LA GRANDE OFFENSIVA DELLA IV ARMATA

L'ATTACCO IN COMELICO E CADORE AL NODO FERROVIARIO DELLA VAL PUSTERIA - 2a parte

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USO DELLE MUNIZIONI: Basilio Di Martino e Filippo Cappellano – La Grande Guerra sul Fronte Dolomitico – Gino Rossato Editore pag. 83  “Se in esiguo numero equivalgono a pura dannosa diminuzione munizionamento, se in gran numero costituiscono colpevole consumo non compensato dallo scarso disturbo che può essere prodotto nei lavori di apprestamento a difesa del nemico”. Dopo questa comunicazione del 21 giugno, a testimonianza di quanto il problema dell’artiglieria fosse scottante, il comando d’armata tornò ad occuparsene già l’indomani, 22 giugno, come conseguenza sia della scarsità  !!! di munizionamento di medio e grosso calibro, sia del manifestarsi di problemi di ordine tecnico, evidenziati dallo scoppio di alcune bocche da fuoco di obici campali da 149 con affusto a deformazione e di cannoni ad affusto rigido dello stesso calibro. Sempre il 22 giugno Nava se la prese col comandante del settore San Pellegrino, dove malgrado l’abbondanza di uomini e mezzi, non si riusciva ad allargare l’occupazione a causa dell’azione di due pezzi da 80 mm, appostati al Passo Le Selle, non controbattuti a dovere. Il 23 giugno il comando d’armata diramò un apprezzamento informativo sulle forze nemiche contrapposte. Queste erano stimate deboli, ed inferiori a quelle italiane, in Val San Pellegrino, alla testata dell‘Avisio (Passo Fedaia), da Monte Mesola a Col dei Bois, dove erano dati come presenti 5.000 uomini scaglionati in profondità sino alle più importanti posizioni del Sella Gruppe, quali Pordoi e Canazei, mentre da Fanes Grande al Col Becchei di Sotto, a Son Pouses ed alla Croda d’Ancona, si riteneva fossero schierati non più di 3.500 uomini, appoggiati da cannoni di piccolo calibro abilmente appostati e ben dissimulati sul terreno, e con altri 6.000, e forse di più, considerate le riserve raccolte nella vicina Val di Rienz, dalla testata dello Stolla allo sbarramento di Landro - Platzwiese. Al contrario erano stimate pari a quelle italiane, se non superiori, le forze nemiche fronteggianti l’estrema destra della 4 Armata, dalla Val Fischlein (Val Fiscalina) alla Cima Frugnoni, valutate in circa 10.000 uomini scaglionati in profondità fino ad lnnichen (S. Candido).

L'Artiglieria d'assedio da 280/305 necessaria per distruggere i forti austriaci (da cui erano stati però sgombrati i pezzi (120 mm o mortai da 150) necessitava per la logistica delle strade di almeno 3 settimane (di cui 2 per le piazzole, ma non si poteva preveder prima questo ?) e altre 2 per distruggere i Forti e le posizioni di partenza. Ergo prima della fine giugno non era possibile nessuna sorpresa !!! Per la strada che sale da S. Stefano a Padola (passo M. Croce Comelico) provare per credere ancora oggi che cosa vuol dire spingere in quella direzione cannoni da assedio, soldati e logistica per almeno una divisione proietatta in profondità con munizioni, riserve e viveri etc. !!! In alternativa se si sfondava in Val Landro e Dobbiaco per eliminazione cadeva anche S. Candido. Nell'ampia valle c'era anche un pericoloso aeroporto.

 

Dopo un mese di scontri il bilancio “ufficiale” del C.S. era dichiaratamente positivo (Il rapporto terre conquistate e caduti era oltremodo generoso, ma era fasullo). Dalla Val d’Adige alla Carnia  c'eravamo impadroniti dell'Altissimo di Monte Baldo, di Monte Foppiano, di Ala, di Brentonico, di Serravalle, del Coni Zugna dello Zugna Torta e, verso destra, del Pasubio e del Baffelan; sugli altipiani avevamo ridotto al silenzio i forti di Spitz Verle, di Vezzena e di Luserna e conciato in malo modo gli altri; in Val Sugana eravamo giunti a pochi chilometri da Borgo; in Val Cismon avevamo occupato il Belvedere; nella valle di San Pellegrino avevamo conquistato la Punta Tasca; ci eravamo resi padroni di tutta la conca di Cortina d'Ampezzo fino a Podestagno e al Passo di Falzarego; tenevamo saldamente tutti i passi da quello di Monte Croce di Comelico a quello di Vall'Inferno e di Monte Croce Carnico, le cui vette circostanti erano in nostro potere, mentre dalla zona di Pontebba le nostre artiglierie sbrecciavano il forte Hensel che sbarrava la strada di Tarvis e dalle testate di Val Raccolana e di Val Dogna disturbavano i movimenti nemici a nord del Passo del Predil. Si trattava in genere di zone abbandonate dal nemico per rettificare la linea del fronte che venne così accorciata di 100 km. Anche l’occupazione di Plezzo e del Monte Nero non aveva cambiato la fisionomia della guerra che era ferma di fronte alle postazioni vere dell’esercito austro-ungarico che combatteva sulla difensiva. Le trincee non si smuoveranno da qui per lungo tempo e  fu grande la sorpresa quando un anno dopo quello che ritenevamo un esercito rinunciatario giocò in trentino la carta della Strafexpedition, minacciando la fine del conflitto negli stessi luoghi da noi scelti per la sua breve durata. Eravamo stati noi ora a sederci sulla sedia della rinuncia e a cullarci nella forza della nazione.

