L'ISOLA DEI MORTI E IL LXXII (72°) REPARTO D'ASSALTO

                                        LE DIVISIONI D'ASSALTO     -     Gli ultimi Arditi

Combattimenti sul PiaveIl Comando Supremo, sollecitato dal Governo, dopo rinvii prudenti diede avvio all'assalto finale. Tutte le armate ebbero l'ordine di avanzare lungo le varie direttrici puntando su Trento da una parte e oltre il Piave, su Vittorio Veneto (Cadore) e Gorizia-Trieste dall'altra. Nella pianura erano disposte l'VIII, IX, X, XI, III e un corpo d'armata d'assalto su due divisioni formate ciascuna da un Raggruppamenti d'assalto (reggimento provvisorio), un battaglione bersaglieri ciclisti, uno squadrone di cavalleria, artiglieria, mitraglieri, motomitraglieri e genio. In prima linea pronti a scattare all'assalto ci sono 39 reparti delle varie armi. La qualifica d'ardito e le relative mostrine sono dei reparti originari, per gli altri basta il distintivo sul braccio e le relative divise.  la 1a Divisione d'Assalto era stata costituita circa un mese prima, con tre gruppi di due reparti d'Assalto e un battaglione bersaglieri ciascuno, messi sotto il comando del generale OTTAVIO ZOPPI. Il 1° Bersaglieri rientrato dalla Libia in gennaio presta i suoi uomini alla 1° Divisione. Alla seconda del gen. De Marchi appartiene il LXXII reparto d'assalto fiamme rosse, ultimo costituito. L'arma preferita degli arditi, il pugnale, viene autocostruito per lungo tempo utilizzando la baionetta del vecchio Vetterly lunga 64 cm spezzata in due e adattata dai fabbri del fronte.

LXXII (72°) REPARTO D'ASSALTO:

Medaglia d'Argento. Nella prima metà di giugno 1918, la seconda compagnia del XXVI reparto d'assalto, fu distaccata per formare, insieme a complementi del 5° bersaglieri e altri fanti, il LXXII arditi. Nella fase piu difficile dell'offensiva finale, l'attraversamento del Piave in direzione di Nervesa, il reparto lasciò "sull'isola dei morti" molti dei suoi uomini.

Questo il racconto (prima parte, la seconda al suo profilo in carneade)  lasciato da padre Agostino di Cristo Re monaco agostiniano, al secolo Umberto Visetti ex bersagliere del 4° e futura Medaglia Oro nel 1937. Nato a Saluzzo il 28/1/1897, Sottotenente nei Reparti d’Assalto: Campagne militari: 1° gm, Fiume, A.O.I. Onorificenze: 1 M.O.V.M Dengheziè 9 ottobre 1937 2 M. Argento V.M. dal B.U. (1920) - M. Bronzo V.M. dal B.U. (1918). .

"Dalle spalline al camaglio", Firenze, Sansoni, 1955 (Bologna, S.p.A. Poligrafici “Il Resto del Carlino”). 8°, pp. XXVIII-322 Da http://www.ardito2000.it/ardito2000_000003.htm  

