MERCATO
    Allen Buchanan (Etica, efficienza, mercato, cit.) evidenzia come l'analisi economica valuti il mercato solo in base alla sua efficienza, mentre gli studiosi di etica lo giudicano nel suo successo/fallimento a soddisfare esigenze di giustizia. Giudizi morali e giudizi di efficienza possono procedere su binari diversi, situazioni efficienti o Pareto superiori possono essere moralmente inferiori, e viceversa; dati empirici controversi e non del tutto disponibili possono essere all'origine di controversie pro o contro il mercato ed impedire la definizione di giudizi condivisi: le categorie distinte degli "economisti" e dei "filosofi", non tenendo conto delle analisi altrui, producono infatti soluzioni imparziali e verita' incomplete, trascurando gli economisti le questioni etiche, gli studiosi di etica le considerazioni di efficienza.
    Argomenti di efficienza a favore del mercato sono la tesi del mercato ideale (ottimo paretiano), l'assunzione che il mercato reale si avvicina sufficientemente all'efficienza del mercato ideale, le tesi dell'efficienza diacronica del mercato e della sua efficienza produttiva.
    Argomenti di efficienza contro il mercato criticano le varie forme di inefficienza (allontanamento del sistema reale dal modello ideale), i problemi del free-rider e dell'assicurazione (in particolare in connessione alla fornitura di beni pubblici), il problema dell'incongruenza fra preferenze rilevate nel mercato e benessere individuale.
    Argomenti morali a favore del mercato sono basati sul merito, sul vantaggio reciproco, sull'utilitarismo dell'atto e della regola, sui diritti morali libertari e sulla liberta'.
    Argomenti morali contro il mercato si basano anch'essi su considerazioni di liberta', sull'ineguaglianza, sullo sfruttamento, sul parassitismo, sulle varie forme di alienazione, sulla tendenza espansionistica del mercato.
    L'onere della prova della dimostrazione dell'efficienza di economie alternative a quella di mercato spetta a chi le sostiene ma, evidenzia Buchanan, tale prova non puo' essere ottenuta in assenza di teorie sufficientemente elaborate di sistemi non di mercato, e pertanto il sistema di mercato, dal punto di vista dell'efficienza, e' superiore agli altri sistemi.
    Dal punto di vista morale, invece, l'argomento piu' importante contro il mercato e', secondo l'Autore, quello della sua tendenza espansionistica (pagg.140-141): istituzioni giuridiche, rapporti di amicizia, relazioni sessuali, comportamenti che vengono sempre piu' assimilati a transazioni di mercato; se tutti i rapporti interpersonali divengono rapporti di mercato la vita umana ne uscirebbe impoverita: la critica decisiva al mercato e' pertanto quella della sua invadenza, e quindi dei suoi limiti, che non vanno confusi pero' con i limiti del benessere.

    3. L'ECONOMIA MODERNA
    L'economia moderna, sostiene Max Weber ne La societa' burocratica, dipende da tre fattori fondamentali:
    - istruzione professionale pluriennale;
    - crescente specializzazione;
    - direzione affidata a funzionari (specializzati ed istruiti in tal modo).
    I soldati del moderno esercito, osserva Weber, sono "separati" dai mezzi bellici, esattamente come i lavoratori lo sono dagli strumenti di lavoro: nella fabbrica, nell'esercito, nell'amministrazione statale, nell'universita' gli strumenti di lavoro sono concentrati nelle mani di chi comanda l'apparato umano articolato in modo burocratico, e le situazioni di fatto non mutano cambiando gli individui nelle posizioni di comando. La natura degli strumenti di lavoro fa si' che la "separazione" permanga in ogni caso, l'inverso e' escluso dalla natura stessa della tecnica moderna.
    Si vedano anche le considerazioni di John Kenneth Galbraith (Anatomia del potere) sull'importanza del potere per l'analisi economica.

    4. LA PRODUTTIVITA'
    La produttività individuale, osserva Lester C.Thurow (La societa' a somma zero) non è determinabile a priori: essa, infatti, dipende dalla motivazione ed e' quindi variabile fra lo zero ed il massimo (pag.89).
    Il capitale umano viene acquisito soprattutto sul mercato del lavoro, piuttosto che attraverso l'educazione formale: "il mercato del lavoro non è essenzialmente un mercato per allocare capacità, ma un mercato per ripartire possibilità di addestramento" (pag.89). E' fondamentale in questo senso il ruolo del lavoro di squadra, e quindi del riconoscimento degli addestratori (pagg.90-91): i costi di produzione diminuiscono quando i lavoratori apprendono il lavoro di squadra e trovano affiatamento; si parla, in tal senso, di curve di apprendimento (pag.124), che possono differire sia territorialmente (imprese multinazionali), sia temporalmente: "la prima persona che percorre la curva d'apprendimento apre la strada agli inseguitori, poichè dimostra che il successo è possibile" (pag.138). La riuscita del processo dipende comunque sia dalla qualità del management che dalla cooperazione dei lavoratori (pag.125).
    L'essenza del problema della produttività, secondo Thurow, è come produrre beni più efficientemente, ma il sistema economico distorce tale concetto orientandolo verso la produzione di prodotti nuovi piuttosto che verso nuovi processi per produrre beni vecchi (pag.136). In questo contesto si inserisce il problema della giusta tassazione: il sistema fiscale può essere progressivo (imposte sul reddito) e/o regressivo (imposte sui consumi e contributi sociali); secondo Thurow, l'imposta sul reddito delle società è ingiusta e inefficiente: è ingiusta perchè viola sia l'equità orizzontale, e cioè l'eguale trattamento degli eguali ("ogni contribuente con lo stesso reddito dovrebbe pagare la stessa imposta", pag.143), sia l'equità verticale, ovvero la distribuzione piu' giusta della tassazione fra ricchi e poveri (pag.203); è inefficiente perchè favorisce l'indebitamento penalizzando i mezzi propri (pag.144).

    5. IL TENORE DI VITA
    Amartya Sen (Il tenore di vita) distingue tre concetti, diversi fra loro anche se interrelati (pag.73):
    - agency achievement: i risultati di un'azione (ad esempio la lotta per una causa, l'azione per solidarieta' o, all'opposto, per senso del dovere, pag.74);
    - personal well-being: benessere personale;
    - standard of living: tenore di vita.
    La valutazione del successo dell'azione e' piu' ampia della valutazione del benessere, che a sua volta e' piu' ampia della valutazione del tenore di vita (pag.107); il concetto di benessere e' percio' piu' ampio di quello di tenore di vita (pag.70): ad esempio, la sofferenza per il dolore altrui riduce il mio benessere ma non il mio tenore di vita (pag.72).
    Sen distingue due approcci di valutazione: l'autovalutazione (del proprio tenore di vita rispetto a quello altrui, pag.79) e la valutazione standard, che richiede uniformita' di giudizi circa il valore di una cosa che, precisa Sen, a volte puo' essere debole (l'apprezzamento si verifica solo in alcuni casi) o negativo (si migliora con la sua riduzione, pag.33 nota).
    L'utilita' puo' essere essa stessa un oggetto di valore, oltre che un metodo di valutazione (pag.38), ma nessuna sua interpretazione serve per definire il tenore di vita: ne' provare piacere, ne' realizzare desideri, ne' l'atto di scelta (pag.49).
    Il desiderio di una cosa e' una conseguenza della sua valutazione (pag.43); la mancanza di desiderio verso cio' che va oltre i nostri mezzi implica mancanza non di apprezzamento ma di speranza, e quindi paura di delusione: "il perdente viene a patti con le disuguaglianze sociali adeguando i desideri alle possibilita' di realizzazione" (pag.44; confronti interpersonali di desideri sono pertanto fuorvianti, pag.45). Anche le scelte evidenziano una complessita' motivazionale: alla loro origine vi puo' essere il perseguimento del proprio benessere ma anche quello di qualcun altro, l'orgoglio nazionale, ecc. (pag.48).
    Agiatezza, stare bene, vivere la vita desiderata, avere molto: sono tutte visioni differenti del concetto di tenore di vita (pag.30), la cui pluralita' costitutiva lo rende un paniere di piu' attributi, talvolta alternativi fra loro (pag.31); essere agiati e stare bene, osserva l'Autore, non sono la stessa cosa (pag.52).
    Il tenore di vita non riguarda i mezzi posseduti ma la vita che si conduce (pag.52), e' un problema non di opulenza, merci, utilita', ma di funzionamenti (functionings) e di capacita' (capabilities, pag.53). Il nutrimento e' influenzato da molti fattori (sociali, individuali, climatici, pag.52 e pag.114, nota), il prezzo dei beni e' influenzato dai tassi di cambio delle valute e puo' essere piu' alto nei paesi ricchi (pag.57; l'analisi della "soglia di poverta'" basata sul reddito puo' essere molto fuorviante, pag.115); gli indicatori sociali utilizzano indici costruiti sul possesso di merci piuttosto che sui funzionamenti e le capacita' degli individui (pag.68), mentre sono questi che determinano la qualita' della vita che si conduce (pag.69).
    I funzionamenti sono conseguimenti, aspetti delle condizioni di vita quali, ad esempio, durata della vita, alfabetizzazione, nutrizione, morbilita', discriminazioni sessuali (pag.85), mobilita', partecipazione alla vita comunitaria, rispetto di se' (pag.106), e altri meno rilevanti (pag.97). I funzionamenti perfezionati includono la disponibilita' di opzioni alternative (ad esempio, scegliere di digiunare, pag.88 e pag.113).
    Le capacita' sono "abilita' di conseguire" (pag.87), liberta' positive, opzioni, opportunita' di scelta: conta il numero ma anche la qualita' delle alternative (pag.87, nota), che possono essere aumentate in modo banale o in una gamma al cui interno vi e' una liberta' di scelta molto particolare (come scegliere, osserva l'Autore a pag.102, fra opzioni quali brutto, terribile, raccapricciante). Inoltre, piu' liberta' di conseguire risultati non garantisce di per se' risultati maggiori (pagg.103-104); la liberta' di benessere (disponibilita' per tutti di beni primari, ad esempio per intervento dello Stato) puo' non produrre il conseguimento del benessere, se qualcuno non accetta (pag.105 e pag.122): ad uguali livelli di benessere possono corrispondere capacita' diverse.

