PLEZZO-L'ALTRA CAPORETTO
Geografia del fronte pre-carnico e giuliano
Le linee italiane e austriache, i forti, le strade e le ferrovie, il tunnel di Bretto, il diario di Mussolini
DA COMANDO SUPREMO
27 ottobre 1917, ore 5,45
5015 G.M. In vista situazione creatasi ala sinistra (ndr da Caporetto in su) 2a
armata ho deciso graduale ripiegamento del XII corpo (Carnia) sulla linea delle
prealpi Carniche, colla sinistra a Casera Razzo, e delle armate 2a e 3a sulla
destra del Tagliamento. Movimento si inizia oggi stesso. In conseguenza codesta
armata (IV) inizi oggi stesso ripiegamento dall'attuale fronte alla linea
gialla, collegandosi a sinistra con la 1a armata a Cima della Caldiera. Per
quanto riguarda tratto di fronte Cima della Caldiera - M. Civetta lascio a V.E.
di determinare linea di arretramento più conveniente. V.E. si terrà in misura di
proseguire non appena ne darò ordine ulteriore ripiegamento su pianura veneta.
In vista di ciò V.E. prenda in consegna da 1a armata lavori del Grappa, cui
occupazione affidata a 4a armata. Organizzi perciò immediatamente difesa Grappa
per caso ritirata sul medesimo e vi collochi artiglierie da sgombrarsi secondo
prescrizioni mio 4998 di ieri. Completi lavori M. Asolone - Presolana - cima
dell'Orso per assicurare profondità sistema difensivo. Per sgombro materiali e
stabilimenti prenda accordi con Intendenza Generale. Esiga nel ripiegamento
calma, fermezza, lentezza e misure immediate del più estremo rigore contro tutte
debolezze e contro chiunque. Interrompa e sbarri strade e ponti, incendi
magazzini e baraccamenti. Generale Cadorna
MONTE CANIN (O) Non ti ricordi quel mese d'Aprile
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Le truppe autonome Carnia (XII CdA) di stanza in questa parte del fronte operavano fiancheggiando a
sud la II armata (la cui competenza, secondo alcune fonti, partiva da Sella Nevea e non dal Rombon
nel gruppo del Canin) e a Ovest la IV
del Cadore del Gen. Nicolis di Robilant nello specifico il I Cda di
Piacentini. Il territorio comprendeva il
confine naturale Italo Austriaco che scendeva dalle alpi Carniche a
Pontebba (Pontafel)allora
confine di stato per il transito stradale e ferroviario (vedi sotto) passando per la Val canale (Kanaltal) ai contrafforti
del Due Pizzi, Piper, Jof di Miezegnot, Sella Sompdogna, Jof Montasio, Jof Fuart-Wischberg
(m. 2666), Cregnedul (m.2257), Sella Nevea (m.1190) e Cergnala (Hudi Vrsic
m.2344) già nelle Alpi Giulie. Nel dettaglio
Linee italiane molto vicine
alle austriache sulle
vette, andavano
approssimativamente da Plans, Clap Forat, Monte Poccet, sella Bieliga
(malga poi sede dei bersaglieri del 15°),
Monte Sechieiz, Forcella Cuel Tarond, Monti Due Pizzi, Piper, Jof di
Miezegnot grande, Strechizza, Jof di Montasio (m 2.753), Cregnedul, Val Rio del Lago, Sella Nevea (m 1.190),
Monte Canin (m 2.587) Monte Robon. Il Robon m. 1890 (da non confondersi col Rombon) e la sottostante sella (m. 1.865) fronteggiavano la
Mogenza Piccola in mano austriaca. Il Robon era definito il "pulpito italiano" per la visuale
(osservatorio d’artiglieria) che aveva sulle linee austriache sulla Sella Nevea e
nella valle Rio
del lago (Predil e relativo Forte).
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All'inizio del conflitto, il fronte delle Alpi Giulie era presidiato da parte Austriaca da reparti stiriani del X battaglione del reggimento di fanteria n. 27; essi perdettero i Due Pizzi ed il Monte Piper, ma non l'anticima dello Jof di Miezegnot (Cima di Mezzanotte, ma anche di Mezzodì a seconda di chi la guardava) , ai cui piedi era dislocato un battaglione di volontari stiriani. La prima difesa fu però organizzata dalle truppe di volontari dei 4 reggimenti di Schutzen carinziani. L'ala sinistra del fronte giulio, ovvero la zona che va dal Passo del Predil allo Schwarzenberg, era difesa dalla divisione ungherese Honved. Il fronte dello Jof Fuart, assai minacciato dagli assalti italiani, fu difeso dal reggimento di fanteria Landwehr e da guide alpine volontarie. |
Truppe italiane coinvolte nel conflitto: Nella zona di Pontebba stanziavano reparti del 1° Reggimento Alpini. Sulla linea di cresta Cuel Tarond-Due Pizzi-Piper-Jof di Miezegnot-Sella di Somdogna, consolidata grazie ad alcune azioni ardite, erano stanziati gli alpini dei battaglioni "Gemona" e "Val Fella". In Val Raccolana, Val Dogna e sulla Sella Nevea i protagonisti degli scontri furono i reggimenti di artiglieria di entrambi gli schieramenti, che si impegnarono in terribili bombardamenti per tutta la durata del conflitto. A fianco delle truppe di artiglieria erano stanziati gli alpini dei battaglioni "Pieve di Teco", "Val Arroscia" e "Monte Canin", numerosi reparti del Genio Militare (Reggimento Minatori e Zappatori), che edificarono numerose imponenti opere nella Val Dogna e alcuni reggimenti Bersaglieri che turnavano come altri reparti. | ||
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Fortificazioni permanenti austriache |
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La Val Canale (o le due valli contrapposte del Fella verso Ovest che alimenta il Tagliamento (bacino mediterraneo) e quella del Gailitz/Slizza che confluiscono nel Gail in Austria poi nel Danubio e Mar Nero dopo 2.000 km) ha lo spartiacque quasi impercettibile visivamente alla sella di Camporosso (m. 819). Qui dall’unione dei rii Fella e Cella nasce il Fella vero e proprio. Oltre Ugovizza il Fella è alimentato a sinistra dal torrente Saisera, suo primo grosso affluente, che drena i massicci del Jof Fuart e del Montasio. Presso Ugovizza il Fella riceve anche il rio Uqua che drena un bacino molto ampio. A Pontebba confluisce nel Fella il Torrente Pontebbana (14 Km), alimentato dal Rio Studena e Bombaso. Il Fella riceve poi in sponda sx il Dogna ed il Raccolana che scende dalla Sella Nevea ai piedi del Gruppo del Canin. Dalla stretta di Chiusaforte a Moggio Udinese il Fella piega nuovamente verso ovest. Da dx riceve consistenti contributi da parte dell’Alba e dell’Aupa e di nuovo da sx il Resia (val). Superata la conca di Moggio confluisce nel Tagliamento tra Amaro e Stazione per la Carnia; il fiume, lungo complessivamente 50 km, è il più importante affluente del Tagliamento, nel quale versa una portata media di 20 mc/s. La val Canale o Kanaltal era abitata all'epoca in larghissima maggioranza da austriaci e sloveni (ca 8.000). Un caso simile si ripete in Val Fiscalina, in Alto Adige (Sesto, San Candido, Pusteria) le cui acque sono drenate verso la Drava che nasce contigua e si butterà, via Danubio, nel Mar Nero. |
Le grandi Fortificazioni austriache in questa zona erano costituite dai
forti Napoleonici di Malborghetto e Passo Predil o Predel-Raibl
costituenti una serie di forti
risalenti in parte all’era napoleonica (uno basso
al lago vedi foto sopra a sinistra in b/n e altri due al passo m 1.156) entrambi già violati all’epoca
(ma da
qui passarono anche i longobardi diretti a Cividale) e dai nuovi Rombon o
Hermann, costruito più in alto del vecchio Kluse napoleonico di Bovec (Plezzo),
(vedi foto sopra, Kluse a destra) e il nuovo
Raibl-Predil che guardava la sella Nevea.
