Monte Canin       18 Agosto 2003

 

 Dapprima raggiungo il rif. Gilberti (m. 1850)  dal parcheggio della Sella Nevea . Entro nel bosco dopo aver percorso un tratto di pista da sci. Si sale attraverso gradoni che costringono a  sforzi di pancia  e "Kiai "  continui. A terra ci sono le sorbe . In un tronco caduto ,mezzo marcio s'è formato un incantevole giardino naturale d'erbe varie . Ancora un tratto di pista ed ancora un altro bosco. Vedo dei fiori viola mai visti, sembrano genziane, ma  stranamente sbocciano  attaccati alla pagina  superiore di una foglia composta  , nei pressi del picciolo.  Sento il vento che data la zona chiamerò  "Giulio" , alla moda di Buzzati. Negli ultimi tempi s'è addolcito, penso all'incontro di ieri, e intanto cammino tra  sfasciumi  di roccia , aconiti giganti ,  adenostyle e   cavolacci .Tento di  distinguere le  varietà di passeriformi del bosco,  ma sembrano tutti grigi e marroncini , soprattutto ne sento i suoni diversi. Sento anche lo sciabordio dell'acqua nello zaino. Incontro alcune piante di lampone :  all'interno d'uno di questi  c'è un vermetto bianco. In questo momento non ci tengo proprio  ad essere il terzo  anello della catena alimentare.

Mi sposto su alcuni crepacci, il sentiero qui si confonde prima di sbucare in un ghiaione dove procedo con due passi avanti ed uno indietro. Ho sempre un po' male ai piedi. Ma ha senso  "Farci il callo" al dolore ?

Guadagno la cima d'un altopiano lunare. Lassù vedo il Monte Forato. Devo ancora finire di stupirmi di questo evento. Mi viene un'idea, la amplio con i libri ed ecco che un giorno sono proprio qui e le immagini  e le idee assumono  una forma reale e io sono in quello spazio che spesso solo da poco avevo pensato . E forse non c'è proprio niente di strano in tutto questo, ma la cosa mi emoziona come un miracolo.

Potrei essere altrove, per la verità , in posti anche più stupefacenti, ma  ora sono qui.  Le rocce grigie e nude mi conducono al rifugio, prima ancora che arrivino gli escursionisti che hanno scelto di venire in funivia. Prendo un caffè, una cartolina e qualche informazione sul percorso più idoneo per chi non voglia affrontare una ferrata.

Riparto e passo davanti alla chiesetta che ricorda i caduti della Prima guerra mondiale che in questa zona fu piuttosto cruenta. E' riportato anche il testo d'una canzone degli Alpini.

MONTE CANINO

 

Non ti ricordi quel mese d’aprile

Quel lungo treno che andava al confine

Che trasportava migliaia degli alpini

Su,su correte, è l’ora di partir.

 

Dopo tre giorni di strada ferrata

E altri due di lungo cammino

Siamo arrivati sul Monte Canino

E a ciel sereno ci tocca riposar.

 

Se avete fame guardate lontano

Se avete sete la tazza alla mano

Se avete sete la tazza alla mano

Che ci rinfresca la neve ci sarà.

 

 

Cammino lenta,  studio il da farsi , sintetizzo i dati , prendo le mie più sagge decisioni ed infine…….faccio il contrario.

"Se quelle persone vanno di lì potrò benissimo andarci anch'io?" penso .

Salgo lungo il sentiero sassoso, che prosegue su una cengia, che percorre  a mezza costa  queste argentee rocce fino a che non vira su verso il ghiacciaio. Mentre vado il cellulare avverte con un sms che siamo in territorio austriaco e in questi luoghi sento l'eco. Gli ometti sono l'unico riferimento sul sentiero. Arrivo tra i due relitti di ghiacciaio dove inizia il percorso attrezzato per salire in cima . Mi arrampico un po' raggiungo la scala che per 50 m prosegue verticale, ma mi prende la paura. Scendo e penso ancora un po', poi rinuncio definitivamente. Mi dico  senza crederci troppo, che in futuro farei meglio a usare meglio il cervello. Perché sono venuta di qua se poi sapevo benissimo che sarebbe stato rischioso salire?

Avrò da pentirmi per tutto il giorno di questo stupido comportamento e per giorni interi servirà da pretesto per prendermi in giro da sola.

Sono nuovamente al Gilberti e per dare senso all'escursione ritorno per altra strada chiudendo così l'anello. Ho visto perfettamente che il percorso sulla carta è per esperti, ma solo facendolo si capisce in che senso. Il sentiero 636a e' un continuo saliscendi che mette alla prova anche i muscoli più freschi. Il primo tratto sovrasta una cupola di roccia , prato e cespugli bucherellata dal carsismo. Sotto di me i boschi  .

17.30

Adesso sì che vorrei essere un anello  della catena alimentare. Ho fame mentre scendo lungo questo interminabile sentiero  , le rocce sono percorse da profonde fenditure verticali, il sentiero interrotto o costeggiato da inghiottitoi e doline. Ho visto anche grotte e postazioni della prima guerra mondiale. Mi chiedo chi ha disegnato questo sentiero.

Alcuni sentieri  hanno avuto una funzione pratica, altri estetica, ho quasi l'impressione che altri siano fatti per mettere alla prova i nervi della gente. Però ho visto uno scoiattolo.

Alle sei e un quarto c'è l'Astra laggiù  e che gioia che provo, sono arrivata, giusto in tempo per sistemarmi ed assistere ad una grandinata , dopo 10 ore di cammino, senza contare le soste. Rompo le vesciche formate oggi nei piedi , dai talloni la pelle si sfalda .Parto , così intanto si carica anche il telefono. Passo il confine al Passo del Predil. (m l.156)

 

 

Jof di Montasio19  agosto   2003

Faccio colazione al Rif. Julia.

Il Romagnolo che lo gestisce non mi comunica simpatia, nonostante il suo fare affabile e la sua camicia  a righine azzurre .

Il cielo è chiaro e  in questa luce stupenda si  vede lontano. Il telefono  è scarico.

Raggiungo i  PIANI DI MONTASIO (m.1.502).

 Stamattina voglio prenderla comoda e perciò parto con calma alle nove.

Inizio a salire tra i prati. Per la prima volta  quest'anno, avvisto le marmotte che  si lanciano segnali.. Restano perfettamente immobili per   minuti . Ne vedo una che trasporta in bocca un mucchietto d'erba Si fa il letto per l'inverno.

Per ingannare la fatica del salire mi viene l'idea di trovare una proposta per le vacanze di Natale. (A ben pensarci sto facendo la stessa cosa della marmotta). Perché non svernare nel sud della Spagna, ad esempio?

Dovrò imparare un po' la lingua, noleggiare un'auto, pensare a come arrivare.

Penso inoltre a come riprodurre le avventure che mi capitano.