le posizioni di partenza il 24 maggio 1915

   

Fino al 25/6/1915 (1 mese di guerra) in questo settore s'erano persi 3.753 uomini di cui per malattia 2.376 !!. Oltre la Croda Grande, a sx in basso, la competenza era della Ia armata. Dal Peralba (in alto a dx dove nasce il Piave) verso est la competenza era del Cda autonomo della Carnia

  GLI ESONERI

Fino all'ottobre 1917, la lista degli esonerati raggiunse il numero di 461, di cui 217 generali !!. Si faceva a gara coi francesi, ma i francesi i generali li confinavano in una sola città (Limoges), dove potevano sfogarsi e consolarsi a vicenda e non disseminarsi nel paese a screditarvi il siluratore come facevano i nostri peraltro supportati dai politici. Alla base dei siluramenti sembra non ci fosse sempre il criterio professionale bensì equivoci, antipatie, gelosie, dispetti. Alla Commissione, che più tardi esaminò quegli inspiegabili siluramenti risultò che taluni decoratissimi, ebbero il siluro, perché la loro "cultura generale e professionale non garantiva che avrebbero percorso con distinzione (e dignità) i gradi più elevati". A silurare un colonnello, particolarmente colto e persino poeta, gli si fece anche l'addebito di non saper parlare ai soldati con proprietà di linguaggio e di dare alle parole la cadenza napoletana. Fra i motivi per silurare un generale si scrisse che, "paffuto e rubicondo, arguiva ma che non ne possedeva le necessarie capacità". Un altro venne silurato perchè a domanda rispondeva : "Non ho fatto la Scuola di Guerra, ma ho fatto la Guerra, e bene !"

 
 
 
 
     