Il Forte del Passo Predil (ma tecnicamente sono due uno sul versante
italiano e l’altro subito dopo la sbarra di confine attuale, venne costruito nel
1887. Nel 1899 l’altro fortino al Lago (Seewerk Raibl) venne
rinforzato dalla batteria della Sella Predil (Gola Aibl). Allo scoppio
della Prima Guerra Mondiale il forte fu disarmato. Oggi è
in rovina, parzialmente intatto è invece il fortino di
fiancheggiamento i cui accessi sono però murati. PLEZZO/Bovec/Flitch - FORTE HERMANN e CHIUSA- 1897 Il Forte Kluze (Chiusa Strassensperre Flitscher Klause) rimodernato (1880/82) dopo la distruzione Napoleonica del 1797 si raggiunge sulla strada statale che va da Plezzo/Bovec al Passo del Predil. Si parcheggia qui l’auto e si può salire a piedi al Forte Hermann (c’è anche una salita in ferro a parete verticale ma è di guerra). Il Kluse è museo visitabile. Come quello napoleonico di Malborghetto (Hensel) il forte è dedicato al suo costruttore il Capitano ingegnere Johann Hermann. L’opera, obsoleta già prima della Grande Guerra, per le sue tecniche costruttive e per i subentrati nuovi alti esplosivi d'artiglieria, subì forti bombardamenti, nel giugno del 1915 e, per le distruzioni subite, venne disarmato nello stesso anno: i suoi cannoni furono portati all’aperto, ma fu sempre presidiato. Il forte Hensel di Malborghetto venne invece definitivamente distrutto con tiro a parabola da tre "pezzi" italiani posizionati a Dogna (due L17 da 305 di calibro ed un L15 da 420) il cui tiro veniva diretto da osservatori piazzati sul crinale due-Pizzi / Piper / Jof di Miezegnot |
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I FORTI HENSEL, KLUZE E HERMAN Dogna, 18 septembre 1915 ...Les deux forts fermant la vallée au nord de Plezzo, les forts Hermann et Klause, ont été complètement démantelés par l'artillerie italienne, mais les Autrichiens ont pu sauver des canons qu'ils ont transportés dans la forêt de Kal et dissimulés dans des grottes où on les rentre dès qu'un coup a été tiré, de sorte qu'il est très difficile de les atteindre. J'ai vu la batterie chargée de ce travail. Elle est composée d'obusiers de gros calibre montés sur affût, tout comme de simples 75. En quelques minutes la pièce peut être mise en position sur n'importe quel terrain. Plezzo elle-même est maintenant aux mains des Italiens, mais la ville est encore sous le feu des batteries autrichiennes. Actuellement, le combat se poursuit sur le Rombon. Les Autrichiens se défendent avec l'ardeur du désespoir, sentant leur échapper cette dernière cime dominant Plezzo. Ils ont trouvé le moyen de lapider les troupes montant à l'assaut. Avec quelques troncs d'arbres, ils font une espèce de barrage retenu par des cordes; ils emplissent de pierres et de quartiers de rochers l'espace vide entre le terrain, très en pente, et le barrage; au moment où les Italiens s'élancent à l'assaut, ils coupent les cordes et c'est une avalanche de pierres qui se précipite sur les assaillants. Des hauteurs de Saga, nous assistons au combat d'artillerie. Les obus autrichiens passent en sifflant et vont, le plus souvent, tomber en pleine forêt, coupant net un sapin qui s'effondre dans un craquement de branches brisées. Le soir tombe; nos automobiles redescendent la vallée, s'arrêtant de temps à autre pour laisser passer les voitures de la Croix-Rouge emmenant à Serpenizza et à Ter- nova, aux ambulances de première ligne, les petits soldats, aux pansements rouges de sang, qui viennent de prendre une tranchée au Sud de Ravnilaz. Robert Vaucher |
En Carnie
orientale, la place d'honneur revient aux artilleurs et aux sapeurs. Ces
derniers ont construit, le long des pentes abruptes de Val Dogna et Val
Raccolana, des routes excellentes qui permirent à l'artillerie de
pénétrer jusqu'au fond de ces vallées ombreuses d'où elle bombarda l'ennemi,
surpris par une attaque à laquelle il ne s'attendait pas du tout. L'objectif
principal des pièces de gros calibre, que j'ai vues aujourd'hui, était
la destruction du fameux fort Hensel, dominant Malborghetto.
Actuellement, le but est atteint: ce fort puissant n'est plus qu'un amas
de ruines fumantes. Le fort Hensel était construit sur un éperon dominant la route et le chemin de fer allant de Malborghetto à Tarvis. C'était une œuvre colossale, composée de deux fortins superposés taillés dans le roc et reliés entre eux par des chemins couverts. Des murailles énormes se distinguaient entre les arbres, dissimulant ces constructions gigantesques. Dès les premiers jours de la guerre, les observateurs italiens postés sur les cimes d'où l'on domine la vallée de Malborghetto remarquèrent, sur le fort, un travail de préparation intense, semblable à l'appareillage d'un navire qui va prendre la haute mer. Du côté italien, on ne restait pas inactif. Le 12 juin, les grosses pièces étaient en position et ouvraient le feu. Les canons envoyaient des obus qui devaient monter à plus de 2.000 mètres, franchir cinq ou six montagnes, et qui, après une minute et dix secondes, arrivaient avec une précision admirable sur la partie du fort que l'on voulait toucher. Le premier jour, un dépôt de munitions sauta dans la partie supérieure du fort. Ce fut, me racontait un des observateurs, un spectacle fantastique: l'incendie gagnait de proche en proche, de nouveaux dépôts sautèrent avec un bruit terrible. Le 15, les communications entre les deux partks du fort étaient coupées: pourtant, le 16, le fort répondit. Entre les murs croulants, les pièces de 210 ouvrirent le fev. Elles tiraient au hasard, semblant vouloir simplement mourir au champ d'honneur après s'être défendues le plus longtemps possible. Puis, les unes après les autres, elles se turent et l'on n'entendit plus que les explosions des obus italiens éclatant autour des coupoles blindées. Le 23, une d'elles était enfoncée. Dès lors, pendant un mois, l'œuvre de destruction continua mathématiquement, réduisant en un monceau de décombres ces redoutes gigantesques. Actuellement, le fort Hensel n'est plus qu'une ruine inoffensive, enfermant sous des amoncellements de matériaux les pièces d'artillerie de moyen calibre ejue les Autrichiens n'eurent pas le temps de sauver. Craignant probablement de voir les Italiens essayer de forcer leurs lignes pour atteindre Tarvis, les Autrichiens viennent de placer dans toute la vallée de Malborghetto un grand nombre de batteries mobiles très difficiles à découvrir. Il y a de tout: des 77, des 105, des 110, des 115, des 210 et même un 305. A chaque instant, tandis que nous avançons le long de Val Dogna, un obus ou un shrapnel éclate au hasard, sans but. Les Autrichiens n'ont plus d'observatoire et ne peuvent, par conséquent, que faire des tirs approximatifs, arrosant une certaine région de grenades ou de shrapnels, dans l'espoir d'atteindre un campement, une batterie ou une colonne en marche. On voit souvent, le long du chemin, les grands trous produits par l'explosion d'un obus de 305 que la pluie a transformés en un pacifique petit lac. C'est grâce aux observatoires que l'on n'a pas davantage de victimes du côté italien. Dès qu'un coup d'une pièce de 305 est tiré, l'observatoire posté sur la montagne, le plus près des canons autrichiens, téléphone aux postes voisins et au commandement de la zone: « Un 305 part! » Les observatoires postés 5 ou 6 kilomètres plus loin entendant arriver, avec un bruit terrible, l'obus autrichien, téléphonent aux postes dans la vallée, aux batteries, aux campements: « Un 305 passe! » En bas, les téléphonistes recevant ce message se précipitent pour donner l'alarme: « Un 305 arrive! » Tout le monde se réfugie dans les abris, et quand, quelques secondes après, semblable à un express aérien dont les différents gardes-voies ont annoncé le passage, l'obus traverse J'espace en grondant, la voie est libre! Il tombe enfin, en faisant jaillir de tous côtés les pierres et les éclats d'acier, mais il blesse rarement quelqu'un. Si, par malchance, il explose sur une tranchée ou sur une maisonnette où sont réfugiés les soldats, c'est un massacre si complet qu'on ne retrouve même plus les restes des malheureux, qui sont pulvérisés. Aujourd'hui, les Autrichiens ne possèdent plus une seule cime sur la frontière de la Carnie orientale. Sur la Forcella del Cianalot, les alpins ont construit un petit campanile vénitien surmonté d'une cloche faite d'une douille de shrapnel autrichien. Le dimanche, l'aumônier du régiment dit la messe, et le shrapnel qui arriva dans la vallée avec un sifflement de mort tinte doucement au moment de l'élévation. Robert Vaucher |
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Traduzione | |||
Dogna, 18
