LA RIVOLUZIONE RUSSA1918/1920 LA LEGIONE "REDENTA", LA BRIGATA FANTASMAe l'Esercito "personale"del Ragioniere Andrea Compatangelo"Dimenticate dove siete stati e cosa avete fatto, cosa avete visto e sentito. Questo colloquio non ha mai avuto luogo e noi non ci siamo mai visti. Evitate d'ora in poi ogni atteggiamento che possa richiamare la pubblica attenzione..... ". Queste le probabili frasi che si sentirono rivolgere Antonio Fantin e compagni, da Ronchi, dall'Ufficiale comandante prima di entrare in porto a Trieste. Loro, ex soldati dell'Imperial Regio Esercito, ex prigionieri ed ora ex soldati di quello Italiano vincente, da 6 anni lontani da casa, erano ormai giunti in vista delle coste giuliane.. E dire che quando erano partiti la Svobodnaja Sibir aveva scritto:" La Russia non dimenticherà mai il sangue versato dagli italiani nell'oscura tajga di Kansk. Ai nostri fedeli alleati auguriamo oggi con cuore sincero buon viaggio. Portino il saluto della fredda Siberia all'Italia solatia e raccontino in Europa quel che hanno visto da noi. L'esperienza della nostra patria infelice serva di ammonimento affinché non avvenga mai tra di loro quel ch'è avvenuto nel nostro paese". Era l'anno 1920, e in Italia non era il caso di vantarsi con altri di aver sparato ai comunisti. La nave, partita prima di Natale, era entrata ormai nel golfo di Trieste e tutti potevano vedere da Miramare a Pirano lo splendore del golfo nonostante la fredda mattinata invernale (12 febbraio 1920). "Anzichè dirigersi alla Stazione Marittima il bastimento attraccava ad un molo commerciale, semideserto. Non vi erano altre navi ormeggiate e l'unica cosa che rendeva viva quella zona era un treno di carrozze "milleporte" fumante. A fianco del treno e in testa al molo una lunga fila di Carabinieri Reali e una ambulanza. Molte cose qui erano cambiate, l'Austria s'era ristretta e non era più un impero. Alle porte di Trieste scalpitava un altro regno aggressivo, quello di Jugoslavia e poco distante a Fiume si confrontavano italiani con italiani. Ad aver perso la guerra non sembravano essere gli jugoslavi ma gli italiani. Ci dissero che gli scontri di piazza fra fazioni di opposto colore erano giornaliere e quindi evitassimo coi nostri stessi familiari qualsiasi accenno anche a ricordi piacevoli. Il nostro segreto sarebbe sceso nella tomba con noi. Non eravamo più cittadini dell'impero e, a quanto era dato vedere, cittadini italiani da nascondere. Quando fu il momento di partire i ferrovieri incrociarono le braccia e si dovette attendere ore; poi finalmente la partenza a tendine abbassate per il campo di smistamento. "Una spedizioni di cani sarebbe stata trattata meglio" LA LEGIONE REDENTA detta anche dei Bersaglieri Friulani o neri dal colore delle mostrine Tutto era cominciato con lo scoppio della guerra nell'estate del '14 dopo l'assassinio di Sarajevo. L' Imperial-Regio (kuk) -Esercito aveva chiamati e spediti in Galizia a combattere contro i Russi, friulani, triestini, istriani e dalmati. Povera gente come loro, che si batteva per uno Zar che non amavano e che al popolo non aveva dato altro che miseria e fame. Gli ufficiali austriaci che li inquadravano