Tratto dal servizio antitrust
RIORDINO DELLE PROFESSIONI INTELLETTUALI
 
Articolo (L. 287/90):  22-Attività consultiva
DATI GENERALI:
Rif:  AS163
Decisione:  04/02/99
Invio:  05/02/99
PUBBLICAZIONE:
Bollettino n.:  4/99
SEGNALAZIONE/PARERE: 
Mercato interessato:  (varia) varia
(V) VARIA
Oggetto:  Disegno di legge recante "Delega al Governo per il riordino delle professioni intellettuali" (A.C. 5092/XIII legislatura),
Destinatari:  Presidente del Senato della Repubblica
Presidente della Camera dei Deputati
Presidente del Consiglio dei Ministri
Ministro di Grazia e Giustizia
Ministro dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato
Ministro della Sanità
Testo Segnalazione/Parere

Nell'esercizio dei poteri consultivi previsti dall'articolo 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e in seguito alla richiesta di parere del Ministero di Grazia e Giustizia pervenuta in data 7 gennaio 1999, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato intende segnalare i possibili effetti distorsivi della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato con riferimento alle disposizioni contenute nel disegno di legge n. 5092 recante "delega al Governo per il riordino delle professioni intellettuali".
 

L'Autorità ritiene che i crescenti processi di apertura ed integrazione dei mercati tocchino anche, in misura sempre più pronunciata, le attività professionali. Di qui la necessità, nel rivedere l'assetto regolamentativo di questo settore, di superare le specifiche rigidità ed i molteplici vincoli che tuttora lo caratterizzano.
Occorre tenere conto del fatto che l'attuale regolamentazione ordinistica è in massima parte espressione di una sedimentazione di interventi particolaristici e di una prospettiva tesa all'isolamento dai processi concorrenziali. Peraltro, considerato anche che strati sempre più ampi di professionisti avvertono la necessità del superamento dell'assetto vigente, è opportuno che il disegno di legge riformatore metta i professionisti in grado di competere con tutti gli strumenti più adeguati per rispondere ai mutamenti in corso.
Ne consegue la necessità che l'attuale normativa, spesso intrusiva delle libertà dei singoli, sia sostituita da una regolamentazione aperta e flessibile che con rigore fissi i pochi punti essenziali che è necessario tener fermi affinché i consumatori possano al tempo stesso poter scegliere in piena libertà ed essere ragionevolmente tutelati in merito alla qualità delle prestazioni. In altri termini è opportuno operare un mutamento di prospettiva che ponga al centro del disegno riformatore il consumatore di questi servizi piuttosto che il professionista.
Tali criteri di riforma sembrano costituire un punto di riferimento nei propositi espressi nel testo della relazione che accompagna il disegno di legge, in particolare nella parte in cui si afferma la volontà di informare il rinnovamento a due esigenze di fondo: "da un lato, l'eliminazione di ogni ostacolo alla concorrenza tra professionisti ed il conseguente abbattimento di ogni ingiustificata e dannosa rendita di posizione; dall'altro lato, la tutela dell'utenza (...)". Peraltro tali principi, come verrà argomentato in seguito, trovano solo parziale applicazione nel testo del disegno di legge che, se da un lato introduce alcuni elementi di liberalizzazione, dall'altro non coglie l'opportunità per innovare la disciplina di alcuni aspetti fondamentali dei mercati delle attività professionali.
L'Autorità è dell'avviso che il riordino della materia non possa prescindere da una rivisitazione complessiva della regolamentazione esistente che, nel quadro di un sistematico ordine logico-concettuale, affronti in primo luogo le problematiche relative ai presupposti e ai limiti entro i quali si giustifica l'esistenza di un ordine professionale, per poi regolare, in funzione delle effettive esigenze di necessità e proporzionalità, la disciplina relativa all'accesso alla professione (che comprende, tra le altre, le tematiche concorrenzialmente rilevanti relative all'iscrizione agli albi, all'esame di Stato, alle previsioni di tirocinio obbligatorio) e alle modalità di esercizio della professione (si pensi, in particolare, a controlli di qualità, tariffari, codici deontologici, pubblicità, società tra professionisti).
Le considerazioni che seguono vengono pertanto argomentate secondo siffatta articolazione.
 