"Dopo la battaglia del Montello", scrive padre Agostino al secolo Visetti U., "venni trasferito al 72° reparto d'assalto. Quel magnifico battaglione di fiamme cremisi (Bersaglieri) ebbe il vanto di sfondare la resistenza opposta sul Piave a Fagarè, di coprirsi di gloria nella piana di Sernaglia, ove infranse una carica di cavalleria per cui fu citato sul bollettino del comando supremo, di liberare Pieve di Soligo, Vittorio Veneto e Belluno. Fu un'impresa leggendaria da ricollegare agli episodi più luminosi e romantici del nostro Risorgimento, di cui concludeva il ciclo. Per il forzamento del Piave, l'assalto fu sferrato quando il fiume sacro alla Patria era avvolto nelle brume. Mentre le fanterie e gli altri reparti cercavano di mimetizzarsi, gli arditi- come Enrico IV , le vert galant- per spavalderia bersaglieresca sfoggiavano i loro vistosi pennacchi svolazzanti!. Servendoci di barconi del genio pontieri occupammo un isolotto che sarà poi chiamato "Isola dei morti" perchè vi perdemmo circa 600 bersaglieri arditi con due ufficiali; ma la tenace resistenza del nemico abbarbicato sull'altra sponda con grande abbondanza di mitragliatrici Schwarzlose mai viste, ci impedì di varcare il Piave in piena, che si trascinò via i barconi con il glorioso carico di morti. Prigionieri austriaci a fine conflittoFinalmente, sotto l'imperversare delle nostre terrificanti bombarde che vomitando tonnellate di alto esplosivo volatilizzarono con i reticolati i nidi di mitragliatrice, riuscimmo a passare, buttandoci a nuoto dietro un barcone superstite che per fortuna aveva qualche fune; reggendoci a catena l'un l'altro, aggrappati chi alle funi, chi al cinturone delle giberne. "Perdemmo altri arditi, Ettore Marchand (vita in 3 parti) scomparve nell'esplosione di una granata di grosso calibro. Vedemmo il suo bel pennacchio fuori ordinanza proiettato in aria , spiegar le penne in un ultimo sussulto come un'aquila a morte e poi precipitare di schianto con gli altri sollevati dall'esplosione. ......Era il generale Rolando Ricci, CSM del nostro Corpo D'armata. "Balzai di sella e diedi la novità. Egli mi accompagnò dal generale Vaccari, che m'accolse con un grido trionfale:"Teniamo la vittoria e vivaddio non ci sfuggirà". Gli offersi la bella sciabola dall'elsa d'argento bulinata con lo stemma gentilizio consegnatami dal colonnello austriaco, disarcionato proprio sui reticolati, quando si arrese alla mia intimazione. Il generale elogiò senza riserve il nostro comportamento e impartì nuovi ordini. Per la notte : rientrare a Solighetto e a Soligo, il battaglione costituendo l'estrema punta avanzata dell'intero schieramento. Per il giorno seguente: sfruttare al massimo la vittoria Puntando su Belluno per tagliare la ritirata al grosso dell'esercito nemico. Egli aveva preceduto le sue divisioni sicuro che i suoi arditi avessero eseguito la consegna di liberare Pieve di Soligo. Mi resi conto allora che il generale era circondato soltanto dal suo sparuto stato maggiore. Egli si accorse del mio sbigottimento e disse:" Anche il vostro generale è bersagliere. Per non perdere tempo abbiamo varcato il Piave a Cavallo. Vi avevo dato appuntamento qui e ho mantenuto la parola"...

Così in un'altra testimonianza che conferma quanto sopra

Il nuovo Reparto entrò subito in azione, raggiunse Selva sul rovescio del Montello e, seguendo a piedi, dopo diversi sbalzi e accaniti combattimenti che videro l’olocausto di 3 ufficiali fra i quali il tenente GATTU REMIGIO, occupò Casa Pia. Successivamente, seguendo l’argine del Piave, si avvicinò a Nervesa che fu conquistata e tenacemente mantenuta (Giugno 1918). Avuto il compito di forzare il Piave (nell'ultima offensiva d'ottobre), l’attacco fu sferrato nottetempo. Servendosi di barconi del Genio Pontieri, fu prima occupato un isolotto, poi chiamato Isola dei Morti, perché la tenace resistenza del nemico, abbarbicato sull’altra sponda, impedì di varcare d’un balzo il fiume. Barconi, Bersaglieri e Pontieri furono trascinati dalla corrente, ma dopo un fuoco micidiale delle nostre artiglierie, in maggior parte lombarde, che annullò reticolati e nidi di mitragliatrici, il 72° riuscì a passate, lasciando sulGattu Remigio terreno il proprio comandante, Cap. Ettore MARCHAND.

