Antonio Bertone - Giusto tra le Nazioni

http://it.wikipedia.org/wiki/Giusti_tra_le_nazioni#Elenco_dei_giusti_italiani   

Antonio Bertone nasce a Saluzzo (Cn) nel 1905 da Natale ed Erminia Bernardi. Mentre studia (corsi giuridici) pratica atletica leggera, Pentathlon (vedi foto a fianco coi gradi di sergente a Helsinki col 7° bersaglieri per i giochi militari del 1936 ?), Calcio (gioca nel Savona e nel Modena) ed altri sport come l’equitazione e il tiro a segno costituenti il Pentathlon. Notevoli anche i risultati conseguiti nella corsa con la vittoria nei 400 metri ai campionati militari italiani 1928/1929 e il titolo di campione provinciale bresciano e lombardo nella stessa stagione. Passa poi al settore arbitrale dove negli anni ’30 arbitra in serie A e B (L'arbitro più rappresentativo a Cuneo in quegli anni fu proprio Antonio BERTONE, che dal 1933 al 1936 diresse 7 gare in serie A). Con la guerra, ma non sappiamo quando (forse prima) è ufficiale in S.P.E con incarichi di Stato Maggiore. E’ in Croazia al termine della campagna di Jugoslavia (1941) con la 1a div. Celere del Gen. Ferrari Orsi (11° Rgt. bersaglieri e 12° Saluzzo e 14° Rgt. Alessandria Cavalleria ) con comandi a Karlovac e Ogulin. Ferrari Orsi dice di lui .... i suoi meriti lo portano a trascurare la forma, ma è un ufficiale che si distingue per prontezza di mente, decisione, cultura, preparazione professionale... Una foto lo ritrae anche nella commissione che traccia i confini fra la nuova provincia italiana di Lubiana e il nuovo stato Croato a seguito degli accordi di Roma. E’ qui, in queste terre tormentate che avviene l’incontro di Bertone con gli Ebrei di Ogulin. Dal 20 Maggio 1941, “tutti i poteri civili sui territori assegnati allo stato indipendente di Croazia sottoposti fino ad oggi all’occupazione militare italiana passano alle autorità croate”. Questo l'antefatto che non ebbe mai applicazione perché in Giugno mentre la 2a Armata stava progressivamente ritirando le sue truppe dalla Croazia scoppia una rivolta dei Serbi della Lika, contro i quali gli ustascia croati si erano già distinti per eccidi di massa. Per questi motivi e per prevenire altri scontri tra le diverse etnie e religioni gli italiani ricevettero l’ordine di occupare l’intera fascia demilitarizzata. Vennero posti presidi a Moravice, Jazenac e Karlovac nella zona del V C.d.A. e a Livno e Vrlika, oltre a Gracac e Knin nella zona del VI C.d.A.. Gli eccessi degli ustascia croati erano diretti oltre che alle minoranze serbe e musulmane anche verso gli ebrei.  

 

Foto da STORIA DEL NOVECENTO luglio 2006 - Notizie ad integrazione articolo di Ernesto Zucconi

 

Ad oggi (2010) risultano quasi 500 i cittadini italiani non ebrei ufficialmente riconosciuti come giusti tra le nazioni a Yad Vashem. Antonio Bertone è uno di questi dal 2006.

 

FAMIGLIA CONFORTY

Presenti a Zocca di Modena alla fine di maggio '43
Conforty Renata figlia di Salvatore da Fiume Italia 10.06.1942 - Madre Hamburger Olga
Hamburger Olga figlia di Lavoslavo da Saljani Romania nata il 26.03.1916 Marito Conforty Salvatore
Conforty Salvatore figlio di Giacomo da Travnik Jugoslavia nato il 25.08.1906 Moglie Hamburger Olga
Hamburger Lavoslavo figlio di Adolfo da Boglianj (Bojanovo?) nato in Germania? l'08.09.1881
Kerschner Wilma figlia di Carlo da Putinci Jugoslavia nata il 26.10.1889