Ma mentre penso i miei pensieri vedo una bestia nuova…Ma cos'è ? Un serpente? Guardo bene :  è un essere simile a una lucertola, ma grassottella nera e umida. Ah , è la salamandra. Fino ad ora avevo potuto vederla solo sui libri.  Anzi sono due e pure  innamorate !  Si spaventano e camminano verso la tana nel ciglio del sentiero scavato nel monte.  Potrei ad esempio usare il sistema di Cervantes,  che utilizza un sommario sotto il titolo.

Attualmente si parla molto del 6 che non esce da tempo all'enalotto.

A parte che non ho giocato, ma penso ad un 'eventuale distribuzione di risorse in caso di vincita. Viaggi, una casa e perché no , aiutare gli altri. Ma occorre in questo caso valutare bene i meriti.

Ho il dubbio che a volte le persone che sembrano suscitare maggiormente le nostre simpatie  meritino alla fine molto meno  di altri  che invece non notiamo affatto.

E' molto importante, per me, valutare bene la questione.

Ho fatto un bel po' di fatica finora. Mi  chiedo chi me lo fa fare.  I soliti pensieri frammisti a quelli utili a distrarre.

Ma poi improvvisamente procedo agilmente e senza sforzo.

Intercorre un lunghissimo intervallo tra questi ultimi pensieri trascritti e i successivi. Perché ho passato una valle rocciosa difficile, il sentiero a tratti sparisce, occorre tirarsi su a forza di braccia, studiare la traiettoria migliore e trovare gli appigli.

Incontro un gruppo di 4 Tedeschi . Uno di questi padroneggia sufficientemente l'italiano affinchè ci si possa  intendere. A un primo bivio mi chiede informazioni, io guardo la carta e mi sembra per la verità d'essere altrove. Fortunatamente c'è un ragazzo che mi fornisce le informazioni giuste.

Data la difficoltà , procedo piano , ma tra una battuta con i coraggiosi Tedeschi, che ormai sono sotto la scala Pipan (uno che è cascato e gli hanno  intitolato  una via attrezzata) e la sorpresa per i camosci vicinissimi, decido comunque di proseguire.

Veramente ho provato di salire per la Pipan, ma dopo una quindicina di metri di parete sul precipizio, mi chiedo : "E se mi scivola un piede?"   Appena torno a casa compro l'imbrago.

Mi scoccia  arretrare e decido di raggiungere la cima allungando la strada.

Un padre e due figli adolescenti  rinunciano. Altri che scendono. Resto sola sul sentiero per la Cima Verde e in un modo o in un altro supero ancora una volta un passaggio sullo strapiombo e una cresta.

Altro che  comprare un imbrago! La prima cosa che faccio appena tornata a casa è  il testamento !

 Ma non si arriva mai? La cima sembrava lì e invece ogni volta se n'aggiunge un pezzo. Vedo gli omini microscopici col binocolo.

Stavolta poi non so più  dove andare  :  ad ogni passo dei grossi  pezzi di roccia cadono a valle . Non vorrei seguirli anch'io e  non vorrei nemmeno  ammazzare qualcuno.

Ma non ho ancora deciso di girare i tacchi. All'improvviso, inaspettatamente intuisco dove sia il sentiero ed in breve m'aggancio al tratto attrezzato ed incrocio  i Tedeschi  che scendono e fanno dello spirito  dicendo che in cima c'è un 35 enne senza moglie che mi aspetta.

"Farneticano , poveretti  " penso , e sono veramente arrivata in cima. C'è una colonna  di pietra e ferro arrugginito che contiene una campana.

Non posso trattenermi dal rassicurare  me stessa  ad alta voce  che sono veramente arrivata. E' solo allora che mi accorgo che sotto una cengia c'è veramente un tizio col cappello calato sulla faccia che si rilassa al sole. Che vergogna !  Mi metto più discosto e leggo un po'.

Al contrario di altre salite difficoltose, in questa occasione non ho sentito nessuna soddisfazione per l'impresa compiuta. Non solo…m'ha preso proprio male!

Nel mio dialetto ho esclamato  : " Hai visto che ci sei arrivata?" ma come un fatto e non come una dichiarazione di un ' impresa meritoria, o difficile o positiva o…..E' stato uno sfogo della fatica. Ero piuttosto pensierosa sul valore di questo sforzo. Nessun valore. Un tempo forse ero più incosciente, più passa il tempo , più ho paura.

Ma in seguito , ricordando  l'emozione della vista del panorama dalla cima dello Jôf di Montasio  (m. 2754) decido che ne è valsa la pena!

 I due Nabois (il Grande (m. 2129) e il Piccolo (m. 1691),   che visti in seguito di fronte m'apparivano dei giganti, di lassù sembravano sassolini , talmente piccoli da fare tenerezza, pooveri! Il puntino rosso di cui in seguito avrei visitato l'interno : il bivacco Stuparich.

Ma solo in seguito riuscivo a pensare a queste cose. Ora forse riesco  a capire perché nessun senso di soddisfazione riusciva a prendermi : ero preoccupata per le difficoltà della discesa.

Per fortuna  stamattina avevo scelto di fare un'escursione comoda. Del resto dalla cartina così sembrava. Per la verità non avevo guardato bene l'altimetria, ma non è  solo questo. Certe difficoltà non sono riportate nella cartina. Altro che puntini e tratteggi : per il giro di domani non voglio la minima difficoltà. Voglio un sentiero con la linea rossa continua. Di quelli per i pensionati. Intanto è passato del tempo. Sono stata qui sdraiata a leggere e pensare.  Ho consumato la razione di sole. I piani dicevano che sarei arrivata un paio d'ore prima. Devo proprio tornare. Supero con attenzione e concentrazione  i due punti critici. Lo zaino può essere molto pericoloso a volte, attizzando la gravità, così quando devo saltare leggera  e precisa aldilà dell'abisso  lo tolgo e lo lancio sul filo della cresta, sperando non rotoli giù di qua o di là.

Nonostante altri passaggi  dove ci si può fare male , il pericolo estremo è passato.

Ho l'impressione di avere riacquistato un po' più di confidenza

Incrocio un ragazzo che sale. Mi chiede informazioni e gliele do. Mi chiede se secondo me il tempo regge. Le nubi nere  sono sul Canin , il cielo sul  Montasio è limpido . Certo in montagna non si può mai dire, soprattutto di pomeriggio ( e sono già le tre e mezza)  . Secondo me  il tempo tiene.

In pochissimo tempo abbandono il tratto di sentiero "acrobatico"  tra le rocce e la terra scivolosa e mi ricongiungo a quello "da cristiani". Poco dopo cammino di nuovo nel solco di terra scura scavata profondamente nel prato e vedo una ragazza su una grande roccia.