Assunse il comando dei superstiti il Ten. VISETTI che, ricevuto l’ordine di puntare su Pieve di Soligo, li condusse all’attacco di Solighetto e poi di Soligo che fu presa dopo un cruento corpo a corpo. Il Reparto doveva proseguire per Follina, ma nella piana di Sernaglia fu attaccato da una divisione di cavalleggeri Ussari con tentativo di aggiramento. Il comandante Visetti ebbe appena il tempo di far piazzare le mitragliatrici ed i lanciafiamme dietro un reticolato. Il primo squadrone fu annientato, gli altri si arresero ed il comandante, in segno di resa consegnò al Ten. Visetti la sua sciabola passata poco dopo al Gen. Vaccari il quale, giubilante, esclamò: sono anch’io un bersagliere; abbiamo la vittoria e più nessuno ce Ia toglierà
Nella nottata seguente il Reparto, che costituiva la punta più avanzata dell’intero schieramento, ricevette l’ordine di rientrare a Solighetto ed a Soligo. Rifornito di munizioni, riprese l’avanzata verso Follina ancora nella piana di Sernaglia, combattendo gloriosamente, impedì al nemico la ritirata e raggiunse Belluno. Per le azioni di Falzè di Piave, Pieve di Soligo, Sernaglia e Ponte delle Alpi, il 72° Reparto d’Assalto Fiamme Rosse, filiato del 5° Bersaglieri, fu decorato  di Medaglia d’Argento al V.M.

BERSAGLIERE GATTU REMIGIO DI GIOVANNI - Nato a Orune Sassari il 1°ottobre 1893: decorato di tre medaglie d'argento al valor militare, tenente di complemento nel XXVI reparto d'assalto, morto il 18 giugno 1918 nell'ambulanza chirurgica d'armata n°4 per le ferite riportate in combattimento (foto Francesco Zagone). "Gattu Remigio da tenente al IV reparto d'assalto con indomito coraggio e sprezzo del pericolo trascinava i suoi soldati all'assalto di forti ed estese posizioni nemiche, conquistandole e catturando numerosi prigionieri ed abbondante bottino. Ferito continuava a combattere incitando i suoi bersaglieri alla lotta. Monte Val Bella, gennaio 1918” 

Ma dove s'apprezza maggiormente il suo spirito di sacrificio, e il suo carattere puro e saldo come diamante, dove la sua anima di guerriero sembra scolpita sul granito e sull'acciaio, e nella lettera scritta dopo essere stato ferito in sette aspri combattimenti al fratello Camillo,tenente di fanteria al fronte: “Sono finalmente tornato alle mie schiere combattenti e l'animo rinnovellato di vigor novello, intende e spera. Sempre forte e coraggioso, fra i pericoli alto fra le asprezze terribili”. Remigio Gattu, il più bello assaltatore d'Italia cadeva poi sul Montello il 16 giugno 1918 scrivendo col sangue vermiglio la pagina più gloriosa della sua giovinezza gagliarda. Tenente Luigi Debernardi di Nuoro, morto anch'egli a soli 18 anni sul campo della gloria.
“Remigio Gattu ha trovato morte gloriosa, ferito da pallotola esplosiva il 16 giugno, alla testa della sua compagnia; il 18 ci lasciava per sempre in un ospedaletto da campo. Eroico giovane ardito fra gli assalitori arditi è spirato, nel nome sacro d'Italia sulle labbra e sul cuore. In una visione radiosa l'eroe agonizzante vedeva il nemico in fuga disordinata inseguito dal bel soldato d'Italia. Ai piedi del Montello, sul fiume riconsacrato in un cimitero d'eroi dorme il sonno eterno. Ed io ed i miei superiori e colleghi, ammirati, giuriamo la vendetta a qualunque costo,vendetta santa,vendetta da assalitori”

 

GLI ALTRI ARDITI:

IX Fiamme Nere. Al comando di Giovanni Messe con molti bersaglieri nei ranghi, si distinsero alle pendici del Grappa sul Col Moschin e Col della Beretta negli ultimi mesi di guerra. Qui Messe rimase circondato con pochi uomini. Il grosso del reparto ritornò allora sui suoi passi ed ingaggiò una furiosa battaglia per liberarlo. ".. ricordatevi che molti negli anni a venire diranno di aver qui combattuto. Ma nessuno potrà provare d'aver fatto quello che noi facemmo". Ricostituito nel 1942,  partecipa alla guerra di liberazione dopo l'8 settembre 1943. Il NONO è oggi inquadrato come Nucleo Incursori  nella  Brig.Paracadutisti Folgore con le compagnie 110-120.

