la prima lira italiana

ISOLA D'ELBA - BERSAGLIERI DI NAPOLEONE

 

Di bersaglieri o cacciatori nell’isola d’Elba si era già sentito parlare nella rivolta antifrancese del 1799 ….. La seconda colonna francese marciava con sicurezza, convinta che gli insorti di Poggio e Marciana fossero ancora impegnati nel blocco di Portoferraio, ma quando giunse ai magazzini pogginchi in Consummella fu accolta da un fuoco di moschetteria, così ben nutrito, così ben diretto così micidiale, sostenuto da bersaglieri invisibili, perché nascosti dalle boscaglie, dai muri a secco e dagli scogli che rendevano quel terreno quasi impraticabile, che la costrinse ad indietreggiare sino al punto di partenza per riordinarsi». Allora erano altri tempi: solo qualche anno più tardi molti di loro andranno in Russia con Napoleone per restarci.
 

ll 31 marzo 1814 le forze unite di Inghilterra, Prussia (la futura Germania), Russia e Austria entrano a Parigi. Napoleone è costretto a sottoscrivere l’atto di abdicazione e col trattato che ne segue deve accontentarsi di diventare un pensionato di lusso. Il trattato di Fontainbleau dell’11 aprile gli assegna infatti l’Elba (isola) come principato e una pensione annua di due milioni di franchi. Quell’anno è governatore dell’isola il generale Dalesme e la sua guarnigione è composta da meno di 500 effettivi. La miniera di ferro di Rio è ferma da mesi per l’impossibilità di trasportare il minerale fuori dal paese, e l’economia dell’isola ne risente. Il ritorno dei pochi reduci dalle guerre napoleoniche e lo sbandamento tra i militari della guarnigione, causato dal clima di incertezza post sconfitta e abdicazione, fomentano nuovamente sentimenti di ostilità contro i francesi. Una bandiera in campo bianco con banda diagonale rossa e tre api d’oro, è la bandiera che Napoleone fa preparare quale simbolo del nuovo regno. Il 3 maggio 1814, alle ore 18,30 circa, la fregata inglese ‘Undaunted’, getta le ancore nella rada di Portoferraio. http://www.elbalink.it/infotourist/napoleone.php?select=napoleone&action=2   

Lo zar di Russia, Alessandro, vincitore sul campo del ‘grande Corso’, gli aveva concesso di sceglere fra tre isole: Corfù, Elba e Corsica. Si ritiene che la scelta di Napoleone sia ricaduta sull’Elba, più che sulla madre patria, per la posizione geografica, vicina alle coste italiane, alla Corsica e (un po' meno) alla Francia. Molti dicono che non scelse la Corsica perchè i parenti e i nemici gli avrebbero fatto la pelle. Egli sceglie quindi l’Elba per le stesse ragioni che adduce, palesemente e non: la bontà del clima e la "dolcezza" dei suoi abitanti, ma anche le maggiori risorse economiche dell’Elba, rispetto alle altre due isole: vedi le miniere del ferro, le cui rendite impinguano le casse della Legion d’Onore, da lui stesso fondata. Un’altra ragione per scegliere l'isola è che la piazza ha pochi uomini, fedeli, organizzati e buoni combattenti. Fra l’altro Bonaparte avrebbe potuto contare anche sull’altra fortezza di Porto Longone che, sempre contro gli eserciti francesi, aveva dimostrato altrettanta forza e sicurezza (nel 1947 questo abitato assunse l'attuale nome di Porto Azzurro, più consono in ottica turistica, e per dissociarlo dalla fama di carcere duro che continuò ad esistere nella fortezza. Porto Azzurro, al tempo "Porto Longone", era un territorio dello Stato dei Presidi. Lo Stato dei Presidi comprendeva Orbetello, Porto Ercole, Porto S. Stefano e Talamone, ai quali si aggiunse Porto Longone nel 1.602). Quando arriva all’Elba meraviglia non poco la sua perfetta conoscenza dell’isola, dei suoi problemi economici, amministrativi e politici. San MartinoL’intensa attività che egli svolge nei dieci mesi di permanenza ha la funzione di dissimulare il progetto di riconquista del potere, ma d’altra parte per un uomo della sua levatura è facile, se non vedere realizzati, individuare e delineare tutta una serie di progetti e intuizioni. Uomo di eccezionale ordine e autodisciplina, oltre che di intuizione, cerca di dar vita a una organizzazione completa e minuziosa nelle diverse branche del governo e dell’economia del piccolo territorio. Egli si occupa di tutte le questioni, dai piani per l’esecuzione delle piantate dei gelsi, degli olivi e dei castagni, fino al miglioramento degli apprestamenti difensivi e al relativo concentramento di tutta la difesa dell’isola a Portoferraio; sgombera parzialmente la piazzaforte di Longone fino ad arrivare alla ‘conquista’ e al ripopolamento dell’isola di Pianosa, luogo fortificato avanzato nel canale di Corsica, che solleva tanta ironia fra i contemporanei e gli osservatori internazionali, che gli perdonano queste sue smanie di "grandezza" e bellicismo. Molto importanti sono i progetti e i lavori alla rete stradale. Napoleone traccia un preciso piano per il riassetto e il relativo prolungamento delle strade e pretende la realizzazione immediata della strada da Portoferraio a Longone e quella da Portoferraio a Procchio. Egli prevede per sé e la sua corte la costruzione e il riadattamento immediato delle due dimore dei Mulini e di San Martino e, per la buona immagine del suo regno, pretende il restauro delle vie e della lastricatura delle strade del capoluogo che portano alla sua dimora principale. L’imperatore all’Elba s’era infatti fatto costruire anche un edificio per la piccola corte fra il forte Falcone e quello dello Stella, che prende il nome di ‘Casa dei mulini’.