1. Aspetti generali: attività professionali e regolamentazione

Va preliminarmente osservato che il disegno di legge enuncia i criteri e i principi che rendono necessaria la costituzione di un ordine, sulla base dei quali verrà poi individuata dai decreti delegati la ristretta area di attività da attribuire a quest'ultimo.
In realtà la delega, contrariamente alle intenzioni esplicitate, appare contenutisticamente vaga e priva di quei criteri direttivi di cui dovrebbe essere provvista.
Ad avviso dell'Autorità, il regime di esclusiva delle attività professionali e il sistema degli ordini dovrebbero rivestire carattere di eccezionalità: dovrebbero essere limitati soltanto a quelle attività professionali il cui esercizio è congiuntamente caratterizzato dal riferimento a principi e valori costituzionali (quali il diritto alla salute e alla difesa), da una elevata complessità delle prestazioni che impedisce agli utenti di valutare, anche ex post, la qualità del servizio e la congruità con i prezzi praticati, nonché dalla particolare rilevanza dei costi sociali conseguenti ad una inadeguata erogazione della prestazione. Al di fuori di tali ipotesi, come avviene in altri Paesi, il sistema delle associazioni private tra professionisti - che, in presenza di determinati requisiti, possono conseguire il "riconoscimento" dallo Stato - dovrebbe costituire la regola. Tale sistema si può ritenere idoneo, nel libero esplicarsi dei meccanismi di mercato, pur con l'introduzione di appropriati correttivi alle asimmetrie informative esistenti, a tutelare il generale interesse della collettività al corretto esercizio dell'attività professionale.

In questa prospettiva, l'Autorità ritiene importante che le previsioni normative disciplinino chiaramente le attività professionali piuttosto che le professioni tradizionalmente intese.
In proposito, appare incoerente che il testo di legge, per individuare l'oggetto della protezione, faccia riferimento in alcuni casi all'attività professionale mentre in altri alla professione (articolo 2, comma 1 lettera a, lettera c, lettera e, articolo 3, comma 1, lettera a).

Né appare opportuno nel disegno di legge il riferimento comune ed indistinto alla nozione di "interesse pubblico" per le categorie protette organizzate in ordini, e di "interesse pubblico generale" per le categorie organizzate in associazioni private (articolo 2, comma 1, lettera a e b).
Occorrerebbe invece individuare i criteri cui informare la distinzione tra il sistema degli ordini, da un lato, e le "libere associazioni di prestatori di attività intellettuale", dall'altro.

Con riferimento al processo di riconoscimento delle Associazioni, inoltre, va rilevato che il disegno di legge non esplicita né i criteri né l'autorità preposta alla deliberazione definitiva, in seguito all'acquisizione del parere del CNEL. Risulta poi impropria la previsione di una consultazione dei consigli nazionali, i quali rappresentano categorie di soggetti che possono entrare in concorrenza con i nuovi operatori (articolo 3, comma 1, lettera b).

Non è, inoltre, accettabile la distinzione operata nel disegno di legge tra professioni intellettuali e attività d'impresa (articolo 2, comma 1, lettera e). Ciò infatti contrasta con i principi di diritto comunitario, richiamati esplicitamente all'articolo 1, in base ai quali - ai fini specifici dell'applicabilità delle norme poste a tutela della concorrenza - le attività professionali, consistendo nello svolgimento di una attività economica, sono assimilabili alle attività d'impresa.
 

2. La regolamentazione relativa alle modalità di accesso alla professione (iscrizione all'albo, esame di Stato, esami-concorso, tirocinio professionale obbligatorio)

Con riferimento alla disciplina dell'accesso alle professioni, va preliminarmente considerato che il disegno di legge non precisa che l'obbligatorietà dell'iscrizione all'albo dell'Ordine dovrebbe essere prescritta unicamente per l'esercizio delle attività attribuite in esclusiva. Per l'esercizio delle altre attività, il professionista non dovrebbe essere obbligato ad iscriversi ad un Albo professionale. Inoltre, qualora un professionista abbia conseguito un titolo abilitante superando un esame di Stato, dovrebbe essere libero di fregiarsi di tale titolo indipendentemente dall'iscrizione all'Albo. In tal caso il professionista che svolge attività non riservate può scegliere di iscriversi ad un'associazione "riconosciuta", non riconosciuta, ovvero esercitare l'attività a prescindere da qualsiasi iscrizione.