XXVI (26°) REPARTO D'ASSALTO: Il reparto era stato il primo ad essere costituito nel V c.d.a.. con uomini provenienti dalla 4° brigata bersaglieri (14° e 20° reggimento). Anima di questa formazione era il giovane capitano Aminto Caretto, piemontese, che aveva già formato una compagnia di arditi reggimentali e che aveva anche comandato eroicamente la 70° compagnia. Conclusa la preparazione il 26° venne inviato in prima linea e iniziò l'attività di guerra con ricognizioni, appostamenti e pattuglie. Verso la fine di agosto del 1917 arrivò l'ordine di espugnare i roccioni di Monte Maio, a 1500 metri di quota, nella zona a est di Rovereto. Il 26° partì all'attacco, di sorpresa, nella notte del 23 agosto, ma il fortuito incontro con un pattuglione austriaco svento il piano e provocò un'immediata , durissima reazione delle difese austriache. I plotoni rientrarono all'alba, con forti perdite, impiegando l'intera giornata per riorganizzarsi e ripartendo poi la sera stessa. Una pattuglia, comandata dal sergente maggiore Cottone avanzò frontalmente con un nutrito fuoco di fucileria e lancio di bombe a mano al fine di attirare da quella parte l'attenzione del nemico. Sulla sinistra, intanto, avanzarono i tenenti Bordignon e Lollini con i loro uomini, e diedero inizio alla scalata dell'impervio sperone di roccia . L'operazione riuscì in pieno: i bersaglieri formarono una piramide umana abbarbicata alla parete rocciosa , uno sulle spalle dell'altro, fino alla vetta dove annientarono le vedette e irruppero mettendo in fuga l'avversario. La minaccia a Est impose il loro trasferimento, anche se incompleti (Il capitano Caretto era all'ospedale, malato di tifo). La sera del 24ottobre giunse l'ordine di trasferimento onde rinforzare il 20° bersaglieri. La 1a compagnia al comando del tenente Gattu e la 2a col tenente Sergardi si portarono a sud del paese suddetto, la 3° compagnia e la sezione Bettica al comando del sottotenente Buozzi rimangono di riserva. Verso le 23 si tenta la rioccupazione del paese e delle trincee che vanno a nord-est. La prima compagnia attacca frontalmente, mentre la seconda deve proteggere la destra occupando le alture dominanti; sulla sinistra deve agire un reggimento di bersaglieri. Alle 23.30 le compagnie iniziano il movimento prendendo subito contatto con il nemico. Gli scontri proseguono tutta la notte e verso le ore otto il nemico attacca risolutamente ma non riesce a sfondare la linea tenuta dal reparto. Sull'imbrunire i tedeschi vengono in forze al contrattacco e costringono i nostri a ritirarsi sul monte Maggiore. Qui il racconto del Tenente Rommel http://digilander.libero.it/fiammecremisi/schede/guerra.htm  I resti della battaglia si ritirano col 20° reggimento su Cividale da dove copriranno la ritirata. Tra il 17 e 20 novembre il reparto è di nuovo in linea alle Melette di Gallio sopra Asiago dove resta fino all'anno nuovo. Il battaglione viene ritirato a Giavera del Montello per essere riordinato. Qui partecipa agli scontri della testa di ponte di metà giugno 18 dove trova la morte il ten. Lollini Ivo. La guerra che sta per finirie non risparmia un'altro ufficiale del XXVI, Lusi Giulio caduto sul basso Piave il 30 ottobre. Nei giorni del Piave: Caretto è a Sernaglia coi suoi arditi poi a Grisolera e Sette Casoni, dove fa prigioniera una schiera di bavaresi; non si ferma, passa il Livenza, il Tagliamento e oltre ancora mentre i fratelli nelle divisioni 28a e 23a di Fara valicano il Fiume Sacro alla Patria. Vi è con loro Randolfo Pacciardi, sottotenente futuro Ministro della Difesa nel secondo dopoguerra, che con i suoi piumati sbaraglia gli austriaci al ponte di Madrisio E' il 3 novembre 1918, il massacro sta per finire.
Bers. CIRO SCIANNA: Luogo di nascita: Bagheria (PA) 16.3.1891. Emigrato per lavoro, ritornò per arruolarsi al 3° Bersaglieri. Distaccato al 10° in Albania fu di nuovo rimpatriato allo scoppio della guerra per prendere servizio al 16°. All'atto della costituzione degli arditi entrò subito nel XVIII e successivamente al IX. Sull'Asolone in maggio viene decorato di medaglia di Bronzo e in Giugno di una d'Argento a Col Moschin. Il 24 giugno sull'Asolone, alfiere del reparto, venne falciato mentre davanti a tutti aveva già superato le trincee nemiche. Alla memoria gli venne concessa la Medaglia d'Oro alla memoria.  Data del conferimento: 30- 8- 1918 . Motivo del conferimento: Soldato di altissimo ardimento, in aspra battaglia, sotto un micidialissimo tiro di fucileria e mitragliatrici nemiche e fra tragiche lotte corpo a corpo, portava con irresistibile slancio lo stendardo del battaglione d’assalto alla testa delle ondate, infiammando i compagni entusiasti del suo coraggio. Sulla vetta raggiunta, colpito in pieno petto, cadeva nell’impeto della sua superba audacia, dando al tricolore l’ultimo bacio ed alla Patria l’ultimo pensiero col grido: Viva l’Italia !. Monte Asolone, 24 giugno 1918. Col Moschin Giugno 1918

