Così l’"Illustrazione Italiana" nel numero straordinario per il 50° anniversario di fondazione del Corpo nel giugno 1886
I BERSAGLIERI IN CRIMEA

 

Alfonso La Marmora continuando come ministro della guerra l’opera del fratello Alessandro, portò prima a 8 poi a 9, finalmente a 10 battaglioni la forza de’bersaglieri. Furono chiamati a formare i quadri de’ nuovi battaglioni parecchi distinti ufficiali di altri corpi. Decisa, nel 1855, la spedizione in Crimea, fu stabilito che vi andassero 5 battaglioni di bersaglieri, formandoli col riunire le prime due compagnie dì ciascuno dei 10 battaglioni esistenti, e ponendoli agli ordini del tenente colonnello de Saint Pierre succeduto al Savant nel comando del corpo. Comandavano i battaglioni i maggiori Radicati di Pnimeglio, Bonardelli, Bertaldi, Della Chiesa e Cassinis. Ognuno di essi era addetto ad una delle 5 brigate del corpo di spedizione. Ad Alessandria le truppe destinate alla partenza furono passate in rivista da Vittorio Emanuele il 13 aprile: il 16 erano pronte a Genova per l’imbarco. Il maggior Cassinis, in un ordine del giorno diretto al suo battaglione, diceva:  - “Bersaglieri questo nome è un prestigio.... Gridiamo con la manca sul cuore e la destra sull’armi: Viva Vittorio Emanuele Viva le speranze della Patria!"

 
 

Il I battaglione salpò da Genova il 26 aprile sul Carlo Alberto della regia marina; il IV battaglione il 14 maggio, sulla Resistence, nave oneraria inglese, con due compagnie del III che si imbarcarono a Porto Torres, essendo in Sardegna: altre due compagnie del 3° sulI’Indian. Il II e V s’imbarcarono a Savona, Nizza e in Sardegna. Le navi partite prima giunsero a Balaclava il 9 di maggio, ma lo sbarco non potè cominciare prima del 14, Era terminato da poco (lo sbarco) quando, il 23 maggio, fu ordinato alle truppe alleate di occupare la valle della Tchernaja. Una colonna di Piemontesi composta dalle brigate Fanti ed Ansaldi secondò il movimento, stando fra le truppe francesi e le turche. Precedeva la colonna sarda il V bersaglieri che coadiuvò l’avanzarsi de’Francesi sulla destra della Tchernaja, occupando un poggio che prese da quel giorno il nome di Rocca de’Piemontesi. Dopo il primo fatto d’arme al quale presero parte i soldati italiani, meritando gli elogi di lord Raglan generale in capo dell’ esercito inglese. il colonnello Cadogan della cavalleria inglese (ufficiale di collegamento) che agiva unitamente al V bersaglieri. non nascose la sua ammirazione per gli “uomini neri dai cappelli piumati -black men with feathery heats” che comparivano e sparivano dietro le accidentalità del terreno, stendendosi in catena e formandosi in gruppi, obbedendo non ad una voce ma un fischio.
Nel giorno stesso della prima prova si era manifestato nel campo piemontese qualche caso di colera: il morbo crebbe d’intensità dopo una dirotta pioggia caduta il 27. Fu una delle prime vittime del colera il maggiore Francesco Cassinis.

Francesco Cassinis aveva solo 40 anni essendo nato in Masserano nel luglio del 1815. Studiata prima medicina, entrò volontario nella brigata Aosta ed era caporalmaggiore quando Alessandro La Marmora nel 1836 lo scelse fra quelli che dovevano formare le due prime compagnie bersaglieri. Nel 1841 fu nominato sottotenente nell’8° fanteria. Nel 1848, col grado di tenente, ordinò e comandò la compagnia de’ bersaglieri studenti, e fu capitano per merito di guerra dopo il fatto di Colmasino. Dopo l’armistizio Salasco scrisse, stando in Tortona, la relazione de’ fatti della recente guerra, dedicandola al duca di Genova. Promosso maggiore del X nel 1853, aveva avuto la fortuna di essere fra i prescelti a combattere in Crimea e quella di segnalarsi nel primo scontro. Tre o quattro giorni dopo doveva morire senza gloria lasciando moglie e figli amatissimi.