non avevano fiducia degli "italiani". C'erano state diserzioni, ammutinamenti sotto il fuoco, azioni disciplinari dure. Poi un giorno durante una offensiva erano caduti prigionieri in molti*. Ci fa un fedele ritratto di questi tempi Girolamo G. Corbanese nella sua monumentale opera in 5 volumi - Il Friuli, Trieste e l'Istria nel conflitto 1915-1918 vol. 5 - Del Bianco Editore - 2003. Dal 28 luglio vennero chiamati alle armi quelli della prima categoria e i riservisti fino al 37° anno di età che affluirono al III C.d.A austriaco del Litorale Adriatico nei reggimenti 97° (deposito Trieste), 87° (Pola), 47° (Gorizia), 27° (Graz) e 27° Landwehr (Lubiana). A fine agosto erano sul fronte della Galizia. A fine ottobre la prima grande offensiva Russa provoca la disfatta di questi reparti. Dei 100.000 prigionieri 1/10 sono della Venezia Giulia e Dalmatica. Dopo una sosta obbligata a Mosca vengono smistati nei 45 governatorati dell'Impero, dalla Siberia alla Russia Europea. Poiché molti parlano italiano, lo zar si sente in dovere (non per le terre irredente che lui non ci riconosce e mai riconoscerà) di offrirli al Regno D'Italia (forse solo per umanità ) che naturalmente non può accettare poiché in quel momento noi ci si dichiara per la neutralità. Quando il 24 maggio 1915 l'Italia entra in guerra si riaprono le trattative ufficiali. Il giornalista Virginio Gayda (con incarichi di consulente presso l'ambasciata), la marchesa Trentina Gemma Guerrieri Gonzaga e Virginio Ceccato tramite la CRI ottengono di riunire i prigionieri a Kirsanov o Kirsanoff.
Agli ex prigionieri viene proposta
l’accettazione della Cittadinanza italiana senza l’obbligo dell’arruolamento.
Circa 10.000 tra Trentini e Giuliani furono in qualche maniera sistemati in
dodici edifici diversi: scuole, cinema ex prigioni, fabbriche dismesse, case
sequestrate ai tedeschi (repubblica Tedesca del Volga). Dormivano per terra
sulla paglia e il vitto consisteva in 600 grammi di pane nero, tè al mattino, tè
alla sera e 100 grammi di minestra a mezzogiorno. Gli ufficiali prigionieri
avevano organizzato un servizio sanitario: il triestino F. Rosatti, il quale
annotò che praticamente l’assistenza era inesistente, mancando qualsiasi
medicina e ogni attrezzatura chirurgica. Fine luglio 1916 - Il governo italiano
invia in Russia una missione militare per organizzare il rimpatrio degli ex
prigionieri irredenti, comandata dal T.Col Achille Bassignano. Da settembre a
gennaio ca 4.700 ex prigionieri raggiungono l'Italia via Arcangelo (polo Nord)
Glasgow (piroscafo inglese Huntspeal).
Si ha notizia di questi per l'arrivo a Torino nel novembre 1916 di un contigente
che verrà poi impiegato nelle catene di montaggio della Fiat e alloggiato alla
bene e meglio (Baracche).
Dal diario di CARLO POKRAJAC (fu Antonio)
contadino nato a Canfanaro d’Istria il 1 aprile 1896 arruolato nell’Esercito
Austriaco. Fatto prigioniero dai russi ha seguito gli avvenimenti della
rivoluzione e il trattato dello status di prigioniero amico accordato ai dalmati
e Istriani, nonchè Giuliani in mano Russa. Ciò comportava libertà di movimento e
il rimpatrio appena possibile attraverso terre sicure e in pace.