    6. ASPETTI PSICOLOGICI DEL COMPORTAMENTO ECONOMICO
    Secondo George Katona (L'analisi psicologica del comportamento economico), i processi economici dipendono dal comportamento degli individui.
    L'economia come scienza normativa e' un'astrazione (homo oeconomicus che massimizza piaceri e profitti): gli studi economici, pur utilizzando in premessa un postulato psicologico (psicologia meccanicistica), hanno trascurato o semplificato al massimo le variabili psicologiche, gli individui non sono rilevanti (la domanda e' correlata ai prezzi, gli investimenti ai profitti, l'inflazione al divario fra domanda ed offerta, i consumi al reddito, ecc.).
    La psicologia e' invece una scienza empirica che studia i fattori che incidono sulle diverse forme di comportamento; la psicologia economica studia pertanto il comportamento economico degli individui, l'analisi psicologica dinamica studia i fattori che determinano i cambiamenti di comportamento (l'economia e' un sistema dinamico): il problema centrale della psicologia e' costituito infatti dai cambiamenti che si verificano nel comportamento.
    I dati statistici totali, se non integrati da dati microeconomici (singole aziende e singole unita' familiari), danno informazioni incomplete e talvolta anche errate. Vi sono variabili interposte che non sono immediatamente visibili analizzando le situazioni e le risposte alle situazioni, ma che sono indispensabili per spiegare i comportamenti: sono i concetti di organizzazione, abitudine, motivazione, atteggiamento, ecc.
    Le motivazioni spingono in una certa direzione, verso certi scopi; gli atteggiamenti sono punti di vista generali che ci fanno apparire favorevoli/sfavorevoli le diverse situazioni. Punti di vista generali per lunghi periodi di tempo costituiscono i nostri schemi di riferimento.
    L'ambiente e' costituito da fattori esterni oggettivi, l'ambiente comportamentistico e' cio' che ciascun individuo vede, sente, odora, ode, ecc.; cio ' che ogni individuo percepisce dipende dalla organizzazione delle sue facolta' di percepire: l'organizzazione della percezione e l'organizzazione del comportamento danno luogo ad insiemi unificati che influenzano ogni singola parte che li compone; il tutto non e' qualcosa di piu' delle parti che lo compone eppure e' qualcosa di diverso da esse, ogni evento e' determinato dalla situazione nel suo complesso.
    Ruoli e funzioni degli individui cambiano a seconda del gruppo di appartenza; gruppi privi di motivazioni sono deboli, i gruppi di riferimento forniscono modelli di comportamento agli individui e l'interazione fra gli individui e' cio' che rende piu' o meno compatto un gruppo. Quotidianamente siamo associati a piccoli gruppi (famiglia, colleghi, ecc.), gruppi che sono indipendenti gli uni dagli altri.
    Il comportamento puo' variare anche in funzione dell'apprendimento (derivante dalla comprensione piuttosto che meccanico, per addestramento). Trovare da soli le soluzioni comporta una riorganizzazione del campo ed un migliore apprendimento; l'individuo tende a ripetere il proprio comportamento in situazioni che ritiene simili a precedenti: l'intendimento razionale (che equivale ad apprendimento meccanico) e' pero' impossibile. Condizione motivazionale necessaria per un comportamento stabile e' il successo/ricompensa: la frustrazione fa mancare la ricompensa abituale e venir meno l'abitudine.
    Le decisioni autentiche sono poco frequenti e non derivano da comportamenti abituali; il comportamento puo' essere rigido (atti ripetuti di routine) oppure flessibile se comporta una riorganizzazione del campo ed un nuovo livello di comprensione: il comportamento flessibile nasce dalla consapevolezza dell'esistenza di nuove condizioni.
    Nell'attivita' commerciale e' prevalente il comportamento abitudinario: le aspettative proiettano la prospettiva temporale nel passato e nel futuro, richiedono attendimenti (ciascuno di noi crede di sapere in anticipo molti avvenimenti che accadranno e che lo riguarderanno direttamente), raramente tendono a mutare (radicalmente e simultaneamente), la loro intensita' dipende dalla frequenza di esperienze passate.
    Nuove aspettative costituiscono di solito cambiamenti radicali di orientamento e si verificano spesso contemporanemente in molti operatori economici ("clima" degli affari). L'incertezza e' mancanza di fiducia e mancanza di aspettative precise.
    Il consumatore non segue alcun programma razionale, e' influenzato dalla moda, dall'abilita' dei venditori, dalla pubblicita', da condizioni sociali particolari, da insicurezze psicologiche, conflitti emozionali, considerazioni di prestigio, fattori questi che sono tutti mutevoli e non misurabili. Le spese ingenti sono spesso programmate in anticipo, e comportano poi comportamenti di routine per lunghi periodi (es. l'acquisto a rate).
    Il comportamento abituale nei consumi e' rilevabile nelle spese minori e piu' frequenti, ma l'economia del consumatore e' legata in realta' a poche decisioni importanti che modificano i flussi di spesa.
    In una data situazione non esiste una sola motivazione, e non e' necessariamente derivata da interessi egocentrici.
    La soddisfazione dei bisogni presenti determina l'atto dello spendere, la soddisfazione dei bisogni futuri l'atto del risparmiare: il successo del risparmio individuale dipende dall'aver soddisfatto molti dei bisogni immediati e dal grado di immediatezza delle spese future. La prospettiva temporale e' importante nello studio delle motivazioni economiche (principio dell'immediatezza).
    Non ci puo' essere un solo scopo economico, il desiderio di un reddito piu' alto non e' l'unico fine di ciascun individuo: il significato di un certo reddito (spesso peraltro calcolato ante imposte) dipende dalla struttura in cui viene percepito, dall'eta', dalle dimensioni dell'unita' di spesa, da mutamenti dei redditi percepiti nel passato e quindi dalla prospettiva temporale delle persone interessate. Il livello di reddito realizzato e' inferiore al livello di aspirazione, che a sua volta e' inferiore al livello ideale; il successo alza il livello di aspirazione, come pure i risultati raggiunti dagli altri (standard del gruppo di appartenenza). I risultati raggiunti in passato costituiscono spesso il principale elemento di riferimento per le previsioni individuali sul proprio reddito futuro.
    Le attivita' economiche non tendono a scopi determinati, incarichi che ci sono imposti diventano nostri scopi quando li adottiamo.
    Chi percepisce un reddito non e' influenzato dal valore assoluto di quel reddito, bensi' dalla sua entita' nel quadro della distribuzione generale delle entrate. La leadership e la piu' alta stima non necessariamente vengono attribuite a chi nel gruppo gode del reddito piu' alto, l'aspirazione ad un certo reddito e' solo una parte del modello motivazionale.
    Molte persone considerano le proprie disponibilita' liquide come investimenti permanenti (riserve che si e' riluttanti a spendere anche in circostanze avverse per il timore di esserne privati). Nulla di paragonabile ai "fondi di ammortamento" (che implica la sostituzione dei beni durevoli) esiste presso i consumatori, la cui domanda di beni durevoli (anche se acquistati di recente) e' invece influenzata dal gruppo di appartenenza.
    Non ci sono limiti soggettivi o ideali per l'accumulazione di ricchezze; i bisogni non sono quantita' fisse e stabili ma dipendono dal gruppo di appartenenza (imitazione, competizione inconscia): una spesa puo' non essere fine a se stessa ma un mezzo per raggiungere un altro scopo, la consapevolezza di certi bisogni deriva da condizioni di vita simili per tutti gli appartenenti ad un medesimo gruppo. Il conflitto fra differenti bisogni e' la situazione in cui l'individuo compie decisioni originali ed esercita il proprio massimo potere di scelta.
    Molte spese sono determinate da decisioni precedenti: polizze, rate, affitti, tasse, contributi regolari ad associazioni e club, spese per l'educazione dei figli, benzina, spese abituali familiari, ecc. La graduazione nel tempo delle spese e' il piu' frequente oggetto di un problema di scelta (scelta fra il soddisfacimento di bisogni immediati e di bisogni futuri, scelta fra diverse forme di risparmio).
    L'interruzione della circolazione monetaria si determina quando banche e governo non utilizzano immediatamente i risparmi dei consumatori; il bilancio economico nazionale e' globale ed ex post, e andrebbe integrato da informazione ex ante (intenzioni, progetti, atteggiamenti). Le previsioni sulla situazione economica generale influenzano le spese e le domande di prestiti per grossi acquisti.
    Le conseguenze sul comportamento del miglioramento o peggioramento delle condizioni economiche sono tra loro qualitativamente differenti e non sono l'una l'opposto dell'altra.
    Alcuni tipi di risparmio sono obblighi che hanno la priorita' anche se il reddito diminuisce: assicurazioni sulla vita, pagamenti per fondi-pensione, risparmi rateizzati secondo uno schema abituale, pagamento dei debiti. Si tratta di forme di risparmio contrattuale, immutabili al confronto della instabilita' delle spese per beni durevoli.
    La riduzione del reddito determina infatti una contrazione drastica delle spese per beni durevoli, altre spese potranno rimanere cosi' immutate e persino aumentare. Il concetto di risparmio e' soggettivo e ogni periodo ha proprie caratteristiche; economia di impresa ed economia di consumo nelle imprese individuali si confondono. Il ricorso a prestiti ed il disinvestimento di risparmi accumulati non dipendono dall'appartenere alle classi meno abbienti. Quello che incide su risparmio ed investimento e' la variazione del reddito, piuttosto che il relativo livello: l'acquisto di beni durevoli dipende e da aumenti di reddito e da previsioni di redditi futuri piu' elevati. Non si puo' spendere piu' di quanto si guadagna, salvo avere patrimoni liquidi: la disponibilita' di ampie disponibilita' liquide favorisce sia comportamenti tendenti a risparmiare molto, sia comportamenti tendenti a spendere piu' di quanto si gudagna; solo una minoranza di coloro che non hanno disponibilita' liquide spende piu' di quello che guadagna.
    E' raro che una famiglia spenda piu' di quanto guadagna per piu' anni consecutivi; l'acquisto a rate e' risparmio negativo in un certo periodo e rimborso del debito (che e' una forma di risparmio) in un periodo successivo.
    L'andamento economico favorevole provoca comportamenti ed atteggiamenti che contribuiscono a mantenere la tendenza positiva; le previsioni sui prezzi si basano sugli andamenti dei periodi immediatamente precedenti e, se sono effettivamente sentite, influiscono sul comportamento delle persone. Katona individua alcuni metodi di previsione:
    - analogico (confronto con quanto di analogo e' accaduto in passato, equivale ad indovinare);
    - basato sulle previsioni soggettive che gli individui fanno relativamente al proprio comportamento;
    - proiettivo (estrapolazione), deve essere integrato con altri metodi quali:
    - serie temporali di dati microeconomici, serie temporali di distribuzioni di frequenza, informazioni su atteggiamenti e motivazioni.
    Le previsioni sono atteggiamenti che contribuiscono ad influire sul comportamento degli individui, ma non si puo' prevedere un comportamento futuro semplicemente chiedendo a varie persone come si comporteranno; molte motivazioni sono inconsce.
    Il metodo piu' importante di ricerca della psicologia economica e' costituito da indagini per campione su interviste: da casi singoli non si possono trarre deduzioni generali, le informazioni raccolte vanno inoltre integrate con dati ottenuti con metodi diversi. I risultati delle indagini campionarie, in psicologia, sono spesso piu' esatte dei censimenti.
    Il piano di campionamento consente di individuare il campione piu' rappresentativo, le domande da formulare sono importanti perche' possono avere influenza sulle risposte, inoltre non vi e' garanzia che le risposte riflettano il comportamento effettivo; per evitaree errori di campionamento, e' necessario ampliare il campione, supercampionando le parti piu' interessanti.
    Il comportamento imprenditoriale viene solitamente considerato come razionale e riflessivo, si presume che le decisioni dell'imprenditore vengano ponderate maggiormente rispetto a quelle relative al consumo.
    Il comportamento imprenditoriale in genere segue invece schemi abituali, anche quando sarebbero necessarie nuove decisioni di fronte al variare delle situazioni oggettive. Scelte che all'osservatore esterno appaiono ponderate e fondate su previsioni, rappresentano in realta' comportamenti dettati dall'abitudine; se la situazione e' favorevole, gli investimenti sono abituali ed "automatici".
    Il concetto di massimizzazione del profitto di rado assume un significato chiaro, la motivazione del'imprenditore e' quella di realizzare profitti soddisfacenti, non inferiori a quelli dell'anno precedente e non inferiori al "profitto normale": l'imprenditore vuole evitare una diminuzione dei profitti ed ha come termine di confronto il profitto realizzato dalle altre imprese. Talvolta l'interesse per il fatturato, come quota di mercato dell'impresa, supera quello per i profitti.
    L'impresa in situazioni difficili esclude le decisioni a lunga scadenza, cerca profitti immediati anche se inferiori a quelli possibili nel futuro, le motivazioni utilitarie e di breve termine sono prevalenti. Viceversa, l'orizzonte economico di un'azienda solida tende a proiettarsi in un futuro relativamente lontano, prevalgono motivazioni non utilitarie (bisogni sociali) e minore e' lo stimolo per realizzare profitti immediati alti o massimi. La spinta ad evitare la diminuzione dei profitti e' piu' forte di quella ad aumentarli, molti imprenditori assumono una mentalita' apologetica (sentono il bisogno di giustificare o scusare i profitti realizzati).
    La domanda e' funzione inversa del prezzo solo in condizioni eccezionali, ad esempio per prodotti rari, merci deteriorabili, monopolio. Due prodotti simili venduti a prezzi diversi inducono il consumatore a pensare che quello piu' conveniente sia di qualita' piu' scadente.
    L'inflazione dipende da fattori psicologici: il processo inflazionistico deriva dal comportamento individuale, che a sua volta e' influenzato dalla consapevolezza di questa situazione.
    L'aumento della circolazione monetaria puo' essere ininfluente sui prezzi, le previsioni inflazionistiche portano all'aumento dei prezzi, e sono previsioni di tendenza (i modesti aumenti sono considerati la premessa per ulteriori aumenti futuri).
    L'andamento economico dipende dalla interazione fra processi economici ed atteggiamenti degli individui; tiene conto del settore delle imprese, di quello dei consumi, della situazione finanziaria, degli atteggiamenti. Il comportamento umano e' caratterizzato da adattabilita' ed esperienza: le analogie storiche non servono.
    Previsioni che hanno vigore crescente rappresentano minacce per l'economia; il problema principale e' determinare e mantenere atteggiamenti ottimistici, con redditi, spese ed investimenti in aumento (non eccessivo). Il piu' importante strumento psicologico della politica economica e' la pubblicita': comunicazione ed interpretazione di informazioni economiche.
    La politica economica efficace ricorre sia a strumenti economici che psicologici: deve considerare le reazioni (sia conformi che non conformi) alle misure che intende attuare e che devono essere precedute da una preparazione psicologica adeguata.
    Non servono ne' gli ammonimenti ne' le esortazioni ripetute: l'informazione economica deve essere data in modo da essere compresa, dati e loro significato devono essere resi noti insieme all'opinione pubblica, che deve essere messa a conoscenza dei vari aspetti di ciascun problema. Persone autorevoli che fanno previsioni superficiali non servono, le previsioni sono utili solo se formulate in modo da presentare i fatti su cui si basano e in modo che ciascuno possa giudicarne la fondatezza.
    I responsabili della politica economica devono raccogliere e diffondere i dati economici, e la conoscenza delle reazioni della gente ad un provvedimento (che puo' essere determinata gia' ad uno stadio quasi iniziale) e' fondamentale per valutarne l'opportunita'.

    7. QUANTITA' E QUALITA'
    Secondo Ernst F. Schumacher (Piccolo e' bello), la metaeconomia studia l'uomo (economia) e l'ambiente in cui egli opera e da cui dipende. Gli aspetti economici sono sia quantitativi (PNL) che qualitativi (beni e servizi); l'aspetto quantitativo livella i beni, attribuendo a ciascuno un prezzo per lo scambio, il valore piu' elevato e' percio' il denaro.
    Schumacher distingue i beni primari (beni liberi, rinnovabili oppure no) e i beni secondari, che derivano da quelli primari e che consistono in merci (unico oggetto di studio economico) e servizi. Dintingue anche il capitale (che va conservato) dalla rendita (che va consumata); noi consideriamo rendita cio' che e' capitale naturale: combustibili fossili, margini di tolleranza della natura, la stessa umanita'. Esiste una contraddizione fra ambiente limitato e bisogni fisici (materialismo) illimitati, che non puo' che produrre conflitti.
    Schumacher distingue anche fra mezzi (uomo produttore, per il quale il consumo e' antieconomico) e fini (uomo consumatore, per il quale il consumo incide sul tenore di vita. Produzione e consumo (entrambi mezzi) servono per il benessere dell'uomo (fine); per l'economia moderna, invece, la produzione e' il mezzo ed il consumo il fine, il lavoro e' una disutilita' (sua divisione ed automazione), lavoro e tempo libero sono concorrenti.
    Nella nuova interpretazione di Schumacher, lavoro e tempo libero sono complementari, gli obiettivi del lavoro sono la creativita', la socialita' e, per ultimo, la produzione di beni e servizi; la saggezza consiste nel semplificare e ridurre i bisogni, non trasformare il lusso in necessita', ridurre avidita' ed invidia.
    Il modello dell'azionariato operaio (Scott Bader Commonwealth, 1951) prevede imprese dalle dimensioni limitate i cui dipendenti sono soci con la trasformazione della proprieta' sostituita da diritti e responsabilita' specifiche nell'amministrazione dei beni; la remunerazione e' in funzione del lavoro svolto, in un rapporto massimo-minimo di 1 a 7, i profitti servono per il pagamento delle tasse, l'autofinanziamento, premi ai soci ed erogazioni in beneficienza esterna, i fini delle imprese sarebbero economico (profitto), tecnico (prodotti aggiornati), sociale (lavoro creativo), politico (esempio per altri). Il diritto di partecipare alla gestione e quello di partecipare agli utili sono diritti associati con la liberta'.
    Le grandi imprese (per numero di dipendenti, capitali impiegati e fatturato) andrebbero nazionalizzate; all'azionariato pubblico spetterebbe il 50% delle azioni, inalienabili con diritto di informazione ed osservazione, e diritto di voto potenziale (pubblico controllo sui dividendi e trasparenza di bilancio).

    8. IL CALCOLO ECONOMICO
    La proprieta', osserva Ludwig von Mises (Socialismo), puo' consistere nel possesso di beni o nella titolarita' del diritto a possedere (pag.55); von Mises distingue la proprieta' dei beni di consumo da quella dei beni destinati alla produzione, ed in entrambe le categorie i beni durevoli da quelli esauribili (pag.56).
    La proprieta' dei beni di consumo puo' essere solo privata e l'azione politica puo' solo interessarne la diversa distribuzione (pagg.57-58); la proprieta' privata esclusiva dei mezzi di produzione in una societa' basata sulla divisione del lavoro non e' possibile (pag.60), inoltre i beni destinati alla produzione servono per produrre beni di consumo e richiedono condizioni stabili: "l'azione economica richiede la pace" (pag.63).
    La produzione puo' essere diretta centralmente oppure dal mercato: un terzo sistema non esiste (pag.585); ma la democrazia e' strettamente legata al capitalismo (pag.590) e la stessa societa' fonda la cooperazione sociale sulla pace, alla cui base vi e' il riconoscimento della proprieta' privata (pag.560).
    Secondo Mises, l'attivita' economica non e' una sfera dell'azione umana, ma coincide con l'attivita' razionale, che consiste nel valutare fini e mezzi (pag.152). Pero', l'azione razionale puo' riguardare sia elementi extra-economici salute, bellezza, felicita', gioia, onore, pag.142) che attivita' economiche (di scambio); in tal caso la moneta e' il medium di scambio universalmente accettato (pag.145), ed e' alla base dell'economia razionale.
    Il concetto di capitale richiede quello di contabilita', che implica il calcolo in termini monetari (pag.151); il libero mercato e' il meccanismo che permette la formazione dei prezzi, e quindi il calcolo economico (pag.159).
    Il calcolo in natura e' possibile solo per beni di consumo ed in economie senza scambio, l'attivita' economica necessita del calcolo economico (pag.146); solo una societa' stazionaria, basata sulla semplice ripetizione degli eventi economici, puo' fare a meno del calcolo economico, che e' invece fondamnetale per la dinamica economica (pagg.149 e 168).
    Quantita' non omogenee non si possono sommare o sottrarre: il calcolo economico in termini di lavoro anziche' di moneta non e' possibile pag.161 e seguenti).
    Si vedano altre considerazioni dell'Autore negli argomenti filosofici sul socialismo in questo sito.