settembre Nella Carnia orientale il posto d’onore spetta agli artiglieri e ai genieri. Qui sono state costruite lungo i ripidi pendii della Val Dogna e della Val Raccolana, strade eccellenti che hanno permesso all'artiglieria di penetrare queste valli ombrose fino alle pendici del crinale dei monti da dove bombardare il nemico, sorpreso da un attacco che egli non si aspettava affatto. L'obiettivo principale di cannoni di grosso calibro, che ho visto oggi è stata la distruzione del famoso forte Hensel, di Malborghetto dominante la Val Canale. Attualmente, l'obiettivo è raggiunto: è (era) molto potente, ma non resta che un mucchio di rovine fumanti. La fortezza fu costruita su uno sperone che domina la strada e ferrovia da Malborghetto a Tarvisio. E 'stato un lavoro colossale, costituita da due forti sovrapposti scavati nella roccia e collegati tra loro da passaggi coperti. Enormi mura, mascherate tra gli alberi, nascondevano queste strutture gigantesche. Fin dai primi giorni della guerra, gli osservatori italiani di stanza sulla cresta dalla quale si domina la valle di Malborghetto, avevano notato un lavoro di preparazione intenso. Da parte italiana non si è rimasti inattivi. Il 12 giugno pezzi di grande calibro erano in posizione e hanno aperto il fuoco. I pezzi, a oltre 2.000 metri, dopo un minuto e dieci secondi, avevano raggiunto con ammirevole precisione l’obiettivo del forte. Il primo giorno, salta un deposito di munizioni nella parte superiore del forte. E 'stato, mi ha detto uno degli osservatori, uno spettacolo fantastico: il fuoco ha guadagnato passo dopo passo, i nuovi depositi facendoli saltare con un rumore terribile. Il 15 la comunicazione tra le due parti della fortezza sono state tagliate: tuttavia, il 16, il forte ha risposto. Tra le mura diroccate, i pezzi da 210 aprirono il fuoco. Sparavano a caso, come se volessero voler morire con onore sul campo di battaglia. Poi, uno dopo l'altro, si spensero e si sentivano solo le esplosioni delle loro cupole corazzate. Il 23 un sussulto e di nuovo i pezzi italiani che riducevano a un cumulo di macerie questo fortino gigantesco. Attualmente Fort Hensel è una rovina innocua che racchiude sotto cumuli di materiali di artiglieria di medio calibro ejue gli austriaci non ebbero il tempo di salvarsi. Temendo probabilmente di vedere gli italiani forzare le loro linee per raggiungere Tarvisio, gli austriaci posero la valle un gran numero di batterie mobili molto difficili da scoprire. C'è di tutto dal 77, 105, 110, 115, 210 e anche un 305. In ogni momento, mentre ci spostiamo lungo la Val Dogna uno shrapnel o obice con schegge a caso, senza uno scopo. Gli austriaci non hanno osservatorio e fanno fuoco con approssimazione nella speranza di colpire una batteria o una colonna in marcia. Spesso abbiamo visto lungo la strada, i fori di grandi dimensioni prodotti dal 305 che la pioggia trasforma in un tranquillo laghetto. E 'grazie agli osservatori che non abbiamo più vittime sul versante italiano. Una volta che un colpo di un pezzo da 305 parte, l'osservatorio sulla montagna più vicino ai cannoni austriaci, lancia messaggi telefonici al comando, poi coordinate " 305 parte " e più in là “305 passa” e infine "305 in arrivo!”. Tutti si rifugiano dove possibile e quando, pochi secondi dopo scoppia, pietre e schegge dappertutto ma raramente fa male a qualcuno. Se, purtroppo, esplode in una trincea o in una casa dove i soldati sono profughi, è un massacro completo. Non si trovano neanche più i pezzi dei malcapitati. Oggi, gli austriaci hanno solo un picco al confine orientale della Carnia. Sulla Forcella del Cianalot gli alpini hanno costruito un piccolo campanile veneziano sormontato da una campana fatto con una granata austriaca. Domenica scorsa, il cappellano del reggimento ha detto massa, e gli shrapnel in arrivo nella valle con un sibilo di morte tingono dolcemente il momento della elevazione. |
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PER SAPERNE DI PIU'
http://www.comune.pisa.it/wwfpisa/Trekking/Gite2005/AlpiGiulie/jof_di_miezegnot_sentiero_storico.htm
I FORTI ITALIANI |
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Più a sud ancora alla confluenza del Fella con il Tagliamento il complesso fortificato del Monte Festa. Il Monte Festa (circa 1000 m s.l.m.) si trova alla confluenza del Fella col Tagliamento. Fa da sponda al lago di Cavazzo e ha nelle vicinanze il Monte Amariana (osservatorio) ed il Monte S. Simeone che completano lo schieramento difensivo, il primo da Nord il secondo da Est. Appollaiato su questo picco (foto sopra a sinistra) un manipolo di uomini "..che nulla sperarono, nulla chiesero, e tutto diedero.." tennero testa per giorni (Novembre 1917) al nemico che dilagava nel piano |
CHIUSAFORTE nel Canale di Ferro (Pontebba-Moggio Udinese).
La parola "chiusa" (come la parola Serravalle) identifica sempre un passaggio stretto difeso. Qui
a Chiusaforte aveva sede il Comando Militare italiano (Gen. Tassoni) e da qui partivano i rifornimenti diretti in
Val Dogna e Val Raccolana (Canin e Sella Nevea). Il forte di Chiusaforte
fu costruito a partire dal 1904 e reso operativo pochi anni dopo.
L'edificio si presenta su quattro piani ed è dotato di ampie balconate.
All’interno corridoi dotati di rotaie per il trasporto delle munizioni,
gli alloggiamenti per le truppe, per gli ufficiali, gli uffici,
un'officina ed una centrale elettrica. L'armamento principale del forte
era costituito da quattro cannoni da 120 !!! (7,7 km) corazza 40 mm. In
seguito alla rotta di Caporetto, il 29 ottobre 1917 il Generale Cadorna
ordinò di opporre resistenza ad oltranza. Una serie di indecisioni, errori
e ritardi non lo permise e il 29 ottobre la guarnigione si arrese al 30°
battaglione di Feldjäger della 59a div. alpina. |
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CUKLA
Il Monte Rombon (Veliki
Vrh m 2.208) che rivestì grande importanza per lo schieramento offensivo
si trova e si trovava in Territorio austriaco poi Sloveno. Questo bastione (parte terminale
del gruppo montuoso del Canin), dal versante meridionale si presenta
con fianchi ripidi ed erbosi mentre a nord le sue pareti cadono
verticalmente sulla selvaggia Val Mogenza per oltre 500 metri Dalla vetta
si separano due rilievi rocciosi: la quota 2105 chiamata dalle truppe
italiane “Romboncino” e la quota 1765 del Cukla.
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Le linee ferroviarie - 1 |
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Le linee ferroviarie principali sul confine orientale alla vigilia della guerra sono l'Italiana Pontebbana, che nell'austriaca Val Canale si chiama Rodolfiana e arriva a Lubiana passando per Tarvisio, Fusine Val Romana e Kranjska Gora (ora soppressa da Tarvisio). Da Tarvisio si dirama poi il collegamento (ancora attuale) che porta a Vienna attraverso Villach e Klagenfurt scalando lo Semmering (è in progetto un tunnel di 30 km !!!). Dalla vecchia stazione italiana di Carnia (sopra Venzone) si staccava invece un ramo verso Tolmezzo-Villa Santina da cui partivano tramvie decauville a scartamento ridotto. Una per Comeglians (da Villa Santina a scartamento ridotto) e Paluzza Moscardo (da Tolmezzo) fin sotto le retrovie del fronte carnico. Un altra Decauville (scart. 600) collegava Villa Santina ad Ampezzo. (La costruzione di questo tronco "cadorino" rientrava nel progetto di una virtuale linea ferroviaria da Trieste a Monaco di Baviera passando per Carnia - Villa Santina - Ampezzo - Passo Mauria - Cimagogna - Auronzo (Cadore)- Carbonin - Dobbiaco (Val Pusteria) - Fortezza - Innsbruck, poi abbandonato a causa del primo conflitto mondiale. Sempre in questa area era attiva la ferrovia di destra Tagliamento Casarza-Spilimbergo (1893)- Pinzano-Gemona complelata entro il 1914. Più a Est il fronte era interessato dalla Austriaca Transalpina o Wocheinerbahn che scendeva da Jesenice, Via Tolmino (valle Baccia), per Gorizia e Trieste per km 150 ca. costruita nel 1906 e la Meridionale (o Sudbahn) che scendeva da Lubiana per Postumia Pivka Divaca Sezana Trieste che continuarono a rifornire il fronte Carsico fino a fine conflitto. |