Il 30 maggio morì di colera il capitano Tosetto comandante la 13’ compagnia. Alla mezzanotte del 7 giugno spirava il tenente generale Alessandro La Marmora fondatore del Corpo (sepolto a Kadikoi poi traslato al sacrario ossario di Kamari nel 1981 ?). Dal 7 al 12 il male infierì e uccise il tenente Bottari aiutante maggiore del IV battaglione: il capitano Michele Arrò comandante la 26a compagnia mori il 20. La strage non cessò prima del cadere di luglio.
Alla metà d’agosto i Piemontesi occupavano le alture di Kamara ed il monte Hasford (Hasford o Gasfort è una quota di 217 metri delimitato a nord dalla Cernaia e a sud dalla strada Sebastopoli-Yalta (fuori piantina a destra oltre Varnutka) : la divisione Durando a destra; la divisione Trotti, già comandata da Alessandro La Marmora, alla sinistra; la brigata Giustiniani in riserva. Tre divisioni francesi erano sui monti Fèdioukhine. Gli avamposti degli alleati si spingevano verso la riva destra della Tchernaja: i cacciatori d’Africa guardavano la pianura davanti al ponte di Traktir: fanteria e bersaglieri nostri guardavano il monte Zig Zag al quale il maggiore Raffaele Cadorna, del 18°, aveva fatto costruire un riparo di gabbionate (in pratica trincee). I turchi erano sulla destra dei Piemontesi. Tre chilometri avanti le più forti posizioni de’ nostri eravi il ponte di Traktir: un altro ponte fisso metteva in comunicazione gli avamposti col grosso dell’esercito.
L’esercito russo, accampato sull’altipiano di Makenzie, aveva coronate quelle alture di batterie. Nella notte dal 15 al 16 agosto, i russi cominciarono i primi movimenti per l’assalto delle posizioni degli alleati, tentando di tagliar fuori i corpi avanzati dell’esercito sardo. Il generale Alfonso La Marmora alle 4 antimeridiane era nel punto più minacciato e avvertiva i capi degli eserciti alleati sui movimenti de’russi. Il primo urto fu sostenuto da un battaglione del 16° fanteria forte di 350 uomini posto a guardia dello Zig Zag, contro il quale 70 pezzi delle artiglierie russe convergevano il loro fuoco. Il IV battaglione bersaglieri fu mandato a sostenere quello del 16’ che ricevette l’ordine di ripiegare in buon ordine se non era possibile mantenere quella posizione.
Il battaglione era comandato dal capitano Chiabrera, essendo ammalato il maggiore Della Chiesa. La 25’ compagnia, comandata dal tenente Peano in luogo del capitano Chiabrera, e la 26° comandata dal tenente Robaudi in luogo del capitano Arrò morto di colera: si avanzarono a destra e a sinistra: mentre la 29’ (Capitano Radicati di Passerano) e la 30’ (capitano Biancardi) proteggevano la ritirata della fanteria.
Il La Marmora, chiamato a sè il Saint Pierre comandante dei bersaglieri, lo incaricò di percorrere le linee de’combattenti dicendo loro che quella sera il telegrafo doveva annunciare al Re e alla patria che i soldati italiani erano degni di combattere a fianco degli Inglesi e dei Francesi. Battuti continuamente dalle artiglierie russe anche i bersaglieri dovettero scendere dallo Zig Zag verso la Rocca de’ Piemontesi, più presso al fiume. Il maggiore Della Chiesa, udito il rumore della battaglia. accorreva, benché ammalato, alla testa de’ suoi bersaglieri. Sopravveniva intanto anche la 38’ compagnia, comandata dal capitano Garrone, che prese più tardi il comando dell’ intero V° battaglione chiamato dal La Marmora sul campo di battaglia.