Il disegno di legge non precisa, inoltre, i criteri fondamentali che dovrebbero informare l'esame di Stato che, rappresentando, come previsto dalla Costituzione all'articolo 33, comma 5, la più importante forma di selezione all'ingresso per tutte le professioni intellettuali, dovrebbe essere sempre prescritto per accedere all'esercizio di una attività in esclusiva. In particolare, non si coglie l'occasione per limitare la presenza e il ruolo degli ordini professionali nell'ambito delle commissioni esaminatrici. Né si fa cenno alla illegittimità delle disposizioni che introducono barriere all'ingresso non giustificate dalla funzione e dagli obiettivi connaturati a tale forma di abilitazione all'esercizio di una attività professionale, come ad esempio limiti di età e numero determinato di volte in cui si può sostenere l'esame. I requisiti richiesti per l'ammissione all'esame di Stato, infatti, devono essere proporzionati alle esigenze delle attività professionali che esso abilita ad esercitare e non devono essere ingiustificatamente restrittivi.

In questo senso assume altresì particolare importanza la non sempre giustificata previsione o l'eccessiva durata, nei nostri ordinamenti professionali, di un periodo di tirocinio professionale obbligatorio. In proposito mancano, nel disegno di legge, indicazioni precise che mirino a limitarne la durata e a circoscriverne i casi di previsione (articolo 2, comma 1, lettera d e articolo 3, comma 1, lettera d).

Con riferimento ai vincoli di predeterminazione numerica, l'Autorità ritiene opportuno garantire la possibilità di accedere alle attività a tutti coloro che abbiano dimostrato il possesso dei requisiti necessari e sufficienti: non sono quindi giustificate tutte quelle modalità di accesso sostitutive dell'esame di Stato che prevedono la predeterminazione numerica dei posti. Sul punto, invece, il disegno di legge, pur affermando che l'accesso alle professioni avviene senza vincoli di predeterminazione numerica, fa salvi i casi in cui venga esercitata una "funzione pubblica" (articolo 2, comma 1, lettera c). In proposito l'Autorità evidenzia che tale riserva, oltre a mantenere inalterate le illegittime distorsioni della concorrenza previste dalla normativa vigente (ad esempio in ordine alla professione di notaio e all'esercizio di farmacie), tiene, altresì, aperto lo spazio per future estensioni di tali restrizioni numeriche anche ad altre attività professionali. Giova osservare al riguardo che l'esercizio di una funzione pubblica non è necessariamente incompatibile con l'operare dei meccanismi di mercato. In particolare, l'interesse a garantire una razionale distribuzione degli operatori può essere realizzato con la previsione di un numero minimo, piuttosto che massimo, né si comprendono le ragioni in virtù delle quali l'eliminazione di vincoli numerici all'accesso dovrebbe determinare una insufficiente ampiezza e un'inadeguata distribuzione territoriale dell'offerta.
 

3. La regolamentazione relativa alle modalità di esercizio della professione (controlli di qualità, tariffari, codici deontologici, pubblicità, società professionali)

L'Autorità ritiene che la previsione di una regolamentazione per le attività riservate, diretta a controllare le modalità di erogazione delle prestazioni, nonché il comportamento dei professionisti, dovrebbe essere principalmente finalizzata alla correzione delle asimmetrie informative presenti nei mercati in questione. A tal fine essa dovrebbe prevedere una serie di strumenti correttivi che, senza introdurre restrizioni nella concorrenza tra professionisti, siano idonei ad agevolare il cliente ex ante, nella scelta della prestazione e del professionista più adeguato, ed ex post, nella valutazione della prestazione erogata. Tra tali strumenti possono essere ricompresi: la pubblicazione e diffusione di standard qualitativi delle prestazioni e dei comportamenti che i professionisti devono rispettare; la possibilità di stipulare, nei limiti in cui l'assunzione dell'incarico sia legittimamente ammissibile, contratti con prezzi e garanzie collegati anche al conseguimento degli obiettivi concordati; l'eliminazione del divieto di pubblicità dell'attività professionale; la diffusione di informazioni quantitative sui prezzi dei servizi professionali, purché rilevati ex post e da soggetti terzi.