Mi chiede se ho incontrato il suo  ragazzo. Iniziamo a chiacchierare. C'è tempo  per tornare alla macchina. Mi dice che non se la sentiva di proseguire . Le gambe le tremavano di paura.  Scopro che abbiamo consultato lo stesso libro che descrive il percorso . Io dichiaro che scriverò all'editore per contestare alcune notizie. Non si possono minimizzare così le difficoltà.  Finisce che le comincio a  raccontare le mie elucubrazioni di oggi . Cioè che ho capito che non è importante  scalare le montagne per essere delle buone persone. Credo che qualcuno ne sia convinto. Io forse lo ero , fino ad ora.

Credo che bisognerebbe farlo per un  piacere   fisico o mentale che esuli da qualunque considerazione etica . La stessa che fa dire ai  commentatori sportivi che quell'atleta "ha veramente del cuore" Ma dove?????

A quei livelli, poi,  si pensa soprattutto ai soldi. Forse. Anche.    Tornata alla base ascolto i discorsi di certi turisti  su quelli che vanno in montagna e non posso lasciarli di certo nella loro ignoranza, così attacco bottone e rivelano d'essere di Casalpusterlengo. Dopo un paio di chiacchiere proseguo . Per domani ho deciso di andare ai laghi di Fusine, percorrerò un po' di strada, così almeno il telefono riesce a caricarsi.

 

 

Laghi di Fusine  20 agosto   2003

Stamattina ho lavato le scarpe alla fontana , ho fatto la punta alla matita col coltello e sono attrezzata per partire. I ragazzi che vedo aggirarsi nei pressi di una tenda devono avere tribolato più di me in  questa notte di pioggia . Mentre vado , utilizzo il sistema mnemonico che mi permette di registrare i pensieri  senza dover continuamente tirare fuori carta e penna.

Il pensiero numero 2  è  intitolato  "Due passi" mi ricorda che ho assunto un'andatura un po' ridicola, forse . I passi sono lenti e brevi. Non potrebbe esserci miglior elogio della lentezza : anche stamani mi superano in 4 e m'attacco al fatto che due erano molto più giovani di me  , gli altri due avevano le gambe lunghissime. Ma mi scoccia. Taccio però di coloro che rinunciano a proseguire e tornano indietro.

Il pensiero numero 3 si chiama " Tre faggi" e parla d'un sentiero che parte comodo e si trasforma in un canale accidentato pieno di grosse pietre e fango . Dapprima è la solita fatica, ma ben presto salgo benissimo senza nemmeno accorgermene attraverso la boscaglia bagnata che diventa  una faggeta ad alto fusto.

Pensiero numero 4 : " La fonte nel bosco  " risolve per oggi i problemi di acqua.

Pensiero numero 5 :" Progetti per Cipro" : ecco la proposta di oggi per le vacanze di Natale. Mentre scarpino tra i cespugli penso di andare con una nave mercantile e di affittare poi un'auto ( e forse anche una camera).

Pensiero numero 6 :" Rifugio  Zacchi "  (m 1380 ). Sono giunta in ritardo di solo un quarto d'ora rispetto alle indicazioni. Quando m'accorgo che sono le 10.40 non posso crederci. Mi sembrava di camminare da una mezz'ora e invece  è passato molto più  tempo  …e ad  insaputa della mia coscienza !   Dalla cucina esce un profumo seducente . Alle 11 i ragazzi sono già affaccendati.

Pensando al mio tipo  di scrittura , concludo che mi manca l'aspetto dialogico , il pensiero dialettico ne soffre. Sarebbe un ambito  che dovrei esercitare.

Capanna Ponza  (m . 1657)  . La casetta nel bosco.

Ha un salotto all'aperto , con alberi scolpiti a mo'  di tavoli e troni .Salgo dalla scala nonostante manchi il primo piolo, osservo all'interno la presenza di alcune reti e qualche coperta.

 Mi salta in mente d'attivare   il " progetto Bivacco" per i prossimi due giorni . Come prima esperienza , voglio limitarmi a dormire in quota per una notte sola. A forza di guardare la cartina ho finalmente trovato il percorso giusto. "Quello no, è looofi, l'altro neppure, c'è la ferrata…… "  Poi bisogna decidere quali oggetti  portarsi e lasciare giù il superfluo .   La pila, i vestiti, poco cibo, 2 litri d'acqua, da leggere e  scrivere, il sacco - letto .

 Alle 14 ho finito  di pensarlo.

Il percorso successivo necessita di una certa attenzione, ma il ghiaione  è comunque  attrezzato con funi e rinforzato con tronchi.

Segue una lunga parte nel bosco  selvaggio di faggi misto a conifere. Questo è il primo bosco che mi succede di attraversare in questa vacanza : finora ho trovato solamente rocce e prati. Spesso succede di doversi abbassare per  passare sotto colossi abbattuti dagli elementi atmosferici. Ogni sforzo diverso dal camminare è un dolore lancinante. Ho l'impressione di stare svolgendo il percorso vita.   Oltre  alla coscia destra dolorante ed al mal di schiena , emerso ieri per la prima volta, si fa sentire anche un male  ai pettorali : deve essere scaturito ieri dagli sforzi per trascinarmi  su  verso la cima  del Montasio. E penso alle scritte comparse sui libri di vetta, su internet, presso molta gente che ama questo genere di passatempi faticosi.  Chi li sceglie forse vuole raccogliere delle sfide, ma non necessariamente è una persona migliore di altri. Aleggia talvolta l'idea che chi supera i limiti consueti della fisicità quotidiana sia migliore  di chi di solito non lo fa.

Mi viene da pensare a Don Mazzi,  che per recuperare i drogati decide di proporre loro di salire su una mountain bike cosicchè rompendosi il culo, s'aggiustino la testa. Di fatto non mi sembra un risultato così scontato.

Per quanto mi riguarda , credo che sia presente l'aspetto del misurarmi sempre con le mie capacità  psico - fisiche , ma ho l'impressione d'essere anche motivata  da una  curiosità di tipo spaziale. Mi  chiedo : "Ma cosa c'è là? Come si fa ad arrivarci ? "

E penso allora C ,  impermeabile a queste spinte. Ne ha  però delle altre , che probabilmente si identificano in una sorta di curiosità antropologica. "Come sono fatte quelle persone lì?  Cosa hanno di diverso da noi ? Perché ?" 

Sbuco sulla strada principale, la costeggio per un po' mischiandomi alle macchine che salgono la valle e le ruspe che lavorano sul greto del Lago Superiore.

M'inoltro di nuovo nel bosco per l'ultimo tratto che collega i due laghi. Attraverso un vasto parco che ospita una marea di persone che gioca, si riposa , attraversa il bosco con scarpette da spiaggia , scende e sale da pullman strapieni ed eccomi a raggiungere l'auto.  Sono pronta per fuggire dalla bolgia.