Ten. CARLO SABATINI  luogo di nascita: Alessandria:  Nominato Aspirante ufficiale nel novembre 1915 viene destinato al 11° reggimento bersaglieri. Nell'agosto del 16 già sottotenente di una sezione di mitragliatrici fu ferito e decorato di medaglia d'Argento. Promosso Tenente ritornò alla 579 cp. Mitraglieri Fiat. Chiese poi di entrare nel III° Reparto d'Assalto che si stava formando a Santa Caterina di Schio, nei pressi di Vicenza. Gli ufficiali incaricati di tale compito erano: il maggiore Tranquillino, il capitano Tongiorgi e lui provenienti dalla Scuola Reparti d'Assalto di Sdricca di San Giovanni di Manzano. Ripiegato col reparto sul Piave il 13 maggio 1918 sul Monte Corno con tre compagni, dopo una difficile scalata, catturò un'intero presidio austriaco che gli valse la Medaglia d'Oro. Primo sempre ai cimenti, personificazione vera delle più elette virtù militari, con alto spirito di abnegazione e magnifico ardire, con una scalata che ebbe del prodigioso potè primo, esempio ai quattro arditi che lo seguirono, sotto i vigili occhi delle vedette nemiche, audacemente piombare su numeroso presidio avversario. col quale ingaggiò violento corpo a corpo. Nessuno dei nemici fu salvo, i più furono uccisi e nella mischia rotolarono pei dirupi. Sei ne catturò, compreso l’ufficiale co-mandante del presidio. Fattosi poscia raggiungere da forte nucleo dei suoi, si affermò saldamente sulla posizione. M. Corno, 13 maggio 1918. Di lui non si consce molto nel dopoguerra se non che raggiunge la carica di  Maggior Generale ( Direttore del Comando Superiore FF. AA. ) e che è una delle persone più influenti del fascismo dei primordi.

Ten. LAMBERTO DE BERNARDI: Diplomato ma troppo giovane (classe 1898) per essere arruolato entrò nelle formazioni dei volontari ciclisti all'età di 17 anni. L'anno dopo (1916) riuscì ad entrare nel 5° bersaglieri dove aveva già militato il fratello Carlo morto a Tolmino nel 1915. Nominato aspirante ufficiale passo al 13° poi da sottotenente di nuovo al 5° bersaglieri sugli Altopiani. Dopo Caporetto entrò negli arditi al XVI reparto e prestò servizio a Gallio dove nel corso di uno dei tanti furiosi scontri perse la vita alla testa della sua compagnia. Alla memoria venne concessa la Medaglia d'Oro. Sottotenente Bersaglieri  luogo di nascita Torino. Data del conferimento: 3/ 3/ 1918 D.L. Volontario fin dall’inizio della guerra, già due volte ferito, caduti due suoi fratelli sul campo, volle tornare ancora in prima linea. Comandante di un plotone d’assalto, alla testa dei suoi arditi, affrontava per primo e respingeva il nemico che, forte di numero, tentava di forzare le nostre difese. Ferito, rifiutava ogni soccorso e continuava a guidare il proprio reparto in ostinati e ripetuti contrattacchi, finchè colpito nuovamente a morte baciava il sacro suolo della Patria e spirava incitando ancora una volta con la parola e col gesto i suoi soldati che, esaltati dal fulgido esempio, coronavano l’azione con la vittoria. Gallio (Altipiano di Asiago), 10 novembre 1917                                          i fratelli De Bernardi http://www.lagrandeguerra.net/ggdebernardi.html 

