TEORIA E PRATICA
DELL'IMPOSIZIONE FISCALE

 

TEORIA DELL’IMPOSIZIONE FISCALE

L'imposizione fiscale nasce da Leggi e Decreti, fatti dagli organismi istituzionali (Regi decreti, Leggi etc…) per le esigenze dell’apparato pubblico, cioè dello Stato, che non è l’insieme dei cittadini, ma un apparato politico-amministrativo, una volta centrato per lo più sulla Monarchia, oggi centrato per lo più sui meccanismi rappresentativi, e che dovrebbe provvedere ai bisogni collettivi di sicurezza ecc...

Il finanziamento dell’apparato si realizza con

a.    Imposte
b.    Tasse
c.    ConTributi

Le Imposte dovrebbero essere usate per prelevare soldi da tutti i cittadini per servizi di carattere generale.
Tasse e ConTributi dovrebbero essere usati per prelevare soldi in relazione all’erogazione di servizi specifici a quelli che se ne avvalgono.

Le Imposte si dividono in

A.  Dirette
B.  Indirette

Le Imposte dirette dovrebbero incidere sui redditi e sui patrimoni.

Le Imposte indirette dovrebbero incidere sulla “ricchezza” residua (parliamo di soldi già tassati dalle Imposte dirette) ma in relazione ai cosiddetti “trasferimenti dei beni” e ai consumi.

Se a ciò che precede aggiungiamo la possibilità di Imposte, Tasse e ConTributi straordinari, abbiamo, per molto sommi capi, i principi che stanno dietro la pratica della tassazione dei cittadini.
Niente di tanto soffocante, finché si prescinde dal modo in cui tali principi possono essere di fatto applicati.

Tralasciando di esaminare i "perché" e i "percome" in questo paese il fisco sia un meccanismo perverso concepito per incentivare l'evasione di chi può e vessare tutti gli altri, esaminiamo, da un punto di vista soltanto e strettamente tecnico, la ...

 

PRATICA DELL’IMPOSIZIONE FISCALE

Infatti – e non ci vuole un gran cervello per capirlo, ché non si tratta di Matematica o Fisica – se l’applicazione di Imposte, Tasse e ConTributi non è moderata in modo tale da risultare equamente distribuita e non in contrasto con la salute dell’Economia complessiva del Paese, se cioè la pressione fiscale oltrepassa i limiti della propria utilità, essa diventa veicolo di recessione e di povertà e di quel processo perverso che si chiama “cane che si morde la coda” (i cittadini dovrebbero continuare a mantenere sé stessi, l’Economia e l’apparato senza più le condizioni reddituali – lavoro e patrimonio - sufficienti per farlo, perché l’apparato preleva la maggior parte della ricchezza per sé stesso, fino alla crisi terminale dell’intero sistema).

Dato che la pressione fiscale serve a finanziare l’apparato, dire che essa ha oltrepassato i limiti della propria utilità significa dire che l’apparato ha oltrepassato i limiti della propria utilità.

Prendiamo come primo esempio il costo dei carburanti:

L’imposizione che lo Stato fa sul litro di carburante alla pompa è costituita dall'Imposta di Fabbricazione, dalle Accise e infine dall’IVA, che grava pure sulle imposte come "doppia imposizione".
Cominciamo dalle "Accise" e dalle voci componenti:

La somma di tali Accise evidenzia, pertanto, una tassazione di 485,90 lire (ossia 25 centesimi di Euro) per ogni litro di carburante acquistato.
Dall’elenco più che obsoleto si capisce subito che più che di Accise si dovrebbe parlare di “‘Acci-loro”!

Quanto poi all’imposta di fabbricazione è di circa 0,42E, cosa che, aggiunta ai circa 0,25E delle Accise, fa 0,67E; se consideriamo l’IVA, si conclude che su un litro di gasolio (1,30E) questo Stato mangia 0,92E, ossia più del 70%.
In altre parole, senza il vampiraggio statale, il litro di gasolio costerebbe 38 centesimi e un pieno di 80lt costerebbe circa 58.000£.
Le entrate dello Stato solo per l’imposta sui carburanti sono allucinanti e con tutto ciò questi rapinatori aumentano sempre di più l’imposizione rendendo impossibile alla maggior parte della gente pensare al risparmio e mettendo sempre più persone al disotto della soglia di povertà.
A confronto, i 40 ladroni di "Le Mille e Una notte" sono cherubini!!