 

 

  M.ga Saisera – Biv. Mazzeni     21 agosto 2003

Alle 7,  procedevo da mezz'ora nel bosco accidentato . Ho sentito suonare un campanile.  Vado leggera , soprattutto nel cervello ,  lungo l'itinerario che ho scelto per oggi .

Il  Rif . Grego   ( m. 1389) , è di quelli dove non si può neppure appoggiare lo sguardo sulle panche e i tavoli, pena il linciaggio. Chi volesse consumare il proprio cibo deve sborsare la bellezza di 3 €. Sono pazzi. Ma non mi tange, dal momento che non rallento neppure, tiro dritto immediatamente, salvo farne il giro attorno , come mio solito. Per quanto mi riguarda con questo atteggiamento finiscono per allontanare i potenziali clienti.  Poco lontano ci trovo un tubo dal quale scende acqua in abbondanza ed allora mi lascio andare , bevo un sorso e riempio nuovamente la bottiglia.

 H 8.15 .  Dopo il Grego  cammino un quarto   d'ora , incrocio un cacciatore  ,poi raggiungo il  laghetto (m 1442)  : è così pieno d'erbe alte  si fatica a vedere l'acqua . Ci sono due uccelli mai visti ed uditi.

Deciderò via via il da farsi. Sono attrezzata per la notte in bivacco. Le gambe stanno meglio rispetto a ieri , ma lo zaino è veramente pesante. A volte mi arrabbio, ma sarà meglio che la prenda con calma. Sarebbe meglio che riuscissi a pensare a preparare a un altro viaggio, mentre salgo lungo questo bosco ripido e scivoloso , magari a quello di Natale, ma non mi viene alcuna idea. A terra ci sono molte foglie di faggio lacerate e staccate di fresco, sembra quasi sia venuto un  uragano da poco tempo.   Mi sento bene, mi approssimo con fiducia alla salita. Sono uscita dalla zona degli abeti, niente più trappole tese dai ragni che servono solo ad infastidirmi. Solo mughi e cince che cinguettano e si nutrono tra le pigne. Solo sassi sul sentiero, un poco d'erba . Deve essere la casa dei camosci a giudicare dai resti. Compaiono fortificazioni e grotte della prima guerra mondiale . Alle 10 sono finalmente in cima al Jof di Sompdogna.   (m. 1889)  . C'è una croce che onora tutti i caduti di entrambi gli eserciti. Il  versante nord  del Jof di Montasio è coperto in cima da una nube , la visibilità non è eccessiva, si vede comunque il ghiacciaio , che  dalla cima , l'altro giorno non riuscivo a vedere . Ora esce  il sole.  Per alleviare la fatica del salire pensavo ai fuori sentiero. A volte è interessante esplorarli  , nonostante non sia proprio ortodosso riguardo ad altri aspetti, ma permette di scoprire altri mondi , più illibati  e originali.  Sempre mentre salgo mi sorge una domanda che mi inquieta : "E se questa passione fosse anche deleteria ?  Se da vecchia mi venisse la gobba e le gambe arcuate come spesso succede alla gente di montagna? "Ma poi sulla cima ogni pensiero negativo svanisce, mi godo il panorama, del Jof di Miezegnot e dei due Pizzi, il Jof Fuart, i due  Nabois, quello grande e il piccolo  che l'altro ieri dal Jof di Montasio mi sembravano due puntini sul terreno.   Osservo le libellule azzurre che sfrecciano ed ascolto i versi strani degli uccelli. Una ventina di metri sotto la cima , il monte è fortificato su tutta la circonferenza  con mura che formano cammini di ronda e trincee, intervallati talvolta da casematte. Però come sono fragili le montagne. Ne osservo ogni giorno lo sgretolarsi, eppure le guide turistiche o alpinistiche le descrivevano  allo stesso modo già cent'anni fa  : sembra dunque  che nulla sia cambiato, eppure non può essere, perché lo sgretolamento è sotto i miei occhi. Alcuni spuntoni li vedi stare su come  per miracolo e ti rendi conto ad ogni passo che comunque basta un niente perché cadano. Mi attardo  a osservare le trincee e le caserme a loro collegate . Le gallerie    che dalle costruzioni si insinuano all'interno del monte mi  fanno un po' impressione.   E' ora che prosegua. Mi piace camminare tra i mughi , questa vegetazione compatta alta come me mi trasmette una sensazione d'allegria. . Torna nuvolo. Procedo in un silenzio irreale . All'uscita dal mugheto mi ritrovo su un sentiero di sassi d'un bianco accecante. Finalmente raggiungo il bivacco Stuparich ( m . 1578) , posto ai  piedi della parete nord del Montasio .  Lo vedevo come una macchiolina rossa dalla cima l'altro giorno. C'è la foto dei fratelli cui è dedicato il bivacco. L'interno è  accogliente  , tutto rivestito in legno, ha un'anticamera spaziosa con un vero tavolo , due pronto soccorsi ben forniti.  Ho trovato dei cerotti e visto che ho finito i miei,  ne approfitto per rifarmi i piedi nuovi. Ci sono  dei Ringo, altri biscotti  e  addirittura un maglione di emergenza. Mi approprio  temporaneamente del libro di vetta e comincio a leggere i commenti dei visitatori. C'è chi descrive freddamente il percorso fatto, chi lascia testimonianze più coinvolgenti dovute ad avventure più sofferte ,  chi si lancia in meditazioni profonde sul senso del vivere e dell'andare, chi racconta episodi o desideri del momento, pensieri solitari ed intimisti, suggerimenti su come passare il tempo da allegri buontemponi,  chi critica coloro che non si comportano come il codice  civile suggerirebbe , chi si fregia d'essere amica di Mauro Corona e di seguirne i precetti. Mentre leggo vedo arrivare su un sorbo un grosso picchio nero col cappello rosso. E' la prima volta che mi capita di osservare questa specie. Si sta proprio bene, qui. Continuano a sentirsi versi stranissimi  di bestie non bene individuate. Da qualche tempo ho le mani sempre gonfie. Me lo  scordo di togliermi gli anelli. Ma viene l'ora di proseguire. La zona successiva mostra il sentiero svilupparsi  a mezza costa tra le severe pareti  verticali di roccia grigia che incombono senza traccia di vegetazione , si cammina dunque sentendosi  come  piccole formiche . Passo la zona  chiamata  Saltaria e Palize.  Si scende  verso il largo letto secco del Saisera, o meglio ..sembra secco, perché avvicinandomi e superandone alcuni rami, effettivamente senz'acqua, mi imbatterò comunque in alcuni torrenti  limpidi e freschi. Così posso anche riempire le bottiglie. Si passa attraverso un bel bosco riposante  di faggi ad alto fusto, un  passaggio attrezzato piuttosto ridicolo sotto Torre Genziana  ed ecco che si ricomincia a salire nella boscaglia . C'è una radura, poi un altro boschetto, inframmezzato da altri torrenti  in secca. Su un masso spicca la targa in ricordo di un giovane viaggiatore che ha lasciato la vita su un monte della Grecia.