http://www.grandeguerra.ccm.it/scheda_archivio.php?goto_id=1219
L'azione di raccolta nei vari campi (si credeva ci fosse qualche decina di migliaia di "italiani" detenuti in Russia) proseguiva nei primi mesi del '17. Le fortune dell'esercito Russo avevano alti e bassi in scontri titanici con l'esercito tedesco. In queste macine di morte venivano triturati di volta in volta anche mezzo milione di persone. Il caos sociale e la rivolta ormai covavano da mesi e nel marzo esplosero con la deposizione dello Zar da parte di Kerenski, rivoluzionario moderato. La guerra proseguiva si ancora contro l'invasore ma era una lotta senza spirito, impari destinata ad una sola fine: la sconfitta. Trovare funzionari governativi che dessero l'autorizzazione a spostamenti, mezzi e rifornimenti era ormai impresa impossibile per Cosma Manera. Nel campo di Kirsanoff e Volodga l'inverno arriva presto. Infatti, preceduto da un crescendo di avvenimenti importanti quali la presa del palazzo d'inverno, scioperi d'intere armate etc, il giorno 8 Novembre 1917 (25/10) veniva destituito il Governo provvisorio di Kerenski. Il subentrante Comitato Rivoluzionario, presieduto da Lenin, decretava un armistizio per la cessazione delle ostilità al fronte. Man mano che il tempo passava e le possibili soluzioni svanivano, la Missione italiana si trovò nell'incalzante necessità di agire per non lasciarsi cogliere passivamente dagli avvenimenti, e dai ghiacci, che di lì a poco avrebbero chiuso di nuovo il porto di Arcangelo. Si decise allora di dirigere verso Vladivostok, all'estremo est della Russia, alla spicciolata e in piccoli gruppi quanta più gente si poteva con ogni treno in partenza sulla transiberiana nella speranza che in quel porto vi fosse qualche probabilità di imbarco e di rimpatrio. Le partenze da Kirsanoff avvennero a cominciare dal 28 Dicembre 1917. Pochi uomini per volta, affrontando il gelo della tajga, la sterminata steppa siberiana, con scarsi viveri e tra mille pericoli, si ritrovarono nell'arco di due mesi al porto di Vladivostok. Ma il traffico nel porto era talmente congestionato che non vi erano navi per trasportare gli uomini, neanche pagando astronomiche somme. Manera non si perse d'animo: l'unico lembo di terra amica era la concessione italiana a Tien-Tsin in Cina (a due passi si fa per dire). A partire dalla fine del 1917, alla spicciolata o a piccoli gruppi, circa 1.900 ex prigionieri di Kirsanov e i 600 rimasti bloccati a Vologda, vengono avviati in treno verso Vladivostok, muniti di documenti, rilasciati dalla nostra missione, comprovanti la cittadinanza italiana. Parte, circa 1.500, raggiungono Harbin in Manciuria, 600 vengono accolti a Laosha-gou in Cina e altri 400 trovano una sistemazione a Nikolsk Ussurijaski (fiume Ussuri) in Siberia. L’assistenza è curata dallo stato italiano: il rancio è abbondante, ma scarseggiano gli effetti di equipaggiamento. 1918, fine febbraio/primi marzo - Tutti gli ex prigionieri irredenti, che si trovano ancora in diverse località della Siberia, vengono trasferiti per ferrovia, attraverso Mudken, a Tientsin in Cina, dove a cura del nostro Consolato sono alloggiati nelle caserme inglesi dell’Indian Barraks, inquadrati da una ventina di ufficiali italiani in compagnie di circa 200 uomini nei distaccamenti “Irredenti”, riequipaggiati con divise giapponesi (cappello alpino con coccarda tricolore) e poi distribuiti in tre sedi: 1.750 rimangono a Tiensin, 500 passano a Pechino e 250 a Shan-kai-kuan. Il totale si aggira intorno a 2.500 uomini, dei quali 1.600 sono trentini e circa 900 giuliani. Ha inizio l’addestramento con fucili prestati dagli inglesi. Tra i giuliani si arruolano volontariamente nell’esercito italiano: 21 di Gorizia, 8 di Aiello, 26 di Aquileia, 7 di Campolongo, 9 di Cervignano, 6 di Cormons, 2 di Farra, 3 di Gradisca, 8 di Grado, 2 di Mariano, 3 di Monfalcone, 4 di Moraro, 1 di Mossa, 17 di Ronchi, 6 di Ruda, 1 di S. Lorenzo di Mossa, 2 di S. Pietro d’Isonzo, 2 di S. Vito al Torre, 1 di Scodovacca, 1 di Strassoldo, 2 di Versa, 5 di Villesse, una folta schiera di triestini, diversi istriani e molti trentini (tutti da terre ex austriache). Questi uomini, inquadrati nei battaglioni rosso e nero dal colore delle mostrine, rappresentano il nucleo del costituendo Corpo Italiano di spedizione in Estremo Oriente (CSIEO), rinforzato poi con l’arrivo dall’Italia di un altro contingente di militari. 550 in precarie condizioni di salute raggiunge poi l’Europa via S. Francisco New York.
