2nd Chapter
"IMPERIALISM, A STUDY"
"Imperialismo,
uno studio" di John Atkinson Hobson
da 1a
PARTE
edito nel 1902 pagg.108/109 Tascabili Newton
ed. 1996 trad. Luca Meldolesi, Nicoletta Stame
…. Nella fase di libera concorrenza delle manifatture che precede la fase degli
accordi tra diversi produttori, esiste una condizione cronica di
«sovrapproduzione»; nel senso che tutte le fabbriche e gli opifici possono
continuare a lavorare soltanto tramite una continua riduzione dei prezzi fino al
punto in cui i concorrenti più deboli sono costretti a chiudere perché non
possono vendere i loro prodotti a un prezzo che copre solo il costo di
produzione. Il primo risultato del successo della formazione di un cartello odi
un’unione industriale è quello di chiudere le fabbriche peggio attrezzate e
peggio situate e di rifornire l’intero mercato con quelle migliori. Questo fatto
può essere seguito da un aumento dei prezzi e da qualche restrizione nei
consumi, ma può anche non esserlo; infatti in alcuni casi i cartelli ottengono
la maggior parte dei loro profitti alzando i prezzi, in altri casi invece
tramite la riduzione dei costi di produzione, il che si ottiene appunto facendo
operare solo le fabbriche migliori e mettendo fine allo spreco causato dalla
concorrenza.
Per la nostra argomentazione non importa quale di queste scelte venga
effettuata; l’importante è che questa concentrazione dell’industria in
«cartelli», «unioni» ecc. tutt'un tratto limiti la quantità di capitale che può
essere utilmente utilizzato e aumenti la quantità di profitti, dai quali
sorgeranno nuovi risparmi e nuovi capitali. E del tutto evidente che un cartello
che trova la sua origine nella concorrenza spietata, causata a sua volta da un
eccesso di capitale, di solito non potrà trovare all’interno dell’industria «cartellizzata»
un impiego per quella porzione dei profitti che i titolari del cartello
desiderano risparmiare e investire. Nuove invenzioni e altre economie di
produzione o di distribuzione interne a questo settore possono assorbire una
parte del nuovo capitale, ma ci sono rigidi limiti a questo assorbimento. Il
titolare del cartello del petrolio o dello zucchero deve trovare altri campi di
investimento per i suoi risparmi: se egli è tra i primi a introdurre nel suo
settore il sistema del cartello tra diverse imprese, impiegherà ovviamente il
suo capitale eccedente a stabilire simili unioni in altri rami
dell’industria,
economizzando così ancor più il capitale e rendendo sempre più difficile per i
normali risparmiatori trovare sbocco per i loro risparmi. In effetti, la
presenza contemporanea di concorrenza spietata da un lato, e di concentrazione
industriale dall’altro, è prova tangibile del grado di congestione di capitale
esistente nelle industrie manifatturiere che sono entrate nell’economia delle
macchine. Non ci riferiamo qui ad alcuna questione teorica relativa alla
possibilità di produrre con i metodi delle macchine moderne più merci di quante
possano trovare un mercato. Ai nostri fini è sufficiente notare che la capacità
produttiva di un paese come gli Stati Uniti può crescere così in fretta da
eccedere la domanda del suo mercato interno.
Chiunque abbia dimestichezza con queste cose non potrà negare un fatto che tutti
gli economisti americani riconoscono, cioè che questa condizione è appunto stata
raggiunta dagli Stati Uniti alla fine del secolo, almeno per quanto riguarda le
industrie più sviluppate. Le sue attività manifatturiere erano sature di
capitali e non ne potevano assorbire più. Una dopo l’altra esse cercarono
rifugio dallo spreco della concorrenza in «unioni» che assicuravano un po’ di
pace vantaggiosa per tutti, restringendo la quantità del capitale in attività. I
magnati industriali e finanziari del petrolio, dell’acciaio, dello zucchero,
delle ferrovie, delle banche ecc, si sono trovati di fronte al dilemma di dover
spendere di più di quanto sapessero spendere utilmente oppure di dover forzare i
mercati esterni all’area del paese. Due corsi economici erano infatti aperti di
fronte a loro, ed entrambi conducevano verso un abbandono dell’isolamento
politico del passato e verso l’adozione di metodi imperialisti per il futuro. In
primo luogo, invece di chiudere le officine peggiori e di limitare rigidamente
la produzione alla quantità vendibile a prezzi convenienti sul mercato
nazionale, essi si sono trovati in condizione di utilizzare a pieno la loro
capacità produttiva (e anche di allargarla reinvestendo i loro risparmi) se, pur
regolando il prodotto e i prezzi per il mercato interno, decidevano di «forzare»
i mercati esteri; vendendo così il loro sovrappiù di produzione a prezzi più
bassi di quelli che sarebbero stati possibili se non ci fosse stato alle spalle
un mercato interno assai profittevole.