Mentre accadevano le altre fasi della battaglia, che qui sarebbe superfluo narrare, il La Marmora ordinò a un battaglione del 9° fanteria ed al V bersaglieri, di riprendere le alture dello Zig Zag. Gli uni e gli altri si slanciarono al grido di Savoia! e occupate le alture vi presero due cannoni che i Russi non fecero a tempo a portar via. E quando il maresciallo Pelissier mandò un aiutante di campo al La Marmora invitandolo a riprendere quelle posizioni, il comandante sardo poté rispondere all’ufficiale francese mostrandogli lassù in alto i cappelli piumati de’ bersaglieri:
- C’est dejà fait-
Nella prima difesa dello ZigZag. i bersaglieri si trovarono di fronte i cacciatori finlandesi, sceltissima truppa russa. I bersaglieri li lasciarono avvicinare a un centinaio di metri, e li accolsero con una scarica micidiale che li fermò per qualche minuto: poi si ritirarono dietro alle gabbionate, dove si difesero per lungo tempo, nonostante la grande sproporzione del numero. Quando i Russi furono giunti al parapetto la lotta fu a corpo a corpo e i bersaglieri si difesero anche a sassate. Allorché giunse sul luogo del combattimento il maggiore Della Chiesa, il Chiabrera aveva raccolto il battaglione sulla Tchernaja distendendosi in catena, mentre il capitano Radicati con la 29’ sosteneva la ritirata, Allo spedale furono ricoverati parecchi bersaglieri del IV battaglione feriti di baionetta e da colpi di pietre. II V battaglione non si mostrò meno valoroso del IV: il sottotenente Carlo Prevignano ferito nelle gambe e non potendo più camminare li scongiurava a trascinarlo in cima all’altura prima che vi giungessero gli zuavi.
La 33° e la 38° compagnia di quel battaglione, dopo aver rioccupato lo Zig Zag, scesero nella valle Sciuliù dove i cacciatori russi erano imboscati e li sbaragliarono. La 38° su 53 presenti ebbe 18 fra morti e feriti.  Rimasero feriti nella battaglia del 16 agosto il capitano conte Emanuele Chiabrera capitano della 2’compagnia, il tenente cav. Alessandro Frutteri di Costigliole, il tenente Vincenzo Robaudi della 26°, il capitano Garrone e il sottoteneute Carlo Prevignano della 38°. Furono parecchi i bersaglieri ricompensati per il valore dimostrato in quella giornata. Il maggiore Della Chiesa della Torre conte Camillo comandante del IV battaglione ed il capitano Tommaso Garrone comandante del V, ebbero la croce di cavaliere dell’ordine militare di Savoia. I sergenti Scaparro e Tiberga. i caporali Richard e Sardo, i bersaglieri Bolla e Pittarelli, tutti del IV ed il caporale trombettiere Rebaudengo del V battaglione ebbero la medaglia d’argento al valore: quest’ultimo precedette solo il battaglione all’assalto dello Zig Zag, e raccolto il capitano Garrone ferito, lo trasportò sulle spalle fino all’ambulanza. Il capitano Chiabrera fu promosso maggiore, il sottotenente Prevignano promosso tenente.