    9. L'UTILITARISMO
    John C. Harsanyi (L'utilitarismo), osserva come il comportamento quotidiano degli individui sia regolato dalle preferenze (Prefazione, VII), che si distinguono in:
    - preferenze personali (soggettive), che sono particolaristiche (gli interessi propri, della propria famiglia e degli amici intimi hanno un peso molto maggiore di quelli degli estranei);
    - preferenze morali (etiche), che sono universalistiche (gli interessi propri e quelli altrui hanno lo stesso peso).
    Gli individui sono guidati nelle loro decisioni e nei loro giudizi di valore e da preferenze personali (piu' o meno egoistiche) e da preferenze morali; le preferenze personali sono le preferenze di un individuo in condizioni normali, le preferenze morali si manifestano, magari di rado, quando l'individuo si impone atteggiamenti imparziali e impersonali, cioe' morali (pag.35). Accade cosi' che una distribuzione non egualitaria puo' essere disapprovata da un individuo (preferenze etiche) ed insieme preferita soggettivamente ad una piu' egualitaria (pag.147, nota).
    La funzione di benessere sociale esprime le preferenze morali di un dato individuo, la funzione di utilita' quelle personali; una funzione di utilita' e' ordinale se consente di confrontare livelli di utilita', e' cardinale se consente il confronto anche delle differenze di utilita' (pag.39). Una funzione di utilita' cardinale e' anche ordinale (pag.40); noi tutti tentiamo di fare confronti interpersonali di utilita' per "empatia immaginativa" (pag.43), confronti che si basano sul postulato di similarita' della natura umana per cui, pur tenendo conto di tutte le differenze biologiche, sociali, educative e culturali, le reazioni psicologiche e il comportamento delle persone saranno simili in situazioni simili (pag.44). Rifiutare il postulato di similarita' e quindi i confronti interpersonali di utilita' significa negare agli altri individui di essere autocoscienti (pag.45); naturalmente, maggiori sono le differenze, maggiore sara' il margine di errore nel confronto (pag.151).
    Un'azione e' razionale se soddisfa criteri prefissati (pag.7): il modello mezzi/fini ne e' un caso speciale, che consiste nella scelta tra mezzi alternativi considerando dato il fine da perseguire; il modello preferenze/opportunita' li comprende entrambi come suoi casi particolari (modello mezzi/fini e soddisfacimento di criteri, pag.8).
    La teoria generale del comportamento razionale viene ripartita da Harsanyi in tre branche:
    1) teoria dell'utilita', "teoria del comportamento razionale di un singolo individuo in condizioni di certezza, rischio e incertezza" (pag.11);
    2) teoria dei giochi (interazione fra due o piu' individui); importante e' la distinzione fra giochi cooperativi (si possono assumere e far valere impegni quali promesse, accordi e minacce) e giochi non cooperativi (valgono solo gli accordi che si fanno rispettare da se', o punti di equilibrio, pag.15).
    3) etica, che viene definita come la teoria "dei giudizi razionali di preferenza basati su criteri impersonali e imparziali" (pag.13), o teoria degli interessi comuni o del benessere generale della societa'.
    Le decisioni sociali e quelle morali individuali coincidono solo in un caso speciale, quando vengono affidate ad un funzionario (pag.52); vi e' pero' il pericolo di abusi politici. La costituzione ottimale e' allora soprattutto un problema strumentale.
    L'utilitarismo offre un criterio pratico per risolvere i nostri dilemmi morali, utilizzando un solo postulato morale che e' la massimizzazione dell'utilita' sociale (pag.70).
    L'utilita' sociale viene definita in termini di preferenze dei singoli (e' la media aritmetica di tutte le utilita' individuali, pag.70), seguendo il principio biblico e kantiano secondo cui dobbiamo trattare gli altri secondo i loro bisogni e le loro preferenze, aiutarli in cio' che essi vogliono, non in cio' che noi possiamo volere per loro o che pensiamo possa essere 'bene' per loro, sempre che le loro preferenze siano informate e non siano spurie o esterne (pag.69).
    Le preferenze male informate sono basate su false credenze, un caso speciale di preferenze male informate sono le preferenze spurie, che sono basate sull'autoinganno; una preferenza spuria puo' divenire genuina: "una persona puo' da principio seguire i concerti per far colpo e finire per apprezzarli veramente" (pag.60). La tendenza all'autoinganno e' l'ostacolo principale ai confronti interpersonali di utilita' nell'arte, nella letteratura, nella politica (pag.61).
    Harsanyi distingue le preferenze personali di un individuo (come vuole che lo si tratti) dalle preferenze esterne (come vuole che gli altri vengano trattati): la moralita' utilitarista chiede a ciascuno di rispettare le preferenze esterne relativamente a se stessi. Per costruire la funzione di utilita' sociale, vanno trascurate sia le preferenze esterne malevole che quelle benevole, altrimenti verrebbe violato il principio del pari peso degli interessi degli individui, principio fondamentale nella moralita' utilitarista (pag.64).
    Le preferenze possono essere accettate oppure si puo' cercare di cambiarle: secondo l'autore, le preferenze (implicite o esplicite) che cerchiamo di cambiare hanno la precedenza sulle altre (pag.62).
    Le preferenze antisociali sono basate su invidia, risentimento, sadismo, malvagita'; poiche' la base dell'utilitarismo e' la benevolenza, la richiesta altrui di soddisfare preferenze antisociali puo' far rivendicare lo status di obiettore di coscienza (pag.63).
    Le azioni altruistiche e le preferenze trascendenti (che non sappiamo se si realizzeranno e comunque non saremo presenti in quel momento, pag.57) sono esempi di comportamenti che vanno oltre l'utilitarismo edonistico (ricerca del piacere ed eliminazione del dolore).
    I doveri morali in una societa' ideale indicati dalla filosofia morale sono diversi da quelli indicati in una societa' lungi dall'essere ideale (es. una societa' di imbroglioni, pag.87). La societa' puo' comprendere agenti utilitaristi ma anche agenti che seguono altri codici morali (ideologie politiche, religiose, tradizioni) o non seguono alcun codice morale.
    L'utilitarismo delle regole sostiene che il criterio utilitarista non va applicato ai singoli atti, alle singole azioni individuali ma alla regola morale che li governa (pag.72); la regola moralmente corretta dara' "la massima utilita' sociale a lungo andare se tutti vi si conformano nel tipo di situazione considerato" (pag.72): l'utilitarismo delle regole vincola gli agenti a seguire la stessa strategia (pag.82).
    Kant negava eccezioni alle regole morali fondamentali, l'utilitarismo delle regole impone di identificarle sempre per massimizzare l'utilita' sociale; viceversa, in una societa' modellata sull'utilitarismo degli atti ciascuno si sottrarrebbe ai propri obblighi se tale comportamento facesse aumentare anche di poco l' utilita' sociale (pag.101).
    L'utilitarismo delle regole si pone a meta' strada fra le teorie deontologiche e l'utilitarismo degli atti: da' una giustificazione razionale alle componenti deontologiche della moralita' e d'altra parte riconosce (come l'utilitarismo degli atti) che l'utilita' sociale e' il criterio che giustifica le regole, i diritti, gli obblighi morali (pag.101).
    L'esproprio e' giustificato dall'utilitarismo degli atti se i sacrifici di alcuni sono inferiori anche di poco ai benefici tratti dagli altri, mentre per la moralita' di senso comune la differenza deve essere molto significativa ed in certi casi giustificata da situazioni di emergenza (pag.96); l'utilitarismo delle regole si schiera dalla parte della moralita' tradizionale, come nel caso in cui nel destinare risorse si debba scegliere fra l'educazione dei propri figli e bisogni urgenti di bambini meno abbienti (pag.97).
    L'approccio contrattualista secondo l'Autore e' invece circolare: il contratto sociale (che tra l'altro e' ipotetico) si basa sulla regola morale secondo la quale i contratti vanno rispettati, che pero' non si puo' giustificare dal contratto sociale ipotetico (pag.102).
    Uguaglianza, giustizia, equita' "non sempre possono essere il criterio decisivo per prendere decisoni politiche" (pag.108). Il principio di maximin porta a decisioni pratiche spesso inaccettabili (pag.112); al contrario, il principio di massimizzazione dell'utilita' prevista viene proposto dalla scuola bayesiana come "regola di decisione appropriata in condizioni di incertezza" (pag.111)
    Anche le conseguenze morali del principio di differenza sono spesso inaccettabili, in quanto impone sempre la priorita' degli interessi dell'individuo piu' svantaggiato, anche in circostanze estreme (pagg.114-115). L'Autore, seguendo la tradizione utilitarista, propone una teoria basata sul principio dell'utilita' media (pag.118).
    Il principio morale che assegna lo stesso peso 'a priori' agli interessi di ciascun individuo, giustifica l'assunzione di equiprobabilita'; al contrario, "l'uso del maximin nella posizione originaria equivale ad assegnare probabilita' unitaria (o quasi) all'eventualita' di occupare il posto dell'individuo che sta peggio nella societa' " (pag.121); il rovesciamento dell'argomento di Rawls, secondo l'Autore, lo renderebbe piu' convincente.
    Per gli utilitaristi la moralita' non e' il valore piu' alto della vita umana (Kant) ma e' un mezzo per realizzare altri fini (pag.103): la grande fedelta' a valori morali si sposa spesso col fanatismo morale, una societa' sana ha bisogno di motivazioni altruistiche ed egoistiche, opportunamente equilibrate (pag.131).
    I cittadini che perseguono interessi corporativi spesso sono giudici non imparziali ma bene informati mentre, secondo l'Autore, "una societa' in cui tutti trascurino i propri personali interessi preoccupandosi di continuo di quelli altrui probabilmente non sarebbe molto stabile - e nemmeno molto felice" (pag.131).
    Il codice morale utilitarista da' uguale peso a priori agli interessi legittimi di ogni persona, giudicandone l'importanza con criteri simili a quelli del senso comune, evitando di applicare regole di priorita' rigide, artificiali (pag.133): regole meccaniche e semplicistiche non possono tener conto della complessita' dei dilemmi morali, e spesso portano a scegliere soluzioni sbagliate e discriminatorie (pag.127).
    Le regole morali possono essere interpretate come imperativi ipotetici (pag.68). La scala (micro e macro situazioni) non e' una variabile importante in etica (pag.134).

    10. PUBBLICO E PRIVATO
    Albert O.Hirschman, nel libro Felicita' privata e felicita' pubblica, evidenzia l'oscillazione fra periodi di attenzione a temi pubblici e periodi di attenzione ad obiettivi privati di benessere. Una teoria dei cicli convincente deve pero' essere endogena (sono gli eventi interni al ciclo che lo determinano); quando eventi esterni determinano esogenamente il ciclo, non e' piu' possibile costruirvi una teoria, appunto, ciclica (pag.8).
    La delusione di aspettative e' un'esperienza comune degli esseri umani, in quanto le aspettative spesso eccedono la realta' e non viceversa (delusione come disinganno, pag.17); solo gli esseri umani possono compiere errori, e talvolta esercitano questo potere al massimo grado (pag.27).
    La delusione per un genere di attivita' porta alla protesta oppure alla defezione dalla stessa per un'attivita' di altro genere (pag.74); in questo caso la sfera pubblica puo' essere percepita come un'alternativa a quella privata (pag.71, dicotomia consumatore-cittadino, pag.70). Il passaggio dal pubblico al privato e' invece sostenuto spesso da una ideologia, che si caratterizza come tale perche' "proclama il comportamento nel proprio interesse come un dovere sociale" (pag.74).
    Harry G.Frankfurt definisce l'essere umano per la sua capacita' di avere desideri anche di secondo ordine, vale a dire desideri di desideri (pag.76); le persone dissolute sono preda dei loro bisogni di primo ordine e non cercano di modificarli con desideri di secondo ordine: soltanto di questi, osserva Hirschman, si occupa la teoria economica (pag.77, metapreferenze, pag.78), la quale peraltro non tiene neppure conto che molte regole sociali impediscono il livellamento al margine delle soddisfazioni che derivano da varie attivita' non confrontabili con quelle specifiche del consumo e della produzione di reddito, quali sono ad esempio le attivita' di culto, lutto, le visite familiari, il voto (pag.85) ed altre forme di partecipazione agli affari pubblici (pagg.24-25).
    Le metapreferenze sono rilevanti nei momenti di transizione da un comportamento ad un altro; ogni mutamento fondamentale, individuale o sociale, dipende dalla combinazione di fattori strutturali (forze soggiacenti e metapreferenze) con fattori contingenti (eventi catalizzatori, pag.79; la regola, nella vita individuale ed anche sociale, e' la riproduzione e non il mutamento, pag.80).
    L'esperienza della delusione puo' essere l'evento catalizzatore che si verifica nel momento opportuno, in cui la prendo sul serio perche' ho il desiderio di un cambiamento radicale; nella situazione rivoluzionaria "l'insoddisfazione dei meno abbienti converge con la delusione delle persone abbienti" (pag.84, Hirschman analizza anche il fenomeno della incongruenza di status che si verifica nella mobilita' verso l'alto di individui in societa' con elites tradizionali). E' ragionevole pensare che coloro che sono delusi dalla sfera privata si proporranno pubblicamente in modo riformista (pag.83).
    Hirschman distingue due tipi di vita attiva, la vita activa degli affari pubblici e quella interessata ad una vita privata migliore per se' e la propria famiglia: talvolta la prima e' vista come arena di passioni pericolose e la seconda percio' e' preferibile "dal punto di vista della societa'" (pag.12); il lavoro nella societa' industriale e' infatti solo strumentale, finalizzato a produrre reddito (pag.145).
    Piacere e benessere non possono coesistere, perche' il piacere "e' l'esperienza di passare dal malessere al benessere" (pag.31); l'analisi della delusione del consumatore in relazione ai beni durevoli e' a pag.38 e seguenti, le prestazioni sanitarie ed educative si caratterizzano in piu' per la loro variabilita' qualitativa e di efficacia (pag.45).
    Quando l'accesso a certi servizi viene allargato, la loro qualita' di solito peggiora (pag.46). Beni nuovi sono stati spesso accompagnati da ostilita' diffusa, evidenzia Hirschman, talvolta in quanto minaccia alla gerarchia sociale e talvolta perche' accrescevano il divario fra ricchi e poveri; Hirschman osserva come la critica di Marx alla rivoluzione capitalistica fosse una critica al modo di produzione senza tener conto degli effetti del maggior consumo sull'ordine stabilito (pag.61).

    RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI :
  • Allen Buchanan, ETICA, EFFICIENZA, MERCATO
    (ed.Liguori, Napoli 1992)
  • John C. Harsanyi, L'UTILITARISMO
    (ed. il Saggiatore, Milano 1988)
  • Albert O.Hirschman, FELICITA' PRIVATA E FELICITA' PUBBLICA
    (ed. il Mulino, Bologna 1983)
  • George Katona, L'ANALISI PSICOLOGICA DEL COMPORTAMENTO ECONOMICO
  • Joseph A. Schumpeter, STORIA DELL'ANALISI ECONOMICA
    (1954/ed. Boringhieri, Torino 1979)
  • Amartya Sen, IL TENORE DI VITA. Tra benessere e liberta'
    (ed.Marsilio, Venezia 1993)
  • Ernst F. Schumacher, PICCOLO E' BELLO
    (ed. Mondadori, Milano 1978)
  • Lester C.Thurow, LA SOCIETA' A SOMMA ZERO
    (ed. il Mulino, Bologna 1981)
  • Ludwig von Mises, SOCIALISMO
    (ed. Rusconi, Milano 1989)
  • Max Weber, LA SOCIETA' BUROCRATICA
    (conferenza tenuta a Vienna nel 1918)




  • Argomenti filosofici sul CAPITALISMO


    1. PASSIONI E INTERESSI
    Albert O.Hirschman, nel libro Le passioni e gli interessi, osserva come prima dell'avvento del capitalismo il desiderio prevalente fosse quello di gloria (pag.15); l'idea della mano invisibile era applicata da Montesquieu alla ricerca di gloria e non di ricchezza (pag.16).
    Le passioni distruttive potevano essere represse coi precetti religiosi, con la coercizione, contrapponendo altre passioni (Spinoza, pag.25); passioni rovinose potevano essere imbrigliate e trasformate in virtu' (astuzia della ragione in Hegel, mano invisibile in Smith, sublimazione in Freud, pag.21). La contrapposizione di passioni a passioni, di ambizioni ad ambizioni, fu un concetto utilizzato per elaborare la costituzione americana ed e' alla base del principio della separazione dei poteri: il principio del controbilanciarsi delle passioni veniva applicato ad organi dello Stato e non piu' ai singoli individui (pag.29).
    Inizialmente interesse e ragione di Stato erano sinonimi (pag.31), poi si passo' dall'interesse (del governante) agli interessi (di gruppi, pag.33) ed infine gli interessi divennero unicamente vantaggi economici (pag.35): far danaro in senso negativo, come vizio, era cupidigia; in senso positivo era interessi, termine che fini' col diventare paradigma capace di spiegare le azioni umane (pag.37).
    Prima, da Platone, le categorie erano soltanto due: le passioni e la ragione; l'introduzione dell'interesse era "un messaggio di speranza" (pag.38). Nel Settecento anche le passioni furono riabilitate come elementi capaci di migliorare un mondo governato soltanto da interessi egoistici (Hume, pag.41).
    Azioni guidate solo dagli interessi sono trasparenti, determinate, costanti nel tempo e quindi prevedibili (pag.42), il gioco di interessi divento' materia di studio prima in politica (specie quella interna) e poi in economia (pag.43); inoltre gli interessi, al contrario delle passioni, venivano rappresentati come innocui (pag.48, doux commerce in Montesquieu, pag.49; rappresentazione poi contestata da Marx, pag.51). Hume distingue le passioni calme/violente e quelle forti/deboli: quelle calme ma forti potevano trionfare su quelle violente ma deboli (pag.53). Gli interessi erano in grado di bloccare le passioni, anche nei potenti (pag.58; il commercio porta alla pace, Montesquieu pag.62).
    L'accumulazione fine a se stessa di denaro e' un'eccezione alla legge dell'utilita' marginale decrescente (pag.46); metafore utilizzate nel Seicento e nel Settecento paragonavano l'universo ad un pendolo e l'economia ad un orologio a molla, fabbricati inizialmente ma poi in grado di funzionare da soli (pag.67). I mercanti, secondo Millar, erano capaci di organizzarsi in gruppi di interesse meglio degli agricoltori, sparsi su territori vasti (pag.70); i Fisiocrati distinguevano il dispotismo legale (che rispettava il sistema economico) da quello arbitrario (pag.74).
    Il marxismo, osserva Hirschman, e' un esempio di dottrina che vuole coniugare previsione e prescrizione, fra movimento inesorabile della storia verso una meta ed impegno degli individui per raggiungerla (pag.75).
    La douceur di Montesquieu diventava decadenza e corruzione per Rousseau e Adam Smith (pag.79); quest'ultimo fa coincidere le passioni con gli interessi (pag.82) e, curiosamente, per lui la vittoria delle passioni sugli interessi portava al declino dei feudatari, ma non del sovrano (pag.76).
    Barnave osserva che non necessariamente la somma di virtu' private origina uno stato virtuoso (errore di sommatoria, pag.86). Adam Ferguson evidenzia come argomenti determinanti a favore di un governo autoritario siano la necessita' di tranquillita', efficienza, regolarita' (pag.88) e come l'espansione economica deteriori la politica (idem per Marx e Tocqueville, pag.89).
    In realta', secondo Hirschman, l'espansione economica "ha sostanzialmente e simultaneamente effetti politici ambivalenti" (pag.90) e la proprieta' privata dei mezzi di produzione fornisce le basi materiali del dissenso (pag.92).
    Hirschman contesta infine l'idea di Weber che alla base dei comportamenti capitalistici vi sia la ricerca della salvezza individuale; le azioni e decisioni umane producono conseguenze impreviste perche' le aspettative che accompagnano quelle azioni e decisioni contribuiscono a nascondere il vero risultato futuro (pag.94): effetti non realizzati ma sperati, effetti realizzati ma inattesi. Inoltre, scrive Hirschman, "il pensiero prescinde naturalmente dalle circostanze che esso ritiene non essenziali e che invece costituiscono l'unicita' di ogni singola situazione storica" (pag.96).