In secondo luogo hanno potuto impiegare i
loro risparmi in investimenti fuori del loro paese, ripagando innanzitutto il
capitale preso a prestito dalla Gran Bretagna e da atre nazioni per lo sviluppo
iniziale delle loro ferrovie, miniere e manifatture; e in seguito diventando
essi stessi una classe creditrice nei confronti di paesi stranieri. Fu
chiaramente questa improvvisa domanda di mercati esteri per le merci e per gli
investimenti la responsabile dell’adozione dell’imperialismo come politica e
come pratica da parte del partito repubblicano (usa), al quale appartenevano
appunto i grandi capitani d’industria e i grandi finanzieri e che era da essi
controllato. L’entusiasmo avventuroso del presidente Theodore Roosevelt e il
suo «partito del destino» e della «missione civilizzatrice» non ci devono
ingannare. Furono i Rockefeller, i Pierpont Morgan e i loro associati che ebbero
bisogno dell’imperialismo e che lo imposero saldamente sulle spalle di questa
grande repubblica occidentale. Essi avevano bisogno dell’imperialismo perché
volevano usare le risorse nazionali del loro paese per trovare un utilizzo
conveniente per i loro capitale che altrimenti sarebbe risultato superfluo. In
realtà non è certo necessario possedere un paese per commerciare con esso o per
investirvi dei capitali; e, senza dubbio, gli Stati Uniti avrebbero potuto
trovare qualche sbocco per la loro produzione e per il loro capitale in
sovrappiù nei paesi europei. Ma questi paesi erano per la maggior parte capaci
di pensare a se stessi: quasi tutti avevano imposto delle tariffe sulle
importazioni di manufatti e perfino la Gran Bretagna era pressata a difendersi e
si dava al protezionismo. I grandi produttori e finanzieri americani dovevano
così guardare alla Cina, al Pacifico e al Sudamerica per cercare occasioni più
profittevoli; protezionisti per principio e per pratica, essi insistettero per
procurarsi il più stretto monopolio possibile di questi mercati; e la
concorrenza della Germania, dell’Inghilterra di altre nazioni commerciali li
spinse a stabilire relazioni politiche speciali con i mercati a cui tenevano
maggiormente. Cuba, le Filippine e le Hawaii non erano che un antipasto per
stuzzicare l’appetito di un banchetto più grande. Inoltre, la forte presa che
questi magnati industriali e finanziari venivano ad avere sulla definizione
della politica del paese costituiva per essi uno stimolo specifico in questa
direzione; stimolo che, come abbiamo mostrato, era all’opera anche in Gran
Bretagna e altrove. …
2a parte IMPERIALISMO
http://en.wikipedia.org/wiki/John_A._Hobson
Ma fu sotto il mandato di Roosevelt (14/9/1901 – 4/3/1909
e 5 anni dopo questo libro) che il sistema scricchiolò di nuovo forte dopo il
1893
http://it.wikipedia.org/wiki/Panico_del_1907 . Il Panico del 1893
come venne chiamato e la seguente depressione, portarono diversi imprenditori e
politici a giungere alle stesse conclusioni che altri avevano raggiunto quasi
una generazione prima, nei termini che: l'industria si era sovraespansa,
producendo più beni di quanto i consumatori interni potessero acquistare. In
Italia per l'epoca una crisi bancaria portò alla istituzione della Banca
Centrale, negli Usa quella del 1907 e porto alla creazione della Federal Reserve
o FED istituita nel 1913.
IMPERIALISMO, COLONIALISMO, CAPITALISMO
|
|
Il Fordismo |
L’imperialismo nella sua accezione non era nato ieri, ma
risaliva all’impero Romano e forse anche prima agli Egiziani, ad
Alessandro Magno etc...: il fine, riunire sotto una sola potenza il mondo
conosciuto per le produzioni particolari e per la capacità contributiva e
bellica in uomini. In seguito gli emuli non mancarono, da Carlo Magno, agli Zar,
da
Carlo V al al Gran Khan della Cina di Marco Polo, fino alla scoperta dell’America che aveva creato un nuovo tipo di
imperialismo sulle terre scoperte, il "colonialismo" (poi esteso all’Africa,
all’Asia e all’Oceania ultima scoperta). Gli ultimi rappresentanti del
“vecchio” imperialismo erano l’Impero Ottomano, la Russia
degli Zar, gli Asburgo e l’impero Cinese che s'erano tenuti alle terre
emerse confinanti tutti travolti poi da rivoluzioni e
guerre (dopo la pubblicazione di questo libro ma non per questo in
senso stretto).
Qualcuno sovrappone anche l’imperialismo al nazionalismo nell’800 ma il
bisogno di fondo è molto diverso, diverso il discorso se poi molte di
queste nuove nazioni come Germania, Francia, Italia si diedero al
colonialismo anche per sfogo demografico come l'Italia o all'opposto degli
Usa dove la nazione era confutabile. Le scoperte geografiche, scientifiche s’erano catalizzate nell ‘800 nel capitalismo come macchina del progresso e della
gestione dei flussi economici, finanziari e sociali. Nell'opera
"Imperialismo. Uno studio", pubblicato a Londra nel 1902, Hobson
(lucido razionalista malvisto dai suoi contemporanei),
sostiene quindi che " …l' Imperialismo capitalista è il prodotto naturale della pressione economica di un
improvviso incremento del capitale, che non può trovare impiego in patria
e ha bisogno di mercati stranieri per i beni e gli investimenti".
Quindi l'imperialismo è nella natura stessa del sistema capitalistico che
genera aumenti di capitali improvvisi e inaspettati che non trovano sfogo e devono espandersi all'estero. L'imperialismo non è
una scelta ma una necessità e "per quanto costoso, per quanto rischioso
questo processo di espansione imperiale possa essere, è indispensabile
alla continuità dell'esistenza e del progresso del nostro paese". Nel saggio "L'imperialismo fase suprema del capitalismo", (Zurigo 1916), Lenin, utilizzando l'opera di Hobson (che
diventerà la sua base demoniaca di riferimento per la dottrina rivoluzionaria)
affronta la questione del capitalismo monopolistico. "L'imperialismo
sorse dall'evoluzione e in diretta continuazione delle qualità
fondamentali del capitalismo in generale. Ma il capitalismo divenne
imperialismo capitalistico soltanto a un determinato e assai alto grado
del suo sviluppo, allorché [... si ebbe] la sostituzione dei monopoli
capitalistici alla libera concorrenza [...]. Se si volesse dare la
definizione più concisa possibile dell'imperialismo, si dovrebbe dire che
l'imperialismo è lo stadio monopolistico del capitalismo."
|
|
“Ognuno è libero di comprarsi la Ford modello T del colore che vuole,
purché sia nero” diceva Henry Ford che portò però la paga giornaliera
a 5 dollari più del doppio di quella comunemente percepita: "se riduci
le paghe, riduci soltanto il numero dei tuoi clienti" aggiungeva. Dai
suoi stabilimenti usciva un’auto ogni 10 secondi!. Il Modello T scenderà
dagli originari 850 ad appena 260 dollari (la paga di 2 mesi). Una cifra
che, all'inizio degli anni ‘20, corrispondeva a neppure 3.000 euro
odierni.
|
Hobson giudica quindi il
colonialismo di sfruttamento come naturale benché perversa deviazione
dell'industria avanzata, che persegue un'espansione globale (da qui il
movimento odierno antagonista dei no-global): per Hobson l'ICeC da
modesti profitti, e tramonta quando un'equa distribuzione del reddito
ravviva la domanda interna. Lenin non concorda però con l'ipotesi che il
capitalismo possa essere riformato o sia “temporaneo”. Solo la rivoluzione
proletaria potrà definitivamente abbattere il sistema capitalistico e
l'occasione è la guerra in atto. La
guerra è infatti la conseguenza dell'imperialismo e la guerra non va
fermata anzi, portata alle sue estreme conseguenze, spingerà i popoli europei alla Rivoluzione. La caduta
nel tempo delle
ideologie di matxiste-leniniste non avvalora automaticamente quelle di Hobson.