Il 24 giugno si discute ancora dell'attacco del I Cda ma dalle parole non si passa ai fatti. Anzi il 26 il comandante della 2a divisione Gen. Saverio Nasalli Rocca*viene esonerato per uso sconsiderato di munizioni contro obiettivo già considerato inarrivabile (Son Pouses) ma anche di essere troppo prudente e lento nelle manovre. Lo sostituisce Cantore che verrà poi ucciso in circostante considerate oggi misteriose. Ordini di attaccare il nemico poi ordini di prestare attenzione al nemico che attacca non fanno che sconcertare i reparti. Attaccheremo il 4 luglio, si, senza ombra di dubbio poi il 5 "energica offensiva intesa a raggiungere linee comunicazione dell'avversario specie quelle della Val Pusteria". E l'attacco partì nel settore del Comelico per il Col dei Colesei (m.1974) e Col Rosson  (m. 2304) che ci proteggeva dalla dorsale carnica ancora in mano agli austriaci. Non eravamo ancora entrati in territorio austriaco ma alcune artiglierie da Sesto potevano inquadrarci e quando i ns pezzi da "90" si misero in postazione qualcuno s'accorse che eravamo troppo lontani per battere i forti di Sesto, Mitterberg e Heideck. Saltava quindi la testa del comandante l'artiglieria d'armata Gen. Giacinto Sachero  sostituito da Alessandro Goria. Quando un attacco iniziava con la preparazione d'artiglieria era come dire "aspetta un attimo, preparati che arriviamo". Ci stupivamo a  volte che il nemico non rispondesse, dando per scontato che fosse stato colpito per poi sorprenderci quando si scopriva che aveva posizionato l'artiglieria da tutt'altra parte e aspettava solo il nostro arrivo. La guerra a tavolino era andata a farsi friggere e sicuramente i cuochi italiani erano i migliori. Nava" … noto che anche là si è avverato lo scioglimento delle batterie nemiche in pezzi isolati e che è appunto a cagione della scomposizione avvenuta, che le località di Sextenstein, Oberbacherpass, Geierwand, Rautkofel, Strudelkopf, Rautkopf, Knollkopf, Schwalbenkofl, Monte delle Scale e parecchie altre ancora, sulle quali ha fatto comparsa ad intervalli qualche pezzo austriaco, sono ormai diventate altrettante batterie occasionali nemiche. Gli erranti pezzi nemici isolatamente impiegati non danno presa alle nostre batterie d’assedio, troppo potenti per il bersaglio che avrebbero da battere, e per la loro ignota postazione ne sfuggono a lungo il tiro. In così fatto stato di cose dello sbarramento Landro - Platzwiese, nel quale si riproducono, aggravate, le condizioni già esposte per lo sbarramento Cordevole - Valparola, sarà anche più difficile ottenere il desiderato coordinamento d’impiego della fanteria e dell’artiglieria nel combattimento, perché la situazione nella quale avviene la lotta è diversa da quella prevista dalle norme, che regolano tale coordinamento e i precetti dati trovano le più gravi difficoltà ad avere pratica applicazione”.
3 Sassi oggiSul displuviale carnico dall'8 al 18 luglio era intanto lotta per la conquista del Cavallino. I nostri  (Btg Cadore, 91° e 92 Ft, Bersaglieri) scendevano dal Quaternà col favore della nebbia che ben presto si dissolve svelando il piano offensivo. Pochi giorni di serrati combattimenti, col nemico che si rafforza poi si torna sulle basi di partenza.  Gli alpini del Fenestrelle hanno perso il 38% della forza. La testata della Val Digon o Dignon resterà proibita agli italiani. Era estate ma su quelle cime tormente di neve spazzavano il campo di battaglia aumentando i casi di malattia e di depressione fisica.
A saltare questa volta è la testa del Gen. Ottavio Ragni comandante il I Cda e l'unico ad avere avuto esperienze di comandi in montagna in qualità di ispettore delle T.A. A metà Luglio i rapporti di forza tra gli opposti schieramenti non davano più agli italiani quella superiorità numerica (2 a 1) necessaria per intraprendere azioni offensive, e ciò, a maggior ragione, in terreni di montagna, che favorivano la difesa. Il nemico disponeva ormai di 45 battaglioni di fanteria e di circa 40 pezzi d’artiglieria, compresi quelli dei forti, contro i quali la 4 Armata schierava una settantina di battaglioni con 53 batterie di artiglieria da campagna, 11 da montagna someggiate, 4 pesanti campali e 13 d’assedio.

 

Nava al comandante del IX Cda "la prego di voler adottare provvedimenti perchè quanti capi ... manifestamente  non all'altezza del loro ufficio sieno senza esitazioni segnalati alle superiori autorità cui compete provvedere per la loro eliminazione"

Il 25 Luglio il comando del I Cda disse che non poteva muoversi prima del 31 per un'eventuale sfondamento a Landro perchè le sue batterie non erano in posizione. Nava “deficiente preparazione alla guerra d’assedio che si è manifestata, purtroppo, anche in ufficiali di grado elevato, stimati di non comune cultura militare, in ufficiali che, in ragione dell’arma a cui appartengono e dei precedenti loro di carriera e di studio, avrebbero dovuto rivelarsi di una competenza tutta particolare nei riguardi dei procedimenti di quella guerra”.

3 sassi

Nava (siamo all’ andatevene prima che vi cacciamo noi)“Chi per scarsezza di forze fisiche, per difetto di energia, per non spiccata elevatezza d’animo, per assenza di sacro fuoco, per pochezza di spirito di abnegazione, non è costantemente di bello esempio ai propri dipendenti e di stimolo a compiere valorose azioni, non merita di rimanere ad essi preposto e meglio giova che lasci un comando, per il quale tutte non possedeva la necessaria attitudine affidandolo a chi, nel subentrargli, dia sicuro affidamento di saperlo tenere con mano più ferma e con provata idoneità a trascinare dietro di sé i sottoposti nella marcia franca e risoluta sulla via del dovere e dell’onore.”

     

Erano passati due mesi e del nostro attacco a sorpresa neanche l'ombra. Che avessimo intenzione di farlo ora quando questi meno se lo aspettano?. Ad attaccare furono loro verso il passo Montecroce e forse anche a spargere la voce di una armata che stava salendo dal Gail verso l'alta Pusteria.

