no
studio, condotto sull'alimentazione nelle campagne italiane nella prima
metà del XIX secolo (800), dà un quadro impressionante delle condizioni di
vita delle popolazioni rurali (prevalenti) e urbane.
"
Pane di granoturco, minestre nelle quali si ammanniscono le materie più
scadenti come polenta, patate, castagne, legumi che costituiscono la
quasi totalità del vitto dal quale
è
pressoché esclusa la carne se
non da cortile una volta ogni tanto". A questo si aggiunge l'analfabetismo (80%), la povertà delle
abitazioni e del vestiario.
Al nord tra nebbie, neve e freddo la cucina di base è la minestra o zuppa
di verdure e
la polenta con le inevitabili conseguenze sanitarie (pellagra). La frutta
è principalmente costituita da mele, pere e frutta minore, nonché da uva, che
viene trasformata in vino e che, più che bevanda, è cibo. Al sud e nelle isole, il clima più mite
consentirebbe
una cucina a base d'olio, pomodoro e tante verdure caratteristiche (broccoli, cime etc.), pastasciutta nonché pesce e agrumi. Oggi tale cucina è
più nota come " cucina mediterranea",
ma all'epoca non si sapeva e si conoscevano i suoi benefici. Abbiamo
infatti detto consentirebbe perché alle
classi proletarie una fetta di pane e qualche oliva era già una
concessione. Il rancio preunitario dell'esercito sardo aveva quindi alla
base una robusta razione di pane, cui si aggiungeva un monotono
susseguirsi di brodi di verdura e carni lessate, in cui si cuoceva
cavolo, riso, pastine e legumi, con integrazioni di conforto come gli alcolici,
in occasioni speciali, e il
vino. Il resto del vino i soldati se lo andavano a bere nelle osterie. La carne da brodo lessata proveniva dalle vaccine più vecchie ed era
naturalmente indigeribile. Ricordiamo che gli animali da fattoria erano
allevati principalmente per il lavoro, poi per il latte e
la riproduzione. Ne consegue che solo in "avanzatissima" età venivano
abbattuti o cadevano da soli. La quantità giornaliera di carne, alta
anche secondo gli standard odierni, non deve quindi trarre in inganno.
Si trattava in genere di tagli di scarsa qualità e valore nutritivo,
ovvero frattaglia.
Nel nord solo il maiale
fa eccezione nella cucina popolare poichè nei mesi invernali,
le parti meno nobili e grasse della bestia costituiscono l’integrazione
alimentare più importante. Col grasso, lardo, strutto poi si cucina
tutto l’anno. Essendo la carne di maiale un alimento deperibile, anche se insaccato (ricordiamo che le principali norme igieniche usciranno dalla
scienza alla fine del secolo), difficilmente trova posto
nell'alimentazione militare nella versione arrosti-braciole che
conosciamo oggi. Quando ciò avviene
(insaccata) faceva dire gli alpini
“
a’n dan i salamin, ch’a’n fan stè mal” ci danno i
salamini che ci fanno stare male-. Le condizioni di
casermaggio in cui preparare il cibo e dormire sono delle più
disastrose. Sono requisiti come alloggi vecchi monasteri già utilizzati durante il periodo
napoleonico e si cuoce per compagnia o per camerata. Non c'è un
servizio centralizzato di cucina. E' normale che due e anche tre soldati
dormano in ogni branda. Soltanto nel 1836 saranno distribuite le brandine singole e l'assapane (il pane era distribuito ogni due giorni
ma era molto più fresco e buono di quello d'oggi).
Nel 1828 appare l'antenata della gavetta (1872). Nel 1851 ogni soldato
ha la sua borraccia di legno per l'acqua o il vino e la razione
giornaliera è costituita dai seguenti prodotti in grammi (sotto in blu
un vecchio menù recuperato ma da verificare prima riga grasso seconda
magro: c'era poi quello di marcia che prevedeva solo 245 gr di carne e
184 gr di pane da zuppa. Il pane. detto anche da munizione si divideva
in pane da zuppa ma anche pane per caffelatte etc. se doveva arrivare a
quella quantità giornaliera):
|
pane
|
carne
di bue
|
riso
o pasta
|
lardo
|
maiale
|
formaggio |
vino dcl
|
caffè
|
zucchero
|
|
775 pari a ca. 26 once
|
185
|
185
|
15
|
250
|
|
350
|
|
|
30 once = gr. 920 |
153 |
153 |
15 |
|
|
360 |
|
|
" o più |
|
307 |
30 |
|
|
|
|
|
Vediamo
che alla base vi è una robusta razione di pane e carne di bue da fare
lessata in cui cuocere riso pasta o verdure (cavoli, lenticchie e
patate). Essendo il vitto corrisposto in contanti per compagnia bastava
economizzare in un ingrediente o più ingredienti e si compravano altri
articoli a scelta che non citiamo. Il rancio poteva essere sostituito
dai soldi che organizzazioni locali trasformavano in rancio senza
superare i 65 centesimi. In occasione di marce o campagne
militari la razione giornaliera aumentava con carne di tipo essiccata o
di maiale, formaggio, caffè e zucchero per la colazione. Il pane, prima
del riordino del 1875 era preparato da civili, in seguito distribuito da
panifici militari.