L'obiettivo dei paesi imperialisti non era però soltanto la ricerca di
nuovi mercati o di nuove aree di investimento (infatti rimase
sostanzialmente ridotta l'incidenza dei rapporti economici tra le
metropoli e le nuove colonie: L’Inghilterra dal 1855 al 1903 passava dal
31,5 in percentuale di esportazioni al 37% verso i propri possedimenti con
conseguente calo (% non in valore assoluto) verso gli altri
paesi che non venivano parimenti danneggiati nelle importazioni anzi
aumentavano dell’2,5% a scapito dei possedimenti), quanto piuttosto la
volontà di mantenere in condizioni di subordinazione i paesi arretrati
|
|
|
per controllare le fonti di materie prime e spesso per creare uno sfogo
demografico (non era il caso inglese, francese o americano). Con la
modernità degli armamenti la frontiera virtuale delle grandi nazioni si
sposta più lontano (vedi la cintura Russa dei paesi dell’Est dopo la II
guerra Mondiale, quella Usa dei Caraibi o quella Giapponese). Crisi
energetiche, ambientali hanno portato oggi alla costituzione di
organismi economici sovrannazionali come l’Unione Europea etc.... sia per
la sicurezza che per la razionalizzazione degli scambi. Gli scambi
internazionali sono oggi regolati dal WTO. Gli accordi WTO riguardano
lo scambio di merci, servizi e proprietà intellettuale, e fissano principi
generali di liberalizzazione, riduzione dei dazi doganali e apertura del
mercato dei servizi. Obiettivo generale del WTO è quello dell'abolizione o
della riduzione delle barriere tariffarie al commercio internazionale o di
ogni altro atto protezionistico non palese, cosa poco seguita.
Tutti i membri del WTO (ne è esclusa la Russia ma incorpora la Cina !!!
con un sistema di cambi monetari fisso !!!!!!) sono tenuti a garantire verso gli altri membri
dell'organizzazione lo "status" di "nazione più favorita" (most favourite
nation): le condizioni applicate al paese più favorito (vale a dire quello
cui vengono applicate il minor numero di restrizioni) sono applicate
(salvo alcune eccezioni minori) a tutti gli altri stati.
Hobson non lo poteva sapere
perché quando scrisse il libro molto dell’Imperialismo americano era
ancora una analisi in itinere. Le crisi ricorrenti degli anni 70/80/90 dell’800 avevano portato
anche ad una
nuova organizzazione del lavoro. Se prima il sistema produttivo era
composto da un gran numero di piccole e medie imprese poi fu dominato da
un numero limitato di
soggetti accorpati in monopoli e cartelli più o meno dichiarati (vedi il
caso Rockfeller) con enormi fabbriche e complessi industriali di
dimensioni addirittura inimmaginabili nell’800. Non poteva essere
diversamente: nei settori che necessitavano di ingenti capitali molte
imprese meno dotate non sopravissero. Alcune fallirono, altre si fusero
e altre furono assorbite da aziende maggiori non sempre in maniera
trasparente. Tutto ciò contrastava con la teoria della libera
concorrenza fautrice, si credeva, del costo più basso.
segue sotto.. |
|
http://www.naval-history.net/WW1NavalStartPolitical.htm
<<<<<
International events 1870/1914
- the WWI document archive>>>
http://wwi.lib.byu.edu/index.php/Main_Page
Grazie a chimica,
siderurgia e meccanica, il Reich Germanico è considerato la vera minaccia
alla supremazia britannica. Per preservare i vantaggi
politico-territoriali sul continente Bismarck usa veti, doni ed accordi
contro la sindrome d'accerchiamento (Inghilterra e Francia da una parte,
Russia dall'altra). Di fatto Bismarck ritarda la Guerra Mondiale, ma non
può sventarla in eterno: la politica dei suoi eredi vanifica i suoi sforzi
alienandosi la Russia, mentre Londra investe risorse per l'Intesa Cordiale
(Entente Cordiale 1904) anti-tedesca con Parigi e Mosca. L'equilibrio
coloniale di alleanze contrapposte sopravvive a stento alle crisi di
Fashoda e Casablanca ed esplode nel 1914 insieme alla polveriera balcanica
dei nazionalismi. |
IL GIGANTISMO CIVILE NAVALE L’emigrazione fra le due sponde dell’Atlantico, ma non solo (anche scambi
economici e supremazia marittima) avevano dato il “la” al gigantismo
navale nel settore delle navi passeggeri fino al varo della Queen Elisabeth (1938 -83,673 tsl 315 m/l). Alcune di queste, nonostante la dimensione
furono anche navi veloci aggiudicandosi il Nastro Azzurro. La grande
guerra che sta in mezzo al periodo considerato ebbe non poca influenza
sull’esercizio e sulla progettazione (vedi sicurezza). Le attuali navi da crociera sono
almeno il doppio come tonn di stazza lorda (tsl), ma a loro non vengono chieste
prestazioni di velocità e non hanno l’alimentazione a carbone. |
|
|
1906 Lusitania t/s/l 31.550 lungh. 240 |
|
Sito ufficiale:
www.wto.org |
1906 Mauretania t/s/l 31.938 lungh. 241 |
|
sopra Berengaria ex Imperator e sotto Majestic ex Bismarck |
Le “gemelle” Lusitania e Mauretania furono le prime al
mondo ad impiegare la nuova turbina Parsons: avevano una lunghezza
fuori-tutto di circa 240 metri ed una larghezza di 26,8. Avevano 7 ponti,
e potevano trasportare 560 passeggeri di prima classe, 475 di seconda e
1300 di terza. Il Lusitania e il Mauretania detennero in un senso e
nell'altro il record della attraversata dell'Atlantico dal 1907 al 1929.
Il Lusitania naturalmente fino al suo affondamento da parte tedesca
nel 1915.