Nel tratto Pontebba, Sella Nevea gli austriaci avevano la possibilità di rifornire le loro linee dalle valli Saisera (Valbruna), Riofreddo, Valle del Rio (Predil) mentre agli italiani non restava che il canale del Ferro, la Val Dogna, la Raccolana (per Sella Nevea e il Canin), queste due ultime con indicibili sacrifici. Era perciò la catena montuosa che costeggiava la sponda destra della Val Dogna e la testata, a segnare gran parte del confine militare nel primo tratto delle Alpi Giulie. I comandi militari italiani capirono l’importanza di dover difendere quelle cime e fecero costruire al posto delle strette mulattiere di fondovalle una strada (ago. 1914 – primavera 1915) che, ultimata, risultò essere un’opera di grande e moderna ingegneria (ma la sezione non superava i 2/3 metri) con manufatti, in parte ancora esistenti (vedi foto sotto in un tornante spazzato da una piena) che comprendevano: gallerie, ricoveri per truppe, piazzole di sosta ed una teleferica a supporto del rifornimento truppe che partiva dall’abitato di Chiout mt. 838 . La foto sotto è stata scattata da A.W. dalla nuova rotabile posta qualche metro sopra. Allo scoppio delle ostilità Dogna e la sua valle furono evacuate, così il 60% della popolazione (ma erano 4 gatti) venne mandata in varie parti dell’Italia centro–meridionale. Nel capoluogo furono piazzati due obici da 305/17 (il calibro più grosso che l’esercito Italiano possedesse all’epoca) che bombardavano ripetutamente il territorio austriaco. La Val Dogna era estremamente impervia come lo è tutt’ora. Le cime (Mittagskofel e Jôf di Sompdogna), ancorché praticabili in buona stagione (ma in queste zone si raggiungono le maggiori cadute di neve e di temperature sotto zero, una precipitazione nevosa di 3-4 metri è nella norma) non permettevano l’impiego di grandi unità. Non erano possibili quindi nemmeno le spallate carsiche con gli attacchi frontali. La guerra localizzata coinvolgeva in genere piccoli reparti a livello di battaglione o compagnia ed anche le perdite per ferita erano minori di quelle dovute alla natura (Frane e valanghe se non malattie da raffreddamento). | ||
Primo Maggio (1916). | |||
Sveglia all’alba. Prendiamo la strada del Canal Dogna. Una strada carrozzabile, bellissima, creata ex-novo. Prima non esisteva che una primitiva mulattiera, Il lavoro è stato iniziato dalla 4a compagnia del 5° Genio minatori, è stato proseguito e ultimato dalla Territoriale e da squadre di operai. Questa strada è un lavoro che dovrebbe essere visto da quanti negano a noi latini, ogni capacità di organizzazione e di tenacia. Questa strada che domani costituirà una ottima via commerciale fra Dogna e Touvin, rappresenta il non plus ultra della modernità. Ad ogni svolta ci sono le cantoniere vigilate dalle sentinelle;gallerie, scavate nella roccia, offrirebbero un riparo alla truppa in caso di bombardamento della valle; ci sono delle fontane a zampillo per bere; una teleferica che abbrevia il tratto cosiddetto delle « rampe ». Dopo 7 chilometri di cammino, giunti a quota 900-1000, ci fermiamo. Qui le montagne sono più scoscese di quelle che abbiamo lasciato. Abbiamo di fronte la vera parete del Montasio, la cui cima tocca i 2754 metri ed è incappucciata di bianco. |
Della complessità dell’opera, rimase colpito anche il futuro Duce (qui in trincea nel '16) il quale riportò a sx nel suo "Diario di guerra 1915-1917".
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IL CONFLITTO IN |
QUOTA Da http://dibe.altervista.org/esame/il_conflitto_in_quota.htm | ||
Gran parte degli armamenti (obici, cannoni e mitragliatrici) furono portati in quota con automezzi o con cavalli e, ove questi non ce la facevano, a spalla e a traino dai soldati. L'andamento della guerra in questo settore del fronte era fortemente condizionato dal corso delle stagioni: all'inizio dell'inverno i combattimenti si fermavano, e si cercava di sopravvivere a nevicate, valanghe e temperature polari. La neve distruggeva teleferiche e linee telefoniche; i sentieri e le strade venivano resi impraticabili per giorni o settimane; le provviste ben presto si esaurivano. I casi di morte in seguito a febbri e malattie facilmente recuperabili in condizioni ambientali normali, aumentavano drasticamente. Le ostilità riprendevano in aprile-maggio, quando il pericolo di valanghe era molto diminuito, e continuavano per tutta l'estate. Per questi motivi, i due eserciti si osservavano per la maggior parte del tempo, compiendo azioni di guerriglia negli intervalli tra gli scontri maggiori. Gli assalti si svolgevano per lo più con il favore della notte o della nebbia o del maltempo (ma anche scavando gallerie nella roccia e nel ghiaccio o neve). Ogni attacco era preceduto da un incessante fuoco di copertura dell'artiglieria, che costringeva il nemico a restare nelle caverne o nei ripari, mentre i propri soldati salivano fino a poca distanza dalle trincee nemiche dove, dopo che i cannoni avevano smesso di bombardare, si ingaggiava una terribile lotta corpo a corpo con i soldati avversari. Dopo l'assalto ed un eventuale contrattacco nemico, i feriti più gravi morivano sul posto o, cosa assai frequente, durante il trasporto verso gli ospedali da campo. D'inverno molti soldati morivano di "morte bianca", ovvero valanghe e temperature polari uccidevano i soldati senza distinzione di grado e schieramento. Una stima colloca il numero delle vittime del gelo invernale di ambedue gli eserciti intorno ai 9.000-10.000 !! uomini sulle sole Alpi Carniche, mentre sulle Alpi Giulie il numero si attesta intorno ai 1.500-2.000. |
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Lo snodo ferroviario di Trieste: Qui convergevano, oltre le citate, altre linee pur in presenza di una orografia difficile. Una piccola linea in forte pendenza collegava (dal 1887) Punta S. Andrea a sud (stazione di S. Andrea poi Campo Marzio) con Erpelle sulla linea dell'Istria Centrale (per inciso quella che da S. Pietro Divaccia passando da Pisino va a Pola). In forte pendenza perchè questo era il problema principale del ciglione carsico sovrastante. La prima ferrovia costruita (1857), la Meridionale, in prossimità della città (Opicina 300 m slm) proseguiva nell'interno verso L'Italia compiendo una grande curva all'altezza di Aurisina (Nabresina) e sbucando sul mare oltre Duino. Da qui, percorrendo la costa (Miramare) fino a Trieste, si raggiungeva la stazione Centrale (Stazione Nord) aggiungendo 13+13 Km alla tratta. Da Opicina Città scendeva e scende tutt'ora una tramvia in parte funicolare. Nel 1906 un'altro collegamento univa l'Austria a Trieste: la Transalpina. La linea originava dalla stazione Sud di Sant'Andrea e dopo un percorso (e galleria) in salita del 25 %° raggiungeva Villa Opicina. La linea scavalcava poi la Meridionale per dirigersi verso Gorizia lungo la Valle del Vipacco. Il collegamento fra le due stazioni (inesistente) venne risolto con un binario sul lungomare (provvisorio). Nel 1902 un'altra ferrovia (la Parenzana 123 km a scartamento ridotto) univa Trieste S. Andrea con Buia e Parenzo (Porec) sul mare d'Istria. La "provvisorietà" del collegamento Rive terminerà nel 1981 con la nuova “cintura”. S. Andrea non fa più scalo passeggeri (linee soppresse) ma solo merci. | ||
Le linee ferroviarie - 2 |
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I primi studi per la ferrovia da Udine a Tarvisio e Villach risalgono al 1855, ma per la forte opposizione del progetto della concorrente PredilBahn (linea del Predil mai costruita) congiungente il centro Europa con il porto di Trieste, la sua realizzazione fu a lungo rinviata. La Predil Bahn avrebbe tagliato fuori il territorio rivendicato del Friuli svolgendosi tutta all'interno dell'Impero. “Il territorio sarà in condizioni di prevedere un aumento del commercio quando la ferrovia del Predil lo metterà in comunicazione con le province settentrionali, la rete stradale sarà sistemata e l’industria locale e l’agricoltura si saranno sollevate a un gradino superiore. Il traffico celere con Vienna sarà sfruttato pienamente solo quando, inevitabilmente e speriamo presto, il territorio rifornirà la capitale dell’Impero con uva precoce, con frutta e legumi nella misura favorita dalla situazione. Nel modo più soddisfacente e più redditizio, in tutti i sensi, per il territorio questo traffico ferroviario sarebbe completato se la ferrovia rodolfiana, partendo dalla Carinzia e superando il Predil, attraversasse la parte superiore del territorio e fosse prolungata fino a Trieste, impresa per la quale si attende l’augusta concessione.” considerazioni di Czoernig - Finalmente nel 1872, il Regno d'Italia e l'impero asburgico, in un clima di rinnovata amicizia si accordarono per i lavori della Pontebbana. Dieci anni dopo firmeranno la Triplice Alleanza. Da Udine si diramava il braccio per Palmanova e Nogaro aperto il 26 agosto 1888, mentre il tratto ferroviario Palmanova - Cervignano viene aperto solo il 1º gennaio 1917 quando il territorio è saldamente in mani italiane. |
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DOPPIA DICITURA DI LOCALITA' Italiano - Tedesco Camporosso
— Saifnitz
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Trieste intanto era già collegata a Vienna dal 1857 (via Postumia- Lubiana Km 577 da Vienna 21 ore l'accelerato la metà col direttissimo)) con la Meridionale.