Carlo                                               Lamberto

 

“Parole di fede”, epistolario di guerra dei fratelli Carlo (classe 1893), Vittorio e Lamberto De Bernardi, tutti e tre morti nel corso della guerra. Il primo a raggiungere il confine è il primogenito Carlo, al 12° reggimento Bersaglieri corpo in cui poi servirà come abbiamo visto anche il fratello Lamberto (classe 1898):

 
Carlo De Bernardi, Bersagliere, autore delle lettere sottoriportate, morirà il 23 ottobre 1915 a Santa Maria di Tolmino, colpito alla fronte mentre posizionava un tubo di gelatina sotto i reticolati nemici (Dopo Carlo moriranno Vittorio, anche lui sottotenente, il 16 maggio del ’16 in Trentino all’inizio della “spedizione punitiva” di Conrad e ultimo cadrà Lamberto. Carlo e Vittorio sono medaglia d'argento).

Cepletischis (Confine italo-austriaco), 23 maggio 1915 - “Carissimi… Come già ripetutamente vi ho scritto, io sto benissimo, e per me non dovete preoccuparvi. La guerra è una cosa sanguinosa e terribile, tuttavia, con un po’ di accortezza e spirito, si può salvare la pelle. State certi che a me queste doti non mancano e, se il destino non mi sarà avverso, potrò ritornare nuovamente a voi, coperto di gloria! Questa mattina il mio battaglione ha fatto una ricognizione ai confini, c’era anche il Colonnello e tanti ufficiali superiori, che erano allegri come matti. Per la prima volta abbiamo visto le vedette austriache, ma molto in lontananza. Quando penso che saremo noi ad iniziare questa nuova guerra, non mi sembra possibile tanto onore; come mi pare un sogno di poter presto scrivere da Trieste, sotto l’ombra del tricolore!”
Luico, 24 maggio 1915 - “Carissimo papà… E’ stato un momento veramente emozionante quando stamani si è passato il confine, che non ti puoi immaginare! La pietra che lo segnava venne rovesciata dalle nostre truppe. Qui i bersaglieri se la divertono un mondo. Fanno le croci sui ritratti di Cecco Beppe, girano coi cappelli dei gendarmi austriaci in testa; ne fanno di tutti i colori”
Luico, 25 maggio 1915 - “Mamma carissima… Per la prima volta si è sentito, in questo paese, le fatidiche note dell’inno di Garibaldi e di Mameli! Per merito della nostra fanfara che ieri sera tenne concerto qui sulla piazza, davanti al Comando. Ti assicuro che è tutt’altra cosa sentirli qui, col nemico di fronte, che udirli comodamente a Milano. E’ una cosa che infiamma il cuore e l’animo, e che fa piangere dalla commozione…”.