1910 Olympic t/s/l 45.324 lungh.
270
1911 Titanic t/s/l 46.328
lungh. 270
1913 Aquitania t/s/l 45.647 lungh. 264
1914 Britannic (ex Gigantic) t/s/l 48.158 lungh. 260
The Britannic was the sister ship to the Olympic and
Titanic, although it never ran on the North Atlantic. There is a story
that it was originally to have been named Gigantic. The White Star Line
always denied it but the legend has never been definitely proved or
disproved Its completion was delayed pending the outcome of the court
enquiry into the Titanic disaster. (era una questione di superstizione) |
|
|
1914 Imperator (ted) t/s/l 52,226 lungh. 280 poi
Berengaria |
|
l'altro gigante era inglese la Queen Mary varata nel
1936 lunga 310 m 81 mila tsl 31,7 nodi |
1914 Vaterland " t/s/l
54,282 lungh. 290 poi Leviathan |
|
|
1914 Bismarck t/s/l 56,551 lungh.
291 poi Majestic |
|
Durante la Grande Guerra l’Imperator non venne praticamente messa in
esercizio e dopo servi per
pagare i danni di guerra con la reimmatricolazione in Berengaria nella Cunard
Line (Venne convertita a olio). Il Vaterland si trovava in porto a New
York allo scoppio della guerra. Pur non essendo gli Stati
Uniti in guerra con la Germania la nave venne tenuta ferma in porto per
essere poi trasformata nel 1917 in un trasporto truppe col nome di
Leviathan. Memorabile la traversata straordinaria con oltre 14.000 passeggeri a bordo,
record mai più eguagliato.
More human beings than had ever before sailed on a single ship.
http://www.ocean-liners.com/
|
|
The "Bismarck" was the most unfortunate of the three ships. Whereas the
"Imperator" had at least seen a couple of years of actual service and was
then idle in friendly waters and the "Vaterland" after only a few
crossings had been trapped in a neutral, later hostile, harbor, the
largest of the trio was not even completed when war broke out. La
Bismarck fu la più sfortunata delle 3. Mentre l'Imperator aveva in parte navigato
per essere poi ormeggiata in acque sicure.Quasi terminata (lo scafo nudo della Bismarck venne messa in mare il 20/6/1914 per l'allestimento
un mese prima della deflagrazione del conflitto) allo scoppio della guerra venne
abbandonata per favorire costruzioni diverse di natura militare. Nel dopoguerra in conto danni
venne completata e ribattezzata Majestic.
|
|
|
|
la traversata su una grande nave
passeggeri
http://www.trentoincina.it/mostrapost.php?id=230 |
Se
nell’agone delle grandi navi non avevamo potuto entrare, prima del conflitto,
alla fine di questo alcune condizioni cambiate potevano aprirci le porte. Già
dal disastro del Titanic (la nave sicura, inaffondabile) erano arrivate
avvisaglie su nuove norme di
sicurezza (è famosa la scena della III classe chiusa nelle stive della nave
oltre un cancello perchè non disturbasse la traversata di pochi). A dare il
colpo di grazia fu poi nel ’21 il Dillingham Immigration Act che limitò
drasticamente l’immigrazione dall'Europa. Pur nella crisi generale si
cominciarono con lungimiranza a riconvertire in navi da crociera o jolly vecchi piroscafi e a
progettarne di nuovi interamente diversi per lusso e prestazioni (e gigantismo). Le compagnie italiane erano state fino a quel momento la
cenerentola del passaggio dell’atlantico (salpavano da Genova e da Napoli le navi
tedesche della Norddeutscher Lloyd e della Hamburg-America Line e da Napoli
l’inglese Dominion Line, seguita dalla White Star Line). Da Fiume austriaca
partivano navi dell’inglese Cunard Line per il trasporto di emigranti ungheresi
e l’Austro-Americana Fratelli Cosulich che, partendo da Trieste, faceva poi
scalo a Napoli e Palermo. Eliminati dalle navi i grandi spazi di stiva si
destinavano al loro posto, piccole, modeste cabine destinate alla nuova
clientela borghese. Si diceva che ci viaggiasse quel milione di soldati Usa che non
aveva fatto in tempo a vedere la Francia per la fine della guerra. Nasce qui
anche il mito di "un Americano a Parigi". In quel periodo s’investirono inoltre ingenti capitali per
l’adattamento delle caldaie all’uso del combustibile liquido: la nafta al posto
del carbone (passando prima da altre strane miscele semiliquide da bruciare in
caldaia). Si recuperava lo spazio delle caldaie poiché ora si facevano andare direttamente i
pistoni. La crisi del ‘29 portò alla fusione di 3 compagnie sotto la
bandiera statale della Finmare ( NGI, Lloyd Sabaudo e Cosulich) che avevano in
cantieri due colossi come il Rex (51.062 tonnellate) e il Conte di Savoia
(48.002 tonnellate). Quest’ultima, pur essendo
considerata la più bella nave del mondo fu relegata in una posizione di secondo piano rispetto al “Rex”, un
nome, una garanzia, un destino. Il suo arredamento fu affidato all’architetto Pulitzer-Finali
che si cimenterà poi in architettura industriale in Istria (le città nuove).
Tarabotto partì per il suo viaggio inaugurale col Rex il 27 settembre
1932. Il Conte di Savoia fu affidato al comandante Antonio Lena e partì
per il suo viaggio inaugurale due mesi dopo (30/11/1932). |
|
Negli stessi anni entrarono in servizio
navi prestigiose come le francesi Ile De France e Normandie
(l.314 m.-79 mila tonn.-31 nodi; quest’ultima nel 1935 strappò il nastro azzurro al Rex (l.
m 268-51 mila tonn-29 nodi vedi capitolo) navigando
dall’Inghilterra all’America alla velocità di 30 nodi, 55,7 km/h.
|
IL GIGANTISMO MILITARE NAVALE |
|
Le "DREADNOUGHT" italiane
|
Le "DREADNOUGHT" o monocalibri |
|
(le navi italiane
impostate e comunque completate entro il '15 erano 5 !!). |
The dreadnought was the predominant
type of battleship of the 20th century. The revolutionary HMS Dreadnought
of 1906 (GB)adopted an 'all-big-gun' armament and steam turbine propulsion.
The arrival of the dreadnoughts sparked a new arms race, principally
between Britain and Germany but reflected worldwide, as the new class of
warships became a crucial symbol of national power. In 1915 Britain
produced the Queen Elizabeth, the first of the Super-Dreadnoughts. This
warship had eight 15-inch guns, each capable of firing a 1,920-pound
projectile 35,000 yards. This was followed by four other ships of this
design: Warspite, Barham, Valiant and Malaya. All five ships survived the
First World War, and heavily modified, served in the Second World War. By
1914 the British Navy had nineteen Dreadnoughts (thirteen under
construction), compared with Germany's thirteen (seven under construction).