Dopo aver
attraversato quasi 17 paralleli !! *Per la singolarità della loro avventura ricordiamo le vicende di sette degli undici disertori zaratini che combatterono per l'Italia nel Corpo Italiano di Spedizione nell'Estremo Oriente (C.I.E.O.). Con lo scoppio della guerra ALBORGHETTI Simeone, PORTADA (de) Nicolò, CONFALONIERI Paolo, SUBOTICH Natale, KAITNER Giovanni, ZAUNER Andrea, MATESSI Antonio erano stati destinati con altri reparti austriaci in Galizia, sul fronte russo. Nel giugno 1916, quando l'offensiva di Brussilov travolse gli austriaci, quegli "irredenti" disertarono e passarono ai russi. Vennero inviati in un campo di raccolta, ma in attesa di potere raggiungere l'Italia e combattere con l'Esercito italiano, furono coinvolti dagli avvenimenti della rivoluzione bolscevica. Abbandonati a se stessi, da Kirsanoff, per Vologda, attraverso la Siberia, dopo mesi di patimenti, raggiunsero fortunosamente Harbin, in Manciuria. Proseguirono attraverso la Cina, ed il 18 giugno 1918 erano a Pechino. Entrarono a far parte del reparto italiano che, al comando del maggiore Cosma Manera, presidiava la Legazione d'Italia. Dopo un paio di settimane furono trasferiti a Tien-Tsin, dove era arrivato dall'Italia il Corpo di Spedizione italiano nell'Estremo Oriente. Inquadrati nel battaglione degli "irredenti" - "battaglione nero", dal colore delle mostrine - vennero aggregati al C.I.E.O. Durante quell'inverno, mentre la guerra in Europa finiva, e sino al giugno 1919 combatterono sul fronte siberiano contro i bolscevichi. Il 25 novembre 1919, nel porto di Cin-Quan-Tao, s'imbarcarono sul piroscafo Nippon, per rientrare in Italia. Furono necessari 69 giorni di navigazione prima di arrivare a Brindisi. Proseguirono via mare, ed il 4 febbraio 1920 sbarcarono a Trieste. L'8 febbraio 1920 riapprodavano a Zara, dopo cinque anni e mezzo di assenza. Il Ministero della Guerra concesse a questi sette un "Encomio Solenne", ed a Matessi, Kaitner e Zauner anche la croce al merito di guerra. Degli altri quattro che combatterono con il C.I.E.O., DRAGHICEVIC Giacomo, MLADINOVICH Giuseppe, MAESTROVICH Giuseppe, OGRISEVICH Vladimiro non si hanno particolari notizie, ma certamente furono protagonisti di un'analoga odissea.