Anche qui 5 anziani mi chiedono se vado sola. "No, ho la mia Canon" mi verrebbe da rispondere .  Ho lasciato lo Stuparich da due ore (come vola il tempo) e sono ancora qui a percorrere questo infinito 616. Incontro altre persone tra cui…..c'è una donna che assomiglia alla Moratti.  Continuo a salire questa costa detta Spragna . Piove e mi riparo sotto una roccia presso una cascata. In 10 minuti smette o quasi , così proseguo. Ho ormai fretta d'arrivare al bivacco successivo. Sono troppo curiosa, ma l'ultimo tratto non sembra mai finire. Il sentiero è ripido, il tempo non promette nulla di buono, ho costantemente l'impressione d'essere arrivata ed invece ce n'è ancora e comincio ad essere stanca e sono proprio questi i momenti in cui si rischia di farsi male. Sarebbe forse saggio riposarsi di tanto in tanto, ma ho in testa un ritornello che mi dice. Il bivacco sta fermo lì e io invece mi muovo . Voglio vedere se non finisce prima o poi questa strada . Così  nonostante la fatica proseguo. Non voglio fare il passo più lungo della gamba, solo un passo in più ogni volta. 

E finalmente eccola lassù la scatola arancio di latta. (m 1630) . Sono solo  in ritardo di 20 minuti rispetto alle indicazioni , però non ne potevo ormai più.   E' intitolata a Mazzeni ,  un alpinista che dà il nome anche alla cima che sovrasta il bivacco, anche qui c'è la foto vicino alla porta . Però qui non c'è il libro di vetta. Ci sono sempre candele e fiammiferi, ma questo è  più scalcinato rispetto allo Stuparich .  E' il secondo in cui metto il naso oggi e in tutta la mia vita e mi basta poco per rendermi conto che una regola non scritta  di questi posti è lasciare qualcosa a chi viene dopo. Nella fattispecie qui trovo una cioccolata. Non avendo nulla da lasciare   decido almeno di pulire. Mi rido un po' dietro perché penso a Biancaneve. Ci manca solo che arrivino i 7 nani! Nonostante i dubbi e le incertezze della prima esperienza in bivacco , non c'è scelta. Esce di nuovo il sole, ma sarebbe impensabile proseguire al Pellarini. . Primo :   le 5 ore di questi Friulani col passo che ho adesso , sono in realtà 7 , secondo : sono così stanca che ci vorrebbe un  argano per muovermi di qua. Ci sono 9 reti complete di materassi : tre di fronte alla porta d'entrata e tre a destra e tre a sinistra. Scelgo quella di mezzo sulla destra , senza trascurare i principi del feng shui che impone di controllare la situazione da una posizione adeguata e di non trovarsi nel bel mezzo della circolazione delle energie. Apro i finestrini laterali .

Mentre tentavo di fare il letto  col lenzuolo che ha cucito mia madre mi accorgo di aver rovesciato una bottiglia d'acqua . Non l'avevo chiusa bene, così  ho bagnato il lenzuolo, il materasso ed ho perso anche dell'acqua. . Metto tutto ad asciugare e vorrei che il mio folletto  preferito fosse qui . Faccio il letto con le coperte rosse con le ancore, come si fosse su una nave . Medito, mi godo il sole, osservo i dintorni, ci sono tracce di qualcuno passato di recente , delle bucce di mela e carote. Mentre sto leggendo , arriva un cane e poco dopo la padrona. Lui è Agon un giovane  pastore tedesco , lei Eva, una Austriaca di Klagenfurt  . Scambiamo qualche chiacchiera in inglese. E' una gran soddisfazione per me spiaccicare  qualche frase , dopo il blocco comunicativo che mi colpiva un tempo.  Mi illustra i sentieri percorsi  e dove sia diretta, consigliandomi i bivacchi e le cime più interessanti. Dal canto mio le dico ciò che di bello ho visto. Aggiunge che le piace  molto arrampicare . Ha due mani agili , magre ed espressive con un bel bracciale d'argento e si stupisce per il fatto che le confessi che ho paura ad affrontare alcuni percorsi, salvo poi ammettere che la maggior parte delle arrampicate non può farle per il fatto di avere il cane al seguito. Le spiego che molti itinerari si trovano anche su internet, ma mi dice che il computer non lo vuole proprio a mano. Un'altra persona che non è caduta nella rete.  Questo fatto è da tenere sempre presente : la rete non è tutto.  Mi chiede anche come mai non abbia un cane, se mi piacciono così tanto.   Esaurisco le parole e mi stendo a leggere sulla branda, mentre  mi chiede se ho bisogno d'acqua. La ringrazio , dicendo che ne ho a sufficienza. Parte col cane ed in mezz'ora è di ritorno e continua a parlare con Agon in una lingua speciale che non sembra nemmeno tedesco. Dopo un 'oretta arriva Irina , una giovane e bella ragazza di Lubiana . Entra e fa da catalizzatore riaccendendo così la discussione. Commentiamo la stranezza del trovarsi in questo luogo tra donne. Si occupa di cartografia per un'agenzia inglese. Le racconto del mio viaggio in Slovenia di questa Pasqua e della sorpresa che mi ha procurato quel viaggio.   Eva racconta di avere due figli ultraventenni , aggiungendo che il suo amico non la segue in montagna perché preferisce pedalare su strada e la montagna gli rovinerebbe i muscoli.   Mentre Irina estrae il fornellino , il tegame e la minestra Knorr, io provo il telefono , ma qui non prende da nessuna parte.  Mi spiace se giù si dovessero preoccupare.

Discutiamo di apprendimento delle lingue straniere e ci  auguriamo  "Lahko noc" , "Guten Nacht" e " Buonanotte"

 

    Biv. Mazzeni – M.ga Saisera   22 agosto  2003

 

 Di notte Irina mi chiama : sente rumori fuori dalla porta, le dico che se c'è qualcuno entrerà, ma non si tranquillizza e continua a stare sulle spine. Le dico che forse si tratta di mountain's goats. Dopo un po' si calma e riprende a dormire. Sono le 4 e c'è un bellissimo cielo blu stellato . Mi sento bene e rido del mio essere zingara al contrario dell'ineccepibile organizzazione di Irina . Ma anche Eva è un po' come me.

La sveglia del cellulare   alle 6 non suona, ma non ce n'è bisogno, perché di solito mi sveglio due minuti prima che lo faccia.  Rimetto tutto a posto ed alle 6 e mezza parto . Quando sono circa ad un km vedo arrivare saltando tra le rocce quel pazzo di Agon. Intravedo  Eva in lontananza e la saluto, il cane torna da lei. Passo attraverso Salamandria, un sentiero pieno di quegli animaletti neri e lucidi. E' una giornata magnifica, vedo il sole accendersi dietro le cime severe del Jof Fuart , sullo sfondo d'un cielo azzurro intenso. Sono contenta di aver fatto anche questa esperienza. Non voglio fare il passo più lungo della gamba , ma semplicemente  un passo in più ogni volta che vado. (l’avevo già detta, questa???)