    2. L'INNOVAZIONE
    Il successo del capitalismo, osserva Schumpeter (Capitalismo, socialismo, democrazia), consiste nel produrre di piu’ e a costi decrescenti (pag.65), ed e’ un processo evolutivo: il capitalismo consiste in un processo di distruzione creatrice (pagg.78-79).
    Le onde lunghe dell’attivita’ economica, provocate dalle rivoluzioni industriali (che producono innovazione ed espansione) e dal loro assorbimento (con conseguente fase depressiva caratterizzata da disoccupazione), portano al ringiovanimento dell’apparato produttivo: nuovi metodi di produzione, nuove forme organizzative, nuove merci, nuovi mercati, ecc. (pag.65). Il processo appare come continuo, sebbene le rivoluzioni procedano a sbalzi, con discontinuita’ (pag.79, nota).
    Il capitalismo non amministra le strutture esistenti, ma le crea e le distrugge in un processo in cui sia il monopolio che la concorrenza perfetta sono un’eccezione e la concorrenza non riguarda tanto i prezzi quanto la novita’: nuova merce, nuova tecnica, nuova fonte di approvvigionamento, nuova forma di organizzazione (pagg.75, 80, 94, 100); questo tipo di concorrenza funziona anche come minaccia: “l’uomo d’affari si sente in situazione concorrenziale anche se e’ solo nel proprio campo” (pag.80). La pressione del Nuovo, come fatto e come minaccia, rende inutile limitare la produzione per massimizzare i profitti (pag.83).
    L’impresa in regime di concorrenza perfetta e’ meno efficiente al suo interno e piu’ debole verso fattori esterni di disturbo, di quanto non lo sia la grande impresa che, peraltro, realizza economie di scala in grado di abbassare i prezzi (pagg.96 e 101).
    Schumpeter contesta (da pag.108) la tesi del declino delle opportunita’ di investimento: la domanda effettiva dei consumatori non coincide con i loro bisogni, le frontiere economiche non coincidono con quelle geografiche, il risparmio di lavoro e capitale che caratterizza i nuovi processi tecnici non pregiudica le opportunita’ di investimento. La razionalita’ viene sviluppata dal capitalismo, che da un lato trasforma l’unita’ monetaria in unita’ di calcolo razionale (costi, profitti, partita doppia), e dall’altro attrae uomini e mezzi verso l’economia ma anche verso la scienza e la tecnica, che nelle epoche precedenti avrebbero fatto carriera nella chiesa, nell’esercito, nelle cancellerie (pag.120).
    La stessa legislazione sociale presuppone il successo del capitalismo (pag.66); una caratteristica del capitalismo, e della vita borghese, e’ di identificare il successo col successo economico (funzione condizionante e selettiva, pagg.70-71 e 197, nota).
    La scienza razionale, l’ospedale moderno, l’arte e lo stile di vita moderni, liberta’, democrazia, tolleranza derivano dal capitalismo che, a detta di Schumpeter, “e’ stato la forza propulsiva della razionalizzazione della condotta umana” (pag.121). Il libro a buon mercato, la stampa, l’istruzione di massa presuppongono un pubblico borghese (pag.144 e 146, nota); anche il femminismo e’ un fenomeno conseguente al capitalismo, che e’ fondamentalmente antieroico e pacifista (pag.123).
    Il giudizio sul capitalismo e’ positivo nel lungo termine, negativo nel breve periodo in cui predominano invece i profitti e le inefficienze (pag.140).
    Il ruolo dell’imprenditore e’ quello di riformare o rivoluzionare un processo produttivo o distributivo, non inventa nulla ma provvede “affinche’ certe cose siano fatte” (pagg.127-128); diversamente dal signore feudale, l’imprenditore non e’ un condottiero e i suoi mezzi sono razionalistici ed antieroici (pag.133).
    Il governo cittadino, osserva Schumpeter, presenta molte analogie con l’amministraziona aziendale (pag.133); il processo capitalistico si caratterizza storicamente come processo di distruzione delle istituzioni protettive (la societa’ feudale) ed insieme come processo di distruzione delle proprie istituzioni, attraverso la eliminazione della piccola impresa e lo svuotamento dei concetti di proprieta’ e di libera contrattazione nella grande impresa: la grande industria non ha bisogno dell’imprenditore e rende con cio’ possibile il socialismo (pag.130). Si vedano anche gli argomenti dell’Autore sul socialismo in questo sito.
    La forma mentis capitalistica e’ critica: critica alle istituzioni feudali, critica anche alle proprie istituzioni (pag.139). La nascita dell’umanesimo coincide con quella del capitalismo (pag.143); gli intellettuali, la burocrazia, l’istruzione di massa, coi fenomeni conseguenti della disoccupazione settoriale e dell’occupazione insoddisfacente, producono ostilita’ crescente verso l’ordine capitalistico, che a sua volta non e’ in grado di controllarli (pag.146 e seguenti).
    Anche l’evaporazione della "sostanza della proprieta’ " e la disintegrazione della famiglia sono cause (interne) che contribuiscono alla decomposizione della mentalita’ borghese (pag.151 e seguenti).

    3. IL CAPITALISMO COME ORDINE SOCIALE ED ECONOMICO
    Il capitalismo, osserva Heilbroner (La prospettiva dell'uomo), e' un ordine economico (proprieta' privata dei mezzi di produzione concentrata nelle mani di una minoranza) ed un ordine sociale (cultura borghese, corsa alla ricchezza individuale). Gli Stati Uniti, si domanda l'Autore, sono la realizzazione pura del capitalismo o una sua variante deformata? presupporre infatti che gli Stati Uniti siano l'archetipo del capitalismo significa estenderne taluni attributi (razzismo, militarismo, ecc.) in modo endemico a tutte le nazioni capitalistiche. Le capacita' di adattamento del capitalismo e del socialismo non si possono infatti analizzare limitandosi a considerare difetti e meriti di singoli esempi dell'uno e dell'altro sistema.
    Cause di inquietudine negli Stati Uniti derivano dall'incapacita' di appagare lo spirito dell'uomo da parte di una civilta' orientata verso il miglioramento materiale, ed anche dalla consapevolezza di un declino anche rovinoso delle stesse condizioni materiali di esistenza sia nel caso in cui la crescita si arresti (crisi energetica), sia nel caso in cui non si arresti affatto (disfacimento ambientale, effetti collaterali gravi, consapevolezza dei limiti della razionalita' nel pianificare cambiamenti sociali).


    4. LA TECNOSTRUTTURA
    La tecnostruttura viene definita da Galbraith (Il nuovo stato industriale) come l'organizzazione cui danno luogo tutti i partecipanti alle decisioni di gruppo. La grande impresa condiziona i valori sociali e ne subisce a sua volta l'influenza: il processo e' duplice, il fine o obiettivo prevalente e' uno solo, la sopravvivenza dell'organizzazione.
    Nell'impresa industriale matura l'imprenditore non esiste piu' come persona singola, ma e' un organo collettivo e "imperfettamente definito" che comprende solo una piccola parte di coloro che danno il loro contributo di informazioni nelle decisioni di gruppo; l'"intelligenza direttiva" dell'impresa e' un gruppo molto piu' vasto.
    Chi occupa una posizione elevata nella struttura organizzativa formale dell'impresa esercita per contro poteri molto modesti di decisione effettiva, che sempre piu' assumono l'aspetto di una ratifica di decisioni provenienti da una collettivita' anonima e difficile da identificare.
    Essere a capo dell'impresa vuol dire allora formare e riformare quei gruppi a seconda delle necessita'. Per contro, gli sforzi di un singolo per conservare il controllo sui meccanismi decisionali possono facilmente compromettere la qualita' delle decisioni, perche' un'autorita' esterna (lo Stato, ma anche gli azionisti) e' arbitraria in quanto imperfettamente informata; si assiste percio' al processo di logoramento del potere degli azionisti, che passa attraverso la sempre maggiore concessione di deleghe.
    Le decisioni che riguardano tecnologia e pianificazione sono complesse: vengono cosi' sottratte agli individui e localizzate all'interno della tecnostruttura; in questo modo, viene esclusa ogni influenza da parte di estranei.
    Il potere passa dall'imprenditore (societa' imprenditoriali) alla tecnostruttura (societa' mature); l'individualismo dichiarato dal dirigente di una societa' e' rituale, perche' incompatibile con la tecnostruttura: spesso risultati che appartengono alle organizzazioni vengono accreditati a singoli individui, unicamente perche' gli individui nella nostra cultura hanno una importanza maggiore delle organizzazioni; un test infallibile: osserviamo cosa succede al singolo quando lascia l'organizzazione o si ritira.
    Il rapporto fra la societa' genericamente intesa ed una organizzazione deve essere conforme al rapporto di quell'organizzazione con l'individuo: e' il cosiddetto principio di conformita': gli obiettivi della societa', dell'organizzazione e dell'individuo devono essere conformi, e pure conformi devono essere i motivi che spingono a perseguire tali obiettivi; gli obiettivi della societa' tenderanno ad essere quelli della s.p.a., e quelli della s.p.a. tenderanno a coincidere con quelli dei membri della tecnostruttura.
    Il sistema motivazionale per indurre gli individui a rinunciare ai loro obiettivi particolari per perseguire quelli dell'organizzazione, deriva dall'azione congiunta di:
    - coazione;
    - compensi in denaro;
    - identificazione;
    - adattamento.
    L'organizzazione e' tanto piu' efficiente quanto piu' e' dotata di un sistema motivazionale le cui componenti si potenziano a vicenda: il compenso in denaro non e' necessariamente la motivazione principale dei componenti della tecnostruttura; entrando in un gruppo, l'individuo e' attratto e condizionato dagli obiettivi di questo, rinuncia al perseguimento di gran parte dei propri scopi in cambio di un'influenza anche limitata sul potere dell'organizzazione.
    Al di sotto di un minimo livello di reddito, la motivazione pecuniaria sara' intensa, al di sopra l'incremento nel reddito non modifichera' l'impegno: altri obiettivi divengono piu' importanti.
    La s.p.a. matura puo' essere rappresentata con una serie di cerchi concentrici: ciascuna fascia rappresenta un gruppo all'interno dell'organizzazione con un proprio sistema motivazionale, nelle fasce esterne vi sono i gruppi piu' numerosi e meno legati all'impresa dal loro sistema motivazionale; Galbraith pone all'esterno gli azionisti ordinari, la cui motivazione e' unicamente di natura pecuniaria, poi vi sono gli operai addetti alla produzione, quindi il personale impiegatizio, quindi la tecnostruttura vera e propria (tecnici, ingegneri, direttori vendite, disegnatori, altri esperti) ed infine i funzionari con poteri esecutivi e la direzione generale. Chi fa parte dei cerchi piu' interni coltiva l'illusione che il proprio sia l'unico mondo che conta: l'universo coincide con i propri orizzonti.
    Gli uomini hanno la capacita' di attribuire nobili finalita' sociali a cio' che favorisce i loro interessi personali. La convinzione che l'incremento della produzione sia un utile fine sociale e' quasi unanime, e deriva dal fatto che la tecnostruttura e' impegnata soprattutto:
    - nella produzione di beni;
    - nel controllo della domanda specifica (sia per quanto riguarda il suo volume globale, sia per quanto concerne la sua distribuzione tra i singoli beni finali);
    - nel "virtuosismo tecnologico" (innovazioni tecniche, reali o simulate).
    La regolazione della domanda aggregata dipende dalla dimensione adeguata della spesa pubblica: la politica fiscale keynesiana e' un appoggio al sistema industriale. Inoltre, la grande impresa dipende dallo Stato per il fattore istruzione.
    La meccanizzazione contribuisce alla certezza: prezzi stabili per lunghi periodi di tempo, niente scioperi.
    A) La tecnostruttura fissa i prezzi non al livello di massimizzazione dei profitti, ma a quello piu' conveniente per la sua sicurezza e l'espansione dell'impresa.
    B) Le relazioni industriali tendono ad avere sempre piu' carattere conciliatorio: tramite il sindacato, i lavoratori sono inseriti nell'ambito del controllo.
    Il potere va al fattore che e' piu' difficile ottenere o sostituire, quello che presenta la maggiore inelasticita' d'offerta al margine.
    Lo spostamento del potere all'interno dell'impresa industriale si riflette sulla distribuzione del potere nell'intera societa':
    - perdita di potere degli azionisti nella s.p.a. (l'assemblea annuale della grande s.p.a. americana e' un "elaborato esercizio di illusione popolare");
    - posizione salda dei dirigenti di successo dentro la societa';
    - diminuito fascino sociale del banchiere (il suo prestigio e' legato al capitale come fattore decisivo della produzione);
    - sempre piu' insistente richiesta nell'industria di tecnici ed amministratori;
    - rinnovato prestigio dell'istruzione e dei docenti.
    La tecnologia consiste nell'applicare ad operazioni pratiche delle cognizioni scientifiche od altre conoscenze sistematiche: alti livelli di produzione e di reddito dipendono sempre piu' da tecnologia avanzata e da vaste organizzazioni; l'economia moderna e' costituita ormai da un sistema industriale composto da poche centinaia di societa' e da migliaia di piccoli proprietari il cui peso relativo e' in diminuzione.
    La piccola impresa rimane legata alla produzione di prodotti semplici, fabbricati utilizzando materiali prontamente disponibili e macchinari elementari, con manodopera poco qualificata; la produzione di beni complessi richiede sempre piu' tecnologia.
    Tecnologia avanzata, organizzazioni efficienti, massiccio impiego di capitali: in una parola, "s.p.a.". Mutamento, tecnologia, organizzazione, specializzazione sono termini strettamente connessi e che si influenzano reciprocamente:
    - il tempo che passa tra la decisione di produrre e la vendita del prodotto si allunga sempre piu', la produzione viene organizzata in grandi complessi;
    - vi e' un aumento del capitale impegnato nella produzione, occorrono nuove macchine per svolgere determinate funzioni, maggiore tempo viene riservato all'applicazione di cognizioni specifiche per certi aspetti della produzione;
    - l'adattamento ai cambiamenti e' piu' difficile, tempo e denaro sono rigidamente connessi alla effettuazione di operazioni determinate;
    - la tecnologia richiede manodopera specializzata, la specializzazione porta alla organizzazione degli specialisti;
    - vi e' necessita' di pianificare e prevedere.
    La tecnologia implica la necessita' di un controllo sulle vendite e sulle forniture, e quindi la sostituzione del mercato con la pianificazione.
    La pianificazione consiste nel prevedere le operazioni da compiere dall'inizio della produzione al suo termine, e nel predisporre lo svolgimento di tali operazioni prevedendo ed avendo una strategia per fronteggiare qualsiasi evento fuori programma. Il nemico del mercato e' l'ingegnere, non l'ideologia.
    L'apparato della pianificazione socialista e la grande s.p.a. sono due adattamenti alle stesse necessita' della societa' contemporanea. La pianificazione efficace richiede grandi dimensioni, la scala di attivita' delle maggiori s.p.a. si avvicina a quella di un governo.
    Pianificare significa porre i meccanismi del processo produttivo al di sopra della libera espressione dell'individuo.
    Con la guerra fredda la pianificazione ha acquistato connotazioni ideologiche: si e' cosi' negato di fare qualsiasi pianificazione, contribuendo a nascondere a coloro che sono controllati il fatto stesso del controllo.
    Nella nostra cultura, l'individuo ha un posto piu' importante del gruppo; in realta' l'organizzazione e' divenuta un nuovo fattore della produzione; attraverso l'organizzazione, la societa' economica e' riuscita ad esprimere personalita' di gruppo che, per i propri fini, sono di gran lunga superiori ad un essere umano, ed in piu' godono del vantaggio della "immortalita'".
    Per pianificare e' necessaria una grande varieta' di informazioni, e la reale conquista della scienza e della tecnologia moderne e' riuscire a coordinare, grazie ad un'adeguata organizzazione, persone normali istruite a fondo in un settore particolare: il mercato e' in notevole misura una istituzione che non richiede un grande uso dell'intelligenza.
    La pianificazione non contiene meccanismi equilibratori fra domanda ed offerta, perche' dipende da decisioni deliberate del pianificatore; cio' crea problemi:
    - surplus o deficit;
    - problemi di immagazzinaggio e di eliminazione delle eccedenze;
    - contesa per l'offerta insufficiente.
    La pianificazione industriale è necessaria ma difficile; una soluzione puo' essere quella di riversare sullo Stato i rischi piu' gravi: lo Stato puo' accollarsi i costi dello sviluppo e della ricerca, ed anche garantire un mercato al prodotto.
    Per alcuni aspetti rilevanti, la grande impresa contemporanea e' un braccio dello Stato e lo Stato, in importanti settori, e' uno strumento del sistema industriale; la linea di demarcazione fra pubblico e privato e' indistinta e in buona misura immaginaria.
    La grande impresa dipende dallo Stato per alcuni elementi essenziali per la pianificazione industriale:
    - formazione di personale specializzato;
    - regolazione della domanda aggregata;
    - stabilita' dei prezzi e dei salari.
    Attraverso commesse tecniche o militari, lo Stato finanzia la maggior parte degli impieghi di capitali della grande impresa nei settori tecnologicamente piu' avanzati; l'impresa concorre al processo collegiale di formazione delle decisioni per la difesa, la politica estera, ecc.: ciascuna organizzazione costituisce una estensione dell'altra.
    La tecnologia comporta impegno di tempo e di capitale: implica percio' la necessita' di un controllo sulle vendite e sulle forniture, e quindi la sostituzione del mercato con la pianificazione.
    Il prezzo di offerta del lavoro altamente specializzato, dei materiali e delle componenti e' inelastico, ed inelastica e' anche la domanda dei prodotti tecnicamente complessi. Gli effetti della incertezza del mercato risultano percio' circoscritti ad una frazione relativamente modesta dell'attivita' di pianificazione.
    La determinazione dall'alto dei prezzi e dei quantitativi da comprare o da vendere a quei prezzi puo' avvenire:
    a) sopprimendo il mercato attraverso l'integrazione verticale (l'unita' di pianificazione rileva la fonte dell'offerta o lo sbocco del prodotto);
    b) mettendo il mercato sotto il controllo dei venditori o dei compratori: le grandi dimensioni e pochi concorrenti conducono alla regolamentazione del mercato, limitando o eliminando la liberta' d'azione di coloro che vendono o comprano dall'unita' di pianificazione;
    c) sospendendo il mercato attraverso un contratto tra le parti della compravendita: in un mondo di imprese di grandi dimensioni, puo' stabilirsi una rete di contratti, anche a lungo termine, mediante i quali ciascuna impresa elimina l'incertezza del mercato a vantaggio di altre imprese e ripartisce tra loro parte della propria.
    Il capitale diventa sempre piu' un fattore indispensabile per ogni tipo di produzione e sostituisce il lavoro, che e' invece sottoposto all'autorita' esterna del sindacato.
    La decisione di risparmiare nelle economie occidentali viene presa in gran parte dagli amministratori di poche centinaia di societa'.
    Nessun meccanismo di mercato collega le decisioni di risparmiare con quelle di investire: entrambe sono insensibili alle variazioni dei tassi di interesse. Recessione e depressione si verificano per la mancata utilizzazione dei risparmi, l'inflazione si verifica nel caso inverso; il sistema industriale deve disporre di un meccanismo per assicurare che i risparmi siano utilizzati e che il loro utilizzo sia limitato ai risparmi effettivamente disponibili.
    I bisogni per i quali il sistema funziona sono di natura psicologica; la persuasione riguardo a cio' che si acquista aumenta man mano che ci si allontana dal bisogno fisico.
    Il modello di consumo adatto per la maggioranza del pubblico sara' quello che i grandi del settore decidono debba essere il modello corrente.
    La cultura che attribuisce molto valore al mutamento tecnologico, favorisce la superiorita' di un prodotto nuovo rispetto ad uno vecchio.
    La sequenza ritenuta della dottrina economica prevalente e': dal consumatore al mercato, dal mercato al produttore. La sequenza aggiornata e': dal produttore al mercato, dal mercato al consumatore. Le due sequenze esistono congiuntamente, ma nel sistema industriale la sequenza aggiornata e' dominante, ed opera anche nel campo delle spese pubbliche (esiste un complesso doppio flusso di influenza).
    La sequenza aggiornata elimina la nozione di utilita' marginale ponderata: la dottrina economica, concentrandosi sull'individuo, distoglie l'attenzione dagli interessi dell'organizzazione. Il sistema industriale richiede un tipo di individuo che spende il proprio reddito in modo predeterminabile e che lavora in modo predeterminabile perche' ha bisogno di comprare sempre di piu': se, dopo essersi procurati quanto basta, si dovesse smettere di lavorare, il sistema non potrebbe piu' contare tra i suoi obiettivi lo sviluppo.
    Ma obiettivo primario dell'impresa e' proprio la realizzazione del massimo saggio di sviluppo, che viene misurato dal fatturato. L'obiettivo sociale diviene percio' lo sviluppo economico, ed il successo della nazione viene misurato dall'incremento annuo del prodotto nazionale lordo: l'obiettivo della tecnostruttura riceve quindi una forte giustificazione sociale ed i suoi membri possono ritenere di essere al servizio di un fine che li trascende.
    Assistiamo ad una crescita massiccia dell'apparato di persuasione e di stimolo che e' connesso alla vendita dei beni; la crescita di questo apparato compete con lo sforzo stesso di produrre i beni.
    Il singolo e' al servizio del sistema industriale perche' consuma i suoi prodotti; la produzione ed il consumo di beni sono la misura fondamentale della realizzazione sociale; i bisogni del lavoratore sono mantenuti leggermente in eccesso rispetto al suo reddito.
    Se si riconoscera' che la grande impresa e' un prolungamento dello Stato, essa sara' piu' decisamente al servizio di obiettivi sociali. La liberta' in questo contesto consiste nell'accordare al lavoratore un ampio insieme di opzioni:
    - tra lavoro e merci da una parte e tempo libero dall'altra;
    - maggiore flessibilita' nella settimana lavorativa e riconoscimento che si tratta di una unita' di tempo inadeguata per organizzare un uso efficiente del tempo libero che richiederebbe invece:
    a) alcuni mesi di ferie retribuite;
    b) prolungati periodi di assenza dal lavoro (astensione dal lavoro come alternativa al guadagno).