Alloggio: Alla fondazione del Corpo esisteva
(adottato dal 23 novembre 1835 e confermato con brevetto reale del 12
maggio 1838) «la giaci tura a solo» e cioè un letto in ferro alto 52
centimetri da terra, ripiegabile a metà (restava per tutto il giorno
ripiegato), dotato di tela legata con corde, di materasso, di un
capezzale di lana, di due lenzuola di tela e di una «trapunta di
traliccio bianco o turchino imbottita di filacce di moresca, oppure di
una coperta di lana detta catalogna ma soprannominata branda nome che
più tardi fu dato alla giacitura a solo e cioè al letto. Ogni letto
doveva corrispondere a un metro di parete e avere un «assapane» dove il
bersagliere teneva il corredo e il pane (probabilmente dentro una
cassetta). Egli disponeva inoltre di 5 uncini per appendere copricapi,
scarpe, giberne e gavetta. L'Il gennaio 1840 con Regio Viglietto in
sostituzione della branda fu adottata la catalogna di moresca dal peso
di 14 libbre. In marcia dal 1836 ogni Comune era obbligato a fornire
l'alloggio, con paglia a terra e legna per il rancio. Il Comune poteva
anche sistemare i bersaglieri presso gli abitanti, i quali in tal caso
percepivano due centesimi per piazzalloggio esclusi i primi tre giorni.
Poco dopo la fondazione del Corpo, nel 1837 , furono istituite le mense
ad economia per i bass'Ufficiali che prima mangiavano dai vivandieri i
quali dovevano fornire un vitto sano e sufficiente a prezzo moderato
pagato dall'interessato. La mensa ogni giorno doveva fornire due pasti
con vino al costo di centesimi 60, pagato dall' Amministrazione
militare, oltre le competenze individuali di pane e legna. In marcia i
bass'Ufficiali ricevevano il vitto in contanti.
Con l'unificazione anche i menù
cambiano leggermente. L'integrazione di popolazioni diverse, la maggior
possibilità di scambi alimentari cui si aggiungeva lo spostamento di
giovani del sud per il servizio militare al nord impongono una modifica delle
preparazioni alimentari. Più pasta certamente e dopo alcuni anni (la
ferma ne durava almeno tre) si vedeva anche
un certo irrobustimento nei giovani, perfino un aumento in
altezza. La razione giornaliera in grammi ora si compone di:
|
pane
|
carne
di bue
|
riso
o pasta
|
lardo
|
maiale
|
formaggio |
liquore |
vino |
zucchero
|
caffè |
|
560
|
200
|
150
o 300
|
20
|
250
|
|
|
300
|
20
|
15
|
Pane (o galletta secca in sostituzione) pasta e
riso 150 nei giorni di grasso e 300 in quelli di magro, zucchero
20
gr, ma per non più di 200 volte l'anno e altri generi, legumi, ortaggi, formaggio, spezie a
disposizione del comandante per zona e periodo climatico purché non
superasse i cinque centesimi al giorno. Cominciano a fare la loro comparsa a fine secolo cibi
conservati in scatola (non molto apprezzati), brodo concentrato, rum,
grappa. Il cibo è prelevato con la "barella" e consumato nelle camerate o
sotto i portici, seduti su una panca o sugli scalini della camerata.
Certamente si mirava in quel modo a preparare i giovani alle durezze
delle campagne militari, ma consumare pasti per cinque anni e lavare due
volte al giorno la gavetta
con mezzi di fortuna estate e inverno non favorisce ricordi piacevoli
della vita militare. Questa comunque la cucina di casermaggio che in genere è puntuale e variata. Ben diverso il discorso invece
quando si è fuori alle manovre. Se poi si tratta di una campagna
militare il
mangiare avrebbe una maggiore importanza. Qui tutto funziona se e
quando c'è il tempo per cucinare e se arriva il carro della sussistenza.