Ringrazio l'amica Marie-Noëlle Snider per aver recuperato questo vecchio canto in ricordo del nonno cervignanese soldato austroungarico sul fronte russo
Siam
prigionieri, siam prigionieri di guerra Austriaci e tedeschi nella loro avanzata verso est occuparono il Regno del congresso polacco, territorio di fatto inserito nell'impero russo e lo amministrarono provvisoriamente con due Governatori Generali: uno tedesco a Varsavia e uno austro-ungarico a Lublino. Circolavano allora nel paese le valute degli occupanti oltre al vecchio rublo russo e a un marco d'occupazione. Il 5 novembre 1916 si costituiva il nuovo regno di Polonia (o reggenza) che di fatto non riuscì mai a decollare. Susseguente a questo atto il 9 dicembre si costituiva la Banca di Cambio Polacca che varò anche una moneta nazionale (il marek o marco sopra). La stabilità della nuova moneta fu garantita dalla Banca Nazionale tedesca fino alla cifra di 1 miliardo di marchi. All'epoca dell'Armistizio con le potenze occidentali (11 novembre 1918) c'erano già 880 milioni di marchi in circolazione (non garantiti più da nessuno). Il nuovo governo repubblicano polacco decise di mantenere il marek come valuta per il momento e di permettere alla Banca di Cambio di continuare a esistere e a stampare in patria nuove emissioni. Il 14 aprile 1924, la Banca di Polonia fu proclamata nuova banca centrale della Polonia. Il marek fu scambiato con una nuova valuta, basata sull'oro, detta Złoty e da allora sparì nei cassetti dei collezionisti. A Kazan, nei pressi di Samara viveva il Ragioniere Angelo Compatangelo commerciante di Napoli, cronista per l'Avanti a tempo perso. Qui nell'estate del '18 per sua iniziativa con resti di prigionieri dispersi viene costituito un piccolo contingente composto di circa 300 uomini i quali dettero vita a quel reparto irregolare italiano che assunse la denominazione di "Battaglione Savoia" . L'unica forza operante a cui appoggiarsi era la legione Ceca (oltre 40.000 uomini) con ufficiali superiori Francesi in ritirata verso la Siberia e Vladivostok. Per loro era stato prospettato un imbarco e attraverso gli Stati Uniti e l'Atlantico un reimpiego sul fronte della Marna in Francia !!!!. La fine della guerra in novembre gli tolse questo problema lasciandogli però quello di uscire a forza dalla Siberia. Le guardie rosse volevano riprendersi gli armamenti concessi a suo tempo dallo Zar. Il battaglione Savoia (nulla a che vedere con la Colonna Savoia) seguì le vicende delle truppe Ceche e in ultimo pose la sua sede a Krasnojarsk ove rimase fino a quando, in seguito all'arrivo del Corpo di Spedizione italiano, fu avviato a Vladivostok fondendosi colla "Legione Redenta". http://www.trentoincina.it/mostrapost.php?id=290
GLI ITALIANI IN MANCIURIA Il porto di Vladivostok, all'estremo oriente Russo era diventato il porto degli aiuti all'ex impero in decozione. Qui erano di base le flotte da guerra del Giappone, della Gran Bretagna e degli Usa. Qui i soviet pur presenti non si manifestavano per timore di rappresaglie. La pace di Brest-Litowsk del 3 marzo 1918 fra russi e tedeschi, oltre che aver reso disponibili 35 divisioni tedesche per il fronte francese e molte altre austriache per l'ultima battaglia del Piave del maggio-giugno, aveva indotto nell'Intesa la convinzione che la Germania stesse fagocitando la Russia. Si favoleggiava di oltre 800.000 prigionieri tedeschi in mani russe. Soldati tedeschi erano stati visti nel Granducato Russo della Finlandia (intervento in Murmania) in Ucraina verso la Crimea, e coi Turchi verso il Caucaso !!!. . Una vera e propria bomba a mano con innesco sia per la Russia che per la Germania post bellica (non avevano ancora perso però) se inquinati dalla propaganda. L'Intesa, senza il consenso di Wilson (presidente Americano), premeva sui Russi per aprire un fronte proprio a Est, un intervento su invito, così lo si chiamava. Il regolare scambio di ambasciatori in aprile tra Russi e Tedeschi affossò il piano. Il 26 maggio 1918, quando la Legione Ceca iniziò il ritiro verso oriente aprendosi la strada con la forza, i