     
    * Gen. Saverio Nasalli Rocca
Il 20 Luglio Cantore veniva colpito a morte. Dal racconto di Mario Mariani ".. Poi in Luglio una notte è stata la sua notte. Il destino   lo aveva  chiamato...  Gli austriaci si erano nascosti in alcuni  crepacci e minacciavano una svolta di mulattiera. Passare per quella  svolta voleva dire morire. Da una cresta della Tofana piovevano  proiettili che colpivano sempre. Donde venissero non si sapeva.  Fu  riferito al generale che disse - Andiamo a vedere - Partì di notte e  all'alba si pose con il cannocchiale per  vedere. Al  primo sibilo, un sergente disse "Ocio, Toni", ma già un altro era in arrivo. Fu colpito  in fronte. Gli alpini lo portarono a spalle a Cortina dove riposò in faccia ai monti sul  Pocol.  Lo sostituiranno prima il Ten. Generale Emilio Bertotti poi il Maggiore Generale Pietro Fioretta  che avranno pure incarico breve.

Nasalli Rocca era figlio del conte Giuseppe (n.1823- m.1909) nobile di Piacenza e ciambellano del duca di Parma. Patriota poi nel 1848, poteva contare nell’albero genealogico stretti legami con la casa Savoia. La moglie Alix de Foras (n 10/10/1826) era figlia di Joseph-Marie de Foras, aiutante di campo di Carlo Alberto, appartenente all’antica famiglia spagnola dei de Foras, e il fratello Charles Félix, che combatté in Crimea ufficiale di ordinanza di V. Emanuele II (si diceva che mai nei secoli un principe di casa Savoia era entrato in guerra senza avere a lato  come aiutante di  campo un De Foras). La Moglie muore in giovane età lasciandogli 5 figli, Stanislao (1850/1909), Amedeo (1852/1926) Saverio (1856/1933) Laura (1857/1942) e Maria. Stanislao entrò nel corpo dei bersaglieri e fu congedato nel 1900 col grado di maggiore. Amedeo scelse la carriera  statale fino alla carica  di Prefetto (Venezia) e Saverio quella militare: colonnello comandante  in 2a alla scuola di guerra, e  maggior generale  comandante brigata  Alpi dal 16 settembre 1909.  Fu in Libia e nella Grande Guerra, comandante di divisione, poi nel dopoguerra  Prefetto di Milano e  Vercelli e podestà di  La Spezia. Stanislao sposa nel 1885 Marie Gilberte Mareschal (n. 09/07/1864) da cui ha diversi figli (3 maschi e 3 femmine): Il secondo Leone Capitano nel 2° alpini, classe 1887, muore  il 5 giugno 1916  sull’Altopiano di Asiago, Decorato di Medaglia D’Argento e tre di Bronzo al V. M.

Saverio nel  1914 era  comandante  della Div. Militare di Novara poi nel 1915 della 2a divisione in Cadore.