 Voglio andare col mio lento passo di tartaruga . Stamattina lo zaino non pare neppure pesare, dopo  quello che ho visto uscire da quello di quelle due : vasetti di vetro , il necessario per il cane, fornellini, minestre precotte… Proseguo sul lungo  616 , che qui si chiama sentiero Chersi , suggerito da tutti come bellissimo . Si sviluppa lungo un ghiaione alla base del Fuart  in un ambiente severo di  rocce imponenti . Mi sento sempre una formica. E' un continuo saliscendi, piuttosto faticoso, ma soprattutto è necessario stare attenti a non perdere il sentiero. A un certo punto sento un gelo eccezionale, sembra d'essere entrati in frigo. M'è successo altre volte di passare alla base d'un ghiacciaio, ma un 'escursione termica del genere non l'avevo mai provata. La nera bocca del ghiacciaio è spalancata davanti  a me . E' alta  più d'un metro e larga una ventina. Fa impressione, ma io faccio finta di niente . Posso anzi  approfittarne per riempire le bottiglie ed è così che apprendo come occorra  del buon senso e perizia nel farlo , che si può invece correre il rischio di ribaltare i recipienti  , perdendo addirittura  l'acqua rimasta. Scelgo  le due gocce più veloci e cerco di incastrare le bottiglie in modo che stiano dritte. Dopo un paio di tentativi ho riempito  le bottiglie d'acqua gelida e posso proseguire. Mi aspettano altri due o tre saliscendi tra la ghiaia . Alle 8 sono nei pressi della Sella Nabois (m 1970)   un gruppo mi chiede se il percorso è fattibile  o troppo impegnativo. Li rassicuro, pur non nascondendo l'impegno a carico delle gambe. "E' un bel sentiero, per carità, ma adesso comincio a stufarmi" penso.  Passata la sella trovo la salita alla cima del Nabois Grande e m'accorgo  presto che il segno rappresentato sulla carta sembra molto più facile  da colmare rispetto al tempo effettivo che ci sto mettendo. Non s'arriva mai. Procedo con lentezza  , una coppia mi sorpassa. Lui porta una treccia di capelli brizzolati e lei lo segue ubbidiente e innamorata. Sono sotto al tratto attrezzato. E' necessario guardare bene a dove si mettono i piedi. Studio un po' il da farsi e mi arrampico tra i dirupi, attaccandomi alle corde metalliche  ed appoggiando i piedi sui perni di ferro . Finalmente sono sulla cima del Nabois Grande (m 2313) . I due non sono granché loquaci. Mi apparto su una roccia ad ascoltare i sibili dei corvi che sfrecciano veloci nell'aria ed a mangiare lo speck rimasto da ieri .  Scatto ai due una foto , poi se ne vanno. Lui dice  che sono due anime in pena, prima di scendere  però  armeggia nella cassetta del libro di vetta, non so perché, ma  mi viene la paranoia di Unabomber . E'  proprio la sua zona , così non ci metto il naso.  Mi godo il panorama ancora un poco .Il tempo si rannuvola e con calma decido anch'io di scendere. In poco tempo sono giù , li raggiungo mentre stanno a ripararsi sotto uno spuntone. Per due gocce…. Io invece proseguo, infatti torna il sole ed invece di seguire il sentiero canonico, prendo la direttissima sul ghiaione ed è divertentissimo scivolare . Più dell'altro pomeriggio, più che sull'Etna : con un passo fai tre metri, è divertentissimo : salvo poi togliersi i sassi dagli scarponi alla base della discesa. . Sento che sto riprendendo confidenza con la montagna . Trovo di nuovo il  616.  Il sentiero procede tra roccette, passo attraverso un boschetto di abeti di un verde tenerissimo , cresciuti  tra la ghiaia bianchissima : una vista di sogno e dopo un po' di tempo sono al Pellarini (m 1499). C'è il rumore d'un motore che infastidisce l'udito e non smette mai. Un altro di quei rifugi fatti soprattutto per i turisti che camminano poco e vengono  qui soprattutto a  mangiare. Non entro nemmeno .  Mentre consulto la carta appesa al muro, ascolto le chiacchiere d'un tizio che descrive itinerari a un amico, poi proseguo. C'è un tubo con dell'acqua , voglio averle sempre piene le mie bottiglie . Da qui riesco pure  a comunicare col mondo dopo vari giorni di impossibilità.

Io via = mia madre ha male da qualche parte.

 Il sentiero prosegue nella brughiera ,attraversa un letto in secca e si intrufola in un boschetto di faggi bellissimo. Supera un altro greto, per andare a continuare in un faggeto ad alto fusto. Sono stanca , nonostante il sentiero diventi una comoda forestale, che  prosegue noiosa, percorsa da qualche trattore. Non riesco a capire perché sia qualificata come sentiero wwf :  è così squallidino!  Dopo aver rassicurato  un gruppo di anziani Tedeschi sulla presenza a eine stunde  d'un rifugio dove poter "trinkare" , taglio lungo il torrente, per un sentiero secondario che sulla carta sembra accorciare il percorso. Dopo un quarto d'ora sbuco presso la Malga Montasio , sulla strada principale e non mi resta che percorrerne poco più d'un km in lieve salita , costeggio la zona militare ed ecco chiuso l'anello.  Anche questa è fatta! 

 

 

 Monte Re   23 agosto 2003

 

Dopo l'impegno costante dei giorni passati, il cammino senza sosta ed i piedi stracciati, per questa mattina ho deciso di affrontare un percorso comodo, che porta verso il Monte Re. Arrivo a Cave di Predil , un posto da minatori. Cerco di capire quale sia la strada giusta e dopo aver chiesto a due schivi signori , parcheggio all'inizio  d'una mulattiera assai sconnessa. La seguo in salita costeggiando il Rio dei Combattenti. Spero vada bene , perché non c'è traccia di indicazioni, mi tocca di consultare la cartina, ma poi trovo un ometto e cominciano ad apparire i segni rossi : allora gli gnomi sono anche in questo bosco. Si sale per un sentiero a ripidi  gradoni, accompagnati dai salti dei grilli , presenti in grande abbondanza, mentre le cornacchie fendono l'aria oltre la cima degli alberi col solito rumore di spada. Lanciano un gracchio simile al raglio degli asini cui  a volte inframmezzano grugniti . Dopo un'ora e mezzo di cammino ho raggiunto una radura con una croce di metallo che ricorda i minatori. Ha in cima un badile ed è montata su un carrellino che di sicuro proverrà dalla miniera sottostante.