Passiamo ora al racconto di Renata Conforty

La mia famiglia viveva tranquilla a Zagabria (Croazia) in Jugoslavia, e mio padre Salvatore era commerciante all'ingrosso di pellami per pelliccerie. Nella primavera del 1941 la Germania invadeva la Croazia e la Serbia (Jugoslavia): una guerra di pochissimi giorni, e per noi ebrei iniziarono immediatamente le persecuzioni razziali e le deportazioni verso i campi di sterminio. I miei genitori, per cercare salvezza, furono costretti a scappare da Zagabria, ormai occupata dalle SS Tedesche. Il 17 luglio 1941 si rifugiarono temporaneamente in zona d’occupazione Italiana e precisamente a Ogulin, a casa di Elsa Hamburger in Goldner, sorella di mia mamma. Per guadagnare qualcosa gli ebrei affittavano stanze agli ufficiali italiani ed è in questa occasione che Bertone diventa amico dei Conforty. Bertone, sentita la loro triste storia, consiglia loro di abbandonare anche la Jugoslavia per raggiungere l'Italia; ed essi si convincono di affidarsi totalmente al suo aiuto. Il 5 agosto Nino organizza il trasferimento clandestino dei miei genitori in treno per l'Italia. Si incontrano nelle primissime ore del mattino alla stazione di Ogulin; egli personalmente li sistema in uno scompartimento di Ila classe, fa abbassare le tendine e mette due soldati (uomini di sua fiducia) nel corridoio davanti alla porta dello scompartimento. Con altri ufficiali si sistema in Ia classe. Ogni volta che passa la famigerata polizia croata degli Ustascia e le autorità di confine italiane, i due soldati di guardia fanno in modo d'evitare il controllo dei due passeggeri nascosti. Così arrivano alla stazione di Fiume (allora Italiana). Il colonnello Bertone si attiva subito per procurare documenti italiani per i miei, che altrimenti sarebbero stati immediatamente rimpatriati dalla polizia. E verso sera li accompagna in questura e li presenta al commissario Giovanni Palatucci. Evidentemente il colonnello conosceva bene questo personaggio, allora capo dell'ufficio stranieri, che salvò in quegli anni molti ebrei fuggiaschi prima di essere lui stesso trucidato a Dachau. Anche la sua memoria è stata onorata dallo Stato di Israele con il riconoscimento dì "Giusto fra le Nazioni". Mamma e papà passano la notte ospitati nella soffitta della questura e l'indomani mattina ottengono il permesso di soggiorno. Affittano un appartamento in via Mario Asso, 4. http://web.tiscali.it/comitatopalatucci/palatucci.html

 

arbitro serie A

Menachem Shelah “Un debito di gratitudine. Storia dei rapporti tra l’Esercito italiano e gli ebrei in Dalmazia (1941-1943)”. Il saggio racconta come “l’Esercito italiano, con l’appoggio di alcuni diplomatici, protesse gli ebrei allora dimoranti nella Dalmazia occupata, come anche, nello stesso periodo, nella Francia del sud, rifiutandone la consegna ai nazisti con vari stratagemmi, salvandoli da morte certa”, scrive nella prefazione L. Elio Paserman.

Nasco io a Fiume nel giugno 1942 ma in agosto Nino (Antonio) ci consiglia di lasciare la Dalmazia. Sempre col suo aiuto, che nel frattempo è riuscito a mettere in salvo anche i miei nonni materni, Lavoslavo Hamburger e Wilma Kershner, cura i nostri trasferimenti e le nostre sistemazioni, come internati liberi, in diverse cittadine italiane: Mirandola, Sestola, Zocca (presenti a maggio del 1943 ), tutte in provincia di Modena. Poi da Zocca a Misano e a Bassano del Grappa vicino ad Asolo, dove il colonnello è stato trasferito con il suo contingente. Poi ancora a Valenza Po, per avvicinarci alla sua famiglia che, proveniente da Cuneo, lì si era trasferita. Il 10 novembre 1944 nasce mia sorella Dina e, per non destare sospetti nella popolazione, viene battezzata. A Valenza Po siamo rimasti fino alla liberazione dell'aprile 1945. Nel frattempo in Italia cambiano molte cose, anche per gli ebrei dopo l’8 settembre soggetti al controllo effettivo dei tedeschi. Bertone fa una scelta molto sofferta: Fra Badoglio e Graziani prese, per spirito di lealtà la seconda strada che seguì fino in fondo. Come alto funzionario dello Stato, il Colonnello avrebbe dovuto seguire "gli ordini ufficiali ". vigevano le leggi razziali, e cioè emarginare prima e perseguitare poi una famiglia ebraica, egli invece ha seguito la sua coscienza di Uomo con la U maiuscola e, anche a rischio della sua vita, ha offerto la sua amicizia, quella vera, quella del famoso detto ebraico "ama per il tuo prossimo come per te stesso" cioè opera per attuare ciò che è il bene del tuo prossimo. E così Nino ha agito verso di noi.