Armata Sarda – Ka-di Koi 17 agosto 1855

- Soldati, ieri per la prima volta incontraste col nemico che siamo venuti a combattere in queste lontane regioni. Il vostro contegno fu quale io lo sperava, tale da meritare l'approvazione dei nostri valorosi Alleati. Il telegrafo annunciò all'Europa che voi contribuiste alla vittoria sulla Cernaia. Il Re ne sarà soddisfatto, la Nazione .piena di gioia. Vi ringrazio per la vostra bella condotta in questa gloriosa giornata - . Il Generale in Capo Lamarmora (Alfonso)

Il 20 agosto. Nel mattino il Battaglione partiva da Balaklava, per ritornare ad occupare il proprio Campo nei dintorni di Kamara. Il 7 settembre. Alle ore 7,30 del mattino la nostra Brigata, partita dal Campo di Kamara, verso l'altipiano del Kersonese, ove giunse alle 12 circa, e prendeva campo presso l'ala sinistra francese, qual posto sicuro, benché di tratto qualche proiettile del nemico in Sebastopoli, veniva a visitarci a pochi passi dal medesimo. Il Generale Lamarmora a cui era stato diverse volte offerto di ammettere le nostre truppe alle guardie di servizio di trincea, mai aveva annuito, perché mai gli si era concesso un posto esclusivo ma ora che ad una delle nostre Brigate si assegnava una parte speciale e ben determinata nell' attacco, egli aderiva di buon grado, e la sorte favorisce la 3' Brigata comandata dal nostro bravo Generale Cialdini. Noi eravamo quattro Battaglioni di Fanteria, uno dei Bersaglieri, ed una Compagnia del Genio, ma la nostra forza oltrepassava di pochi uomini i 1300; numero piccolo ma bastevole a iniziare energicamente e farsi compiere la parte a noi fidata nell'attacco. Da due giorni continuava il bombardamento di Sebastopoli, poiché tutto era preparato per un assalto, i lavori avanzatissimi, le munizioni, le artiglierie in numero infinito, i soldati animatissimi, fu dunque perciò deciso il bombardamento generale della città, un attacco a tutte le posizioni del fronte di assedio degli alleati. Ecco qual era il piano concertato per l'attacco generale delle posizioni. Alla destra, il generale Pelissier colle miglior truppe francesi attaccava Malakoff, e gli Inglesi il Gran Redant: alla sinistra, riuscito l'attacco di Malakoff, i francesi movevano verso il bastion centrale, inchiodavano i pezzi rivolti al bastion dell'albero, e noi allora dovevamo correre all'assalto della facciata destra di questo bastione; che fu il primo cui i francesi sin dal principio dell'assedio cercavano di accostarsi e quello perciò che i russi avevano avuto maggior tempo di fortificare e proteggere. L'impresa era difficilissima e i francesi non ci avevano minimamente dissimulato il pericolo, perché si sapeva di certo quasi tutto il bastione minato, esistere un ridotto interno. L'8 detto. Alle ore 12 antimeridiane dovevamo entrare nelle trincee, però, essendo queste ingombre di truppe, attraversammo allo scoperto buon tratto di terreno, e sino dai primi passi una delle palle con cui i russi ci salutavano, portò. via la coscia a due soldati del 7° che morirono dopo poche ore. Noi giungemmo alla nostra posizione d'aspetto; ad una ora circa eravamo di prospetto al bastione dell'albero. Già correva la voce della presa di Malakoff, già si sentiva l'attacco del bastione del centro fatto dai francesi, con tutto lo slancio di cui è possibile il miglior soldato, e noi ci attendavamo ad ogni momento l'ordine di entrare nella lotta: la furia dell'attacco francese aveva avuto pieno successo, ma aveva tolto alle riserve, che difficilmente circolava no per le ingombre trincee di giungere a tempo per sostenere l'attacco; una mina fece saltare molti che erano entrati primi, gli altri dovettero ritirarsi, ma nel ritirarsi vi fu allora una lotta sublime, una lotta di giganti in cui tutto serviva di arma, in cui francesi e russi combattevano coll'entusiasmo della disperazione, e dalla quale non si cessava che morto o mortalmente ferito. Per cinque ore una non interrotta processione di feriti ci sfilava davanti; eppure era il minimo numero di quei che erano trasportati, a confronto dei molti che rimasero sul campo e nelle trincee, perché anche costì non si era sicuri, e noi stessi che sentivamo fischiarci sul capo ogni modo di proiettili, ebbimo in questo tempo 38 feriti ed otto morti; io stesso fui salvo si può dire per miracolo, perché nel voltare un angolo di trincea, vicino a una batteria francese, cadde in quel frattempo una granata dei russi sul parapetto a nostra sinistra, e nel scoppiar una scheggia della medesima mi passò davanti e vicinissima al viso, ed andò a colpire nella testa un soldato francese che si trovava in quel momento alla mia destra, e per la quale cadde morto sul colpo: è però bello per noi che tutto questo non disanimava menomamente, i nostri soldati si erano comportati « comme des vieilles pratiques des tranchées», e l'elogio era meritato, perché se vi fu un momento di malcontento nella truppa, fu quando ricevemmo l'ordine di rientrare nel nostro accampamento, ove giungemmo circa alle 8 e mezza pomeridiane, aspettando il domani, per far quello che non si era fatto in quel giorno. Era questa l'idea generale di tutti, sia fra noi, sia fra i Francesi che ci accostavano, fu la più grande, la inaspettata meraviglia di tutti quando, nella notte, un incessante scoppiar di mine, un generale incendio della città nonché della flotta nel porto, ci avvertiva che i russi abbandonavano le posizioni che il giorno prima avevano sì ostinatamente difeso; ognuno non sapeva prestar fede agli occhi propri, ognuno restava muto innanzi a quell'imponente spettacolo, che lascerà un perpetuo ricordo in quanti lo videro. Il furore con cui si era combattuto in ogni parte, la temerità, o meglio la follia dell'attacco tentato sulla sinistra, lo splendido successo che gli alleati avevano conseguito sulla destra, avevano mostrato ai Russi che l'ultimo giorno di Sebastopoli potea differirsi, impedirsi non mai; onde, malgrado la copia e l'abbondanza di munizioni, di viveri, di risorse d'ogni genere, essi la abbandonarono, non lasciando dietro loro che incendio e rovina, come monumento della barbarie, come indelebile, sanguinosa traccia che qui s'era aggravato il dispotismo dello Zar. (dal diario di Paolo Filippo Vaccaneo Da Storia Illustrata aprile 1976)