Mi riposo mezz'ora nell'erba alta : ho stabilito che oggi " non  devo avere fretta".

Seguo in salita un bosco tranquillo di faggi , che poi si fa erto, per lasciare posto a una boscaglia ed a un paesaggio a roccette.

Sento delle voci. "Ma guarda, c'è una ragazza"  Incontro  i due signori. "Credevamo di essere gli unici matti lungo questo sentiero."

"No, non siete gli unici, del resto non c'è mica solo il Montasio da scalare"

Cominciamo a scambiarci itinerari interessanti, cosicché riusciamo a misurare la reciproca sostanza  escursionistica. Mi raccontano poi di due giovani Modenesi che hanno aperto un agriturismo presso le montagne dove abitano loro , oltre Clauzetto, presso Pradis , verso i Piani . Ognuno prosegue per il proprio cammino , continuo a salire ma la cima sembra aggiungere sempre nuove distanze. Capita spesso in montagna di  credere di aver individuato la cima ed invece poi accorgersi che saliti su quel tratto, ce ne sia poi un altro pezzo. In questo caso il fenomeno si ripete molte volte ,  per cui il percorso  , che all'inizio appare breve , si rivela invece infinito. Sono tra i mughi e  questo mitiga la fatica . Penso che a dispetto del re non mollerò. Finirà anche questa salita, e io ci arriverò in fondo.

E così succede. E' proprio vero che sulla  cima erbosa   del Monte Re c'è una corona . (m. 1912) Ce l'ha messa la locale sezione del CAI , con  sotto  il consueto libro di vetta:  passerò l'ora successiva a leggerlo,  scalza nel sole.  Ecco chi sono quei due che sono scesi : Walter e Nino della Sez Cai  "Le grazie " di Pordenone .Tra i commenti interessanti ci sono quelli di un tale Smolars Sergio di Trieste che celebra su questa modesta vetta la grandiosità della natura. C'è anche il commento d'un Senegalese che quassù si sente libero e affascinato.  Chiudo gli occhi in rilasso ed in breve è ora di tornare .Il mugo di questo sentiero è più profumato di quello di Sompdogna. E' anche un buon sostegno nel procedere , al contrario dell'abete che a volte è elastico e non regge. E' bello passare in questo giardino le cui aiuole sono formate dalle eriche che si fondono benissimo  tra i mirtilli e i rododendri  . Voglio scendere lenta, ma in due minuti la cima è già lontana . Voglio apprezzare ogni angolo di questo percorso . Trovo un gradino comodo tra l'erba e mi fermo. Potrei leggere ed invece resto lì a guardare davanti a me  il Mangart e i suoi apostoli . Riprendo l'andare ed  una brezza sostenuta mi accarezza. Peccato !  Oggi non ho  il piede troppo saldo , quando scivolo la coscia mi manda dei dolori lancinanti. Poco avanti ho trovato un altro posto nel bosco di faggi con l'erbetta su un precipizio. Ci stendo il maglione e guardo di qua e di là il dirupo arredato di essenze diverse dai colori sgargianti.

S'è alzato frattanto il vento Giulio. Mentre penso che in diversi momenti dell'anno prevalgono determinati colori di fiori. Quest'ultima decade d'agosto è la stagione dei fiori viola.

Ho appreso che spesso le cime più alte sono coperte da quelle minori e l'imponente Mangart  , che stava indiscutibilmente con la sua reale imponenza , scendendo,  è sparito alla vista .

Sono alla macchina, la prendo e proseguo per il LAGO del PREDIL, lungo una stradina spacca - assi . C'è un mondo di gente durante il giorno. Cammino un po'  sull'ampio greto di  sassi candidi  e raggiunta la riva, cerco l'ombra tra i salici vicini e leggendo , mi lascio rilassare . Accavallo le gambe  e guardo passare la gente nel  triangolo formato  tra un ginocchio e l'altro .

Finalmente sto romanzo inizia a farsi un po' intrigante. Dall'inizio della vacanza e anche da prima , avrò  riletto l'incipit 6 volte !

  Piani di Montasio – M. Cimone    24 agosto 2003

 

Alle 7 e un quarto parto dopo essermi accorta che le persone arrivate questa notte erano un gruppo  di Sloveni con  cane. Mentre parto fanno colazione su un materassino nelle loro tute tecniche all'ultimo grido. Inizio con un lungo tratto a mezza costa per nulla impegnativo. Ancora una volta sono preda inopportuna  di ragnatele. Le erbe impregnate di pioggia e rugiada  mi  bagnano le gambe. I fiordalisi e qualche ginestra sono  ancora fioriti. Alle otto e mezza s'accende il sole nel bosco, appena spuntato dal Jof di Montasio. Comincio a salire un ripido sentiero. Le scarpe e le calze sono in condizioni pietose. Tendo a scivolare, ma fortunatamente gli arbusti e le ginestre forniscono un buon appiglio . Ho il tallone dolorante ed ho anche finito i cerotti, proverò con alcune foglie tenere. Camminando facevo previsioni per il ritorno: avrò molto da scrivere, quindi mi converrebbe ottimizzare le uscite. Avrò anche da lavorare. Poche ciance a casa e scuola. Raggruppare le uscite per luogo , in modo da guadagnare tempo.

Su per la salita accidentata vedo  porcellini di S.Antonio rossi e neri, mai visti prima ed ecco anche le  prime stelle alpine della stagione. Questa deve essere la nona uscita consecutiva . Nonostante avessi previsto di  fermarmi , tiro dritto .

 Nuvole, sole, il Jof di Montasio ha il cappello.  Sono in vetta al M. Cimone (m. 2.379) C'è un bivacco di lamiera .Lascio asciugare le calze. I camosci sono vicini, sale un gruppo di ragazzi., che afferma che il "loro " bivacco è più bello. Scambiamo alcune frasi. C'è uno stormo di cornacchie. Di tanto in tanto i camosci s'avvicinano circospetti.

13.30

Ho letto un po'. Voglio che le calze si asciughino, ma ora il sole è sparito oltre le nubi che  avvolgono la cima.

14

Lascio il Cimone ai camosci, legittimi padroni. Li vedo indispettiti sugli speroni. Dopo poco un altro incontro : è una viperetta che non vuol saperne di spostarsi dal sentiero, così l'aggiro per il prato.

Devono esserci correnti ascensionali consistenti, quest'oggi : le cornacchie danno l'impressione di divertirsi parecchio  ad affettare l'aria .

Risolvo il passaggio difficile tra le rocce e la terra scivolosa, aggirando il sentiero per altra parte. Devo stare attenta allo zaino , già mi trovo in posizione instabile, poi quello mi spinge giù, senza che poi riesca a controllare dove. Riprendo i prati fino al ripido sentiero pieno di ginestre.

Scivolo. Nulla di grave, ma mi sanguina una mano, devo proteggerla dalla terra con un kleenex e non posso usarla per reggermici. Ripidissima , terra scivolosa e ripeto lo spettacolo un paio di volte, non c'è niente da fare.