Other fleets with Dreadnoughts at sea by 1914 ? were: United States (8),
France (8), Japan (4), Austria-Hungary (2) and Italy (1).
|
|
1909 - 12 x 12 inch guns - Dante Alighieri (disarmo 1928)
1910/11 - 13 x 12 inch guns Conte di Cavour (disarmo 1940), Giulio Cesare e
Leonardo da Vinci (disarmo 1923). La lunghezza della Leonardo Da Vinci era di 176 mt. con una larghezza di 28 e dislocava, a pieno carico, circa 24.677
tonns. L'armamento era costituito da 13 cannoni da 305/46 in tre torri
trinate e due binate, più 8 pezzi da 120/50 e 14 da 76/50
1912 - 13 x 12 inch guns Caio Duilio e Andrea Doria |
LA MARINA AUSTRIACA
-La Viribus Unitis era una corazzata
Dreadnought della Classe Tegetthoff, varata nel 1914. Le 4 unità della
Classe Tegetthoff (SMS Tegetthoff, SMS Szent Istvan (Santo Stefano
affondata il10/6/1918), SMS Viribus Unitis (affondata l’1/11/1918), SMS
Prinz Eugen) erano piccole, moderne ed efficienti corazzate lunghe 153m;
dislocamento 21.600 tonnellate; velocità massima 20.5 nodi; dodici cannoni
da 305mm, più dodici da 150mm e venti da 66mm; quattro lanciasiluri;
equipaggio 1097 uomini.
Semi-dreadnoughts RADETZKY class,
ERZHERZOG FRANZ FERDINAND, RADETZKY, ZRINYI - 14,500t, 20 knots,
4-30.5cm/8-24cm/20-10cm, 890 crew, 1910/11
PRE-DREADNOUGHT HABSBURG class, ARPAD, BABENBERG, HABSBURG, - 8,230t, 18
knots, 3-24cm/12-15cm, 625 crew, launched 1900-02
ERZHERZOG KARL class, ERZHERZOG FERDINAND MAX, ERZHERZOG FRIEDRICH,
ERZHERZOG KARL - 10,500t, 19 knots, 4-24cm/12-19cm, 750 crew, launched
1903-05
The initially small Austrian submarine force was unable to play a role
outside the Adriatic, and by early 1915 the Germans were sending U-boats
into the Mediterranean, in part to attack the Allied fleet off the
Dardanelles. As Italy had declared war on Austro-Hungary but not Germany,
the German boats operated under the Austrian ensign and were temporarily
commissioned into the Austrian Navy. Once Germany and Italy had gone to
war in August 1916, German U-boats operated under their own flag. |
|
Of the older Italian ships the Leonardo da Vinci, after being sunk by an
explosion in 1916, was scrapped in 1923. The Conte di Cavour was sunk
during the daring British air raid on the anchorage at Taranto in 1940.
The Caio Duilio was torpedoed at Taranto and beached, but raised and
returned to service. The Guilio Cesare and the Andrea Doria escaped
Taranto and survived the war - the former was turned over to the Soviet
Union in 1948 (war damage), the latter scrapped in 1957-58
E' superfluo aggiungere
che l'industria degli armamenti giocasse un ruolo principe nel
progetto imperialista. A partire dalla fine del
secolo gli investimenti bellici, specialmente navali, raddoppiarono più
volte. |
La "Great White Fleet" di T.
Roosevelt Acclarato che gli
Stati Uniti non erano più una potenza locale, il suo 26° Presidente
Theodore Roosevelt, prima della fine del mandato volle dare al mondo e in
particolare a Giappone e Germania una dimostrazione di forza e
organizzazione. Obiettivi secondari ma non troppo testare la flotta come
un “unicum instrumentum belli” e impressionare favorevolmente il popolo
americano (la pubblica opinione e il congresso) per stimolare l’interesse
per il mare che all’epoca doveva essere bassino e improntato
all’”isolazionismo” (non poi tanto).
White Fleet, a popular name for the newly established “Atlantic Fleet of
the United States Navy”, which was sent
on a round-the-world-cruise
between Dec. 16, 1907, and Febr. 22, 1909, to demonstrate the
ascendancy of American sea power.
The ships set out from Hampton Roads,
Virginia to arrive back there after completing a 43,000-mile voyage. The
fleet first circumnavigated South America, reaching San Francisco. At that
time the fleet traversed the Pacific with calls in Hawaii, New Zealand,
Australia, China, the Philippines, and Japan, then steaming west into the
Mediterranean by way of Ceylon and the Suez Canal. His units participated
in relief efforts after the Sicily earthquake while other ships reached
Constantinople, capital of the Ottoman Empire before returning home via
the Strait of Gibraltar. The 16 battleships, all painted white for the
occasion, comprised the single largest concentration of capital ships in
the world. From 1904 to 1907, American
shipyards turned out 11 new battleships to give the Navy awesome battle
capabilities. This was timely, for, in 1906, hostilities with Japan seemed
possible; the Japanese navy dominated the Pacific and posed a potential
threat to the Philippines. America's problems with Japan arose shortly
after Roosevelt mediated the Treaty of Portsmouth in 1906, ending the
Russo-Japanese War. In that conflict the Russian fleet had been
annihilated by the Japanese. But despite their triumphs over the Russians
on the high seas, the Japanese failed to get all they felt they deserved
at the peace table and blamed Roosevelt for it.
Se la data del 1909 viene presa come
l'inizio dell'Impero Americano, cento anni dopo questo, si può dire, è
agli sgoccioli |
|
|
Nel 1906 la
pressione immigratoria si era tramutata in California in una caccia al
Giallo, che fosse cinese o giapponese non contava molto, reo di lavorare
per un salario troppo basso. Se a questo si aggiunge il confronto in atto
con una superpotenza come il Giappone sfuggita alla tutela della missione
Perry di metà ‘800 ce n’era abbastanza per aspettarsi, da parte delle
autorità scolastiche, dei provvedimenti di segregazione dei bambini
giapponesi: una sorta di apartheid in ritardo. Quando la notizia raggiunse
il Giappone è facile immaginare le rimostranze che Teddy Roosevelt gesti per
uno scambio politico che prevedeva anche il blocco dei flussi migratori.
|
|
Riassunto da un articolo di Oreste
Foppiani da
http://www.marina.difesa.it/editoria/rivista/rivista/2006/agosto/art04.asp
e da altre fonti
http://warandgame.wordpress.com/2008/03/06/great-white-fleet/
|
Roosevelt managed to persuade the Board of Education
to discontinue its segregation policy in exchange for an agreement with
Japan to slow down its stream of immigrants into the United States.