Con riferimento a questi aspetti, il disegno di legge delega attribuisce agli ordini alcuni compiti particolarmente importanti, quali la formazione, l'aggiornamento, la tenuta degli albi e la verifica periodica degli stessi (articolo 2, comma 1, lettera h e articolo 3, comma 1, lettera a).
L'Autorità, in proposito, considera utile l'introduzione di un sistema di formazione e aggiornamento costante dei professionisti della cui promozione gli ordini professionali e le associazioni professionali potrebbero farsi parte attiva. Inoltre, ordini e associazioni potrebbero parimenti esercitare un ruolo propositivo nella definizione di protocolli di certificazione della qualità ai quali i professionisti, su base volontaria, possano eventualmente conformarsi.
Resta tuttavia impregiudicato il fatto che le certificazioni e le verifiche periodiche non debbono tradursi nell'attribuzione agli ordini di una sorta di potere di "revoca" delle abilitazioni professionali conseguite con il superamento di un esame di Stato, come potrebbe discendere dall'attribuzione agli ordini del "controllo sulla permanenza dei requisiti" (articolo 2, comma 1, lettera h). Tale controllo potrebbe infatti pregiudicare la permanenza nell'ordine di un iscritto in base a un giudizio espresso dai propri concorrenti.

Tra le previsioni figura la possibilità di adottare "misure idonee ad assicurare la completa informazione in materia di prestazioni professionali, ivi comprese le tariffe non vincolanti" (articolo 3, comma 1, lettera g).
Tali tariffe, seppure solo orientative, rimangono il frutto della elaborazione delle categorie professionali e rischiano di rappresentare una indicazione per i professionisti del prezzo da praticare sul mercato, più che un utile riferimento per chi usufruisce delle loro prestazioni.
La salvaguardia dei principi concorrenziali richiede, invece, che la diffusione di informazioni quantitative sui prezzi dei servizi professionali rappresenti un parametro di confronto per l'utente al fine di verificare la congruità del prezzo chiesto dal professionista rispetto a quello di mercato. Per non tradursi in una mera tutela dell'interesse dei professionisti, la diffusione di tali informazioni dovrebbe avere natura statistica e dovrebbe essere rilevata ex post da soggetti terzi. In altri termini, i compensi professionali non dovrebbero costituire un'emanazione della volontà della categoria professionale ed essere elaborati ex ante dai professionisti che erogano i servizi, ma, fissati liberamente dal singolo professionista, dovrebbero essere rilevati ex post sul mercato. Dati di questa natura, infatti, riferendosi a prezzi praticati sul mercato e liberamente determinati dai singoli professionisti, sono maggiormente rispondenti all'effettivo andamento del mercato, forniscono degli utili parametri di riferimento per i consumatori, e nel contempo sono privi degli effetti anticompetitivi determinati da altre misure.
Il disegno di legge prevede la possibilità di stabilire livelli tariffari inderogabili per le prestazioni obbligatorie (articolo 2, comma 1, lettera i e articolo 3, comma 1, lettera h). Anche in questo caso tali livelli tariffari, non essendo riferiti ai massimi e riguardando i casi in cui il professionista è obbligato dalla legge ad assumere un incarico professionale, non sembrano rappresentare una forma di tutela della domanda, ma solo dei professionisti. Va infatti ricordato che, sotto il profilo concorrenziale, la previsione di tariffari si giustifica solo in quanto sia volta a mitigare le asimmetrie informative tra professionisti e utenti; l'eventuale inderogabilità degli stessi potrebbe al più essere riferita ai massimi e comunque limitata a quei casi in cui si ravvisi una particolare posizione di debolezza del cliente, poiché solo in tali circostanze la tariffa inderogabile assume una valenza a tutela del consumatore11 Si pensi al riguardo a talune prestazioni erogate dai medici, per le quali il paziente è certamente meno sensibile al fattore prezzo o comunque può trovarsi in situazioni di emergenza che non gli consentono di effettuare scelte diverse o di valutare adeguatamente le alternative meno costose; oppure a tutte quelle prestazioni che il cliente è obbligato ad acquistare per legge e che sono erogate da un numero limitato di soggetti stabilito dalla legge, quali ad esempio quelle notarili. .
Può, inoltre, rilevarsi che, al fine di agevolare l'utente nella scelta del professionista anche in funzione della convenienza del prezzo delle prestazioni e per circoscrivere il novero delle controversie che possono insorgere in merito, sarebbe opportuno prevedere uno specifico obbligo per il professionista di informare preliminarmente il cliente sul prezzo delle prestazioni richieste.