Per la
Guerra di Crimea si optò, per la
cottura del rancio, con fornelletti, che sono in genere di mattoni,
pietre una sopra l'altra. Con questo sistema per far arrivare l’acqua ad ebollizione
sono necessari 10 minuti e altri tre quarti d’ora ci vogliono per la
cottura del riso, con i legumi e un pò meno per la pasta. Le calorie
sviluppate nei piccoli dispersivi focolai non erano molte. Per la distribuzione del
rancio a un’intera compagnia ci vogliono altri venti minuti e in
totale, tra cottura, distribuzione e consumo, si impiega un’ora e mezza,
che non è poi tanto. Se per il pasto è prevista anche la carne, l’intera
operazione richiede oltre due ore. Per fortuna che le guerre del secolo scorso
duravano pochi
mesi. Garibaldi stesso in Aspromonte dichiara di essersi trovato in
difficoltà perché senza viveri se non quelli contenuti nei tascapane.
Deve fare spesso incetta nei pollai con un naturale risentimento dei
padroni che invece
di liberatore lo dipingono come rubagalline. Si sperimentano anche forni mobili
per la cottura del pane, utilizzati in diversi modelli fino alla seconda
guerra mondiale, che seguono le truppe in prima linea assicurando una
continuità nel vitto. Nel 1870 viene adottata una nuova razione
per ritornare poi nel 1890 alla soluzione
precedente con integrazioni per le truppe di montagna (Alpini) da poco
costituite.
pane
|
carne
di bue
|
riso
o pasta
|
lardo
|
maiale
|
formaggio |
liquore |
vino |
zucchero
|
caffè |
|
750
|
220
|
225
|
20
|
|
|
|
250
|
15
|
10 |
Le compagnie cominciano a dotarsi di mezzi di cottura, di trasporto
più idonei per la conservazione del cibo da usare negli
acquartieramenti anche di tipo civile non ufficiale. Continua ad esistere la
figura del cantiniere (civile) e della vivandiera (femmina) gestori dello spaccio
e della mensa ufficiali. Nel 1920 sarà sostituita dagli spacci
cooperativi gestiti direttamente dai reparti. Con lo scoppio delle
guerre coloniali assurge a notevole importanza l'invio via mare di
derrate, anche deperibili, ora possibile con le navi frigorifero. In questi
territori non si è sicuri di trovare quanto e nella qualità
necessaria. La povertà di questi popoli e le diverse abitudini
alimentari ne fanno in ogni caso un fornitore non continuativo. Quello che per
ora è il problema del caldo e delle distanze diventerà con la prima
guerra mondiale anche un problema di freddo e di qualità. Per l'arco
di tempo in cui si è svolta e per la quantità d'uomini coinvolti metterà a dura prova la logistica dei reparti. Il Carso, come le Alpi
non sono luoghi ideali per far arrivare in prima linea il vitto o le
materie prime per confezionarlo. Il dispendio di calorie di un militare
in azione sono altissime e fu uno dei grandi problemi nelle maggiori
battaglie. Gli uomini partivano spesso, dopo un pasto abbondante dal
campo base, portandosi dietro tutto quello che riuscivano a far stare
nel tascapane ed una borraccia d'acqua. Salendo in quota nei periodi
estivi quello che veniva a mancare per prima era l'acqua. Il Carso di per
se è conosciuto come il regno delle acque sotterranee ma le sorgenti sono a
valle. In trincea il pacco spedito da casa col poco risparmiato
dai familiari risollevava il morale. Dal gennaio 1917 a fine guerra,
aumenta la razione giornaliera delle truppe, che viene portata
gradualmente a 3500 calorie, rispetto alle 3.000 precedenti, comprensive
di 750 grammi di pane e 250 grammi di carne (cominciavano ad arrivare aiuti dagli
americani, ma non gratis) cui si aggiunge un quarto di vino, caffè,
zucchero, riso o pasta e generi di conforto come sardine, marmellata,
cioccolato, cordiale e polizza di assicurazione gratuita contro gli
infortuni di guerra !!!.