contrasti coi Soviet locali che volevano disarmarli deflagrò in scontri feroci. I Cechi nel loro procedere a cavallo del tracciato della Transiberiana su più colonne venivano alternativamente in contatto con bianchi e rossi determinandone di volta in volta le sorti politiche e militari. A Krasnojarsk nei territori neutrali dell'ammiraglio Kolchak e dell'Atamano Cosacco Semionov * si trincerarono in attesa degli eventi. A questo punto favorevole anche gli Usa parte la missione di soccorso per portare a casa la Legione. Il 3 agosto i Giapponesi, ansiosi per altri motivi, sono già pronti a sbarcare. Li seguono Inglesi e Francesi con forze minori. Gli americani presentano solo una forza simbolica che si tiene in disparte. Da quel momento i Giapponesi spadroneggeranno per altri 4 anni in Siberia. Con la costituzione del C.S.I.E.O. (Corpo di Spedizione Italiano in Estremo Oriente-Luglio 1918) l'Italia ritira la propria Missione militare italiana a Pietrogrado (Leningrado) ed apre col T. Col. Vittorio Filippi di Baldissero la missione militare in Estremo Oriente, a Vladivostok. La ricerca dei prigionieri di guerra di lingua italiana proseguì per tutto l'anno 1919 raccogliendone altri 2.500 entro la fine dell'anno. Questi uomini, man mano che affluivano a Vladivostok venivano inquadrati in una unità speciale detta "legione Redenta", mostrine rosse, che venne utilizzata, per scarsità di altre truppe, anche per servizi armati. Nella Legione affluirono oltre ai "volontari" anche altri elementi inquadrati in un reparto denominato "dei prigionieri di guerra" che non avevano chiesto l'arruolamento nell'esercito italiano. Gli altri prigionieri venivano smistati tra Vladivostok e Tientsin a seconda della disponibilità del naviglio che li doveva portare in Italia. 15 agosto 1918 - Tutti gli irredenti combattenti o no giurano fedeltà all'Italia Il contingente metropolitano italiano destinato a dar man forte e "ufficialità" in Manciuria era costituito da un plotone di carabinieri, da una sezione di artiglieria da montagna, da una compagnia mitraglieri Fiat e da 1/2 battaglione di fanteria. Il comandante era il Col. FASSINI CAMOSSI, un veterano dei Boxer. Il piccolo corpo giunse a Tien-Tsin col piroscafo Roma e a VIadivostok il 17 ottobre 1918 . Nel frattempo i più anziani (727) dei giuliani e trentini lasciano la Cina per Napoli. Con gli irredenti in loco vennero costituiti due battaglioni regolari di fanteria e servizi per un totale di ca. 2000 uomini con bandiera italiana "irregolare" e mostrine nere. Il 25 il contingente era ad Harbin, il 17 novembre a Irkusk e il 21 a Krasnojarsk. L'inverno passò tra problemi di casermaggio e sporadiche azioni. Le vere operazioni non cominciarono che a primavera. In quel momento in estremo oriente stavano operando oltre agli Italiani 40.000 statunitensi (per lo più in porto e nella costa), 60.000 giapponesi, la legione Cecoslovacca (50.000), 4.500 inglesi e 500 francesi. Fra le altre il 17 maggio una divisione ceca della Legione, della quale facevano parte due compagnie italiane, attaccò un forte corpo bolscevico di sei reggimenti di fanteria con numerose mitragliatrici. I nostri fanti, sostenuti dalla sezione artiglieria da montagna, dopo un'ora di lotta, conquistarono le posizioni nemiche e ne inseguirono i difensori; la sera occuparono Rubenskey; il giorno dopo si scontrarono col nemico a Imbesci e lo sbaragliarono. (Krasnojarsk 18/5/19) Più di cento treni hanno deragliato. Si sapeva che bande bolsceviche, o meglio dei briganti , facevano scorrerie lungo la linea; ma si ignorava assolutamente il numero. Solo da pochi giorni i comandi sanno che più di cinquanta bande sono lungo la Transiberiana, organizzate magnificamente, tutte in comunicazione con il grosso accampato nella foresta. I commissari bolscevichi, che non sono pochi, reclutano di continuo uomini e hanno una fabbrica di munizioni con grandi magazzini di materiale e di viveri: Tutto ciò è sorto di nascosto nell’ immensa foresta trasformata in veri villaggi, dove la banda vive con le donne e i loro figli: La popolazione di Krasnojask è