 
Dopo giorni di incazzature del comando supremo di Cadorna l'offensiva riprese non prima di aver ricevuto formali giustificazioni su voci che davano l'intera IV armata malata (forme reumatiche, disturbi viscerali, esaurimenti nervosi, enteralgia e diarree e vuoti nei quadri ufficiali con scollamento della truppa). Il maltempo (il vestiario era quello estivo prescritto nei regolamenti) continuava e per esperienza diretta è successo anche a me quest'anno: Doveva quindi essere un cosa di routine: o c'eri abituato o cambiavi aria. A fine Luglio erano iniziati gli scambi di artiglieria nella valle di Sesto. Noi spariamo sui forti Heideck e Mitterberg (27 luglio), sul Monte di Sesto di Dentro o Casella (Innergsell), del Monte Arnese, dei baraccamenti e degli accampamenti delle truppe addossate a Sesto, ma anche in paese (31/7) quando gli austriaci organizzano sotto gli occhi degli italiani una vera e propria parata per l’ingresso nel paesino non sgombrato dai civili. La 10° Divisione italiana, scaglionata sul passo Montecroce e ai lati di questo, riceve l'ordine dal comando d'Armata di iniziare un attacco contro lo sbarramento di Burgstall (Castelliere di Sesto sotto la Croda Rossa o Cima Dieci) - Seikofel (M. Covolo) - Roteck (M. Rosso) ora una vera e propria linea trincerata. Vi si attestò la divisione Pustertal che poteva contare su truppe numerose e scelte, giunte prontamente in rinforzo alla scoppio della guerra, quali i battaglioni di Tiroler Kaiserjager, di Standshützen e, soprattutto, dei reparti del Deutsche Alpenkorps.  Il 4 agosto scattò l’attacco a Sesto appoggiato anche da attacchi in Val Fiscalina, Eisenreich e dal Quaternà contro la Cima Frugnoni. Il Roteck o Monte Rosso m. 2396 è un modesto monte brullo senza rilievi ad una certa distanza dal Quaternà (fiancheggiato da due nude vallette: il rio Cadin o Grenzbach a est e il rio Pulla a ovest). Le truppe destinate all'attacco (Basilicata 91/92) partono di notte perché il percorso e lungo e completamente scoperto. All'alba, approfittando del consueto ritiro delle vedette notturne austriache e dell'azione di disturbo della mezza compagnia che era salita lungo il rio Pulla e che aveva attirato l'attenzione delle truppe che presiedevano la cima del monte, i fanti del 1° battaglione, riescono ad aprirsi indisturbati dei varchi tra i reticolati e ad avventarsi fulmineamente tra le linee austriache, raggiungendo i baraccamenti posti sul retro della cima e sorprendendo i difensori ma non quelli che stavano rientrando che danno l’allarme. "Accorrono austriaci da ogni parte... dalle baracche escono i difensori di corsa. I nostri, accerchiati da ogni parte, impossibilitati a ripararsi, cadono in massa”. A sera col buio quello che resta degli italiani rientra. Oltre 100 i caduti italiani e 17 i prigionieri. Anche l’attacco al Monte Covolo di Sesto (Seikofel) portato dal 3° batt. del 70° regg. della brigata "Ancona", si infrange subito contro la tenace resistenza degli austriaci. Sulle Cime intanto era andata meglio agli Alpini del Pieve di Cadore che conquistano Cima Undici (m. 3092) ma non il Passo della Sentinella che verra preso in Aprile del '16 . Il 12 Agosto 1915 Sesto brucia sotto i colpi di bombe incendiarie. Per tutta la notte il cielo nuvoloso rispecchiò il chiarore rosso sangue delle fiamme... . Nell'incendio bruciarono la chiesa e 22 case, fra cui la scuola e il municipio. Sottotenente Mörl: "Dopo aver respinto l'assalto del 4 agosto, speravamo che gli italiani si calmassero e che il fuoco dell'artiglieria pesante si affievolisse. Ma ci ingannavamo di grosso; il martellamento s'intensificava di giorno in giorno. Il 13 agosto esso fu particolarmente massiccio e, quando cessò di colpo, comprendemmo che l'attacco era imminente e mandammo le truppe nella posizione avanzata. Ma gli italiani aspettavano proprio quella mossa e concentrarono il tiro di tutti i pezzi, dal cannone calibro 75 mm all'obice 280 mm, in quello spazio ristretto e ciò non solo durante il pomeriggio del 13, ma pure nella notte e per tutto il 14 agosto. Le trincee furono polverizzate, i reticolati sconvolti e distrutti... Nelle ultime 24 ore si erano abbattute sul Seikofel migliaia di granate; nelle altre posizioni i nostri soldati guardando il caposaldo si sentivano stringere il cuore, convinti che in quell'inferno non era potuto sopravvivere nessuno. Gli italiani ritenevano di aver annientato completamente il presidio ed alla sera del 14, quando i cannoni tacquero, avanzarono. Usciti allo scoperto, furono invece accolti da un nutrito fuoco di fucileria dei difensori appostati nei crateri delle granate ed allora, delusi, desistettero dal loro intento"  

Cantore: Le ultime ricerche consegnano alla storia un'altra versione più cruda: da un attento esame del foro lasciato dalla pallottola mortale sul suo berretto si è scoperto che l'arma che l'aveva sparata era sicuramente italiana e, d'altra parte, è noto che dopo la morte di Cantore gli alpini fecero festa per una settimana.

baraccamenti dell'8° in Cadore

da Cime Trincee piccola fanfara

Al Col di Lana intanto i fanti della B. Alpi della Calabria e i Bersaglieri del 3°  Rgt. tentano a  più riprese e per l'ennesima volta di sfondare. La sinistra fama del Col di Lana era avvalorata anche da una disposizione della 18a Divisione che così recitava:

   

“.. nella trincea principale sarà anche piazzata una sezione mitragliatrici, manovrata da ufficiale, a diretta disposizione del comandante del battaglione, allo scopo di fermare qualunque eventuale fuggiasco.”   L'11 e 12  settembre 1915 le Brigate Como, Umbria e i Bersaglieri dell'8° muovono per l'ennesimo assalto allo sbarramento di Landro. Il 18/31 ottobre è la volta del Fedaia dove i Bersaglieri sono in appoggio a un raggruppamento alpino. In primavera (16 aprile 1916) il 48° battaglione autonomo bersaglieri si distingue alla conquista del passo della Sentinella. Il logoramento dei reparti alla fine spinge quassù anche un altro reggimento bersaglieri il 13°.