Prendiamo poi l'I.V.A.

Come si sa o si dovrebbe sapere, l’I.V.A. è l’Imposta indiretta (ex I.G.E., ex Dazio in Italia) inventata per far grano colpendo il consumatore finale, ossia la sua spesa, fatta con denaro già tassato.
Il suo unico presupposto teorico, di là dalle masturbazioni mentali dei ragionieri che pretendono una dignità irraggiungibile, è che, in dosi minime, un’Imposta sui consumi può agire da moderatore dell’Inflazione, un discorso molto aleatorio e davvero ai confini del possibile (per farlo ci vuole una libidine finanziaria pari a quella capitalistica e mercantile di Brunetta).

In dosi massicce, a fronte del gettito potenzialmente molto elevato, L’IVA presenta invece dei rischi notevolissimi, quali:

-         di colpire maggiormente le classi meno abbienti e le famiglie numerose (le aliquote sono le stesse per tutti), risultando così contraria al principio generale di equità;

-         di interferire pesantemente e negativamente nei cicli produttivi (più alta l’IVA minori prima o poi i consumi e quindi la domanda di prodotti e servizi), risultando così contraria al principio generale di salvaguardia dell’Economia del Paese;

-         di alti costi di esazione, risultando così contraria al principio di economia dell’apparato pubblico;

un’Imposta in definitiva non solo aberrante in sé, ma anche potenzialmente molto pericolosa, ma che continua ad esistere, non solo in Italia, per motivi di comodità.

Infatti, essa ha gli ovvi vantaggi di

-         consentire agli apparati di promuovere aumenti della tassazione generale tenendo costanti o perfino diminuendo le Imposte sui redditi (dirette) e quindi dando l’impressione di aver perfino diminuito la pressione fiscale;

-         poter mascherare un incremento della pressione fiscale come variazione dei prezzi al consumo;

-         facile riscossione, salvo il caso delle galassie di piccole imprese dove i controlli sono difficili.

In altre parole, l’IVA, in mani poco “trasparenti”, diventa un potenziale meccanismo di truffa aggravata legalizzata.

L’IVA può essere introdotta ad aliquota fissa o variabile e lì il solito ragioniere d’apparato s’è inventato la distinzione tra beni necessari e beni voluttuari per “punire” diversamente i due tipi di consumo.

Sorge subito spontanea la domanda: con quale logica l’apparato si permette di stabilire unilateralmente la voluttuarietà di un prodotto?!

Laddove uno volesse arrivare a campare di patate per permettersi una barca a vela, con che diritto l’apparato sottrae a quell’individuo, come a chi si compra una casa con i medesimi sacrifici, o a chi deve ristrutturarla, milioni di Lire, corrispondenti a chili e chili di patate o di altri generi, soprattutto considerando che gli acquisti sostengono l’Economia nazionale?!

Guardiamo ora fino a che livelli arrivano le “aliquote” applicate in Italia, appunto aliquote, non una sola per ogni tipo di consumo (negli Stati Uniti, nostro lume di civiltà solo nel peggio, nel 1973 l’unica aliquota era al 3%, con alcune possibilità di esenzione totale, quando qui eravamo già a livelli quasi argentini):

Un flash sul ROCOCÓ dell'IVA italiana

IVA

IVAUE

Attualmente l'IVA ordinaria media in Europa è al 19,44%, per via del contributo di paesi come la Svezia o la Danimarca o il Belgio o la Finlandia, dove però all'elevata imposizione fiscale corrisponde un servizio pubblico di qualità, al contrario di ciò che accade in Italia, dove all'elevatissima pressione fiscale corrisponde cattivo servizio o disservizio o non-servizio pubblico.
Tolto dunque il riscontro nel servizio pubblico - e quando dico servizio pubblico non intendo parlare solo dell'ufficio ministeriale o comunale, ma di tutte le Istituzioni pubbliche fino al Presidente della Repubblica, che non dovrebbe stare lì per fare il Vittorio Emanuele di turno ma per servire il Popolo LAVORANDO - cosa resta se non la logica del “fare cassa” per coprire finanziariamente i costi di un apparato enorme e pagare il debito creato dall’apparato stesso?
Cosa resta in altri termini se non la rapina legalizzata?!

 

F.G. Urbon

 


 

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