GENERALE GIUSEPPE VACCARI: Capo di S.M., Comandante del C. d' A. di Trieste e di Roma. Luogo di nascita: Montebello Vicentino Sottotenente al 1° in prima nomina e in servizio al 2 (capitano) e 10° bersaglieri (maggiore) ebbe vari incarichi di Stato Maggiore e di insegnante alla Accademia Navale di Livorno. Nel 1912 parte per la Libia come capo di S.M. divisionale meritandosi per il combattimento di Misurata l'Argento. Col grado di Colonnello di Brigata rientra dalla Libia ed assume il comando della Brigata Barletta nel 1916. (altro argento). Comanda poi lo Stato Maggiore della III armata fino al ripiegamento indenne sul Piave. Ottiene per promozione a T.Generale, il comando del XXII c.d.a. e per i combattimenti del giugno 1918 a Nervesa viene insignito di Medaglia d'Oro. Sua l'epigrafe al mulino Manente di Moriago. "Ali alle ali, le crisi non si risolvono che al di la del Piave" è il primo a passare il Piave e a restare isolato per una intera notte alla Sernaglia. Capo di Stato Maggiore nel dopoguerra e senatore dal 1928 muore a Milano nel 1937.  Motivo del conferimento: Di fronte ad una gravissima e minacciosa situazione verificatasi nel settore del Corpo d’Armata ai suoi ordini, lasciato il suo posto di comando, si portava risolutamente tra le oscillanti ondate delle fanterie ed infiammandole con la vibrata parola ed il fulgido esempio del più sereno sprezzo del pericolo, le lanciava ad impetuoso attacco contro il nemico, già imbaldanzito, risolvendo col suo personale intervento ed a favore delle nostre armi le sorti dell’aspra giornata. In una precedente circostanza, comandante di una brigata, dopo aver condotto due volte brillantemente le proprie truppe alla conquista dell’obiettivo assegnatogli, in un momento critico del ripiegamento interveniva prontamente ed energicamente coi mezzi a disposizione, fermando e riconducendo al combattimento militari dispersi e fuggiaschi al grido: Viva l'Iitalia!. Montello, 19 giugno 1918 - Castagnevizza, 23-24 maggio 1917

L'ISOLA DEI MORTI

Enrico Barbi : Medaglia di bronzo al V.M: "Il soldato del XXII reparto d'assalto, Barbi Enrico entrato per primo in Moriago, attaccava a colpi di bombe un nucleo nemico distruggendolo e catturando prigionieri. In successive, molteplici occasioni dava prova di coraggio e di disprezzo del pericolo - Moriago 27/28 ottobre 1918".

Moriago: Porta della Vittoria o Via degli Arditi così venne chiamata l'isola ghiaiosa del Piave (Grave: dove i contadini e le famiglie povere facevano legna gratis in tempo di pace) di fronte al Montello. L'isola deve poi il suo ultimo nome  perché la corrente del Piave vi trascinava numerosissimi corpi di soldati caduti. Il luogo fu poi deputato alla memoria ed alla pietà popolare, colpite dal continuo emergere di resti, di armi e di soldati dalla ghiaia del fiume. Qui passarono gli arditi dal 27 al 29 ottobre 1918 e qui molti restarono.. Se passate di la sostate alla piramide che ricorda i caduti coi versi di Gabriele D'Annunzio. Nel vicino santuario una lapide celebra E.A.Mario, autore della canzone "La leggenda del Piave", ed un soldato, con l'elmo rovesciato in mano, vi farà da acquasantiera. I caduti dell'Isola dei morti riposano a Nervesa della Battaglia.

Il bersagliere Enrico Barbi da Gubbio, poi ardito nel XXII reparto d’assalto (Il Reparto del XXII CdA fece parte della 1a divisione d'assalto, generale Ottavio Zoppi) fu il primo soldato italiano ad entrare nel paese di Moriago durante la battaglia di Vittorio Veneto. Arruolato a diciannove anni nel 3° reggimento Bersaglieri con gli eugubini Giuseppe Cappannelli (5), Evaristo Barzucchi (poi nel 1° gruppo mitragliatrici Fiat, 14a compagnia, VII battaglione, 3° Bersaglieri), Santino Bellucci (II battaglione Bersaglieri) e Ubaldo Barbi detto "della Luca". Agli arditi del generale Zoppi il compito di superare la linea di vigilanza austriaca (intorno a mezzanotte), impadronirsi della linea dei Molini (alle 3), dopo aver travolto gli ussari dell'11a divisione e arrivare alle 4 a contatto della linea dei villaggi (Mosniago, Moriago, Fontigo, Sernaglia e Falzè). All'alba, rincalzati dai soldati delle brigate Pisa e Mantova e reparti d'assalto, sotto una fitta nebbia e una pioggia sempre insistente, conquistano Mosniago, superano Sernaglia e, divisi in piccoli nuclei, riescono anche a ridurre al silenzio le numerose mitragliatrici scaglionate attorno a Moriago" (CERVONE1994, p. 207).

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