Non paghi a fine agosto si è di nuovo sotto sempre con l’incubo Sesto e sempre per le stesse vie. L’attacco viene affidato al gen. Montuori, comandante la 10° Divisione. Dodici compagnie della brigata "Ancona" dovranno attaccare la fronte Castelliere - M. Covolo, sette battaglioni della brigata "Basilicata" dovranno invece attaccare la fronte M. Rosso - C. Vanscuro. L'attacco sarà sostenuto da tre batterie di obici 280, da due batterie di mortai 210 e una batteria cannoni 149 G dislocate a Tabià Zancurto, al ponte Pisandolo e a Casera Coltrondo. 33 compagnie italiane contro 19 compagnie in difesa che valgono il doppio. Dopo la solita preparazione d’artiglieria la notte del 6 i nostri raggiungono il Castelliere (che fronteggia il Covolo tanto da poterlo (gli altri) battere con le mitragliatrici, siamo a 7 Km da Sesto). Gli Italiani si lanciano all'attacco ma l'azione si infrange subito contro il fuoco di sbarramento delle due mitragliatrici. 145 feriti, 64 morti. Dall’altra parte sul Covolo. A ondate, al grido "avanti Savoia!", si lanciano sui varchi aperti dal genio ma ogni tentativo si infrange, come già era avvenuto il 4 agosto, contro il tiro di infilata degli Standschützen. 58 Sono i morti e dispersi e 65 i feriti. Sul Col Rosso va anche peggio. E' una carneficina. Il bilancio è drammatico: morti e dispersi 454, feriti 93. Su tutto il crinale si combatte e ovunque infuria la morte. Ne rimarranno a terra oltre 2.000. Qui i crinali sono tutti nudi lisci e scoperti essendo sopra i 2000 metri.
"Gli italiani scattano in piedi; altre ondate avanzano. …Come colpiti da Dio, i nemici si abbattono, capitombolano, si gettano in buche... Dritti in piedi nelle trincee, scagliamo la morte nell'aurora. Qualunque cosa si muova è colpita. Orribile assassinare così; tanto più orribile in quanto non un grido di dolore si ode, e gli assalitori si abbattono muti.... Alla mia sinistra i Landesschutzen scavalcano il muretto delle trincee e urlando "urrà" piombano sugli italiani scagliando bombe, infilzandoli colle baionette,... Il nemico è annientato."

http://www.frontedolomitico.it/Fronte/Paesaggi/Popera/docs/OrdiniOperazioniPassoSentinella.htm

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Note al libro a destra:  

La 4 Armata italiana, schierata dal maggio 1915 al novembre 1917 tra il Cadore ed il Comelico, considerato un fronte secondario rispetto a quello dell’Isonzo, fu nondimeno duramente impegnata nella prima estate di guerra in un infruttuoso tentativo di sfondamento verso la vai Pusteria e successivamente in una logorante guerra di posizione. Per la prima volta nella storia, le operazioni si svolsero in alta montagna sviluppandosi senza soluzione di continuità durante tutto l’anno, anche nel periodo invernale. In questo scenario, che vide i forti corazzati sui quali tanto si era puntato recitare un ruolo secondario rispetto alle opere di fortificazione campale ed alle opere in caverna, intenso fu il ricorso alla guerra di mine e sensazionale lo sviluppo dei servizi logistici, sui quali gravava il compito di far affluire in linea quanto necessario per vivere ed operare, mentre si fece via via più significativo il contributo dell’aviazione, soprattutto in relazione alla ricognizione ed all’osservazione del tiro. Oltre a questi aspetti, caratterizzanti un tipo di confronto che non aveva precedenti e che sarebbe rimasto peculiare del fronte italo - austriaco, gli autori, avvalendosi della vasta documentazione conservata negli archivi militari italiani, hanno voluto analizzare le operazioni della primavera e dell’estate del 1915, con l’obiettivo di mettere a fuoco le cause dell’insuccesso dell’offensiva italiana. Il mancato sfruttamento delle irripetibili opportunità che si presentarono subito dopo l’apertura delle ostilità condizionò, infatti, in modo determinante l’atteggiamento successivo della 4 Armata, chiamata dall’autunno del 1915 a garantire soprattutto la sicurezza del versante orientale del saliente trentino, accantonando ogni ipotesi di sfondamento.

 http://www.comelicocultura.it/italiano/mappa.htm    
http://www.cimeetrincee.it/postazion.htm  postazioni di tutto l'arco alpino
Come salire sulla Croda Rossa
http://www.inalto.org/escursioni/747_croda_rossa_di_sesto.shtml

Per saperne di più
EBNER OSWALD Guerra sulla croda rossa Mursia, Milano
ANTONO BERTI 1915-1917 guerra in Comelico: dalla Croda R. al Peralba a cura di Tito e Camillo Berti