    Nel libro La societa' opulenta, Galbraith introduce il concetto di mentalita' convenzionale, che e' il complesso di idee che vengono rese accettabili dalla loro familiarita'. La mentalita' convenzionale da' piu' importanza alla produzione di beni di consumo (industria privata) e meno importanza ai servizi: strade, pubblica sicurezza, sanita', istruzione, difesa, ecc.
    Anche il concetto di "interesse acquisito" e' equivoco: si tratta di un ingiusto vantaggio se goduto da una minoranza a cui chi parla non appartiene, di un premio alle proprie fatiche se chi parla usufruisce di tale vantaggio, addirittura di un diritto dell'uomo se e' goduto dalla maggioranza.
    Il prestigio attribuito ad un lavoro dipende dall'importanza che la societa' attribuisce a quel lavoro: la nuova classe considera il lavoro stesso come incentivo, e non solo come fonte di reddito; il prestigio deriva dall'appartenere alla nuova classe, ed e' connesso al grado di istruzione. La nuova classe tende a farvi entrare i figli dei genitori che gia' vi appartengono, ed a relegare gli altri ai margini senza tuttavia escluderli del tutto. L'indice base del progresso sociale e' il volume degli investimenti destinati alla scuola (capitale umano).
    La produzione crea bisogni attivamente attraverso la pubblicita', e passivamente attraverso l'emulazione. Non e' possibile affermare che un piu' elevato livello di produzione assicuri il benessere meglio di quanto possa fare un livello di produzione piu' modesto: l'effetto della dipendenza e' il rapporto intercorrente fra i bisogni ed il processo di produzione destinato a soddisfarli.
    I bisogni, secondo Keynes, possono essere assoluti o relativi: i primi sono bisogni di sopravvivenza, possono essere soddisfatti e per essi il problema economico puo' essere risolto; i secondi, invece, sono insaziabili: piu' elevato e' il livello generale, piu' essi sono intensi. Ne deriva che i bisogni dell'uomo non cessano di essere urgenti; la capacita' di produzione dipende dalla capacita' di persuasione.
    La felicita' umana dipende dalla produzione efficiente e dalla inefficiente creazione dei bisogni.

    RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI :
  • John Kenneth Galbraith, IL NUOVO STATO INDUSTRIALE
  • John Kenneth Galbraith, LA SOCIETA' OPULENTA
  • Robert Heilbroner, LA PROSPETTIVA DELL'UOMO
    (An inquiry into the human prospect, 1974)
  • Albert O.Hirschman, LE PASSIONI E GLI INTERESSI
    Argomenti politici in favore del capitalismo prima del suo trionfo
    (ed. Feltrinelli, Milano 1979)
  • Joseph A. Schumpeter, CAPITALISMO, SOCIALISMO, DEMOCRAZIA
    (1954/ ed.Etas libri, Milano 1977)




  • Argomenti filosofici sulla BIOETICA


    1. CAMPI E PRINCIPI DELLA BIOETICA
    La bioetica, per Guy Durant (La bioetica), e' ricerca etica:
    a) applicata ai problemi che derivano dal progresso delle scienze biomediche (pag.28);
    b) finalizzata a trovare soluzioni ai conflitti di valori che si verificano in conseguenza degli interventi biomedici (pag.29).
    Le caratteristiche principali della bioetica possono essere cosi' sintetizzate:
    - Dimensione orizzontale; l'approccio e': secolare (l'argomentazione non avviene a partire dalla fede, pag.24), interdisciplinare (pag.25), aperto al futuro (progresso biomedico, pag.26), globale (individuo, dialogo medico-paziente, strutture sociali e giuridiche, regole e valori, pagg.26-27), sistematico (ricerca di coerenza nella soluzione dei dilemmi morali, pag.27), bidimensionale (microetica e macroetica, pag.36), esteso nelle tematiche affrontate (pagg.34-35).
    - Dimensione verticale; l'attivita' bioetica si puo' distinguere in cinque momenti: analisi dei casi, elaborazione di una procedura decisionale, formulazione di principi, riflessione teorica sui principi, analisi dei fondamenti filosofici e teologici (pagg.37-38).
    La bioetica e' un luogo politico (pag.29), l'etica piu' in generale non e' un settore a se stante ma e' parte della politica, della religione, dell'estetica (pag.87).
    Morale ed etica, per Durant, sono termini equivalenti (pag.17): il primo termine e' di origine latina e, con il prevalere del Cristianesimo nella cultura (pag.18), ha assunto una connotazione religiosa (l'espressione "bioetica cristiana" ha un suo senso, pag.106); il secondo e' di origine greca e connota una morale non religiosa. La morale (o etica) puo' riferirsi ad un individuo o ai principi base del comportamento di un gruppo o di una societa': in questo secondo senso e' piu' corretto parlare di morali (al plurale, pag.16).
    Durant analizza alcune scuole etiche, i cui caratteri possono essere cosi' schematizzati (pagg.88-89):

    scuola ONTOLOGICA

    UTILITARISMO

    scuola DEONTOLOGICA

    atti accettabili o condannabili di per se' (morale oggettiva) la moralita' dipende dalle circostanze (situazioni)

    atti morali legati alla volonta'

    atti buoni

    atti utili

    atti giusti

    Le differenze piu' significative fra etica e diritto possono essere cosi' schematicamente riassunte:

    ETICA O MORALE

    DIRITTO

    DEONTOLOGIA

    - universale
    - lungo termine
    - interiorita'
    - ideali
    - eroismo

    - comunita' particolare
    - breve termine
    - esteriorita'
    - regole
    - sforzo limitato

    - professioni
    - consenso
    e ufficialita'
    - regole
    - sforzo limitato

    Nelle societa' primitive diritto, morale e religione si identificano: l'evoluzione storica, sottolinea Durant, "e' avvenuta nel senso della differenziazione di queste sfere" (pag.99).
    Durant distingue i principi dalle regole: pochi e indeterminati i primi, molteplici, variabili e precise le seconde (pag.67); sono principi e regole della riflessione bioetica:
    Principi di base
    a) rispetto per la vita: e' l'unico principio che conta dal punto di vista vitalistico (pag.50); tutti gli altri punti di vista parlano di qualita' della vita: o in senso negativo (utilita' relativa), o in senso positivo (migliorare il benessere del malato, pag.55).
    b) principio di autodeterminazione, fondato sull'autonomia della persona (pag.42): il consenso deve essere libero e informato (pag.44) tranne che in casi ben individuati (per il bene del paziente o per il suo rifiuto di sapere, pag.45; ovvero consenso vicario se la persona e' giuridicamente incapace, pag.46). La societa' puo' limitare in alcuni casi il principio di autodeterminazione: il consenso del malato non e' sufficiente per legalizzare l'eutanasia (pag.47).
    Regole classiche
    a) il precetto non uccidere, che pero' ammette importanti eccezioni: legittima difesa, pena di morte, guerra giusta (pag.57);
    b) la responsabilita' etica di promuovere la salute: in positivo riguarda i mezzi ordinari (alimentazione, riposo sufficiente, cure non onerose, pag.57); in negativo esclude il ricorso a mezzi straordinari per proteggersi la salute (dal costo eccessivo, fisicamente umilianti o psicologicamente dolorosi o dal rischio eccessivo, pag.58). Si parla oggi di mezzi proporzionati e sproporzionati (pag.59),la valutazione non viene fatta astrattamente ma in relazione al soggetto, ai progressi della medicina, alla situazione sociale (pag.58).
    c) Integrita' fisica: e' giustificato sacrificare un organo per salvarne la persona (pag.59);
    d) un atto a duplice effetto (positivo e negativo) e' morale se (pag.61):
    - l'atto e' buono o almeno indifferente;
    - l'intenzione di chi agisce e' rivolta al solo effetto positivo;
    - l'effetto positivo discende dall'atto e non dall'effetto negativo (altrimenti il fine giustificherebbe i mezzi);
    - la ragione per compiere l'atto e' proporzionata al rischio (non esistono altri mezzi, pag.61).
    Tradizione ippocratica
    a) principio del beneficio: primum non nuocere (pag.62), il passo successivo e' il dovere di fare del bene al malato;
    b) principio di benevolenza (empatia), confidenzialita' (fiducia), segreto medico (pag.63).
    Alcuni nuovi principi
    a) utilitarista (pag.64);
    b) universalizzazione: teoria kantiana e regola aurea delle religioni (non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te, pag.65);
    c) uguaglianza (l'eta' del paziente non deve essere una condizione discriminante, pag.66);
    d) giustizia ed equita': favorire i piu' svantaggiati (Rawls) con la garanzia di accesso ai servizi (uguaglianza delle opportunita', pag.67). La teoria della giustizia di Rawls, secondo l'Autore, si propone di "trovare un equilibrio armonico fra l'uguaglianza di fondo degli esseri umani e le differenze di fatto esistenti fra di loro" (pag.90).
    La definizione di vita umana e' ambigua (vita umana biologica e vita umana personale, pag.73), come pure la sua origine (umanizzazione immediata, differita, potenziale, pagg.74-75) ed anche la sua fine (pag.76).
    Il problema di decidere quando applicare il termine persona (embrioni, feti, neonati malformati, disabili psichici, pazienti in coma) ha un profilo filosofico ("sono effettivamente delle persone?") ed un profilo giuridico: "bisogna riconoscere loro dei diritti? diritti identici a quelli degli altri?" (pag.82).
    Inoltre:
    - anche esseri umani non riconosciuti come persone possono venir rispettati;
    - in circostanze determinate, trattamenti ritenuti inutili possono essere interrotti anche ad una persona umana (pag.84).
    Il medico e' sempre responsabile moralmente dei propri atti (pag.103) e non e' un tecnico che deve soddisfare desideri; altrimenti i desideri vengono percepiti come diritti e in una logica di desiderio non ci sono limiti, "non esiste una misura oggettiva del bisogno" (pagg.92-93).
    I subordinati (infermieri, ecc.) hanno diritto di dissenso (pag.104), l'obiezione di coscienza puo' riguardare una legge ma anche richieste specifiche provenienti da altri cittadini (pag.102).
    Il dilemma fra diritto del bambino e diritto al bambino e' discusso a pag.86; non e' lecito moralmente fare tutto quello che e' possibile tecnicamente (pag.94), la preoccupazione etica e' efficace se e' presente fin dall'inizio della ricerca scientifica, la quale da faccenda privata quale era nel passato e' diventata un fatto pubblico (pag.97) e la legislazione, per essere efficace, "dovrebbe avere respiro internazionale" (pag.98).