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IL TUNNEL MINERARIO PEDONALE E FERROVIARIO DI BRETTO |
Il Rio del Lago (Raibl-Predil) ha l’alveo costituito da depositi alluvionali e frequenti massi giganteschi. Questi ultimi sono formati da arenarrie tufacee, tufi, porfidi e quarziferi in varietà di colore rosso, verde e grigio. E' questo il segno di una lontanissima, intensa attività vulcanica sottomarina. Rio del Lago e Rio Freddo che prende acqua dal massiccio del Fuart prendono poi nome Slizza, torrente che nel tratto Tarvisio Basso e Tarvisio Centrale (Stazione Boscoverde), forma delle particolari insenature ed anse in seguito a fenomeni di erosione e trasporto. E' questa la zona dell'Orrido dello Slizza (da vedere). La Drava (tedesco:Drau) in cui sfocia lo Slizza-Gaillitz è un grande affluente del Danubio e del Mar Nero, che nasce nelle vicinanze di Dobbiaco (BZ) nelle Alpi Orientali italiane (ora). Pochi chilometri a valle della sorgente entra in Austria, poi attraversa la Slovenia, la Croazia e segna per un lungo tratto il confine tra quest'ultima e l'Ungheria, sino a sfociare nel Danubio sul confine tra Croazia e Serbia. Un percorso di 749 km e 6 nazioni bagnate. La Valle di Riofreddo aveva una notevole importanza tattica, in quanto l'accesso a tale valle da Sud Ovest era costituito dalla Sella Prasnig (m 1491) che, se fosse stata occupata dagli italiani, avrebbe consentito loro di scendere fino a Tarvisio (bombardato già nel 1915), dove aveva sede il Comando austriaco di settore. L'importanza della Valle di Riofreddo fu compresa già nell'agosto del 1915 dal Comando Italiano, che dispose di studiare una possibile avanzata in direzione di Sella Prasnig - Monte Santo di Lussari qui a fianco ( Santo, secondo un'antica tradizione (1360), che vuole qui apparizioni della Madonna. Nel 1760 la comunità dei fedeli Sloveni (siamo in zona friulana slovena) celebrò il 4° centenario del Santuario ma dopo qualche anno l'Imperatore d'Austria, Giuseppe II, vietò le celebrazione all'interno della chiesa. Il divieto finì col suo successore. Nel 1915 il Santuario si trovò in prima linea subendo gravi danni. La statua della Madonna venne portata in salvo a valle e peregrinò per la Carinzia e la Slovenia fino al 24 giugno 1925 quando fece ritorno sul Monte). Nella Valle di Riofreddo erano anche situati i pezzi da 305 austriaci. Anche per questo motivo la difesa austriaca del Saisera era una delle migliori come gli uomini che la presidiavano in quota. Lo "Sbarramento Saisera" era costituito da due linee di reticolati e postazioni: "Vordere Seisera" (la prima linea) e "Hintere Seisera" (la seconda linea). La prima correva attraverso la Val Saisera, saliva sullo Schwarzenberg e, da qui, sul Piccolo Nabois e sullo Jof Fuart. Questa linea fu costruita secondo una tecnica usata sul fronte della Galizia: l'interno delle trincee era rinforzato tramite graticci di rami e tronchi e le feritoie erano formate da scudi metallici a prova di proiettile. La seconda linea correva nei pressi del cimitero militare di Valbruna ed era costituita da una serie di postazioni in caverna parallele alla strada. |
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Ai piedi del passo Predil, in valle del Rio lago (ora Italia) e poco sotto questo da decine d’anni (ma da secoli era conosciuto il metallo) esisteva un complesso minerario per estrarre Blenda (Zinco) e Galena (Piombo) dal Monte Re. Per secoli, forse già in epoca preromana, si estraeva col metodo del riscaldamento della roccia e contrazione (con getti d'acqua fredda si sbriciolava come con le cariche di dinamite). I primi documenti scritti risalgono però al 1320, quando il re Federico Il Bello concede ad un consorzio di minatori lo sfruttamento. Con l’avvento della elettricità (1898), in valle non era difficile, coi numerosi corsi d’acqua, far girare turbine. Tutta la produzione viene quindi meccanizzata. La stessa città operaia sorta nel piazzale della miniera ne usufruisce. Si possono anche svuotare le gallerie dalle infiltrazioni d’acqua tanto che si ritiene utile nel 1905 costruire un tunnel (Bretto) a – 250 ca quindi a 650 metri (cave del Predil è a 900 m.s.l.m.) che scarichi acqua in val Koritnica (Coritenza) nel paese di Log Pod Mangrtom (letteralmente ai Piedi del Mangart (nella piantina sotto il cerchietto rosso in basso)). per l'Italia Bretto di sopra a 640 m.s.l.m.. La galleria è lunga circa 5 Km, con una pendenza del 2%° (per mille). In senso contrario all’acqua passano gli operai della valle slava (ma era tutta Austria prima) che vengono a lavorare alle miniere del Predil in qualsiasi stagione. Le gallerie della miniera scendono fino a - 520 metri e salgono a + 450 metri dentro il Monte Re. |
Ma come avevano fatto a scatenare un attacco senza che ipoteticamente ce ne accorgessimo o senza che i servizi segreti ci informassero ?. In effetti dell’attacco sapevamo quasi tutto perché avevamo avuto delle soffiate e anche senza queste da molti indizi si poteva dedurre della offensiva comunque prevista da Cadorna. Scoprimmo poi tutte le nuove tecniche di combattimento adottate, ma come avevano fatto a riempire la valle della Coritenza di uomini e armi no. Ed è qui che la nostra galleria torna alla ribalta. La galleria, oltre che di passaggio scaricava circa 5/600 litri d'acqua in Val Coritenza uscendo vicino al cimitero di Bretto. La ferrovia che raggiungeva Tolmino (e sarebbe anche proseguita per Gorizia se non avessimo conquistato la Bainsizza) non poteva accollarsi tutto il carico stimato in decine di migliaia di vagoni (e questo era il settore centrale). Fu a questo punto che venne avanzata l'idea di far arrivare parte del materiale e degli uomini via Tarvisio, cave del Predil per il fronte settentrionale che aveva l'unica alternativa del Passo (la strada era sotto il tiro dei cannoni italiani) o per Kronau-Passo Moistrocca-Plezzo che restava una pessima strada ad alta quota. ... Con l'impiego di 3.000 uomini e di tutti i mezzi disponibili, nell'arco di 4 settimane vennero trasportati in galleria 300 tonn/g di materiali o uomini (Kraft von Dellmensingen C.S.M 14a armata). E come ?. Venne costruita in galleria una ferrovia elettrica in grado di trasportarli (Conoscevamo noi italiani l'esistenza della galleria e dei lavori ?). La Galleria venne portata ad una sezione di 2,5 x 2. e per accedervi era a disposizione il pozzo Layer servito da un grande ascensore. I numeri che circolano nei siti di oltre mezzo milione di uomini transitati alla sola vigilia di Caporetto sono solo fantasia. La maggior parte dei combattenti si spostava da un fronte all'altro solo nell'imminenza dell'attacco e un tale concentramento all'epoca di Caporetto non è mai stato raggiunto. Un grande sforzo venne richiesto al trasporto animale lungo le poche strade, per trasportare anche il foraggio di cui lo stesso e le divisioni Cavalleria avevano bisogno. Bisogna tener presente che un esercito non era costituito solo da soldati e cannoni con annessi e connessi, ma anche dal Genio che riattivava in poco tempo ponti, allestiva passerelle, ponti barche. C'era poi da trasportare tutta l'attrezzatura dell'aviazione, palloni, sanità etc... Nel secondo dopoguerra, quando il confine venne fissato al passo Predil, a - 260 metri di profondità si installò un valico doganale vero e proprio l’unico che si conosca al mondo in profondità. Anche il trasporto del minerale allo scalo di Tarvisio venne nel tempo modernizzato con una teleferica (passava dietro Rutte) che arrivava a quella che oggi è la nuova stazione di Tarvisio Boscoverde, allora fermata della Ferrovia Rodolfiana. Questa ferrovia partiva dalla cittadina slovena di Jesenice, nodo di scambio sulla linea Transalpina, e risaliva la Val Sava (Sava Dolinka) per raggiungere Kraniska Gora poi il valico di Ratece da cui, scendeva verso Fusine in Valromana (acciaerie) e terminava a Boscoverde. La linea aprì nel 1870 e chiuse nel 1965. Di certo da qui passarono i fusti dell'attacco a gas (vedi a fianco sotto). | ||
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Am 16. Oktober 1917 vormittags