 

 

Gian Gastone de’ Medici aveva fatto abbattere molti anni addietro gli antichi mulini a vento per costruirci le carceri e l’annesso quartiere del comandante l’Artiglieria e genio. Bonaparte fa abbattere l’edificio adibito a carcere e unisce i due quartieri separati con una grande sala centrale. La palazzina dei Mulini risulta così composta da due padiglioni congiunti da un edificio principale. Fa demolire i casolari circostanti, tanto da ottenere una piazza abbastanza grande da contenere un battaglione schierato. Dalle finestre domina la città e la darsena, mentre dall’altro lato scorge l’orizzonte marino. Per un certo periodo si era anche pensato che Napoleone uno sbarco lo avrebbe fatto in Italia, più comoda e vicina.

Definitivamente abbandonato il progetto verso l’Italia egli prepara la partenza per la Francia. Tale decisione è determinata, oltre che dalla sua volontà, dal consiglio dei suoi più fidati ufficiali e infine dal fatto che Napoleone sente l’ostilità crescente da parte delle nazioni vincitrici. Egli comincia a sentirsi minacciato fisicamente da continui tentativi di eliminazione, veri o presunti tali. Nessuno dei commi del trattato di Fontainebleau è rispettato: gli è negata la visita dell’imperatrice e del loro figlio; sono annullate le dotazioni economiche e finanziarie; mai erogate le somme e gli appannaggi pattuiti con le potenze vincitrici per il mantenimento suo e della corte e infine, dopo averlo dichiarato sovrano indipendente, si è circondata l’isola di una fitta rete di spie, di controllori e di navi, che intercettano tutta la sua corrispondenza e interrogano tutti i suoi ospiti da e verso l’Elba. Ma la residenza di Napoleone nell’isola è breve. Aspetta il momento propizio, sotto l’aspetto politico e militare, per involarsi convinto che la sua presenza sia ancora necessaria alla Francia e all’Europa. Il 26 febbraio 1815 dopo un ballo di Carnevale dato al Teatro dei Vigilanti (se l’era fatto ricavare dalla sconsacrata chiesa del Carmine e tutt'ora è il teatro dell’Elba) Napoleone lascia segretamente l’isola. Allentatasi la vigilanza degli inglesi per l’assenza del colonnello Campbell, il brigantino Incostant al comando del capitano Chautard prende il largo con l’Imperatore a bordo. E' armato con 18 cannoni. Normalmente avrebbe 64 uomini d’equipaggio ma, date le circostanze, ne ha molti meno per imbarcare 400 granatieri. La piccola flotta comprende anche due golette e una bombarda. 200 bersaglieri elbani stanno sull’"Etoile", i cavalieri sul "Saint-Esprit", 40 artiglieri, 300 cacciatori corsi seguiranno su altre imbarcazioni. Una delle golette fa da vedetta. La destinazione, per precauzione, è ancora segreta. I vascelli si dirigono ad ovest separatamente per non aver l’aria d’essere un convoglio. Infatti Campbell, uscito il giorno seguente dal porto di Livorno con la sua fregata non avrà alcun sospetto.
Una cosa assolutamente necessaria, calcolando la velocità con cui viaggiavano le informazioni, era far si che a Vienna e Londra la notizia della fuga arrivasse quando lui era già in Francia. La spedizione comprende poco meno di un migliaio di uomini, inclusi gli equipaggi e gli uomini al seguito dell’Imperatore (su tale entità numerica le fonti non concordano, chi scrive di circa 700 uomini, o addirittura chi parla di 1.200). Pons de l’Hérault, testimone oculare della partenza e al seguito dell’imperatore, scrive di 670 unità armate: “(…) Soldati e ufficiali devono fendere una folla enorme che si è assiepata nelle strade e nella darsena al suo arrivo in terra di Francia. Poi, in carrozza, arriva Napoleone e tutti gli uomini si tolgono il cappello e tutte le donne si inchinano, rendendo omaggio alla sua persona. Cala un profondo silenzio denso di emozioni" (non era arrivato proprio in incognito).
http://www.cronologia.it/storia/a1805b.htm -  http://www.elbaoggi.it/cultura.htm  - www.elbasun.com/.../ La_petite_Armee.htm

 


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