    2. I DILEMMI MORALI
    Il progresso scientifico e tecnologico, osserva Sebastiano Maffettone (il valore della vita), aumenta il controllo sociale sui momenti di inizio e fine della vita e con cio' aumenta le responsabilita' umane (pag.268) introducendo decisioni di merito nell'ingresso e nell'uscita dalla vita, che richiedono di giustificare scelte drammatiche che in epoche passate non costituivano materia di decisione alcuna (pag.77).
    Caratteristica dei dilemmi morali e' la difficolta' di costruire argomenti decisivi e conclusivi (pag.136). Le teorie morali si possono distinguere in quattro parti:
    - etica descrittiva (di comportamenti moralmente rilevanti);
    - metaetica (significato dei termini e giustificazione);
    - etica normativa (principi deontici e aretaici; teorie deontologiche e teleologiche);
    - etica applicata o pratica (bioetica, degli affari, ambientale).
    La bioetica e' percio' una branca dell'etica applicata e si distingue in:
    micro (etica medica, casi controversi, ricerca, ecc.);
    macro (giustizia distributiva applicata alla sanita', pag.173);
    - confronta diritti morali contrapposti (feto-madre, ricerca libera-tutela del patrimonio genetico);
    - presuppone l'argomento politico (produce effetti socialmente rilevanti).
    La concezione della morte dipende dal valore della vita (pag.243).
    Il significato della vita presuppone un valore della vita, non viceversa (pag.21); il valore della vita, precisa l'Autore, dipende dalla "capacita' di creare percorsi esistenziali insieme interessanti per noi e giustificabili da un punto di vista universale" (pag.25). I casi critici sono importanti, perche' la loro eventuale soluzione dipende dalla nostra idea di valore della vita (pag.29); inoltre, i casi critici, le situazioni difficili, aiutano a riflettere (pag.54).
    L'Autore distingue l'eutanasia in volontaria o non volontaria, attiva o passiva (omissione): i problemi morali sono crescenti man mano che si passa dall'eutania volontaria passiva fino alla eutanasia non volontaria attiva (pag.277) e impongono scelte gradualistiche (pag.284). L'Autore distingue inoltre gli abortisti/antiabortisti in radicali e moderati (questi ultimi distinguono caso per caso, pag.292).
    Le nostre conclusioni pro o contro suicidio, sperimentazione su embrioni, aborto, eutanasia, ecc., dipendono dalla nostra teoria sul valore della vita (pag.59); per Dworkin, i modi di valutare la vita possono essere ispirati o dal primato della natura (pro-vita) o dal primato della cultura (pro-scelta, pagg.57-58). Secondo l'Autore, sono le concezioni della vita all'interno della cultura quelle che meritano maggiore attenzione: la natura non ci dice cosa e' o non e' naturale (pag.60).
    Al di fuori di una prospettiva storica, inoltre, il valore della vita e' difficilmente trattabile: Aristotele e il diritto romano assumevano che la vita degli schiavi e delle donne non fosse piena di valore e pertanto degna di tutela (pag.75).
    Prima della Riforma vita normale (lavoro e famiglia, produzione e riproduzione) e vita buona (contemplativa) erano distinte; il calvinismo ricompose vita normale e vita buona (sacralita' del lavoro, pag.76)
    Schweitzer definisce l'etica come rispetto per la vita, il bene "consiste nel conservare, assistere, migliorare la vita" (pag.69).
    Le forme di vita e i modi di valutarle si caratterizzano per il pluralismo; nessuno puo' indicare ad altri scopi da perseguire in quanto tanto felice da poter essere creduto (pag.13).
    L'uomo e' un animale valutativo, valuta oggetti ed eventi attribuendo valori: valori morali, economici, estetici (pag.152). Un valore e' intrinseco se deve essere perseguito in se stesso e non dipende da nessun altro (pag.83); il valore della vita e' una creazione umana, non appartiene al mondo naturale e puo' essere inteso in due modi, come autorealizzazione o come rispetto (pag.129).
    Il pluralismo culturale e' inevitabile, e' oggi implausibile una morale universalistica come voleva l'Illuminismo, giustificabile solo razionalmente; il problema e' stabilire un minimo di etica comune fra stranieri morali, constatato che non esistono argomenti morali vincenti (pag.195).
    Giustificare significa allora dare buone ragioni (pag.156):
    a) difendibili con argomenti,
    b) capaci di influenzare la volonta'.
    In bioetica contano gli argomenti e non l'autorita' da cui promanano (pag.278); talvolta il metodo migliore per decidere e' votare (pag.314).
    Diamo un valore economico alla vita allorche' decidiamo, ad esempio, di destinare risorse a certi settori della sanita' piuttosto che ad altri; valutazioni analoghe vengono prese dagli assicuratori in sede di risarcimento danni, o quando si decide di viaggiare in modo piu' o meno sicuro (pag.94).
    Secondo l'Autore, la qualita' della vita e' un elemento fondamentale rispetto al suo valore: salute, beni primari, relazione con gli altri, stato mentale dignitoso. La qualita' della vita, secondo Sen, e' una grandezza vettoriale; il valore della vita non e' misurabile con un'unica scala, ma deriva dalla "composizione di forze e significati differenti" (pag.98).
    Contrariamente alle valutazioni economiche, la concezione giudaico-cristiana intende la vita come valore assoluto, risolvendo cosi' ogni difficolta' decisionale (pag.101). Esiste poi una concezione scientifica della vita, mutante nel tempo: la teoria genetica (pag.109) distingue il genotipo (interno, determinante, ereditario) dal fenotipo (esterno, determinato, mortale). L'importanza delle valutazioni e dei valori della vita umana fa propendere l'Autore per una concezione culturale, biografica della vita, piuttosto che biologica e naturalistica (pag.240).
    Le varie posizioni sulla vita possono essere antropocentriche o biocentriche (pag.83):
    - antropocentrismo radicale (ottimismo tecnologico: scienza e tecnologia nel tempo trovano rimedi anche ai loro stessi guasti);
    - antropocentrismo moderato (diritti umani ambientali, dalla salute all'estetica);
    - biocentrismo moderato (tutelare anche altri soggetti con capacita' di sentire);
    - biocentrismo radicale (caratterizzato da atteggiamenti fondamentalisti, non e' compatibile con l'etica pubblica).
    Per porsi il problema della difesa della vita non umana occorre prima chiedersi chi e' soggetto morale e perche' (pag.90). L'espressione diritti umani ha sostituito quelle precedenti dei diritti naturali sottolineando cosi' la loro storicita' e la loro non assolutezza (pag.87).
    Il costruttivismo, secondo l'Autore, "fa dipendere una visione della realta' da una procedura di costruzione" (pag.84) e si pone come intermedio fra realismo e idealismo; la natura verrebbe intesa come una minoranza politica da tutelare (pag.87).
    Le teorie conseguenzialiste (es. l'utilitarismo) sono teleologiche: l'obbligo e il giusto dipendono da cio' che e' buono, solitamente definito come valore non morale o extramorale (pag.140).
    L'etica individuale puo' prevedere linee di condotta ottimali, l'etica pubblica richiede soluzioni intermedie di decenza morale (pag.142); inoltre, i giudizi etici dipendono dal contesto sociale (relativismo etico, pag.143), sono importanti:
    - l'accordo semantico,
    - la massima informazione fattuale,
    - la ricerca di controesempi.
    L'etica pubblica liberale considera fondamentali (pag.155):
    - l'autonomia (far valere le proprie scelte e visioni considerando quelle altrui),
    - l'integrita' (coerenza nel tempo),
    - la beneficenza utilitarista (attenzione per il benessere altrui).
    Il liberale e' un non fondamentalista perche' prende sul serio le opinioni altrui (pag.186); lo stato liberale e' neutrale (permette la convivenza di differenti visioni del mondo e concezioni morali) e, precisa Maffettone, e' "una conseguenza del pluralismo delle concezioni del bene nell'ambito di una concezione liberale della giustizia" (pag.187). L'ipotesi empirica di base e' che istituzioni giuste generino fiducia e stabilita'.
    Il comunitarista (Sandel, MacIntyre, Walzer, Taylor) sostiene che i giudizi morali sono concepibili solo da partecipanti e non da osservatori (pag.194).

    RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI :
  • Guy Durant, LA BIOETICA
    (ed. Mondadori, Milano 1996)
  • Sebastiano Maffettone, IL VALORE DELLA VITA
    (ed. Mondadori, Milano 1998)




  • Argomenti filosofici sull'AMBIENTE


    1. PROBLEMI DEMOGRAFICI
    Il problema demografico piu' importante, sottolinea Lester R.Brown (
    I limiti alla popolazione mondiale), e' la natalita' dei popoli consumatori, anche se e' relativamente piu' bassa rispetto ai paesi poveri. La domanda mondiale di alimenti dipende sia dall'aumento demografico (fonte storica) sia dall'aumento del benessere; le risorse essenziali per la societa' moderna sono gli alimenti (il cui scarto e' limitato dal minimo per sopravvivere alle dimensioni dello stomaco, 5:1) e l'energia, che ha invece scarti molto piu' ampi e che dipende piu' dallo sviluppo economico che dalla crescita demografica.
    Il tasso di crescita della popolazione mondiale e' il prodotto collettivo di decisioni prese da centinaia di milioni di singole coppie. Ma le attivita' economiche dipendono dalla capacita' della Terra, l'economia dall'ecologia; l'equivoco tecnocratico assimila il progresso materiale a quello morale.
    Il tasso di natalita' aumenta col tasso di mortalita' infantile, diminuisce col crescere della sicurezza alimentare, dell'istruzione (in particolare quella primaria e femminile), dei servizi sanitari, delle opportunita' di lavoro (in particolare per le donne); dopo la 2' G.M. i miglioramenti sanitari hanno drasticamente ridotto la mortalita' infantile. Il livello di sostituzione della fecondita' (che permette alle coppie di sostituire se stesse) e' leggermente superiore ai due figli per coppia, per compensare i bambini che non raggiungeranno l'eta' riproduttiva.
    Allo sviluppo economico (espansione dell'offerta) occorre sostituire la distribuzione, ossia l'uso efficiente delle risorse disponibili; l'uomo moderno ha avuto successo nella produzione ma ha fallito nella distribuzione.
    La rivoluzione verde e' stata un mezzo per guadagnare tempo, ma in alcune parti del mondo le zone agricole si stanno riducendo: in Giappone ed Europa per l'aumento di altre attivita' competitive (trasporti, svaghi, industria, zone residenziali), in altre aree per le gravi erosioni del suolo; anche la maggior parte dei fiumi e' gia' stata utilizzata. Il maggiore potenziale di produzione alimentare, secondo l'Autore, derivera' dai paesi meno sviluppati.
    Aumento di popolazione e benessere in un ecosistema finito produce stress ambientale: malattie (sostanze tossiche, malattie infettive), estinzione di specie animali, modificazioni climatiche, eutrofizzazione di laghi e corsi d'acqua, erosione del suolo, disboscamento, distruzione ecologica dell'economia alimentare.
    Manca un sistema globale di smaltimento dei rifiuti, gli oceani vengono utilizzati come fognatura finale. Il superbenessere in un mondo di risorse scarse ha un'influenza diretta sulle prospettive di sopravvivenza; l'influenza politica derivante dal potere economico si basava ieri sulla superiorita' tecnologica, oggi sulla disponibilita' di materie prime.
    La popolazione mondiale e' in media molto giovane ed ha bisogno di servizi sociali di base (cibo, alloggio, istruzione, servizi sanitari). Lo sviluppo fisico, osserva l'Autore, dipende dall'alimentazione, quello mentale dalle proteine (bovini, soia, pesce): i deficit alimentari impediscono lo sviluppo della piena umanita' degli individui. La diminuzione pro capite del terreno coltivabile impedisce a molti giovani di vivere nelle comunita' rurali e li rende emarginati: per questi giovani l'occupazione si puo' realizzare solo prevedendo una strategia di sviluppo agricolo ad alta intensita' di lavoro (l'inurbamento nei paesi poveri ed il fenomeno dei baraccati non dipendono solo dalla crescita della popolazione, ma anche dalla diminuzione delle possibilita' di lavoro nelle zone rurali). L'aumento della disoccupazione, osserva l'Autore, produce instabilita' sociale e politica.
    Il miglioramento delle condizioni sanitarie con risorse limitate si puo' realizzare addestrando un numeroso personale paramedico. I servizi sanitari minimi sono costituiti dalle misure elementari di medicina preventiva, vaccinazione contro le malattie infettive e rifornimento di acqua pulita.
    Politiche e programmi comparabili hanno effetti simili in situazioni diverse per cultura e religione. Non tutti gli usi alternativi delle risorse sono compatibili, con conseguenti conflitti fra governi ed interessi centrali e locali; una scelta difficile sara' stabilire in che misura l'interesse complessivo della societa' potra' prevalere sugli interessi individuali e quali sanzioni e disincentivi saranno giustificabili.
    Sono manifestazioni di sovrappopolazione l'affollamento, la mancanza di alloggi, l'aumento dell'emigrazione e del numero di aborti, lo squilibrio fra numero di scuole e bambini in eta' scolare, l'urbanizzazione dilagante. La crescita della popolazione futura e' una variabile dipendente, bisogna colmare il divario fra la speranza individuale di ridurre la pressione demografica ed il risultato collettivo del suo aumento, determinato sia dal mancato accesso ai servizi di pianificazione familiare di ampia parte della popolazione feconda, sia dal piu' ampio divario rispetto ai paesi piu' sviluppati nel settore dei bisogni sociali di base (alfabetismo, mortalita' infantile, speranza di vita, possibilita' di occupazione) che peraltro, osserva l'Autore, e' anche il piu' facile da soddisfare. Il bisogno sociale piu' urgente e' pero' la sicurezza di un'alimentazione adeguata, che si puo' ottenere solo accelerando lo sviluppo rurale dei paesi poveri e favorendovi la moltiplicazione di piccoli poderi (con conseguente creazione anche di posti di lavoro).
    Occorre incoraggiare una minore natalita' offrendo maggiore sicurezza economica nella vecchiaia, favorire possibilita' di impiego per le donne e migliorare la divisione del lavoro domestico, trasformando il compito degli uomini nella societa'. Sono altresi' necessari nuovi istituti sovranazionali che risolvano i problemi globali emergenti.
    L'instabilita' aumenta col crescere del divario di consumo fra popolazioni le cui distanze geografiche si riducono; bisogna capire la natura della crescita esponenziale, i mezzi di comunicazione devono svolgere un ruolo di drammatizzazione del pericolo demografico e fornire insegnamenti pratici per ridurre le nascite: le radio, secondo l'Autore, possono essere uno strumento importante di riforma sociale nei paesi poveri, il potenziale educativo della televisione per un villaggio puo' essere enorme con i programmi opportuni.
    Occorre una nuova etica sociale universale: le soluzioni ai problemi piu' importanti sono complesse ed internazionali, l'approccio deve essere globale e non di singole organizzazioni governative.
    Oggi, evidenzia Antonino Zichichi, ci troviamo in un paradosso storico: l'uomo ha aggiunto 53 emergenze planetarie ai pericoli naturali contro cui non ha fatto nulla (terremoti, vulcani, meteoriti, pag.127): le 53 emergenze planetarie sono descritte dall'Autore nel libro Scienza ed emergenze planetarie e riguardano l'acqua, il suolo, l'aria, il clima, l'energia, la salute, la proliferazione delle armi, i limiti dello sviluppo, ecc.

    Richard Dawkins affronta l'argomento demografico nel libro Il gene egoista; l'aumento nella produzione di cibo, sostiene Dawkins, non e' una soluzione valida per il lungo termine: "e' una semplice verita' logica che, senza un'emigrazione in massa nello spazio, (...) un ritmo delle nascite incontrollato portera' inevitabilmente a un ritmo di morti orribilmente alto" (pag.117). L'unica alternativa seria e' percio' la contraccezione.
    Nessun animale ha un numero di figli infinito: "i due aspetti fondamentali della vita sociale in molte specie animali sono la territorialita' e le gerarchie di dominanza (...). In molti casi le femmine rifiutano di accoppiarsi con maschi che non possiedono un territorio" (pag.119). Il controllo delle nascite viene praticato inconsciamente dagli animali, non per evitare uno sfruttamento eccessivo di risorse, bensì al contrario proprio per massimizzare il numero di figli che possono sopravvivere (pag.123).

    2. LA CRESCITA ESPONENZIALE
    Il volume Verso un equilibrio globale affronta aspetti tecnici e metodologici del libro I limiti dello sviluppo; il "linguaggio dynamo" (dynamic models) permette di calcolare con equazioni le relazioni di tipo causale fra elementi, attraverso l'elaborazione di diagrammi di flusso che comprendono livelli o variabili di stato principali, variabili secondarie, variabili esogene, indici di variazione (velocita' di scambio ed elementi di ritardo), flussi e legami d'influenza, anelli di retroazione.
    Le conclusioni generali cui perviene lo studio vengono cosi' sintetizzate:
    - il fattore dominante dei mutamenti sociali ed economici nella maggior parte delle societa' contemporanee e' lo sviluppo esponenziale della popolazione e dei beni materiali;
    - il mantenimento degli attuali indici di sviluppo (della popolazione e dei beni materiali) non puo' essere mantenuto costante per un altro secolo (o anche meno) senza incontrare importanti limiti fisici;
    - lo sviluppo puo' arrestarsi:
    a) per una deliberata transizione ad uno stato di equilibrio;
    b) per aver superato i limiti che ne rendono inevitabile il declino;
    - alleviare le pressioni causate dallo sviluppo con soluzioni tecnologiche significa soltanto posporre la crisi, occorre invece agire sui fattori sociali, economici e politici che favoriscono lo sviluppo;
    - su scala globale sono ipotizzabili stati alternativi in cui popolazione e beni materiali si mantengono costanti ed in equilibrio, ed in cui le esigenze fondamentali dell'uomo siano soddisfatte;
    - l'immediatezza dell'intervento e' essenziale, vi sono gia' ritardi impliciti molto lunghi in ogni forma di passaggio ad uno stato di equilibrio globale, i ritardi nell'intervento diminuiscono le probabilita' di riuscire a raggiungerlo.