traf der Geräte- und Munitionstransport in Tarvis ein, mit Ausnahme von
310 Werferrohren die beim Abgang des Transportes noch nicht zur Hand waren.
Die übrigen Werferrohre wurden in der Nacht vom 16. zum 17. Oktober und am
17. Oktober durch LkW Tarvis nach Raibl o Rabel und von dort mit der Stollenbahn
nach Breth gefahren. Die gesamte Munition — 2000 Wurfflaschen. und zwar je
1000 für Gas- und Sprengschüsse — und das Gerät wurden in den Nächten vom
16. bis 18. Oktober mittels LkW von Tarvis über den Predilpatss nach dem
Lager Pustina gebracht. Von den noch fehlenden 310 Werferrohren trafen 222
am 18. Oktober früh in Tarvis ein: sie wurden an demselben Tage nach Breth
befördert. Die nunmehr vorhandenen 912 Werferrohre wurden auf die
Kompanien und die zum Bataillon gehörige leichte Minenwerferabteilung
verteilt. Der Vortransport von Pustina bzw. Breth zur Koritnicabrücke
gestaltete sich insofern schwierig, als die von Breth nach der Stellung
führenden, stark beanspruchten, schmalen Straßen eine volle Ausnutzung der
zur Verfügung stehenden LkW nicht gestattete. Es wurden daher zum
Vortransport des gesamten Gerätes vier Nächte, und zwar die Nächte vom 19,
bis 23. Oktober, beansprucht breve traduzione. Nelle prime ore del 16 ottobre (1917) ci si rese conto che una parte del trasporto per ferrovia dei tubi di lancio del gas (310) non era ancora arrivato a Tarvisio. Nella notte fra il 16 e il 17 Ottobre i restanti tubi furono portati in camion a Raibl (Predil) e da lì, con la navetta sotterranea del tunnel, a Bretto in Val Coritenza. L’intero carico di 2000 bidoni di cui 1.ooo a gas raggiunse invece Pustina in camion attraverso il passo del Predil. I 912 tubi di lancio vennero distribuiti fra le compagnie e la sezione chimica si aggregò al battaglione. Il prezioso e pericoloso carico raggiunse poi con difficoltà le linee perché le strade era intasate … with difficulty, when from Breth to the position the leading stressed, strongly, narrow roads a full utilization the truck the available did not permit. Alla fine occorsero 4 notti per mettere in linea le armi. Poi, era il 24, si scatenò l'inferno. |
Da “Il Nastro Azzurro” Nov/Dic 2007- …. Inizialmente la galleria aveva una sezione sufficiente a smaltire un flusso di 200-300 litri d’acqua al secondo, ma qualche anno dopo, su indicazione dello Stato Maggiore austriaco, fu allargata in gran segreto fino a 2,20 m di larghezza per 3,20 m. di altezza e fu attrezzata con trenini elettrici (capaci di trainare fino a 14 vagoncini) per il trasporto di uomini e materiali. Così trasformata, anche se raramente se ne parla, la galleria si rivelò di enorme importanza strategica e fu utilizzata dal Gen. Otto Von Bulov per alimentare il fronte dell’Isonzo senza passare dalla pericolosa e più lunga (12 km) strada del Predil (transitabile solo di notte). Dai registri della miniera, compilati con teutonica precisione, risultano transitati in direzione del fronte un totale di 446.890 soldati, che diventano oltre 600.000 !!!! se si conteggiano quelli che passarono nella galleria in senso inverso – 1915: 32.120 soldati, con 600 viaggi trenino e 5.940 vagoncini; – 1916: 144.755 soldati, con 10.939 trenino e 107.223 vagoncini; – 1917: 270.015 soldati, con 21.946 trenino e 286.994 vagoncini, (naturalmente il via vai era costituito da soldati che andavano via per ferita, licenza, riposo, da operai per le opere di difesa ed altro: nel settore non furono dislocati più di 100/150.000 uomini: di più non era neanche possibile sistemarli fisicamente). Nello stesso periodo furono trasportate al fronte 240.094 tonnellate di materiali. Risulta anche abbastanza improbabile, se non addirittura impossibile, che lo Stato Maggiore italiano ignorasse l’esistenza di questa comoda via. D’altra parte, poiché le decisioni prese furono quelle che si sarebbero prese se la galleria non fosse mai esistita, le ipotesi da fare sono due: - o il Comando italiano davvero non sapeva nulla di Bretto (a suo tempo l'inaugurazione aveva avuto ampia pubblicità in cronaca), ed allora si deve ammettere che il S.I. della 2° Armata fosse del tutto inefficiente; – oppure ne conosceva l’esistenza e, in questo caso, solo degli incoscienti avrebbero potuto decidere di non prendere alcuna precauzione. Quale che sia l’ipotesi giusta, sta il fatto che, non solo non fu presa alcuna contromisura, ma addirittura al momento dell’attacco (iniziato puntualmente all’ora indicata dall’ufficiale cecoslovacco: le 02,00 del 24 ottobre), alcuni Comandanti non erano neppure al loro posto (il Gen. Luigi Capello, Comandante della 2° Armata, era in licenza per malattia; il Gen. Pietro Badoglio, Comandante del 27° Corpo d’Armata, schierato proprio nel settore isontino investito dall’attacco austro tedesco, anziché al suo posto comando di Ostrikras, si trovava a Cosi nelle retrovie a dormire. Se ognuno fosse stato al suo posto, la situazione si sarebbe potuta salvare facilmente prendendo le decisioni giuste al momento giusto. Ma spesso gli ordini furono dati in ritardo e fu questo un altro motivo dell’immane disfatta. |
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Testimonianza raccolta da Camillo Pavan - Darinka Pirc
(nata a Bovec, 1910) |
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LA GUERRA FINO A QUEL MOMENTO |
Tra maggio ed agosto 1915 le unità italiane occupano l’altopiano meridionale del Canin fino al monte Confine. Come è gia successo sul fronte sud gli Austriaci hanno una loro visione strategica dei punti difendibili e da tenere e non hanno difficoltà a lasciare penetrare in profondità gli italiani che andranno a schierarsi nelle posizioni più difficili. Sul Gruppo del Canin le truppe asburgiche mantengono la linea Mogenza Piccola – Rombon – Plezzo (Bovec-Flitsch). Zeljko Cimpric parlando del Rombon scrive:«Durante tutta la guerra il monte Rombon è stato il pilone settentrionale del sistema difensivo austriaco del fronte isontino (l'alter ego dell'Hermada a Sud)…. Da qui, dal Rombon, è possibile controllare il fondovalle della Coritenza e colpire il forte Hermann. | ||
Dal
bollettino di guerra del 27 agosto 1915:
"…azioni di artiglieria nella zona di Plezzo e sul Carso; nell'alto Isonzo un reparto da montagna (alpini del “Ceva” e Pieve di Teco) dalla posizione di Monte Cukla (occupata con un colpo di mano il 23) ad occidente di Monte Rombon, tentava un ardito colpo di mano sulle trincee nemiche disposte in fortissima posizioni ed in più ordini sulla sommità del Rombon (m. 2208). A causa delle gravissime difficoltà del terreno e dell'accanita resistenza del nemico che si opponeva con fuoco di fucileria, lancio di bombe a mano e perfino con rotolamenti di macigni, le truppe italiane riuscivano ad impadronirsi soltanto di alcune delle trincee (Romboncino)". Gli Alpini per evitare rumore si sono perfino fasciati gli scarponi con tela ma la sorpresa non riesce e la reazione austriaca (20° Btg. Jager del 27° fanteria e dal 4° reggimento Schutzen) è travolgente. La battaglia si protrae per 3 lunghi giorni ed alla fine gli italiani sono costretti a ritirarsi lasciando sul terreno 180 uomini. Il bollettino di guerra del 14 ottobre 1915: |
L’occupazione di Agosto (1915) del Cukla e del “Romboncino” è una spina nel fianco della difesa austriaca. Quando la stagione peggiora gli Schutzen (Johann Mikl) nella neve alta vestiti di bianco scalano il Cukla catturando alle prime luci dell’alba i 90 soldati del caposaldo italiano. Il conseguente fuoco di repressione dell’artiglieria italiana causa moltissime perdite agli austriaci ma la cima è persa. Verso sera giunsero in zona gli alpini del Bassano mentre il mattino successivo quelli dell'Exilles. A questo punto vennero diramati gli ordini per un attacco su tutto il fronte, al quale avrebbero preso parte le truppe di tutti i settori e della divisione speciale bersaglieri in loco. In prima riserva il XXVII btg. bersaglieri dell’11° Reggimento in cui militava Mussolini (XXXIII). Gli altri 2 battaglioni erano in linea rispettivamente, XXXIII sul Vrsic e XXXIX sullo Javoršček. Mentre il 14 febbraio 1916 l’11° terminava dopo 10 mesi il servizio in linea (doveva essere sostituito dal 9°) arrivò l’ordine di attacco al Cukla. Il primo disponibile era il XXVII che il giorno dopo passò all’azione. Nel piano le altre forze cercavano di attirare nemici per alleggerire la pressione. La sera del 15 febbraio, il comandante alpino del Val d’Ellero assunse la difesa del del 3° sottosettore del fronte: egli poteva contare oltre che sui propri reparti, anche su di una compagnia del 6° reggimento fanteria e una dell’11° bersaglieri. La 209a compagnia del Btg. alpino venne posta a presidio di quota 1300, mentre la 210a schierò due plotoni sulla sinistra e due sulla destra di quota 1583. Gli attacchi infruttuosi si risolsero in piccoli successi. Il 22 febbraio, il XXVII bersaglieri occupò le trincee poste sulla destra di Monte Cukla, mentre gli alpini del battaglione quelle poste alle quote 1600, 1000 e 1583. La riconquista della quota era rimandata a Marzo in condizioni Meteo più favorevoli. |
