CARTEGGIO D'ANNUNZIO-MUSSOLINI

SETTEMBRE 1919

 

          

D'ANNUNZIO prima di partire scrive a MUSSOLINI, (che rimaneva al suo posto di combattimento al "Popolo d'Italia" per sostenere la stessa battaglia con lo stesso intrepido cuore: almeno così sembrava) un pezzo con annessa lettera che viene pubblicato sul Popolo d'Italia Dell'articolo esisterebbero quindi due versioni di cui una con riferimenti personali acclusi che per ovvi motivi non venne resa nota ma di cui non si trova neanche traccia !! E IL MANOSCRITTO ORIGINALE E' A FONDO PAGINA; A MENO CHE I MANOSCRITTI SIANO DUE !!?.  Tesi avvalorata in una recente trasmissione televisiva de La7

**. "Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine !!. E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio- 11 Settembre 1919. - G.D'A.".

           

Versione edita di copia realmente esistente (vedi fondo pagina) 

Supposizione (secondo una nota rivista di Storia e non solo)
Mio caro Mussolini,

io ho rischiato tutto, ho avuto tutto, ho dato tutto. Sono padrone di Fiume, del territorio, d'una parte della linea d'armistizio, delle navi e dei soldati che non vogliono obbedire se non a me. Non c'è nulla da fare contro di me. Nessuno può togliermi da qui. Ho e tengo Fiume finché vivo, inoppugnabilmente.

 

Lottiamo d'attimo in attimo, con un'energia che fa di quest'impresa la più bella dopo la dipartita dei Mille.

Io ho tutti i soldati qui, tutti soldati in uniforme di tutte le armi. E' un'impresa di regolari.

Dobbiamo fare tutto da noi, con la nostra povertà.

Se almeno mezza Italia somigliasse ai fiumani, avremmo il dominio del Mondo. Ma Fiume non è se non una cima solitaria dell'eroismo, dove sarà dolce morire.

 

Su scotetevi

Io non dormo da sei notti e la febbre mi divora. Ma sto in piedi e domandate come a chi mi ha visto. Alalà
mi stupisco di Voi e del popolo Italiano,

 

 

 

E voi tremate di paura!, Voi vi lasciate mettere sul collo il piede porcino del più abietto truffatore (Francesco Saverio Nitti che lui chiama Cagoja il gran porco) che abbia mai illustrato la storia. Qualunque altro paese, anche la Lapponia avrebbe rovesciato quell'uomo, quegli uomini. E voi state li a cianciare mentre

 

 

 

Dove sono i combattenti, gli arditi, i volontari, i futuristi?

E non ci aiutate neppure con sottoscrizioni e collette*.

Svegliatevi e vergognatevi anche.

 

Non c'è proprio nulla da sperare? E le vostre promesse? Bucate almeno la pancia che vi opprime e sgonfiatela. Altrimenti verrò io quando avrò consolidato qui il mio potere. Ma non Vi guarderò in faccia.

pigri nell'eterna siesta.

 

 

**

* La colletta in effetti venne fatta e raggiunse nel gennaio 1920 la cifra di 3 milioni, che però non arrivarono mai a Fiume.  -  Spinola A., “D’Annunzio il poeta armato”, Mondadori
" Il «caso» aveva preso le mosse da un esposto presentato al collegio dei probiviri dell’Associazione lombarda dei giornalisti da due redattori del «Popolo d’Italia», Arturo Rossato (Arros) e Giovanni Capodivacca (Giancapo), che si erano dimessi dal giornale per gravi contrasti politici con il loro direttore Mussolini. Dal dibattito emerse con chiarezza che Mussolini si era servito di gran parte della sottoscrizione pro Fiume per organizzare e finanziare bande di facinorosi utilizzate a scopo intimidatorio durante la campagna elettorale del 1919. I reclutati erano soprattutto arditi ai quali si corrispose un compenso di trenta lire al giorno oltre il pagamento delle spese. Mussolini non poté respingere tutte queste accuse, e chiese a d’Annunzio una dichiarazione dalla quale risultasse che la distrazione d’una parte delle somme era stata da lui autorizzata. «Mio caro Benito Mussolini - gli rispondeva il poeta accogliendone la richiesta - attesto che, avendo spedito a Milano una compagnia di miei legionari ben scelti per rinforzo alla vostra e nostra lotta civica, io vi pregai di prelevare dalla somma delle generosissime offerte il soldo fiumano per quei combattenti.» ..La sottoscrizione raggiunse quasi i tre milioni complessivi, ma non si seppe quanto di quella cifra fosse effettivamente passato nelle mani di d’Annunzio, anche se Alceste De Ambris giurava che Mussolini non aveva trattenuto pìù di trecentomila lire.

 

Il Mussolini del 1919 è ancora titubante sulla reale capacità rivoluzionaria dei fasci sparsi in tutta Italia. Il Mussolini del 1920 ( il trattato di Rapallo è del giorno 12 novembre e chiude il contenzioso con la Jugoslavia) si sente più sicuro con oltre 800 sezioni aperte. Giolitti gli chiede poi di non opporsi al trattato di spartizione e alla azione di forza che scatterà a Natale contro d'Annunzio (il Natale di sangue). In cambio emissari di Giolitti, si disse di un incontro al caffè Savini  di Milano, prometteranno un appoggio alle successive elezioni politiche.

Il "primo" trattato di Rapallo fu un accordo con il quale l'Italia e la Jugoslavia stabilirono i confini dei due Regni e le rispettive sovranità, nel tentativo di risolvere la difficile situazione venutasi a creare dopo il Trattato di Pace di Versailles del 1919. Il 12 novembre a Villa Spinola (oggi conosciuta anche come Villa del trattato), nel borgo di San Michele di Pagana presso Rapallo, si riunirono ancora Trumbić e Sforza, oltre a Giolitti e al ministro della guerra Ivanoe Bonomi per l'Italia e Milenko R. Vesnić (presidente del Consiglio) e Kosta Stojanović (ministro delle finanze) per la Jugoslavia; verso la mezzanotte si firmò un trattato, in 9 articoli, che confermava praticamente ciò che era stato deciso a Parigi.

Torna