Roosevelt didn't want a break with Japan, as the United States was
ill-prepared for war. Most of our battle fleet was concentrated in the
Atlantic, and there were only a handful of armoured cruisers on duty in
the Pacific. In the event of war with Japan, this small contingent that
made up the Asiatic Battle Fleet would have to abandon the Philippines for
West Coast ports until the United States had strength enough to go on the
offensive. Thus, to impress upon Japan that the US Navy could shift from
the Atlantic to the Pacific, Roosevelt ordered the Great White Fleet to
sail around the world. L’idea della
crociera intorno al mondo partiva quindi da questo handicap navale
(Pacifico sguarnito) che il parlamento americano faticava a digerire, e
faticò a finanziare (come la crociera). Il 16 dicembre 1907 il 26° Presidente
degli Stati Uniti d’America, passò in rivista le 16 navi da guerra della
US Navy (La flotta atlantica era composta da 4 divisioni ciascuna con 4 corazzate, ed ogni divisione aveva un contrammiraglio come
comandante. In tutto c’erano 16 navi ognuna comandata da un capitano di
vascello) in procinto di salpare dal porto di Hampton Roads, Virginia per
una impresa mai tentata fino ad allora. Le navi erano completamente
dipinte di bianco, colore insolito in marina, ma che tornava utile di
notte quando venivano illuminate. La missione partì sotto cattivi auspici.
L’ammiraglio anziano, Robley D.«Fighting Bob» Evans veterano della guerra
di seccessione non stava bene vista l’età e scese alla prima fermata. Il
sostituto contrammiraglio Charles M. Thomas ebbe un infarto e morì. A
prendere il comando passò Charles S. Sperry, che lo mantenne fino alla
fine della crociera. |
|
|
|
|
LA GRANDE FLOTTA BIANCA |
The
fourteen-month long voyage was a grand pageant of American seapower. The
squadrons were manned by 14,000 sailors. They covered some 43,000 nautical
miles (80,000 km) and made twenty port calls on six continents. The fleet
was impressive, but already the battleships were technically outdated, as
the first battleships of the revolutionary Dreadnought class had just
entered service, and the U.S. Navy's first dreadnought, South Carolina,
was already fitting out. The two oldest ships in the fleet, Kearsarge and
Kentucky, were already obsolete and unfit for battle; two others, Maine
and Alabama, had to be detached at San Francisco, California because of
mechanical troubles. (After repairs, Alabama and Maine completed their "own,
more direct, circumnavigation of the globe". There were also numerous
auxiliaries of the fleet, both American and British, that provide coal and
supplies. The American ships included the USS Panther, USS Glacier, and
the USS Culgoa. |
|
Kearsarge BB-5 - Kentucky BB-6
Illinois BB-7 - Alabama BB-8
Wisconsin BB-9 - Maine BB-10
Ohio BB-12 - Missouri BB-11
Virginia BB-13 - Nebraska BB-14
Georgia BB-15 - New Jersey BB-16
Rhode Island BB-17-Connecticut BB-18
Louisiana BB-19 - Vermont BB-20
Kansas BB-21 - Minnesota BB-22 |
In realtà
molte navi erano obsolete (e nessuna dreadnought) e fu un miracolo se le riportarono a casa tutte.
La USS Connecticut, la più grande, aveva una stazza di 16.000 tonnellate,
era equipaggiata con 74 cannoni di vario calibro e poteva raggiungere i
18,8 nodi. L’equipaggio era formato da 41 ufficiali e 815 marinai. La
flotta statunitense, per tutta la durata della crociera, dipese largamente
da colliers stranieri e da stazioni di rifornimento britanniche. Questa
dipendenza evidenziò, quindi, la necessità di migliorare il sistema delle
navi rifornitrici e l’esigenza di creare una rete
di basi navali americane in tutto il mondo. Infatti, la costruzione della
base di Pearl Harbor, nelle Hawaii, era ancora in «alto mare», la Baia di
Subic e il porto di Manila, nelle Filippine, oggetto di una aspra contesa
tra esercito e marina, e l’Isola di Guam poco più di un porticciolo
turistico.
Curiosità
A Ceylon, l’uomo d’affari e velista scozzese Thomas Lipton regalò il suo famoso tè agli equipaggi delle navi americane:
circa 2 kg a ogni ufficiale e circa 400 grammi ad ogni marinaio.
Lasciando Ceylon poco prima del Natale del 1908, la flotta fece rotta verso il Mar
Rosso attraverso il Canale di Suez che tenne occupato per 4 giorni. Dopo
aver fatto carbone a Port Said, la flotta si divise, temporaneamente, in
diverse unità. La Prima Divisione si diresse rapidamente a Messina e a
Reggio Calabria colpite dal terremoto.
Steaming
through the Suez Canal, the fleet took on coal in Port Said, Egypt. While
in Port Said, Sperry received word of a terrible earthquake that had
struck Messina, Sicily. After coaling up, Connecticut and Illinois set a
course for Messina at top speed. When they arrived, sailors did everything
they could to assist the beleaguered city. One of their tasks was to
search for the American consul's daughter, who disappeared during the
quake. But the search was in vain. They never found her.
Il 6 febbraio 1909 tutta la flotta si ritrovò a Gibilterra per l’ultima
tappa. Ad attenderli il presidente che lasciava la poltrona a un nuovo
venuto. |
|
|
...segue da sopra ..Il
modo di lavorare cambiò radicalmente; questa fase venne chiamata anche
“seconda rivoluzione industriale” o SRI. Il grande salto di qualità della
SRI venne dalla meccanica, dalla chimica, dall’elettricità e dal petrolio.
La chimica permise la nascita e trasformazione di nuove materie, come l’alluminio,
e diffuse la soda, i coloranti artificiali e i concimi. Il petrolio,
combustibile di facile trasportabilità (oleodotti e navi cisterna), consentì lo sviluppo dei motori a
combustione interna che apriva l’era dell’auto. Non stupisce che negli Usa alla base di
questo tumultuoso sviluppo ci fosse l’apertura all’immigrazione (milioni
vedi sotto) e all’Ovest, alla nuova frontiera. Gente che lavorava in condizioni miserrime e che
prima o poi sarebbe diventata consumatrice. Nel lavoro di fabbrica era
stata introdotta la divisione del lavoro o
TAYLORISMO da Frederick
Taylor, che consisteva nell'ottimizzazione dell'impiego della forza-lavoro
attraverso la scomposizione delle mansioni: in parole povere la catena di
montaggio e il lavoro ripetitivo e inqualificabile dell’operaio-scimmia.