    3. LA CONGESTIONE SOCIALE
    Fred Hirsch (I limiti sociali allo sviluppo, cit.) evidenzia come molti beni siano sociali: la soddisfazione che se ne puo' ricavare dipende anche dal consumo altrui (pag.11).
    Maggiore e' la ricchezza ottenibile da tutti (economia materiale o ricchezza democratica) maggiore e' la lotta per la ricchezza ottenibile soltanto da alcuni (economia posizionale o ricchezza oligarchica, pag.35): si tratta di beni scarsi nella loro produzione o soggetti a congestione nel loro uso (pag.37). Il prezzo dei beni posizionali e' soggetto ad aumenti sia sul lato offerta che su quello domanda (pag.38); la domanda in eccesso di beni posizionali provoca affollamento, che puo' essere risolto o mediante selezione (ostacoli) oppure a mezzo asta (es. tassazione); se rimane irrisolta, tale domanda produce congestione (pag.40) e quindi riduzione di attrattiva per il bene stesso (pag.48): il processo di scavalcamento che ne consegue crea spreco sociale (pag.49). Secondo Hirsch l'inflazione di titoli scolastici allunga il processo di selezione, produce spreco sociale sia perche' richiede maggiori risorse sia perche' produce frustrazione (pagg.59-60; deficit di prestazione, pag.61). La concorrenza materiale e' un gioco a somma positiva, quella posizionale e' un gioco a somma zero (pag.60): "si allunga la gara per un premio che resta invariato" (pag.75). Allungare il percorso per risolvere la maggiore concorrenza sui beni posizionali e' un gioco a somma negativa (pag.177).
    E' il reddito relativo che determina la possibilita' di consumare beni posizionali (pag.110). Poste piu' piccole, secondo Hirsch, riducono gli ostacoli (che sono sprechi sociali) e la concorrenza posizionale (pag.188); soddisfazione nel lavoro ed alta remunerazione spesso si accompagnano, occorrerebbe collocare parte dei beni posizionali fuori dal mercato (pagg.190-191), "far retrocedere i limiti di quanto si puo' ottenere individualmente" (piani regolatori, ecc., pag.196).
    Vi sono limiti non solo nella produzione ma anche nell'assorbimento (deterioramento della qualita' per congestione sociale): i limiti allo sviluppo non sono solo materiali (come evidenzia, ad esempio, il Club di Roma) ma anche sociali (pag.12). Esiste un problema di addizione: nessuno vede meglio se tutti stanno in punta di piedi (pag.13); la crescita, l'opulenza genera congestione e quindi frustrazione (paradosso dell'opulenza, pag.16) e le soluzioni non possono essere individuali (interesse personale) ma solo collettive (principi sociali, pagg.19-22).
    I limiti fisici (limiti di produzione) possono essere superati grazie al progresso tecnologico, quelli sociali no (limiti di consumo, pag.30).
    La scarsita' sociale puo' essere diretta ("la soddisfazione deriva dalla scarsita' stessa", pag.31) o incidentale, che Hirsch distingue ulteriormente in congestione sociale (occasioni, leadership, mode) e congestione fisica (traffico). In un contesto di distribuzione disuguale, la scarsita' causa aumento di prezzi, in un contesto di distribuzione uguale e' causa di razionamento (pag.34).
    La concorrenza per i beni posizionali in una societa' povera e' minore (pag.74); in una societa' ricca deteriora l'ambiente sociale, ma non significa di per se' che vi sia cattiva allocazione, se ci sono modi alternativi per soddisfare la domanda; la deviazione dei segnali e' tale in questo caso da rendere fuorviante la domanda individuale: se ciascuno potesse vedere i risultati delle scelte collettive agirebbe infatti in modo diverso (pag.62). La felicita', osserva Hirsch, non aumenta con l'incrementarsi dei redditi, mentre aumentano i bisogni (pag.120).
    L'attivita' economica nazionale viene misurata "senza badare ai suoi scopi" (pag.66): il consumo difensivo e' una risposta alla riduzione del benessere, e' motivato dalla necessita' di proteggere la propria posizione (pagg.71-72). Oltre alla pressione sullo spazio geografico e su quello sociale, vi e' anche pressione sul tempo (pag.83): il tempo tende individualmente a diventare piu' scarso rispetto a quantita' maggiori di beni materiali a disposizione, che offrono modi alternativi di impiegarlo; i beni di consumo ad elevata intensita' di tempo tendono percio' ad essere sostituiti con altri beni e servizi che risparmiano tempo (pag.81), aumentano i consumi intermedi che permettono altri consumi (es. i servizi domestici). La concorrenza posizionale ha un costo anche in termini di tempo (pag.84), i rapporti familiari e di amicizia richiedono tempo e tendono ad essere economizzati (pag.86).
    La produttivita' personale nei servizi, osserva Hirsch, non e' misurabile oggettivamente (selezione del capitale umano, pagg.53-54).
    Il calcolo individualistico e l'aumento della mobilita' erodono la socievolezza e la rendono un bene piu' pubblico che privato (pag.88 e 91).
    La fiducia si riduce col maggiore uso di contratti formali, norme convenzionali vengono cosi' "privatizzate" (pag.96); il mercato e' inefficiente nell'erogazione collettiva di norme sociali e riesce a soddisfare solo domande commercializzabili (deviazione della merce: "i bar sono fatti per la birra e non per la conversazione", pag.98) mediante l'estensione di barriere e mezzi di esclusione: diritti di proprieta', leggi restrittive, cancelli; e cio' avviene paradossalmente in nome di maggiore liberta' (pag.100).
    Riducendosi i vincoli tradizionali e religiosi che erano a fondamento dell'individualismo delle origini ("virtu' borghese", pag.143), il dovere di sostenere una societa' giusta diventa il fondamento dell'obbligo politico (pag.139). La coesione sociale e' necessaria per l'efficienza del mercato, e cio' che conta per la coesione sociale e' il comportamento altruistico (come se), non le motivazioni o i valori sottostanti (religiosi, ecc., pag.145 e 147); l'alternativa e' la coazione (pag.149). Altruismo e scambio per Hirsch "si sorreggono a vicenda" (pag.153); il comportamento solo individualistico ostacola la soddisfazione delle preferenze individuali (pag.157; dilemma fra bisogni individuali e bisogni sociali, pag.185): il comportamento razionale individuale puo' produrre irrazionalita' sociale (pag.101 e 117; motivazione individuale e risultato sociale, pag.128; indeterminatezza dei costi per l'individuo, pag.156).
    I limiti sociali allo sviluppo sono determinati dalla scarsita' e dall'esigenza di moralita' sociale piuttosto che individuale (pag.125 e 132).
    L'ugualitarismo dinamico rende i beni di lusso di una generazione (disuguaglianza statica) disponibili o addirittura bisogni per le generazioni successive (pag.171). L'uguaglianza economica, a differenza di quella politica, legale, sociale, e' ambigua (chi, cosa, quando, pag.179).
    Il processo di crescita delude le sue promesse, in quanto porta alla scarsita' sociale (paradosso dell'opulenza, pag.180); inoltre nel settore posizionale non livella verso l'alto (pag.181).

    4. PROBLEMI E INCOERENZE
    Lester C.Thurow (La societa' a somma zero) rileva che ci sono desideri, come il desiderio di maggiore sicurezza economica, che divengono raggiungibili solo in una società industriale: nelle società agricole, le crisi economiche (carestie) erano determinate da forze impersonali ed incontrollabili, mentre "le crisi economiche nelle società industriali sono causate da azioni umane identificabili che possono essere controllate" (pag.41). Un tipico desiderio che consegue al miglioramento delle condizioni di vita reali è costituito dalla domanda di conservazione ambientale: secondo Thurow, infatti, l'ambiente e' un valore economico, "si tratta di un caso in cui un determinato settore della popolazione corrispondente a certi livelli di reddito desidera alcuni beni e servizi economici (un ambiente pulito) che non possono essere ottenuti senza un'azione collettiva" (pag.153).
    Un caso di incoerenza lo troviamo esaminando il problema dell'esaurimento delle risorse naturali non rinnovabili: Thurow rileva come i mercati economici non siano in grado di effettuare aggiustamenti quando si verificano cambiamenti forti ed improvvisi che creano scarsità (pag.164); ci troviamo perciò nella situazione irrazionale in cui il mercato vende materie prime a buon mercato rispetto alle domande ed offerte (pag.162). Queste considerazioni sono state approfondite dagli studi del Club di Roma e del MIT.
    Ernst F. Schumacher (Piccolo e' bello) osserva come vi siano problemi risolvibili meccanicamente, che chiama problemi convergenti; i problemi della vita sono invece divergenti, consistono nel conciliare o superare degli opposti (liberta'-pianificazione, disciplina-partecipazione, dirigenza-democrazia, calcolo economico-metaeconomia, ecc.). La sopravvivenza dell'uomo e' legata alla natura (autolimitante) ed a scienza e tecnologia, che sono invece espansive: occorre orientare la ricerca e trovare una tecnologia dal volto umano per rendere convergenti problemi che ora sono divergenti, e causano crisi (psiche umana, inquinamento, fine risorse). Le tecnologie intermedie sono a buon mercato, applicabili su piccola scala, creative; le tecnologie intermedie sostituiscono alla produzione di massa (quantitativa, caratterizzata da maggiore input energetico e minore lavoro umano) la produzione da parte delle masse (qualitativa, caratterizzata da minore input energetico e maggiore lavoro umano). La penuria di imprenditori, osserva l'Autore, dipende anche da tecnologie sofisticate; lo sviluppo dipende dall'educazione.
    L'energia atomica secondo Schumacher presenta molti problemi per il suo utilizzo: inquinamento da scorie radioattive, impossibilita' di smantellare le centrali, incidenti nel trasporto dei materiali, rischi genetici connessi all'aumento della radioattivita' nel mondo, proliferazione di armi nucleari.

    RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI :

  • Lester R.Brown, Nell'interesse dell'umanita': I LIMITI ALLA POPOLAZIONE MONDIALE
    Una strategia per contenere la crescita demografica (In the human interest, 1974)
  • Richard Dawkins, IL GENE EGOISTA
    (ed. Mondadori, Milano 1995)
  • Jay W.Forrester, Dennis L.Meadows e altri, VERSO UN EQUILIBRIO GLOBALE
    (Toward Global Equilibrium, collected papers)
  • Fred Hirsch, I LIMITI SOCIALI ALLO SVILUPPO
    (1976/Ed. Bompiani, Milano 1981)
  • Ernst F. Schumacher, PICCOLO E' BELLO
    (ed. Mondadori, Milano 1978)
  • Antonino Zichichi, SCIENZA ED EMERGENZE PLANETARIE
    (Rizzoli, Milano 1997)




  • Argomenti filosofici sulla GLOBALIZZAZIONE


    1. LA GLOBALIZZAZIONE FINANZIARIA
    Secondo Ethan B.Kapstein (Governare l'economia mondiale, cit.), il sistema internazionale e' caratterizzato da globalizzazione, innovazione, speculazione, deregolamentazione, e suggerisce l'immagine del casino', dove la fortuna incide sui risultati tanto quanto le capacita' professionali (pagg.37-40 e pag.217).
    La globalizzazione dell'economia mondiale deriva dalla combinazione di progresso tecnologico, multinazionali, interdipendenza crescenti (pag.18) e viene definita dall'Autore come la "incapacita' dei governi di controllare il destino economico del proprio paese" (pag.11); il mondo appare privo di frontiere, gli stati sembrano incapaci di controllare i flussi transnazionali di beni, servizi e persone (pag.13), la nascita delle multinazionali dopo la 2'GM ha complicato ancora di piu' il quadro, facendo perdere identita' nazionale alle imprese (pag.18).
    Il settore piu' globalizzato sembra essere quello finanziario, perche' fortemente condizionato dalla rivoluzione tecnologica che ha investito informazione e telecomunicazioni (pagg.16-17): di fronte alla globalizzazione finanziaria, che riduce le informazioni sulla sicurezza dei depositi bancari e aumenta il rischio di fallimenti bancari a catena (pag.35), gli stati hanno reagito sviluppando forme di cooperazione internazionale basate sul controllo nel paese di origine (pag.14), dove il ruolo degli stati (rispetto ad altre entita' sovranazionali o multilaterali) ne esce rafforzato (pag.23). I governi e le loro funzioni sono pero' sottoposti a costrizioni (interne ed esterne), mutevoli nel tempo (pag.26).
    Kapstein evidenzia come la criminalita' occupi un ruolo rilevante nella finanza internazionale (pagg.60-62, 140, 203, 76 e seguenti), cui fin dal 1974 i governatori delle principali banche centrali risposero costituendo il 'Comitato di Basilea' (pagg.66-67, 137, 188, 212, 149 e seguenti).
    Dove intervengono gli stati, osserva Kapstein, questi riescono sempre a prevalere sulle forze transnazionali: gli stati-nazione possono pertanto prevalere sulla globalizzazione (pagg.194 e 215; "rischio ponderato" come principio di adeguatezza patrimoniale, pag.141 e seguenti); i motivi di divisione riguardano la responsabilita' della vigilanza: controllo del paese di origine o controllo del paese ospitante (pag.206).
    Il multilateralismo, almeno nel campo del controllo sulla finanza internazionale, sembra non essere un modello efficace di governo mondiale, a meno che non vi sia un paese-guida che faccia rispettare gli accordi (pagg.211 e 216; tale ruolo finora e' stato ricoperto dagli Stati Uniti, pag.225). I rapporti di potere e di sovranita' fra stati nazionali ed organizzazioni transnazionali non costituiscono un gioco a somma zero (pag.26); per evitare crisi finanziarie analoghe a quella degli anni Trenta (pagg.36-37), gli stati hanno costruito una struttura a due livelli, dove in alto sta la cooperazione internazionale e in basso il controllo nel paese di origine (pag.218): con questo modello si cerca di regolamentare anche settori diversi da quello finanziario, come quello delle telecomunicazioni e l'inquinamento delle coste causato dalle petroliere (pagg.219-220).
    L'inquinamento e le crisi finanziarie costituiscono vere e proprie esternalita' transnazionali, effetti indesiderati che derivano da guasti del sistema; una vigilanza sovranazionale garantirebbe forse risultati piu' efficaci, ma "la cooperazione internazionale basata sul controllo nel paese di origine permette agli stati di godere dei vantaggi dell'interdipendenza conservando, al tempo stesso, la responsabilita' nazionale per il settore in questione" (pag.221; vedere anche le considerazioni dell'Autore a pag.31). Il punto debole del modello in questione, che armonizza "dal basso verso l'alto" e non viceversa (pag.31), riguarda l'applicazione interna dei criteri internazionali, con conseguenti polemiche e controversie ogni volta che si verificano incidenti (pag.220); le fonti di tensione, osserva in particolare Kapstein, sono tre (pag.222):
    - le differenze normative fra gli stati;
    - le discussioni fra stati su come dividersi le responsabilita' di vigilanza e di regolamentazione;
    - le tensioni fra organizzazioni internazionali (es. Comitato di Basilea) e regionali (es. Unione Europea, Nafta, Apec, pag.165 e seguenti) su chi stabilisce le regole.
    Il controllo nel paese di origine comporta, per il sistema finanziario, la clausola di prestatore di ultima istanza (pag.69), non sempre riconosciuta (Banco Ambrosiano, pag.76 e seguenti).
    Problemi da risolvere, secondo Kapstein, sono (pag.224):
    - il potenziamento delle capacita' di vigilanza degli stati di origine piu' deboli (pag.33);
    - la lotta al protezionismo (che aumenta la competitivita' fra gli stati-nazione, pag.20);
    - l'utilizzo dei mercati per regolamentare le aziende internazionali.
    I mercati, precisa Kapstein, possono fornire servizi normativi: l'accordo di Basilea individua nelle agenzie di rating e nelle banche di investimento fonti importanti di informazione, che rendono non necessari grandi apparati burocratici internazionali (pag.225).
    Al rischio valutario derivante dal crollo del regime dei cambi fissi di Bretton Woods (pag.57) si sommarono le crisi petrolifere degli anni Settanta (pagg.81, 85 e seg., 100 e seg.) che "portarono ai piu' grandi trasferimenti di reddito a breve termine della storia" (pag.50), rendendo necessari interventi finanziari immediati a favore dei paesi piu' poveri che furono allora realizzati dalle banche internazionali, opportunamente incentivate dai governi occidentali con "lettere di patronage" e modifiche normative (pagg.84, 94, 103, 107 e seguenti).
    In taluni casi, crisi del debito verificatesi per shock esterni, eccesso di prestiti o fallimento delle politiche di adeguamento, resero necessaria la definizione di nuovi termini di rimborso (pag.111 e seguenti); la strategia consisteva allora nel gestire le crisi a breve termine per stabilizzarle a lungo termine con responsabilita' crescenti affidate ad istituzioni internazionali (FMI, pag.117 e seguenti).
    Il controllo dell'allocazione del credito e' uno strumento importante delle politiche economiche degli stati-nazione (pag.32), ma altrettanto importante e' la prevenzione delle crisi finanziarie (piu' ancora della loro gestione, pag.41): qui esigenze di sicurezza e solidita' (regolamentazione) si scontrano con quelle di competitivita' (liberalizzazione, pag.42; protezionismo, pag.47).