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"Il giorno 11 e 12 il nemico tentò un attacco della nostra fronte dal Monte Pal, ad est del Passo di Monte Croce, al Monte Sàlinchiet sul torrente Pontebbana. Dopo intensa preparazione di fuoco di artiglieria, cominciata il giorno 11 e durata tutta la notte successiva e parte del 12, nel pomeriggio di questa giornata l'avversario lanciò colonne di fanteria all'assalto delle nostre posizioni alla testata del torrente Chiarzo. Il contegno delle nostre truppe, l'efficace fuoco di artiglieria, mitragliatrici e fucileria e felici controffensive, da noi spinte nei settori laterali dal Pal Grande al Pal Piccolo, e dal Monte Pigul a Monte Salinchiet, valsero dopo una lunga lotta a ricacciare, sul cader del giorno, l'avversario, infliggendogli perdite gravi .... Nonostante l'entità delle forze impiegate dall'avversario e la lunga preparazione del fuoco di artiglieria, lo slancio dell'attacco fu dal nostro fuoco calmo e preciso rotto a notevole distanza dalle nostre posizioni che l'avversario con ogni suo sforzo non riuscì neppure ad avvicinare. Nuclei nemici, rimasti annidati nella zona boschiva del Lodinut, all'inizio del torrente Chiarzo, sono stati nella giornata del 13 efficacemente battuti dai tiri di fucileria e di artiglieria e fatti segno ad attacchi di nostri drappelli che hanno preso anche alcuni prigionieri
...io mi
considero, al mio tavolo di Capo del Governo, come quando sullo Javorcek e
a Quota 144 ero comandato di vedetta o di pattuglia: ubbidivo come
obbedisco oggi alla coscienza della Nazione. (Mussolini) |
Johann Mikl. With Italy's entry into the war Landwehr Infanterieregiment Number 4 was transferred during the autumn of 1915 to the upper reaches of the Isonzo as part of the 44th Landwehr Infantry Division and Oberleutnant Johann Mikl was now the 2nd company's commander. The regiment took up positions from Rombon up to Javoršček. It covered both the roads from Predil and also from Trente (Vršič Pass). The left flank of the regiment (2nd Battalion) was positioned south of the Isonzo River on Javoršček, the centre (3rd and half of the 1st Battalion) took the positions in the valley with the main support point on Ravelnik o Raveljk Hill. The right flank was situated on the steep hillside of the mountain of Rombon on which the 1st Company were positioned on the summit. Mikl was entrusted with the operation to recapture the strategically important position of Čukla and on the 12th of February 1916 he successfully carried out his assignment for which he was awarded the Order of the Iron Crown 3rd Class with War Decoration on the 22nd of March 1916. During the following Trentino offensive the 44th Landwehr Division was employed in the Seven Communities sector and Mikl was awarded the Bronze Military Merit Medal on the 26th of August 1916 for his part in the taking on Hill 1363 on Monte Cengio…The 2nd Light Division was converted into the 7th Panzer Division on the 18th of October 1939 and under the command of Generalmajor Erwin Rommel achieved spectacular success in the 1940 campaign in the West. Mickl was promoted to Oberst on the 1st of June 1940 and awarded the Iron Cross 1st Class on the 15th of that month. Following an attachment to Panzer-Regiment 25 he assumed command of Schützenregiment 7 on the 10th of December 1940 until the 31st of May 1941. He then took over command of Schützenregiment 155 on the 1st of June and deployed with this regiment to North Africa that September. During the battle of Sidi Rezegh he was captured by New Zealand troops on the 26th of November 1941 but managed to escape two days later with 800 other German POWs after overpowering the camp commander. Johann Mickl was subsequently awarded the Knight's Cross of the Iron Cross on the 13th of December 1941… His last command was of the 392nd Infantry Division (Croatian) which he assumed on the 1st of September 1943. He supervised the formation of the predominantly Croatian manned division at the Austrian training area at Döllersheim and the division then transferred to Agram in January 1944 for further training prior to deploying on anti partisan operations in Croatia and on the Dalmatian coast. Promoted to Generalleutnant on the 1st of April 1944, Johann Mickl commanded the division for just over another year until he was severely wounded in the head during the difficult fighting in the Vratnik Pass near Senj on the 9th of April 1945. Although evacuated to a military hospital at Rijeka he died of his wounds the following day. |
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DIARIO DI MUSSOLINI La Divisione Speciale Bersaglieri era nella conca di Plezzo già da mesi col 6/9/11/12° reggimento. Il l8 novembre 1915 in quella conca il 9° reggimento assieme al 6° e al 12° doveva operare contro il piccolo Javorscek. La preparazione d’artiglieria continuò fino al 19 e si concluse al mattino del 20. Ma quando le truppe erano pronte ad attaccare, gli austroungarici iniziarono una controbatteria molto intensa e gli italiani rimandarono l’azione al giorno dopo. Il 21 attaccò il XXX bersaglieri che sorpassò due linee di ostacoli ma fu poi bloccato dal tiro nemica. Il 22 venne effettuato un nuovo tentativo: questa volta fu raggiunto il terzo ordine di difese, ma la vetta non fu conquistata. Venne avanti anche l’11° reggimento rinforzato da una compagnia di alpini e da due pezzi da montagna, dirigendosi contro la cresta del grande Javorscek. Il tiro nemico era molto intenso. Proiettili incendiari appiccarono il fuoco a un boschetto in cui si trovavano i bersaglieri del XXXIX/11° e vi fu un momento di esitazione, superato prontamente grazie al loro comandante, il maggiore Piola Caselli, |
On the 14th February (1916), the 11th Bersaglieri Regiment also arrived on this battlefield. In the regiment served the young soldier Benito Mussolini, who had passionately supported the entrance of Italy into the war in 1915. Interestingly enough is the fact that he didn't immediately volunteer for the army but rather waited until he was mobilized. His excerpts from his diary are very interesting: Benito Mussolini finally left the Rombon-Čukla positions on 11th March 1916 when his unit was transfered into the hinterland to get rest after the heavy battles in which the 11th Bersaglieri Regiment was involved in at this time. "On 12 February we were ordered to go on to Rombon, which was lost by the Alpini units during a sudden Austrian attack. We departed in the evening. It was a night with many stars. We marched several kilometers along the Isonzo River through an old country road, then we moved into the ruined tavern by the destroyed bridge. In the moonlight we had a marvelous look at the whole Bovec basin. We marched for eight hours. We marched too through Pluze, the village, which was destroyed by the Austrians. We slept in a small barracks. On 17th February it snowed. We were given boards and steel plates for Spanish riders. We put the rucksacks on our backs. Our company was intended to go to the first front-line, in the forward trenches. This was followed by a march though an almost impassable route. My guard post was on the extreme right side of the trench. I used for shields the bags filled with snow and a steel shield. In front of our trench was in an half-circle the barbed wire. In no-man's land lay grey corpses, the deserted bodies. We were in the middle snow in a bright moon night. In the distance I observed the hills which surrounded me and most of them were known to me. On my right I could see the silhouettes of Krn, Vršič, Veliki and Mali Javoršček. It was a real dream look. We were ordered to take our bayonets and to shoot here and there. The cold was biting us. We were completely in the open. The trench didn't give us much cover. That night I shot at least a half dozen bullets. The Austrians rarely replied. One of ours was lightly wounded… On 24th February I guarded with my platoon a place where our soldiers were recently killed. The snow was still red from the blood. On the 25th February the fog was alternating with snow. We worked like madmen. The shovel was as much worth as the rifle. Our trench was so deep that it protected us from the enemy bullets. We reinforced the trench with extra bags of sand. In a couple of hours we filled more than a hundred of them… On 2nd March everywhere was just snow and I was stunned by a shining whiteness. In the morning the avalanche has swallowed four alpini with a mule. We left Rombon that day…." Trad. in inglese di Tullia Matania dal diario di guerra di Mussolini pagine originali sotto |
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un ufficiale esperto che intuita la gravità dell’accadimento e tranquillizzò gli uomini, evitando il nervosismo ancestrale del fuoco con l’organizzazione delle misure di spegnimento. Rinfrancati i bersaglieri partirono all’attacco e conquistarono il presidio del trincerone nemico. Nella notte l’avversario fece esplodere alcune mine e continuò le provocazioni con l’abituale “chichirichì. Ma del resto prima era stato anche peggio. Nella stessa zona, ancora all’inizio di settembre, nel settore di Svinjak. Rombon e JavorsceK sopra la conca di Mezzo furono molto frequenti le beffe atroci e lo “scambio per dileggio tra le trincee opposte di gavette e di cappelli spiumali ricolmi di lordure.