 

     

Il generale tedesco Krafft von Dellmensingen, che fu comandante dell’Alpenkorps sulle Dolomiti: “Alla sua domanda se sarebbe stato possibile all’apertura delle ostilità impadronirsi di primo slancio del Sasso di Stria e del Col di Lana, io non posso rispondere che con un sì. Gli italiani avrebbero potuto avere ben più di ciò, se avessero saputo sfruttare il loro vantaggio. Essi avevano ben avuto tempo, dal principio della guerra mondiale al maggio 1915, di mobilitare le loro truppe e di sospingerne avanti molte sui confini. Essi perciò potevano, al momento stesso della dichiarazione di guerra, penetrare da ogni parte con grandissima superiorità e impadronirsi di ciò che volevano. Noi dal lato opposto ci eravamo attesi solo questo, ed eravamo oltremodo stupiti di veder passare più di due settimane, senza che gli italiani si muovessero, un tempo che sarebbe stato sufficiente per occupare il Tirolo fino alla Pusteria e al Brennero. [...1 Io sono perciò completamente d’avviso che il comando italiano, al principio della guerra in Tirolo, anche se quivi non cercava nessuna decisione, ha perduto una brillante occasione d’ottenere grandi successi iniziali. Il sistema fortificatorio vi era bensì, ma le fortificazioni vi erano debolissime e presidiate in modo del tutto insufficiente. Si sarebbero perciò potuti effettuare anche contro queste posizioni, forti per natura (come il Col di Lana e il Sasso di Stria), degli arditi colpi di mano impuniti”.

     

Il 25 settembre 1915 Il Generale Nava veniva esautorato e sostituito con Mario Nicolis di Robilant

 

forte Mitterberg

Ma gli esoneri non terminano: In ottobre il comandante del IX C.d.A, T. Gen. Luigi Segato, fu sostituito, ufficialmente per motivi di salute, dal generale Bersagliere Oscar Roffi. In realtà, ciò fu determinato da un rapporto di Segato al Comando Supremo in cui riferiva il deplorevole stato morale e disciplinare delle sue truppe. Alfonso Petitii di Roreto (la Divisione) in novembre, Donato Etna (17a Divisione)e Vittorio Carpi (l8a Divisione) in dicembre.  
 Il comandante d’armata non prese minimamente in considerazione la possibilità di far cadere gli sbarramenti nemici sfruttando la manovra e con azioni di sorpresa, ma si intestardì negli attacchi frontali preannunciati dal tiro di preparazione dell’artiglieria protratto per più giorni. Il combattimento manovrato era, peraltro, previsto dalla normativa tattica in vigore e costituiva il metodo d’azione proprio delle truppe alpine, come emerge dalla lettura delle pubblicazioni dell’epoca: “Quanto più il terreno è rotto, accidentato, difficile, tanto maggiore importanza avrà la manovra, che in montagna è da ritenersi fattore essenziale di buon successo”. “Per quanto le armi celeri e potentissime di cui dispongono gli eserciti odierni, in uno con l’ausilio dato dal terreno e dalla fortificazione, possano far credere che l’azione difensiva, in montagna, abbia un reale sopravvento sull’azione offensiva, è fuor di dubbio che la manovra, in montagna, è il solo mezzo che dia reale vantaggio sull’azione del fuoco, anche se avvalorato dal dominio. La manovra è rimasta e rimarrà sempre l’azione per eccellenza in montagna. Essa va pertanto ricercata, mentre il combattimento è schivato’. L’attacco di fronte (in zone di montagna, n.d.r.) urta contro forti difficoltà, [...] di massima gli attacchi di fronte non riescono che a costo di grandi sacrifici e rinnovandoli parecchie volte e, in genere, rendono meno di quello che costano, perché tuttalpiù con essi si riesce a far retrocedere la difesa ma non ad annientarla. La manovra è sovrana; da essa sola si può attendere il risultato decisivo, le migliori posizioni si fanno cadere cogli aggiramenti, cogli attacchi di fianco anche compiuti da piccoli reparti; persino la sola minaccia ha talvolta risultati decisivi’.
In montagna, più che altrove, la sorpresa ha risultati decisivi, poiché chi la subisce è vincolato al terreno e incontra quindi gravi difficoltà a schierarsi in una nuova direzione. E’ d’uopo pertanto tendere sempre a dare alla propria azione carattere di sorpresa, sia cercando di ingannare il nemico circa il modo col quale si intende operare, sia sfruttando tutte le circostanze sfavorevoli ad una attenta vigilanza da parte dell’avversario”’43. Pur provenendo dall’arma di artiglieria, Nava non brillò nemmeno nell’impiego tattico delle bocche da fuoco d’assedio e campali, dando troppa importanza alla distruzione fine a sé stessa delle opere corazzate, a discapito del tiro contro le opposte artiglierie e dell’appoggio immediato alle fanterie attaccanti. Inoltre, non comprese, se non quando era ormai troppo tardi, la funzione complementare e spesso secondaria degli sbarramenti fortificati nella sistemazione difensiva dell’avversario, concentrando su di essi il tiro iniziale delle batterie d’assedio ed anche in parte di quelle campali, I forti, le tagliate stradali, non costituivano l’ostacolo principale alla avanzata che fu fermata dalle trincee sistemate avanti ad esse
 