Nel settore agricolo, grazie allo sviluppo dei trasporti e dei concimi, i
mercati mondiali furono inondati da cereali a prezzi stracciati provenienti da
Usa, Canada, Argentina e Australia. I produttori europei reagirono
al crollo dei prezzi in due modi: da un lato chiedendo e ottenendo dazi
sull'import; dall’altro con investimenti per innalzare la
produttività delle aziende agricole (meccanizzazioni, e nuovi concimi
chimici). Naturalmente non tutti poterono compiere tale conversione. La
fase espansiva Usa si manifestava quindi anche fuori dai confini
attraverso la penetrazione delle grandi società commerciali statunitensi
che giunsero a esercitare un pesante controllo su gran parte dell'America
latina, ma non solo, usufruendo di Governi locali ad Hoc. All’occupazione
dei territori preferirono la "diplomazia del dollaro", gli accordi, gli
affitti di basi navali (già nell’800 avevano un approdo alla Maddalena a S.
Stefano), la costruzione del canale di Panama, la creazione di istituti di
cultura che sarebbero tornati buoni nel tempo come indirizzo politico
delle nuove classi dirigenti straniere raggiunte dal sogno americano.
L’ultima grande occasione venne dalla guerra quando i colonialisti
europei, vecchi e nuovi, si scannarono di fatto consacrando gli Usa come
nuova potenza mondiale. Non andò tutto come previsto perché la
rivoluzione russa scompaginò le carte e la grande crisi del ‘29 riporto i
giochi a zero. Ci vorrà una nuova guerra per sancire una supremazia che
resterà immutabile per decine d’anni.
|
|
Ellis island |
|
|
|
|
|
|
|
U.S. Immigration Statistics: Origin (in percentages %) |
|
|
|
N° |
|
Northern/ W. Europe
|
East/Central/ S.Europe |
Canada and Latin America |
Asia |
|
Between
1861 and 1930, some 33 million immigrants came to a country that numbered
only 76 million in 1900. Immigrants made up 15%
of the total population
in 1900; in
the first decade of the 20th century, immigrants constituted nearly 70% of
the industrial workforce. Immigrants were as essential as fossil fuels to
the great surge of American industrialism. Many Americans were distressed
by the deluge of foreigners. Organizations like the American Protective
Association and the Immigration Restriction League lobbied Congress for
measures to limit the type and number of immigrants, and to impose
restrictions based on national origin, religion, and English proficiency.
But the demand for cheap labor, combined with the tradition of America as
a haven for the world's poor and oppressed, largely kept such nativistic
proclivities at bay. |
1861-1870 |
2,314,824
|
100 |
87.9 |
01.7 |
07.5 |
02.9 |
1871-1880 |
2,812,191 |
100 |
73.7 |
07.3 |
14.5 |
04.5 |
1881-1890 |
5,246,130 |
100 |
72.2 |
18.3 |
08.2 |
01.3 |
1891-1900 |
3,687,546 |
100 |
44.7 |
52.0 |
01.3 |
02,0 |
1901-1910 |
8,795,386 |
100 |
32.0 |
60.9 |
04.3 |
02.8 |
1911-1920 |
5,735,811 |
100 |
17.5 |
58.9 |
20.0 |
03.6 |
1921-1930 |
4,107,209 |
100 |
31.8 |
28.8 |
36.9 |
02.5 |
|
32.699.000 |
|
|
|
|
|
|
|
IL PRELUDIO IMPERIALISTA AMERICANO - 8 luglio 1853 |
|
|
|
|
|
Se avete avuto la pazienza di leggere tutto,
anche il preludio libico del 1805, Vi riportiamo a quando
si aprì sordina lo scacchiere pacifico, cioè a quando l’8 luglio 1853 il
Commodoro statunitense Matthew Perry, con 4 navi da guerra (Mississippi
sopra a sinistra,
Plymouth, Saratoga, and Susquehanna sopra a destra) ancorò nel porto di Edo, l’attuale
Tokio, intimando al Giappone di aprire le frontiere al commercio.
-Never before had the Japanese seen ships
steaming with smoke. They thought the ships were "giant dragons puffing
smoke." They did not know that steamboats existed and were shocked by the
number and size of the guns on board the ships (la futura politica delle
cannoniere). Matthew Perry brought a letter from the President of the
United States, Millard Fillmore, to the Emperor of Japan. He waited with
his armed ships and refused to see any of the lesser dignitaries sent by
the Japanese, insisting on dealing only with the highest emissaries of the
Emperor. The Japanese government realized that their country was in no
position to defend itself against a foreign power, and Japan could not
retain its isolation policy without risking war. |
|
|
|
|
http://it.wikipedia.org/wiki/Bakumatsu
gli anni difficili del Giappone |
Il 31 marzo 1854 Perry (portate a 8 le navi "nere" dell’assedio) costringeva
lo Shogun a firmare un trattato di “pace ed amicizia” con gli Usa,
presidente Pierce.
Ma facciamo un ulteriore passo indietro per capire anche gli sviluppi successivi.
Era da secoli che una casta militare facente capo alla famiglia Tokugawa
controllava il paese rendendo di fatto l’imperatore (Il Re dei re) un uomo di paglia in
mezzo a Re, Principi e daimyo nel "Grande" Giappone ("Dai-Nippon"
http://it.wikipedia.org/wiki/Daimy%C5%8D
) unificato dal primo Tokugawa. Da
200 anni tutte le gerarchie, non solo militari, facevano però capo a questa
famiglia e il paese restò isolato, chiuso nella tradizione e fuori dal mondo fino
all’arrivo di Perry o quasi. Per la verità in passato qualcuno ci aveva
provato, come i mercanti olandesi, ma i risultati erano stati
sconfortanti. Intere comunità che già praticavano il cristianesimo (Ronin)
furono sterminate (massacro di 37.000 convertiti a Shimabara nel 1638).
|
|
|
|
|
|
Tutti i missionari furono espulsi ad eccezione di una piccola comunità
non-cattolica sull'isola di Dejima a Nagasaki. Un mese dopo la costruzione
di una chiesa cattolica a Nagasaki nel 1865, 4000 cristiani giapponesi
svelarono la loro fede originale mantenuta segreta per 230 anni. Questa
chiesa sarà rasa al suolo nell'agosto del 1945 dalla Bomba Atomica. Per apprezzare però i cambiamenti introdotti dovranno
passare ancora alcuni anni poiché l’imperatore della nuova era ha solo 2
anni. Sarà lui infatti, il giovane (15enne) Mutsuhito, il 122° imperatore
del Giappone che dal 1867 con il nome di Meiji Tenno, “imperatore
illuminato” o
tennō "sovrano celeste"
reggerà le sorti del paese dopo la morte del padre Komei la
cui sorella minore aveva sposato lo shogun Tokugawa Iemochi.