I soldati italiani entrarono in
guerra equipaggiati con la gavetta mod. 1872 modificata 82 e ridotta
(in dimensioni) nel 1896. Il rancio era trasportato dalle retrovie
mediante le casse di cottura, che contenevano le marmitte coibentate
con 25-30 razioni ognuna, trasportate a dorso di mulo fino alle linee.
Erano in grado di mantenere la temperatura interna di 60° C per oltre
24 ore, per cui la cottura avveniva in gran parte durante il
trasporto. Il rancio della prima guerra mondiale era il risultato del
cambiamento già operato con la guerra di Libia, quando dalle 2850
calorie si passò a 4085. Le razioni erano di tre tipi e variavano da
fronte a retrovia, dove si consumava la razione territoriale
modificata, che contemplava meno calorie, mentre al fronte venivano
distribuite la razione normale di guerra e quella invernale di guerra. Esisteva anche una razione da viaggio che era composta da 400 gr di
galletta e 220 gr di bue in conserva (scatola).
Naturalmente la razione , che
all'inizio della guerra consisteva di 750 gr di pane, 375 di carne,
200 di pasta oltre a cioccolato, caffè, formaggio cambiò a seconda
della disponibilità dei viveri che nel corso della guerra variò
sensibilmente, ma anche in relazione alla località. In alta montagna
venivano distribuiti supplementi di lardo, pancetta, latte condensato,
mentre al servizio di trincea erano contemplati alcolici, del resto
segno inequivocabile dell'imminente assalto. Nel
dicembre 1916 la razione diminuì per i problemi alimentari di cui
soffriva l'Italia, passando a 3000 calorie, cioè 600 gr di pane e 250
di carne, spesso sostituita da pesce poiché la carne bovina era in
larga parte di importazione. Prima di attaccare bisognava quindi fare
il calcolo delle calorie, se non si rischiava di non avere quelle per
ritirarsi. Dopo Caporetto, gli italiani chiesero
insistentemente più grano agli alleati, ma a quel punto la strettoia
era diventata la marina mercantile, falcidiata da affondamenti , che
poneva il drammatico dilemma: far arrivare carbone o grano? In ogni
caso nel giugno 1918, la razione, che nel novembre 1917 era ancora di
3067 calorie, venne aumentata a 3580 per sorreggere lo spirito dei
combattenti. Per fare un rapido confronto basterà dire che i francesi
avevano una razione di 3400 calorie e gli inglesi di 4400 !!!.
Da appunti del maggiore F.L. Pulle
Senatore: Il fabbisogno di grano in tonn. per il 1918 prevedesi in
2 milioni 500 - deficit per l'Italia l'anno venturo
5 milioni 300 " " l'Inghilterra "
5 milioni 700 " " la Francia ecc..
17 milioni in tutto, compreso pei paesi neutri. Si potranno importare
dai paesi produttori
2,500 da Canadà
1,200 India
1,500 Australia
3,000 Tunisia, Algeria, Marocco
1,000 l'Argentina
______
9,000 totale
provvedimenti per controbilanciare:
Censimento, razionamento,
importazione in comune degli alleati (impegnati per 2 anni dopo la
guerra),
produzione mediante prezzi remunerativi, libertà di circolazione dei
prodotti; ingrassi e strumenti agricoli; mano d'opera.
L'impero austro-ungarico nel 1918 si stava invece sfaldando: le nazioni
che lo componevano cominciavano a mostrare segni di rivolta verso la
monarchia danubiana, la carestia di viveri e di materie prime
imperversava, soprattutto nelle grandi città, e i soldati erano esausti
e quasi alla fame dopo quattro anni di guerra.
Alle loro case nel gennaio
1918 la razione di pane diminuì da 200 grammi giornalieri e a 165 per i
lavoratori, con la distribuzione di un'oncia di carne al giorno (poco
più di 28 g !!! 200 grammi la settimana per i combattenti e di soli 100
grammi/settimana per i complementi !!!). E' certamente fatto riconosciuto che buona parte della
sconfitta austro-ungarica dell'ottobre e novembre 1918 va addebitato al
miserevole trattamento alimentare del soldato asburgico mentre il
soldato italiano poteva contare su una razione che era migliore di
quelle riservate al cittadino italiano non mobilitato. Il
rancio oggi vedi capitolo in sommario
http://gazzette.comune.jesi.an.it/2000/57/2.htm
Sotto Tabella
standard odierna della Società Italiana di Nutrizione Umana per una media
attività lavorativa (non sedentaria) che richiede dispendio energetico |