CONCLUSIONI - Basilio Di Martino e Filippo Cappellano–La Grande Guerra sul Fronte Dolomitico– Rossato Editore pag 117

 

 

Si dice nel sito Frontedolomitico.it d’un processo istituito a carico di 345 bersaglieri del 18° battaglione del 3° reggimento ammutinatisi. Furono 5 quelli condannati a morte mediante fucilazione. Uno, A.G., ai lavori forzati a vita. Gli altri a pene detentive minori di 3 anni. Agordo, 22/23 aprile 1916. (TS, di guerra, b. 74, f. 117/II, sent. 329) - La sera del 21 aprile, di concerto fra di loro, gli imputati abbandonarono, dopo aver preso le armi e senza ordine dei loro superiori, gli alloggiamenti in Salesei occupati dal 18° battaglione e si trasferirono ad Alleghe, ove furono fermati e donde furono ricondotti fino a Caprile. Ad altri cinque dell’8° (7ª compagnia) il Tribunale militare di guerra del I corpo d'armata l’8 maggio 1917 inflisse pesanti condanne per abbandono di posto in presenza del nemico. Uno all’ergastolo e un altro, già condannato per diserzione, alla fucilazione. (TS, Atti diversi, b. fucilazioni A-R, giudizi sommari 1, f. C.). Il mattino del 19 aprile 1917, i bersaglieri C.V., A.L., M.C., F.L., Z.A., tutti dell'8° reggimento bersaglieri, dopo essersi presentati al posto di medicazione in San Blasius, adducendo disturbi di lieve entità per i quali l'ufficio medico non credette il caso di doverli esonerare dai lavori di costruzione della linea difensiva di massima resistenza, Rio Bosco – Pezzovico anziché raggiungere la compagnia medesima e prendere parte ai lavori, si diressero arbitrariamente a Tre Croci, recandosi in un'osteria ove sostarono alquanto e bevvero del vino. Di là i pervenuti, sotto la particolare influenza del C.V., [...] si portarono fino alle prime case di Auronzo, ove però venivano da una pattuglia di carabinieri fermati e fatti ritornare indietro, perchè sprovvisti di documenti giustificativi. Dopo aver trascorsa la notte in una casa abbandonata lungo la strada tra Auronzo e Val Marzon [...] M.C. [...] F.L. e [...] Z.A. profondamente preoccupati e pentiti di quanto avevano fatto, ripresero la via di Tre Croci [...] Gli altri verranno fermati a Masarè e tratti definitivamente in arresto.  

     
Luigi Capello: “L’arresto della IV Armata. ….. Quel comandante non comprese che la situazione gli imponeva e gli avrebbe consentita una condotta energica e attiva. Ciò gli era fissato dal compito affidatogli e gli era facilitato dal fatto che il nemico non era in grado di opporgli serio ostacolo. Egli invece si attenne essenzialmente alla prescrizione d’ordine contenuta nelle direttive che gli erano state fissate e concepì l’esecuzione del suo mandato con concetto esclusivamente metodico e con criterio eccessivo di economia e di prudenza. [...] E nemmeno pensò ad impadronirsi di primo sbalzo della conca di Cortina d’Ampezzo, che senza grande opposizione avrebbe potuto occupare e soltanto vi si accinse dopo parecchi giorni, per ordine diretto ed esplicito del Comando supremo” (Note di guerra, op. cit., p. 136).
Gianni Pieropan sull’operato di Nava: Poiché egli era stato designato al comando della 4°Armata fin dalla metà di settembre 1914, e già allora si sapeva su quale terreno questa grande unità sarebbe stata impiegata, ne consegue che la responsabilità delle deficienze soprattutto d’ordine addestrativo e morali spettavano a lui in primo luogo.  E’ evidente che la 4 Armata, con quegli uomini, con quella mentalità e con quei mezzi non era un organismo in grado di assolvere anche in minima misura il compito assegnatole nel piano di guerra.”
 

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