L'era Meji traghettò il Giappone dal feudalesimo delle armi da taglio dei
samurai alla modernizzazione “importando” istruttori e consiglieri
americani, sia civili che militari. Le tappe del cambiamento si fecero
sempre più stringenti ed urgenti in un clima da guerra civile (1866)
continua. Il primo provvedimento è la costituzione di una armata imperiale
sotto la guida di istruttori e armi americane (ma non solo) con la leva
obbligatoria già nota in Europa. Viene abolito il buddismo e lo shinto
diventa la religione di Stato: ma non vi sono preclusioni sulle altre
religioni. Vengono via via aboliti i feudi e pensionati i vecchi samurai
con misere rendite. |
|
|
|
|
|
- The Meiji government abolished Japan's class
system. Aristocrats were now allowed to marry commoners. Common people
were given the right to wear formal apparel and to travel on horseback.
The lowest caste status of people called Eta and Hinin, was abolished. The
government abolished the right of samurai to cut down disrespectful
commoners with impunity. Samurai lost their right to wear swords. Daimyo
and samurai were paid pensions, putting a heavy drain on government
finances, but the pensions of lower ranking samurai were reduced to the
pay level of the common soldier. There were samurai revolts, the largest
in 1877, involving several thousand men, confined to Southern Kyushu - the
last feudal uprising against Emperor Meiji's government.
1873 Primo
censimento (35 milioni di abitanti). Adozione del calendario gregoriano.
L’intervento nella economia espande la ricchezza e la ricerca di nuove vie
di sbocco dei prodotti col sistema imperialista rivolto ai vicini coreani
e russi con cui scambiano (per ora) la penisola di Sakhalin con le isole
Kurili
1876
Abolito
il diritto a portare armi per i samurai. E’ questa la miccia che fa
deflagrare definitivamente “l’ultimo Samurai”. La rivolta viene soffocata
con notevoli difficoltà ma con durezza e decisione da parte del nuovo
esercito giapponese di coscritti addestrato e armato dagli stranieri sulla
base delle ultime esperienze europee. Una situazione che si dilungò per otto mesi e
a cui si ispira il film “l'ULTIMO SAMURAI” di Edward Zwick con Tom Cruise
(passato in tv da poco ma anche Seta vedi in
fondo*).
|
|
|
Casa Museo
Stibbert (Firenze). Fra le altre cose in una sezione dedicata al Giappone
si possono vedere le armature dei Samurai (per Stibbert fu possibile
trovare ancora pezzi di grande qualità, 90 armature intere, 200 elmi, 200
katane nonché 600 tsuba, 150 kodogu, archi, lance, selle, staffe etc...)
e porcellane, lacche che erano uscite dal paese la prima volta per la
grande Esposizione Universale di Parigi del 1868.
|
|
“l'Ultimo Samurai” di Edward Zwick con Tom Cruise
http://www.users.bigpond.com/battleforaustralia/foundationJapmilaggro/PerryArrives.html
Sempre a questo periodo fa riferimento il film di John Huston "Il
barbaro e la geisha" con John Wayne del 1958 |
In seguito i contrasti con la Corea portarono a quelli con la Cina da sempre sua
protettrice. Le tensioni in atto da anni si acuirono nella primavera del
1894 quando la setta nazionalista coreana dei Tong-haks scatenò una
rivolta per prendere il potere e destituire la regina Min, la quale chiese
l’aiuto cinese per soffocare la rivolta. La Cina, aderendo al
trattato di Tien-Tsin, comunicò al Giappone l’intenzione di inviare delle
truppe per soffocare la rivolta in quello che essi definirono un loro
“Stato tributario”. I giapponesi contestarono la definizione data dai cinesi della
Corea ed inviarono subito delle truppe, contro il parere del governo
imperiale cinese e qui si torna
daccapo alla prima parte .... |
|
|
Così al
necrologio di Sir R.Alcock, il seniore dei diplomatici inglesi
(morto a Londra a 88 anni) il presidente della Società Geografica
- Sir Rutherford Alcock merita d'essere ricordato come l’uomo
che introdusse in Europa il giapponesi(s)mo, e con ciò contribuì ad una
grande trasformazione dell’arte decorativa moderna. Egli fu, dal 1858 al
1865, rappresentante dell’Inghilterra in Giappone, e non era allora su un
letto di rose. Più d’una volta si tentò di assassinarlo, lui e i vari
residenti. Per l’assassinio di Richardson, volle dal governo giapponese la
"bagatella" di 100.000 sterline, e poiché il principe di Satsuma, uno dei
mandatari degli assassini, tardava a pagar la sua parte ch’era di 25.000
sterline, sir Alcock chiamò la squadra britannica, e la
capitale del principe, Kagoshima, fu bombardata e distrutta per metà. Ma
non è la parte politica della sua carriera che c’interessa. Durante il suo
lungo soggiorno in Giappone, egli apprezzò l’arte di quel paese (ceramiche
porcellana etc) allora sconosciuta in Europa. Quando, nel 1862, si aprì a
Londra l’Esposizione Internazionale, egli tentò di farvi partecipare il
governo giapponese, ma tutti i suoi sforzi furono vani, anche presso i
privati. Allora, egli stesso raccolse gli oggetti più
convenienti, e fece da solo tutta la sezione giapponese, la prima che si
vedesse in Europa. Fu una rivelazione di un’arte nuova; e la sorpresa
si ripeté a Parigi nel 1867. All’esempio sir Rutherford aggiunse i
precetti, e il suo libro su l’Arte e le arti industriali Giapponesi
(1878) fu il primo libro serio che si pubblicasse in Europa sulla materia.
Adesso ce n’è tanti da riempire una biblioteca.
Da L'Illustrazione Italiana
(seconda metà 1897)
- |
|
|
Francia, seconda metà dell'800. Hervè
Joncour (Michael Pitt), figlio del sindaco di Lavilledieu si innamora e sposa la
bella Hèléne Fouquet (Keira Knightley). Abbandonata la carriera militare,
per fare rifiorire le fabbriche da seta del paese, si deve recare in
luoghi lontani per cercare uova di bachi da seta non affette dalla
Pebrina. In questi viaggi continui, conoscerà il Giappone un paese dai
mille segreti e da un tragico presente.
|
|
*A questo periodo fa
riferimento anche il Film "Seta" del regista François Girard,
trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo di A. Baricco.
Attori: Michael Pitt, Keira Knightley, Alfred Molina, Kôji Yakusho, Sei
Ashina, Miki Nakatani.
Torna
|
|