Le scarpe e le calze che stamattina erano indicibilmente zuppe, almeno adesso sono asciutte. C'è vento, penso all'eventualità di un terremoto . Non dovrebbe essere simpatico trovarsi in questo vallone  cosparso di rocce in quell'evenienza.

La vista è comunque particolare il Pizzo Viene  di cui vedo i fianchi sembra una torta di verde pistacchio farcito di roccia dal disegno elegante. Inizia il regno delle ginestre, che se in salita aiutano, qua contano ben poco, ed anzi, feriscono le gambe al passaggio.

Dopo pochi minuti mi trovo a pensare: "Bè, tutto qui?" Ho già raggiunto il sentiero a mezza costa . Ora percorrerò i piedi del Pizzo per passare a quelli del M. Zabus.

Sotto il sentiero si stende un gran giardino naturale . La località è chiamata Stavolo sotto le Gladis, che in giugno deve essere uno spettacolo di fioriture : elleboro nero, fiordaliso, centaurea, ginestra, ombrellifere varie, le foglie curative, i cardi.

E allora, mi chiedo? Perché si va in montagna Per soffrire e faticare ? O vedere cose? O conquistare?

In questa vacanza ho sperimentato che spesso e volentieri vacillano le mie primitive convinzioni.

Stamattina questo tratto non mi sembrava così lungo. Più procedo con la vita e più mi sento "normale". E' quello che volevo.

Sono di nuovo ai Piani . Esco dalla valle Canal del Ferro e cambio decisamente zona. Vado nella cartina n.9.

Creta Grauzaria  26 agosto   2003

Prima di arrivare qui   ho girato come una pazza lungo la suggestiva strada della val D'Aupa,  non molto popolata , né sfruttata dal turismo. Forse è per questo che il paesaggio è ancora intatto.  Questa valle , fuori da Moggio Udinese , è deserta .Ho provato anche di andare all'inizio del sentiero, ma di notte non riesco ad orientarmi in queste stradine ed in queste località senza un nome preciso.

Con la luce, invece, trovo subito l'accesso al sentiero che arriva alla Creta Grauzaria. Ma perché alcuni sentieri sono numerati ed altri no?

Entro nel bosco, prendo una scorciatoia a sinistra, taglio prima del rifugio , si fa sempre più dura, passo attraverso  una gola  all'ombra, raggiungo una  sella , lungo il ghiaione fa un po' freddo . Vedo lassù il Portalon la sella successiva. C'è un po' di sole, un altro tratto  faticoso, poi viene il bello : ci sono due possibilità per arrampicarsi in cima , una per la verità si dimostra subito impossibile. Sto per rinunciare sconsolata  (almeno un po' di moto stamattina l'ho fatto) , poi suona mezzogiorno e con calma e concentrazione decido di provarci .

Sono in cima  alla CRETA GRAUZARIA (m 2066)

Passando dai bivacchi non ho fatto il timbro , ma qui lo devo fare e lo ripeto anche sul libro che sto leggendo. Sono  proprio contenta  d'essere arrivata fino a qui . Non è un'altezza eccezionale, ma mi gratifica l'aver superato una difficoltà che dapprima avevo giudicato impossibile. Il Montasio supera i 2700 metri, ma qui mi sembra d'aver aggiunto qualcosa. Estraggo  il libro di vetta dalla sua custodia metallica , incastrata tra le rocce della cima.

Ma guarda un po' : Walter e Nino sono passati anche qui. Poco lontano c'è anche una statua della Madonna spezzata , sostituita da una  più in basso da  un'altra uguale . Più giù ancora c'è una croce. Queste montagne sono disseminate di targhe a ricordo di morti poste dal C.A.I o dai parenti. Il panorama è bellissimo e me lo godo pur non avendo dimestichezza con queste montagne. Mi capita di divertirmi maggiormente  quando dopo due o più escursioni riesco a riconoscere da parti diverse le montagne che ho percorso 

Vedo il monte Sernio qui a fianco con la croce in cima, più in basso c'è la cima dei Guai , con la targa che ricorda una cordata di tre alpinisti caduti , laggiù il paese di Paularo , la Creta di Mezzodì e il M. Flop.

Qui sono arrivata ; ora però dovrò scendere.  E per colmo d'ironia sono riuscita a scendere dalla parte dalla quale non riuscivo a salire.

Mentre scendo utilizzo la mia tecnica per ricordare i pensieri e decido che la montagna non fa azioni, come a volte un certo luogo comune ci porta a pensare. Si legge sui giornali :" La montagna non perdona ! "

Infatti. Essa non assolve né perdona :  siamo noi gli unici attori. Sta a noi decidere se rischiare oppure no. Un 'altra possibile risposta al quesito :"Perché si va in montagna ?" forse è proprio questo: per superare una paura. Per quanto riguarda la percezione del tempo , in queste circostanze avviene  come al computer . E' passata un'ora da che ho iniziato la discesa dalla cima ed ho già percorso  un po' del primo canalone  " E' già passata un'ora?" mi chiedo con  sorpresa. Passo vicino ad uno spicchio verde erboso : mi sembra un giardino ricavato tra le rocce. Ha la forma d'una fetta di torta. Mi piacerebbe averlo in gestione, ma il luogo sarebbe un po' impervio e curarlo sarebbe troppo impegnativo.

Il piacere della discesa del secondo canalone è direttamente  proporzionale alla fatica fatta in salita . Ad ogni passo si scende due metri ed è ancora più divertente della discesa dal Nabois. Solo che ora devo togliermi una massa  ingente di sassolini dagli scarponi. Poveri! Bisognerebbe vedere come sono ridotti!

 

16.30

 

La cognizione del tempo . In questa condizione di vacanze tra i boschi  il tempo passa  più veloce e meglio . Non ho bisogno d'andare a controllare costantemente la condizione del frigo . Al massimo rapino tre lamponi alla radura.

E' gioia quella che si sente al ritorno. Gioia per avere riportato a casa la pellaccia . Sei stanca e torni a casa, dopo aver camminato dentro a quel bel giardino tra i sassi bianchi e i faggi poco più alti di me, il sole. E' stato anche bello passare dentro la faggeta ed assume un altro aspetto la strada rispetto alle visioni stampate all'andata

Non riconosco più addirittura la radura  dei lamponi.

Penso che se m'avessero descritto accuratamente percorso attraverso il passaggio dei due canaloni e di tutto quel  dislivello , avrei rinunciato alla salita. Ora me ne sto beata su un sasso del fiume ad asciugarmi i capelli. Ho fatto anche il bagno.

C'è una fermata d'autobus coperta con gli orari affissi ed un annuncio:  ditta immobiliare cerca stavoli e mulini da sistemare.

Presto anche questa valle avrà il suo turismo.