Per quanto concerne l'emanazione di codici deontologici da parte degli ordini, la previsione è tale da non escludere che il loro contenuto possa disciplinare i comportamenti da tenere sul mercato, traducendosi in strumenti di regolamentazione e governo della concorrenza tra professionisti. La norma dovrebbe semmai vincolare ordini e associazioni alla emanazione di regole volte unicamente a garantire che il professionista adotti comportamenti ed esegua prestazioni conformi al corretto esercizio della professione, con la tassativa esclusione di qualsiasi disposizione idonea a restringere la concorrenza tra professionisti.

Con riguardo all'abolizione del divieto di pubblicità, il contenuto della delega relativo alla garanzia di una corretta informazione pubblicitaria (articolo 2, comma 1, lettera s) non appare, come criterio direttivo, sufficientemente preciso e circoscritto. Risulterebbe opportuno esplicitare che la pubblicità deve riferirsi alle tipologie, alle caratteristiche e ai prezzi dei servizi offerti dai singoli professionisti, al fine di aiutare l'utente a limitare i costi connessi al reperimento in via informale delle informazioni necessarie per compiere una scelta adeguata.

Per quanto riguarda infine la regolamentazione delle attività professionali in forma societaria, l'Autorità auspica che il legislatore sappia cogliere e recepire le istanze più innovative, predisponendo soluzioni idonee a fornire ai professionisti un ampio ventaglio di possibilità di esercizio in forma societaria, tra cui scegliere la modalità che essi ritengono più congeniale. Ciò anche al fine di consentire ai professionisti di poter meglio fronteggiare la concorrenza internazionale indotta dalla progressiva eliminazione delle restrizioni alla libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro.
In particolare dovrebbe essere consentita anche la formazione di società multiprofessionali, nonché di società costituite tra professionisti iscritti ad albi, elenchi o registri e professionisti non iscritti, in modo da condurre alla creazione di strutture in grado di offrire un'ampia gamma di servizi professionali, svolti da professionisti protetti e non, ognuno in base alle proprie competenze e abilitazioni professionali, più coerente con le esigenze della domanda e più idonea a rispondere alle sfide di mercato che i professionisti italiani sono chiamati ad affrontare.

Da ultimo, va rilevata la mancanza nel disegno di legge di previsioni atte a mitigare l'attuale regime delle incompatibilità professionali. Una attenta riforma delle modalità di esercizio della professione coerente con i principi di concorrenza richiede invece l'eliminazione di tutte quelle incompatibilità non necessarie e non proporzionate rispetto agli obiettivi che esse intendono perseguire o le cui finalità siano perseguibili attraverso strumenti meno restrittivi della concorrenza. Tale eliminazione riguarda sia l'incompatibilità dell'esercizio di una attività professionale in forma dipendente, sia il contemporaneo esercizio di più attività professionali libere, sia il contemporaneo esercizio di una attività professionale libera e di una attività in qualità di dipendente.

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Alla luce delle suddette considerazioni l'Autorità auspica che il disegno di legge oggetto della presente segnalazione, relativo al riordino delle professioni intellettuali, sia riesaminato al fine di adeguarlo ai principi e alla normativa posta a tutela della concorrenza e del mercato.
IL PRESIDENTE
Giuseppe Tesauro

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