invasa dal terrore: nelle vie non c’è anima viva e tutti sono in casa con le imposte chiuse e le porte barricate. Il 23 la divisione partì per Narva. A poca distanza da questa città il nemico cercò di sbarrarle il passo, ma battuto prima dall'artiglieria italiana e attaccato poi dai Cechi, fu respinto. Un'altra compagnia italiana, la 2a, incorporata in un'altra colonna ceca, partecipò il 17 maggio, al vittorioso attacco di Sèmenowskoe. Infine, una colonna italiana, composta dalle compagnie di fanteria 3a e 4a, dalla compagnia mitragliatrici e dalla sezione di artiglieria da montagna, partecipò con onore il l° giugno, insieme con un battaglione ceco e uno squadrone di ussari, al combattimento di Alexejevska e il 10 e il 12 alla difesa della testa di ponte sul Leiba. La fonte di Corbanese ci dà l'azione sottostante datata 17 luglio ma la motivazione del Quirinale riporta 15/11/1919. Soltanto nell'agosto 1919 il corpo di spedizione fu concentrato a Krasnojarsk per avviarne il rientro in patria. In quel paese freddo e disastrato l'unica cosa che continuò a funzionare per anni come un orologio fu la ferrovia. Carbone e riparazioni si trovavano ad ogni angolo. A scaglioni rifecero in treno il viaggio verso la Cina, colpita in quel momento dal colera. La quarantena e la scarsità di navi impedirono l'imbarco dei combattenti fino al 26 novembre. S.Ten di Fanteria PETRANICH Nereo - Data e motivo del conferimento: 31- 5- 1921 - "Spinto da magnifico eroismo si slanciava tre volte nelle acque del fiume Irtis, agitate da violento vento, salvando due uomini e tentando di salvare una ragazza; finché, sopraffatto dalla stanchezza e dalla violenza della corrente, veniva egli pure travolto e gloriosamente soccombeva, chiudendo con così sublime sacrificio la giovane e purissima vita di soldato e di patriota. Omsk (Siberia), 15 novembre 1919” In complesso i caduti italiani (7) vengono tumulati a Krasnojarsk (G. Sartori, A. Agolanti, R. Furlani). Gli ultimi uomini del contingente italiano lasciavano la Manciuria rispettivamente ai primi di dicembre con arrivo ai primi di febbraio del 1920 a Trieste e nel febbraio 1920 con arrivo il 2 aprile a Napoli. Stesse le avvertenze allo sbarco. Al posto dell'ambulanza, a Roma, un furgone dello Zoo municipale venuto a ritirare due orsetti (Panda? ma uno sarebbe andato a Trieste?).
Il treno poi risaliva una penisola ormai
in preda a lotta politica con scontri di strada, scioperi e attentati. A
Follonica fu sganciato il vagone dove i soldati erano stati accatastati, i
ferrovieri non volevano farli proseguire per solidarietà con gli scioperanti di
Decima di Persiceto**. I Diavoli
Neri abituati a ben altri cimenti, iniziarono allora a minacciare di far saltare
in aria la stazione, il tenente Bianchi infine ordinò di innestare le baionette
e riuscì "convincere" il capostazione, un manovale e due controllori a
riagganciare il vagone. Quando arrivarono a Livorno il treno fu circondato da
una folla di dimostranti che pensava che i Diavoli fossero destinati a reprimere
le sommosse operaie, fu duro riuscire a convincere la folla inferocita che erano
militari che stavano per essere congedati, intervennero i Carabinieri e fu
necessario mostrare i fogli matricolari per riprendere il viaggio. Il giorno
dopo arrivarono al deposito di Piacenza, qui ottennero il congedo e consegnarono
le armi. Si disse che gran parte dei reduci dalla Siberia corse ad iscriversi ai
primi fasci di combattimento. Manera ebbe 27 onorificenze e decorazioni e fu promosso
colonnello. Ma la ricompensa maggiore fu il soprannome di "Papà dei
Redenti" che gli rimase addosso per il resto della vita. la piantina sopra indica fra il mar Nero e il Caspio (e oltre in retinato nero) le zone occupate dagli inglesi che dal 1919 dovevano essere cedute a un Corpo d'armata italiano (CdA) di 80.000 uomini. Le aree ucraine segnate Denikin (russi bianchi) erano condivise sul mar Nero e Crimea da un CdA Francese http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/cmr_0008-0160_1981_num_22_1_1903#
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