    2. IL MERCATO DEL LAVORO
    Le tre rivoluzioni industriali (carbone, petrolio, informatica) sono descritte da Jeremy Rifkin a pag.110 del libro La fine del lavoro. Nel lungo periodo i tassi di disoccupazione sono crescenti (pag.35): agricoltura, industria e servizi eliminano posti di lavoro in quantita' di gran lunga superiore rispetto ai posti creati dal settore emergente della conoscenza (pagg.17, 71, 272), che peraltro richiede competenze specialistiche che impediscono qualsiasi programma di riaddestramento dei disoccupati (pag.75); gia' nel 1963 J.Roberto Oppenheimer costitui' una "commissione sulla triplice rivoluzione": cibernetica, armamenti, diritti umani (pagg.142-143).
    Il disagio sociale creato dalla disoccupazione diffusa favorisce partiti politici estremisti (pagg.38 e 323), vi e' correlazione fra disoccupazione e criminalita' (pag.336 e seguenti): Rifkin evidenzia come l'attuale momento storico si caratterizzi per conflitti a bassa intensita' dove la distinzione tradizionale fra guerra ed attivita' criminale va sempre piu' scomparendo (pagg.347-348). I microconflitti e l'estremismo politico e religioso aumentano con la disoccupazione tecnologica, col minore potere d'acquisto (specie della classe media) e con le minori disponibilita' finanziarie degli stati; criminalita' e disoccupazione sono strettamente correlate (pagg.454-455).
    La perdita dell'occupazione formale di massa costituira' forse il maggior problema sociale del XXI secolo (pag.16, pag.289 e seguenti); il valore di mercato del lavoro e' stato finora la misura del valore degli individui: con processi di crescente automazione occorrera' trovare altri modi "per definire il valore degli individui e le relazioni sociali" (pag.19).
    La fine del lavoro e' caratterizzata da processi di automazione laborsaving, di re-engineering (particolarmente accaniti verso il middle management, pag.29, pag.279 e seguenti, pag.454), di outplacement (pag.25), di downsizing (riduzione della dimensione delle imprese, pag.158).
    Secondo Marx, l'aumento dei disoccupati contrae il potere d'acquisto e quindi la domanda dei beni prodotti (pag.44), contrariamente alla tesi dell'effetto a cascata sostenuta, ad esempio, da J.B.Say secondo cui l'offerta crea la propria domanda (pag.42).
    Il XX secolo segna la metamorfosi del consumo, da vizio a virtu' (pag.47 e seguenti); il credito al consumo fu fondamentale per im porre una cultura edonistica negli Stati Uniti, il cui new deal si caratterizzo' come un insieme di programmi di opere ad alta intensita' di manodopera (pag.65 e seguenti); ma fu l'economia di guerra a dominare con un "complesso militare-industriale (...) che, se avesse costituito una nazione a se' stante, si sarebbe collocato al tredicesimo posto nella graduatoria dei paesi industrializzati" (pag.68). La guerra fredda, il Vietnam contribuirono all'espansione dell'economia nonostante nuove tecnologie (pag.69).
    Gli scioperi intensi del dopoguerra americano avevano per oggetto aumenti salariali, ma ai sindacati sfuggi' il pericolo per l'occupazione della crescente automazione (pagg.120-121, 147 e seguenti), di cui le prime vittime furono gli afroamericani (pag.128 e seguenti). La riduzione della spesa pubblica per contenere il crescente debito pubblico porta a re-engineerizzare il pubblico con l'obiettivo di accrescere la produttivita' riducendo posti di lavoro (pag.79).
    La "visione utopistico-tecnologica" e' analizzata da Rifkin a pag.84 e seguenti (dalla frontiera del West alla frontiera tecnologica, pag.99); il lato oscuro della visione tecno-utopistica emerge con l'utilizzo delle bombe atomiche in Giappone, la corsa allo spazio durante la guerra fredda ridara' nuovo valore all'utopia tecnologica, che poi verra' frenata ancora dai disastri del Challenger, di Chernobyl, dall'incidente al reattore di Three Mile Island, dall'inquinamento crescente (pagg.103-104).
    Il termine efficienza emerge nel XIX secolo in termodinamica; la sua applicazione nel processo economico risale a F.W.Taylor (1895) per significare "il massimo rendimento ottenibile nell'unita' di tempo con il minimo dispendio di energia, lavoro e capitale" (pag.95). I ritmi dell'automazione pero' sono diversi da quelli della natura, e provocano "sovraccarico" (stress, pag.303 e seguenti).
    I giapponesi realizzarono nel dopoguerra un modello di produzione post-fordista: l'impresa (inizialmente la Toyota) non assomigliava piu' ad una burocrazia militare (con una struttura gerarchica piramidale discendente), ma consisteva in una lean production, una produzione leggera caratterizzata da un approccio cooperativo di gruppo (pag.164 e seguenti, pag.299 e seguenti), just-in-time piuttosto che just-in-case come quello americano (pag.170). Le tecnologie informatiche aiutano ancor di piu' organizzazioni del lavoro a rete o a matrice piuttosto che piramidali (pag.173).
    I maggiori cambiamenti tecnologici stanno investendo l'agricoltura (pag.183 e seguenti), con un passaggio epocale dalle pirotecnologie (utilizzo del fuoco per creare nuovi materiali) alle biotecnologie (biologia molecolare, protetta giuridicamente dai brevetti, che considera le specie come contenitori di programmi genetici; si veda l'analisi dell'Autore sulla vaniglia a pag.206).
    Cambiamenti tecnologici investono l'industria automobilistica, che e' la maggiore attivita' industriale del mondo (pag.215), come pure il settore siderurgico (pag.219) e quello tessile (pag.231). Anche i servizi hanno subito profonde trasformazioni, dal centralino elettronico alla divisione elettronica della posta, dagli uffici automatici (bancomat, pos, ecc.) agli uffici virtuali del tele-lavoro (pagg.234-235, 238, 241 e seguenti); scanner e codici a barre elettronici hanno consentito la diminuzione dei cassieri, terzo gruppo di impiegati negli Stati Uniti dopo le segretarie (rese inutili dai computer, pag.245) e i contabili (pag.252).
    L'automazione elettronica si sta espandendo anche alla ristorazione (pagg.254-255), fino alla spesa elettronica (pag.256 e seguenti; spiazzamento tecnologico, pag.453).
    L'automazione ha consentito un maggiore controllo sui processi produttivi, ed una maggiore produttivita'; nella produzione pianificata il lavoratore agiva in una fase specifica del processo produttivo, nella produzione programmata funge soltanto da osservatore (pag.297). L'introduzione dei computer, osserva inoltre l'Autore, sembra aver aumentato piuttosto che ridotto il tempo di lavoro (pagg.355-356).
    I processi di automazione stanno investendo anche il Terzo mondo (pag.330 e seguenti), il lavoro contingente (temporaneo, parziale e outsourcing) e' il nuovo esercito di riserva (pag.309 e seguenti); essere disoccupati significa "sentirsi improduttivi e privi di valore" con conseguenze spesso disastrose per la salute (pag.317 e seguenti).
    Il controllo del capitale finanziario e dei mezzi di produzione non garantisce piu' oggi il controllo dell'attivita' economica, che e' nelle mani dei knowledge workers (pag.285 e seguenti). Il maggior capitale d'investimento americano sono i fondi pensione (pag.364).
    Informazione e comunicazione non conoscono confini, ne' frontiere (pag.377), l'Autore evidenzia come il ruolo geopolitico e quello di "datore di lavoro di ultima istanza" (pag.378) dello stato nazionale si stiano affievolendo. La soluzione ai problemi della mancanza di lavoro sta nel terzo settore, nelle attivita' di volontariato (economia sociale, pag.381 e seguenti).
    La partecipazione al terzo settore, secondo Rifkin, e' l'alternativa alla cultura criminale (pag.394); comunita' di interesse ridurranno la necessita' di intervento dello Stato in materia di assistenza sociale.
    Il futuro, secondo l'Autore (pag.195), sara' caratterizzato da:
    - riduzione del settore pubblico;
    - globalizzazione di quello privato;
    - comunita' locali forti ed autosostenentesi.
    Concetti basilari sono quelli di network cooperativo (pag.396), settore indipendente o terzo settore (pag.433), volontariato (pagg.403, 431, 416 e seguenti), "salario ombra" (deducibilita' fiscale, pagg.405 e seguenti, 423 e seguenti), salario sociale, reddito minimo garantito, riduzione dell'orario di lavoro (pagg.421-422).
    Le NGO sono soggetti importanti per creare occupazione, ma anche per le rivoluzioni democratiche e per la cooperazione internazionale (pagg.434, 439, 446 e seguenti).

    Economia di mercato
    Economia sociale
    produttivita'
    relazioni umane
    disoccupazione tecnologica (lavoro umano inutilizzato)
    centralita' del lavoro umano
    settore privato
    terzo settore
    imprese economiche
    ONG
    conflitti
    cooperazione


    3. ACCESSO E RETI
    La new economy , osserva Rifkin nel libro L'era dell'accesso, e' costituita da infine reti, esserne utente, collegato, e' l'elemento che determina oggi lo status sociale di ciascun individuo (pag.151). Sia i rapporti di accesso che quelli di proprieta' determinano inclusione ed esclusione, ma nella societa' fondata sull'accesso non e' piu' chi controlla i mezzi di produzione e il capitale fisico a stabilire chi gioca e chi resta fuori, bensi' lo stabilisce chi controlla gli ingressi e possiede i canali di accesso (pag.238).
    I termini accesso e rete stanno acquisendo un'importanza maggiore di proprieta' e mercato; il concetto di accesso e' carico di significati politici (inclusione/esclusione, pag.21), riguarda sia il livello che il tipo di partecipazione (pag.353): chi puo' accedere e a che tipo di mondi e di esperienze. L'Africa e' il continente meno connesso, la distinzione e' oggi fra gli informaticamente ricchi e gli informaticamente poveri (pag.306).
    Possiamo cosi' sintetizzare i punti di differenza fra era industriale ed era dell'accesso:

    OLD ECONOMY

    NEW ECONOMY

    economia di mercati ed economie di scala, controllo dei mezzi di produzione, capitale materiale come attivo dello stato patrimoniale, industriosita', contenuto fisico (materiale, solido) economia di reti (modello reticolare), connessione, controllo degli accessi, capitale materiale come costo del conto economico e capitale immateriale come attivo dello stato patrimoniale, economia di velocita' (velocita' dell'innovazione tecnologica), produzione personalizzata, creativita'
    mercato radicato geograficamente in luoghi di produzione (reale), indirizzo geografico, grande=bello, potenza fisica (i risultati dell'attivita' umana vengono misurati in altezza, peso, densita') integrazione in reti temporali di marketing (iper-reale), indirizzo virtuale, ciberspazio, miniaturizzazione, capacita' mentali, informazione (simboli, reti, anelli di feedback, connettivita' e interattivita')
    proprieta' a lungo termine, materiale (esclusiva, quantificabile, intera); scambio di merci, confini certi, cosa possedere? essere uso temporaneo (affitto, noleggio, associazione), multiproprieta' (per quote o unita' di tempo, p.173), proprieta' intellettuale, confini incerti, accesso a breve termine a segmenti di esperienza (tempo), cosa provare? divenire
    modello fordista (produzione seriale), quota di mercato, industriosita' (lavoro fisso in agricoltura, industria, servizi), mercificazione del lavoro, controllo del lavoratore (divisione del lavoro, catena di montaggio), organizzazioni fisse con regole e procedure, analisi della burocrazia di Max Weber, etica del lavoro wetware ("componente umana in un sistema informatico", p.12), outsourcing (p.63), precarieta', organizzazioni effimere e fluttuanti, analisi del comportamento umano come metafora teatrale di Erving Goffman (p.222), organizzazione del consumo, produzione culturale (immateriale), quota di cliente (lifetime value, durata della vita di consumatore, p.133), creativita' (giocosita'), mercificazione del divertimento, etica del gioco
    vendita di beni, rapporto venditori/compratori, transazioni di mercato discrete e limitate nel tempo e nello spazio, scambio come fenomeno periodico, competizione accordi/consorzi/alleanze strategiche, comunita' di consumatori, rapporto fornitori/utenti (servers e clients, p.78), relazioni/merce illimitate nel tempo (p.132), controllo del consumatore (codici a barre, feedback informatico, p.139), esperienze a pagamento, cooperazione
    produzione di beni, beni come prodotti (contenitore materiale), mercificazione dello spazio e della materia produzione di ricordi, beni come servizi in evoluzione (pag.117), mercificazione del tempo e della durata della vita
    capitalismo industriale, somministrazione di servizi primari, mercificazione di beni e servizi (mercificazione dello spazio) capitalismo culturale, economia dell'esperienza, mercificazione dell'esperienza culturale (mercificazione del tempo)
    parole, carta stampata, libro come prodotto, mondo ideologico immagini, comunicazione elettronica, ipertesto come processo (pag.275), multinazionali dei media, mondo teatrale
    storia, tradizione, moda, costumi, tempo culturale (non economico), progresso lineare tempo commerciale, relazioni commerciali a lungo termine, obblighi espliciti, immediatezza del momento, molteplicita' di esperimenti culturali (pag.260)
    liberta' associata ad autonomia e possesso, coscienza autonoma (se' autonomo) liberta' associata ad inclusione ed accesso, nodo di relazioni (se' relazionale)
    coscienza storica (fare la storia, cercare un posto nella storia), tempo storico (passato e futuro), legami storici coscienza terapeutica (costruire la propria storia personale, p.270), contano il presente, prestazioni e risultati, elaborare storie interessanti da vivere
    contratto sociale esteso temporalmente (pag.321), interesse generale, liberazione contratto commerciale di breve durata, interesse particolare, coinvolgimento di parte della persona

    L'idea di proprieta' non e' stabile, ma cambia nei luoghi e nel corso della storia (pag.106): era una relazione funzionale nella societa' feudale, un diritto naturale per Locke, proprieta' fungibile su un mercato per Adam Smith (pag.111); a meta' del XX secolo la ragione stessa dell'esistenza nel mondo non comunista era "avere, possedere ed escludere gli altri dal possesso" (pag.113).
    Lo spostamento di priorita' dall'economia dei beni a quella dei servizi rende meno importante la proprieta', che Hegel considerava come espressione della liberta' personale ed un'estensione della persona (pagg.174-175); il territorio non e' una convenzione sociale ma uno stato dell'essere (pag.177), radica le persone ad una terra, alle origini, ma crea fratture, conflitti, guerre, xenofobia.
    L'idea di un diritto assoluto di proprieta' su se stessi, affermata da John Locke, nell'era dell'accesso e' messa a dura prova: e' pratica diffusa, ad esempio, brevettare geni e cellule umani, col conseguente aumento dei costi dei servizi sanitari (pag.98).
    Nell'eta' moderna la proprieta' privata e' sempre stata affiancata da proprieta' pubblica e da diritti di partecipazione e di cittadinanza (p.165); le nuove comunita' residenziali americane sono al contrario spazi completamente mercificati e sono prive di spazi pubblici (p.156): il praticare uno stile di vita, l'interdipendenza con individui affini, diventa piu' importante dell'avere la proprieta' di un immobile e l'autonomia e i diritti che ad essa sono connessi (p.163). Alla casa di proprieta' si sostituisce l'affitto di un'esperienza totale, al lavoro sicuro per tutta la vita l'incarico temporaneo per la realizzazione di un progetto; lo stato territoriale e la tassazione territoriale diventano anacronistici (pag.304).
    L'accesso e' divenuto una misura dei rapporti sociali senza generare dibattito sociale: forse perche' il passaggio dalla proprieta' all'accesso, come altri grandi cambiamenti storici, e' stato impercettibile (pag.155 e pag.183).
    Il dibattito pubblico si e' sviluppato sulla deregolamentazione dei servizi e delle attivita' dello Stato ma non sull'inclusione progressiva della sfera personale nel dominio del mercato: "ogni istante della nostra vita e' influenzato da qualche forma di rapporto economico" (pag.152); l'Autore descrive il processo di saturazione della mercificazione del tempo (la trappola malthusiana del tempo, pag.152): le relazioni di natura economica aumentano per quantita', varieta' ed invadenza e si sostituiscono alle relazioni tradizionali (pag.153).
    Il capitalismo moderno si caratterizza infatti per la progressiva acquisizione nella sfera economica dei molteplici ambiti della vita umana; con l'economia del ciberspazio anche il tempo viene acquisito dall'economia e "l'era dell'accesso si definisce, soprattutto, attraverso il crescente asservimento delle esperienze alla sfera economica" (pag.131). L'agente economico assume un ruolo affettivo; questa nuova dipendenza commerciale per certi aspetti e' assimilabile alla dipendenza dallo Stato sociale (pagg.139-140).
    Il nuovo capitalismo e' diverso dal capitalismo industriale quanto quello lo era dall'economia mercantile dei secoli precedenti (pag.57) e sta ridisegnandosi in forma di rete (concezioni sistemiche: reti di fornitori, di produttori, di clienti, consorzi di standard, reti di cooperazione tecnologica, pag.26), dove il potere economico si concentra in pochi megafornitori (pag.79): le reti, eliminando i mercati e sostituendoli con catene fornitore-utente, rappresentano una aperta violazione alle normative antitrust (pag.100).
    La nuova economia delle reti si caratterizza per l'accorciamento del ciclo di vita dei prodotti ("legge di Moore", pag.27); le aziende in vantaggio sulla concorrenza spesso competono contro se stesse (pag.29).
    Il valore aggiunto, depurato dell'inflazione, e' molto superiore alla massa materiale che viene prodotta: la produzione si sta smaterializzando, l'economia 'fisica' si contrae. Il peso come unita' di misura per l'import/export perde di importanza: "prodotti piu' leggeri, miniaturizzazione, contrazione degli spazi di lavoro, scorte just-in-time, leasing e outsourcing sono le prove della svalutazione di una visione materiale del mondo che ha posto l'accento sulla fisicita' " (pag.76).
    Regalare beni per vendere servizi (effetto network, pag.129), il modello reticolare hollywoodiano (pag.38) e' stato adottato rapidamente in altri settori economici di punta: informatica, scienze biologiche (i geni vengono ceduti su licenza, pag.90; il patrimonio mondiale di sementi e' brevettato, pag.93), franchising ("l'oggetto di un contratto di franchising e' la negoziazione dell'accesso, non il trasferimento di una proprieta' ", pag.84), produttori virtuali (Nike, pag.66), distribuzione digitale della musica (pag.45), dematerializzazione dello spazio lavorativo (pag.44), dematerializzazione del denaro (sia nel senso che il suo valore non e' piu' garantito da alcuna ricchezza tangibile, sia nel senso della soft bank, pag.50), declino del risparmio, aumento dell'indebitamento personale (pag.55).
    Il problema dell'accesso non riguarda solo i mezzi, "ma l'accesso - attraverso i mezzi - alla cultura" (pag.312). Mentre nella storia la cultura ha sempre avuto la priorita' sul mercato, oggi la sfera culturale (non economica) e quella statale sono ridotte ai minimi termini rispetto al ruolo centrale delle relazioni economiche (pag.15): l'evoluzione finale del sistema capitalistico si caratterizza per la produzione culturale che sottopone l'esperienza umana alla sfera economica (pag.12).
    Fra comunicazione e cultura esiste una relazione stretta: la cultura e' una ragnatela di significati (Clifford Geertz), la comunicazione (lingua scritta e parlata, arte, musica, danza, cinema, software) e' lo strumento "per interpretare, riprodurre, arricchire e trasformare questa ragnatela" (pag.185). Comunita' e comunicazione hanno la stessa radice linguistica: comunicazione, comunita', cultura non possono essere disgiunte (pag.186); l'industria culturale e' il settore in maggiore crescita, l'accesso alla cultura non e' piu' basato su criteri sociali (tradizione, famiglia, etnia, religione, ecc.) ma solo su criteri economici (potere d'acquisto).
    Se muore una lingua, scompare anche la relativa cultura: la cultura globale si va omogeneizzando, l'inglese diventa la lingua franca del commercio culturale mondiale (pag.247).
    Fino all'inizio del XX secolo la parola consumo aveva un significato negativo, di spreco (pag.188).
    L'industria turistica globale e' la mercificazione di un'esperienza culturale ed e' la terza voce di spesa dopo abitazione ed alimentazione (pag.195); le attrattive locali vengono manipolate per originare esperienze di tipo teatrale (parchi tematici, centri commerciali, villaggi palcoscenico separati dal resto del territorio e dei suoi abitanti). Ma mentre la piazza e' un luogo pubblico, il centro commerciale non lo e' (pag.213).
    Prioritari per l'industria turistica sono la modernizzazione delle infrastrutture e lo sviluppo sostenibile (l'esperienza della terra e' in conflitto con lo sfruttamento della stessa), spesso una parte irrisoria del denaro speso dai turisti in un paese va ai suoi abitanti (Leakage, pag.202).
    L'americanizzazione del mondo e' avvenuta attraverso la produzione culturale, il marketing e' lo strumento del capitalismo per trasformare in merci le attivita' culturali: e' costituito da norme e pratiche e i suoi professionisti (gatekeepers, pag.237 e pag.242) si attribuiscono ruoli che finora spettavano alla Chiesa, alla scuola, ad associazioni sociali e comunita' locali (pag.230). I beni diventano materi