Il III battaglione bersaglieri (maggiore Bertaldi) composto delle compagnie 17a (capitano Menada), 18a (Pallavicini), 24a (Raibaudi della Canea) e 22° (Prielli), addetto alla brigata Cialdini, partiva il 6(7) settembre per unirsi al 1° corpo dell’esercito francese col quale quella brigata doveva muovere all’assalto dell’altura di Malakoff. La brigata Cialdini fu collocata in un posto difficilissimo, davanti al bastione n. 4, dal quale la separavano uno spazio di terreno minato !!! ed un fosso largo 28 metri col fondo irto di punte e bocche di lupo. I bersaglieri non ebbero occasione di mostrare i loro valore in fatti speciali, ma sopportarono un fuoco terribile con mirabile intrepidezza. Il IV battaglione bersaglieri concorse ad un movimento in avanti ordinato dal La Marmora il giorno 8 d’ottobre, e nel giorno 12 il IV battaglione prese parte ad una ricognizione diretta dallo stesso Alfonso La Marmora verso Aitador, dove impegnò il fuoco con una legione greca al servizio russo.
Il primo gennaio del 1856 trovò l’esercito sardo nelle stesse posizioni occupate il 16 agosto. Cessato il colera, meritati alla Tchernaja gli elogi degli alleati e la gratitudine della patria, i nostri soldati s’erano allegramente abituati alla vita del campo, resa meno dura dai provvedimenti presi dal comandante e dalla loro industriosa operosità, avendo trovato modo di ripararsi quanto meglio potevano dal freddo, costruendo baracche e gourbis.
Gli alleati dimostravano per i Piemontesi, specie per i bersaglieri. la più vivace e schietta simpatia, I turchi ne erano addirittura entusiasti. Cominciarono allora a correre per l’Europa le notissime litografie francesi nelle quali si vedevano un lignard con i pantaloni rossi. un highlander, un turco ed un bersagliere che a due a due si stringevano le destre. In tutta l’Italia la notizia della vittoria della Tchernaja (ago 1855) fu accolta come notizia di fausto avvenimento nazionale. E nel bersagliere gli Italiani non piemontesi si raffiguravano sempre più il soldato tipo della nazione. A Firenze, il colonnello conte Cesare De Laugier, ministro della guerra dopo la restaurazione del 1850, aveva fondato un collegio per i figli de’militari. Gli allievi ne uscivano sergenti e molti di essi sono poi giunti ad elevati gradi nell’esercito italiano. Il Laugier li aveva vestiti press’a poco come i bersaglieri sardi, col cappello piumato, e il popolo, dal nome di un ex-convento dove era stato posto il collegio, li chiamava i bersaglierini delle Poverine e li applaudiva, in grazia del loro cappello piumato, sotto gli occhi del corpo d’occupazione austriaco.
L’ imbarco delle truppe per il ritorno in patria incominciò per la 1a divisione il 16 aprile. Il III battaglione bersaglieri imbarcato sull’lndian salpò da Balaclava il 17 e giunse il 30 a Spezia dove era alato stabilito il campo nel quale le truppe scontarono la quarantena, Il II battaglione, partito da Balaclava il 19 sul Simoon trasbordò il 22 a Costantinopoli sul Great Britain e giunse a Spezia il 28. Il V battaglione salpò il 14 maggio sul Pacific e giunse il 22: tre compagnie del IV partirono il 15 maggio sull’Imperador e giunsero il 28: l’altra collo stato maggiore parti col Golden Fleche il 12, e giunse a Spezia il 21. Il I battaglione era partito il 22 aprile sul Carlo Alberto arrivando a Spezia il 4 maggio. Il 15 giugno le truppe del corpo di spedizione furono passate in rivista da Vittorio Emanuele sulla piazza d’armi di Torino, ordinate su sei linee. essendo ciascun battaglione di bersaglieri schierato alla sinistra della brigata cui era stato addetto durante la guerra, e sfilarono davanti al Re acclamatissimi. Durante la campagna di Crimea, i bersaglieri del corpo di spedizione, oltre il maggiore Cassinis, i capitani Tosetto ed Arrò ed il tenente Bottari, de’ quali è stata fatta parola, perdettero anche i capitani Migliara e Prielli, il tenente Delfino e il sottotenente Gamachio.

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