Antonio Bertone Bersagliere è inquadrato nella nuova divisione Bersaglieri Italia, addestrata in Germania e schierata dall’inverno 1944 in Garfagnana, prima la comando del Gen. Mainardi poi di Carloni Mario (22/2/45) che ha avuto il figlio Bruno morto in Russia col 6° Bersaglieri (Oro)

nota: La divisione bersaglieri "Italia" viene costituita il 25 Novembre 1943 presso il campo di addestramento di Heuberg (Stettino Pomerania ora Polonia) con un primo nucleo di volontari provenienti dai campi di internamento. Altri reparti vennero addestrati a Ulm a Donau (Baviera), Muntzingen (Baden Wurttemberg). L'organico venne completato alla fine di Maggio '44 quando affluirono dall'Italia i contingenti di leva e i richiamati. Completato l'organico e l'addestramento, la Divisione, nei primi giorni del Dicembre '44, si trasferisce in Italia, prima a Verona e poi a sud di Parma. Alla fine di Dicembre è in linea sulla direttrice per la Cisa, fra Colecchio, Sala Baganza e Berceto. A metà gennaio '45 inizia il movimento verso il fronte della Garfagnana.

 

L’Appennino modenese fu un rifugio sicuro per gli ebrei che a iniziare dal 1943 fuggirono dalle città e cercarono riparo sulle montagne, così come per numerosi ebrei di nazionalità straniera che già si trovavano in Italia in condizioni di “internati liberi”.La presenza di ebrei è segnalata un po’ in tutto l’Appennino, nei centri principali e nelle frazioni: da Guiglia a Montese, da Pavullo a Montecreto, da Fanano a Sestola, Zocca fino a Serramazzoni, Pieve, Fiumalbo, Lama e Frassinoro.

 

 

 

secondo da sx

   

 

La fine del conflitto lo colse in provincia di Parma al suo posto di Capo di Stato Maggiore Divisionale. I soldati Brasiliani della Feb scesi dall’Appennino Modenese percorsero dal 22 al 26 aprile la pedemontana per portarsi a Collecchio (pr) onde tagliare la ritirata alle divisioni italiane della RSI e tedesche impegnate a fronteggiare gli americani sul crinale. Dal 26 al 28 aprile 1945, nelle località di Collecchio e Medesano gli ultimi scontri fra gli uomini di Carloni e Otto Fretter Pico che cercavano di aprirsi una via verso il Po e verso le alpi. Queste formazioni, già sfiduciate, dai ranghi ridotti e con grave penuria di mezzi motorizzati, provenivano dalla Garfagnana e dalla Liguria: erano dirette a nord, verso il Po, continuamente tallonate da partigiani. Alla fine la sacca si chiuse in località Fornovo. Nelle giornate del 29 e 30 aprile 1945 si svolsero le complesse operazioni di resa onde evitare ulteriori spargimenti di sangue: il Generale tedesco Otto Fretter Pico si presentò al Comando delle truppe brasiliane con la bandiera bianca, accompagnato da 31 ufficiali dello S. M. della 148a Divisione di Fanteria. Con lui Mario Carloni, accompagnato dal suo Capo di Stato Maggiore, Antonio Bertone. Nella sacca furono complessivamente catturati 14.800 uomini fra Italiani e Germanici. I primi, cui fu riconosciuto lo status di regolari prigionieri di guerra, furono trasferiti nel campo di concentramento di Scandicci (Firenze) e successivamente liberati (Acta - Istituto Storico della RSI, Cicogna, anno XVII, n2 1, pag.9).  