Marzo 1916: Dopo 10 mesi nella conca di Plezzo e un breve periodo di riposo l'11° reggimento si trasferisce in Val Dogna (15/4). Il reggimento di Mussolini, che ha perso già dall'inizio del conflitto il XV battaglione rimasto in Libia si ordina sui battaglioni XXVII, XXXIII, tradizionali e XXXIX (ricostituito). :“Diario 11° Bersaglieri”, Archivio dell’Ufficio storico dello SME. La notizia dell’imminente trasferimento raggiunse il reggimento il 6 novembre 1916; la partenza (per il Carso) avvenne il 10. Dopo qualche giorno di esercitazioni, il 19 novembre 1916 il battaglione di Mussolini (il 33°) era in prima linea a q. 144 al lago di Doberdò. Gli attacchi di marzo non ebbero comunque successo e tutto fu rimandato a Maggio quando gli sforzi furono coronati dal successo. In Trentino stava per iniziare il grande attacco austriaco (Strafexpedition) e di questo settore dell’alto Isonzo si parlava, parlò e continuò a parlare poco. Doveva passare un anno per avere un’idea di quanto fossero pericolose queste linee che attraverso valichi bassi portavano alle testate delle valli del Natisone, dello Judrio e del Torre a pochi “passi” da Udine. |
16 Febbraio 1916 Zaino in spalla, di buon mattino. A piedi sino a Ternova, in camion da Ternova a Serpenizza. Qui mi vien detto che la mia compagnia si trova alla destra dell’Isonzo, in una località detta Sorgente. In marcia! Ecco l’Isonzo sempre impetuoso, sempre ceruleo, ma, giungendo alle sue rive, vicino alla passerella, vengo accolto da alcune cannonate da 280. Vecchia conoscenza. E come non bastasse il 280, entra in azione un 305. Sosta di un’ora. Passaggio del fiume. A pochi metri dalla passerella c’è un 305 inesploso e monumentale come il carabiniere di guardia. Alcuni minuti di strada e sono ai baraccamenti invernali occupati dalla mia compagnia. I vecchi commilitoni, che avevano avuto qualche notizia del mio arrivo, mi salutano e mi abbracciano con effusione vivissima. Petrella, mio compagno di trincea, mi bacia. Conoscenza di alcuni ufficiali nuovi, fra i quali il tenente Danesi, giovanissimo, appena uscito dalla scuola di Modena. I vecchi amici sono quasi tutti presenti. La compagnia è in rango, armata. Sono proprio arrivato al momento opportuno. È giunto l’ordine improvviso di salire nella zona del Rombon e precisamente sul Kukla che gli alpini hanno perduto dopo un attacco di sorpresa. È già notte quando la compagnia si mette in marcia. Notte di stelle! Camminiamo — in silenzio — per qualche chilometro, lungo la strada imperiale di Plezzo; poi, giunti dopo Osteria al Ponte Rotto, prendiamo a sinistra e cominciano a salire. Panorama meraviglioso. Abbracciamo con lo sguardo tutta la Conca di Plezzo, inondata dal plenilunio. Otto ore di marcia. Attraversiamo Plusna, rasa al suolo dagli austriaci, e giungiamo alla tappa. In una baracca angustissima, capace di appena venti persone, trovano posto tre plotoni. Facciamo mucchio. È accanto a me un bersagliere nuovo venuto cogli ultimi complementi. È un contadino umbro, tale Arcioni, un tipo posato e tranquillo, che sembra disorientato e smontato. … Sono stanchissimo e, appena disteso a terra, mi addormento. 17 Febbraio. Nevica. Corvée: tavole per le baracche e pali di ferro per « cavalli di Frisia ». Zaino in spalla! La compagnia si sposta tutta in prima linea, nell’ultima trincea. Si fa ancora una buona marcia per una mulattiera quasi impraticabile. Monto di vedetta alla estrema destra della trincea. Sono riparato da sacchetti di neve gelata e da uno scudo di ferro. Tutto il parapetto della trincea è di sacchetti riempiti di neve: fragilissimo. Dinanzi alla nostra trincea c’è un reticolato in gran parte sommerso dalla neve; un centinaio di metri più in su, si profila il semicerchio del reticolato austriaco. Fra i due reticolati ci sono delle masse grigie informi: sono cadaveri abbandonati. Notte serena, di plenilunio. Siamo in mezzo alla neve. L’occhio abbraccia un cerchio vastissimo di montagne che mi sono familiari. Alla mia destra si profilano il Monte Nero, il Vrata, il Vrsig, il Grande e Piccolo Jaworcek. Spettacolo fantastico. Ordine di innestare le baionette e di sparare qualche colpo, intermittentemente. Il capitano Bondi, che ha il comando interinale del battaglione, passa verso la mezzanotte in ispezione la trincea. — Nessuno deve dormire! — egli ci dice. — Non impressionatevi per le bombe a mano. Freddo acuto. Siamo completamente all’aria aperta. La trincea non offre ripari di sorta. Ho sparato durante la notte mezza dozzina di caricatori. Gli austriaci hanno risposto fiaccamente. C’è un ferito, fra noi, ma leggero. Venerdì 18 Febbraio. Giornata serena, ma freddissima. Guardando verso l’Italia, si vede tutta la pianura di Udine e in lontananza, oltre le lagune, la linea azzurra, appena percettibile, dell’Adriatico. Tre shrapnels austriaci, provenienti forse dallo Jaworcek, battono sulla trincea degli alpini, sottostante alla nostra. Vedo passare, di corsa, alcuni feriti leggeri. Altri vengono trasportati in barella. Cominciano a tuonare i nostri 149. I proiettili sibilanti passano sulle nostre teste a pochi metri d’altezza e piombano sulla trincea austriaca. Guardando contro il sole, si vede giungere il proiettile; sembra una bottiglia nera con un leggero movimento di oscillazione. Tutti i proiettili scoppiano: ciottoli e pali vengono a cadere sino nella nostra trincea. Stormi di corvi volano descrivendo ampi cerchi sulla Conca di Plezzo. Sotto alla nostra trincea c’è la fossa di due soldati caduti nei primi combattimenti. Tutta la compagnia è rimasta per ventiquattro ore consecutive di vedetta alla trincea. 19 Febbraio. La solita corvée. Bisogna andare a prendere i viveri al Comando di Brigata. Un’ora di marcia, faticosa. Chi ha i chiodi aguzzi o i ferri, può camminare. I bersaglieri mettono i piedi nei sacchetti per la terra e non scivolano più. Durante il tragitto, l’artiglieria nemica ha bombardato la posizione, ma la mulattiera è sotto a un costone, che forma un angolo morto bellissimo. Sotto quelle rocce si è sicuri e si può — come facciamo — assistere tranquillamente allo scoppio fragoroso dei proiettili nemici. Passa un generale. Lo seguono molti ufficiali. Un sergente dell’8’ compagnia, tal Peruzzone, genovese, è stato colpito mortalmente da una fucilata al petto. È caduto senza un gemito. Gli scavano una fossa sotto la neve. Sole grandissimo, quasi primaveri1e. Si lavora a preparare « cavalli di Frisia » e reticolati. I soldati, nelle baracche, scrivono, scrivono.,. Mi fermo con un gruppo di giovani ufficiali che fraternizzano con me. C’è il tenente medico Musacchio, il « quasi-avvocato» Peccioli che mi ricorda le manifestazioni e le barricate romane del maggio; il già avvocato Rapetti, pure romano; Santi e Barbieri della mia compagnia. Altre conoscenze: l’avv. Ghidini, volontario negli Alpini, avvocato bolognese. Ordine di servizio per la mia compagnia; il primo e secondo plotone vanno di guardia alla trincea; il terzo e quarto devono spostare avanti i reticolati. Ci vestono di bianco. Appena giunto al mio posto di vedetta, all’estremità destra della trincea, la vedetta austriaca mi tira una dietro l’altra due fucilate che si spezzano contro lo scudo. Metto la canna del mio fucile alla feritoia e rispondo. L’austriaco a sua volta risponde. Il duello dura alcuni minuti. Lo spostamento dei reticolati avviene senza incidenti e senza vittime. Notte freddissima e stellata. Siamo completamente all’aperto. Quindici gradi sotto zero. Se si resta immobili, le scarpe gelano e aderiscono al suolo duro e sonoro come un metallo. |