     
Una luminosa carriera nell'Esercito si interrompeva bruscamente per essersi trovato «dalla parte sbagliata».
Nino è accusato ed imprigionato per appartenenza al Regime Fascista; mio padre fa ampie dichiarazioni per esporre alle autorità alleate quanto il colonnello Bertone aveva fatto per la nostra salvezza e anche quanto si era prodigato per aiutare altre famiglie ebraiche in Jugoslavia. Durante la Repubblica di Salò aveva anche organizzato la difesa di alcuni partigiani catturati, salvandoli dalla pena capitale. E così è subito scagionato e rimesso in libertà. Riprende in mano le carte bollate con abnegazione dal 1946 al 1992 (penalista) ricoprendo anche incarichi sportivi nell’Aia e negli organi di giustizia della Federcalcio. Ha presieduto il club cuneese del Panathlon per 21 anni, dal 1971 al 1992, per dedicarsi poi alla presidenza del Collegio arbitrale e di garanzia statutaria del Panathlon International, dov’era stato chiamato all’unanimità. È stato anche tra i soci fondatori della sezione dei veterani dello sport “L. Pellin” di Cuneo, di cui era un vero e proprio pilastro e riferimento. Muore nel 1999 senza aver avuto la soddisfazione di veder riconosciuto il suo oscuro lavoronegli anni peggiori dell’Italia.
 
 

Mercoledì 31 maggio 2006, nella sinagoga di Contrada Mondovì a Cuneo. Renata Conforty, giunta appositamente a Cuneo per l'evento insieme con numerose personalità del mondo ebraico, ha inteso sottolineare il comportamento generoso di un uomo grazie al quale la propria famiglia poté salvarsi e prosperare. Oggi, finalmente, ciò che questo Paese avvelenato e distratto non ha recepito, viene insegnato dagli Ebrei. «A conclusione del mio racconto - ha detto Renata Conforty - voglio dire che onorare una persona che operò anche a rischio della sua stessa sicurezza, per amore e rispetto del suo simile, in tempi oscuri, in cui questi valori erano totalmente soffocati, non deve essere soltanto una celebrazione, ma uno stimolo ed un insegnamento per le generazioni presenti e future, perché si sappiano sempre opporre a qualsiasi forma di oppressione e di sopraffazione. Sia il suo ricordo in benedizione per tutti». Con grande emozione ringrazio tutti voi, autorità e amici presenti, che avete voluto condividere con Giorgio, figlio amatissimo di Nino, con Adriana, sua adorata moglie e con me questo speciale momento nella meravigliosa sinagoga di Cuneo, luogo storico di preghiera e di cultura ebraica. Lo scorso autunno, proprio alla vigilia del Kippur, nostro giorno di digiuno e di massimo raccoglimento, è arrivata la notizia, allora ufficiosa, dell'assegnazione della Medaglia dei Giusti al nostro amato Nino (Antonio), da parte della commissione giudicante di "Yad Vashem ": in quel momento ho sentito di aver raggiunto un grande traguardo, e cioè di essere stata per mio padre, sia il suo nome in benedizione, non soltanto figlia ma anche costruttrice di pace, perché, come dicono i nostri maestri, la parola pace "Shalom", vuoi dire anche "completamento ". E così finalmente oggi, dopo 60 anni, io Renata Conforty, insieme alla mia mamma Olga, di 90 anni, e a mia sorella Dina, che vive in Israele, possiamo pubblicamente ringraziare il tenente colonnello Antonio Bertone, che ha salvato e protetto la nostra famiglia durante tutto il periodo bellico, dal 1941 al 1945: con la salvezza dei miei genitori siamo nate io e mia sorella Dina; e da noi due sono nati quattro figli: Shulamith e Joram, Liora e Uriel; e dai nostri figli nasceranno altri figli, così di generazione in generazione.
La nostra amicizia con Nino è durata tutta la vita. Quando capitava a Milano per la sua professione di noto avvocato penalista era nostro ospite; e ricordo che le sue visite erano una grande festa per tutta la famiglia. A quell'epoca i miei genitori e i miei nonni soffrivano molto per aver perduto le loro famiglie, le loro case, la loro patria, tutte le loro radici e non si sentivano di fare feste. Solo Nino sapeva dare loro gioia, ottimismo, fiducia nel futuro; infatti egli rappresentava un ponte fra quel loro mondo scomparso e le incerte prospettive di una nuova esistenza.

Renata Conforty

 

 

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