L'aborto è realmente: un omicidio vero e proprio inflitto
con modi "cruenti" e “crudeli”.
Spesso le persone non conoscono come realmente venga
praticata un'interruzione volontaria di gravidanza; e forse se si conoscesse la
realtà, per quella che è veramente, tanti aborti non ci sarebbero più.
Quando
abbiamo visto quelle immagini, sottostanti a questo testo, pur avendole già
viste altre volte, sinceramente ci si è stretto il cuore, ci sono venute le
lacrime agli occhi, nel pensare a quelle vite innocenti, indifese, uccise senza
possibilità di appello. Vite condannate alla morte per l'egoismo di una società
ma soprattutto delle DONNE DI OGGI che hanno dimenticato cosa sia l'amore,
l'accoglienza, il rispetto per la VITA.
Madre
Teresa di Calcutta diceva sempre che se una mamma uccide il bambino che porta
dentro di sé, cosa possiamo aspettarci che accada fra gli uomini?
Sull'aborto il più
grande peccato è tacere. Diceva Martin Luther King: “Non temo la cattiveria dei
malvagi, temo piuttosto il silenzio dei giusti”. Se tutti i cattolici si
mettessero a urlare, questa ingiustizia smetterebbe! Non sono colpevoli solo i
medici e i politici, ma soprattutto IL FEMMINISMO. La gente deve accorgersi di
questo male enorme!
Erode ha fatto male o no ad uccidere i
bambini di Betlemme? E che differenza c'è tra chi li uccide così e chi li
uccide in altro modo? L’unica differenza è che Erode si limitò ad uccidere i
figli maschi, ma le femministe e le ragazze emancipate, con gli aborti,
UCCIDONO anche bambine femmine.
“I.V.G.” vuol dire
“Interruzione Volontaria di Gravidanza”: ma si potrebbe chiamare così se fosse
il bambino a chiederla! Dicono: “La donna può fare quello che vuole del suo
corpo!”: ma noi parliamo del corpo del bambino, non di quello della madre che a
questo punto diventa ASSASSINA.
Anni fa c'erano i campi di sterminio;
oggi gli stermini avvengono negli Ospedali e Hitler oggi è presente in ogni
donna abortista.
I primi Cristiani (i Veri cristiani) si distinguevano per il fatto che
loro non uccidevano i bambini, né con l'aborto né con l'esposizione.
La rivoluzione sessista e
razzista chiamata FEMMINISMO del Sessantotto ha donato al cosiddetta SOCIETA’
CIVILE questi doni del demonio:
1)
LA DROGA
2)
LIBERTA’ (OMO)SESSUALE MA NON ETEROSESSUALE!
3)
DIVORZI
4)
ABORTI
Sono talmente connessi che,
alla prima sono necessariamente seguiti tutti gli altri, e quasi a furor di
popolo. Toltone uno, cade anche il resto; ammessa l'una, il resto si accoda.
Fin dal concepimento vi è una vita che INIZIA a 18 giorni c'è già un cuoricino che pulsa; ad un mese e mezzo i ditini si precisano, con le loro impronte digitali, già inconfondibili ed uniche; a due mesi vi è una creatura , che misura tre centimetri, ma ha una precisione assoluta. A tre mesi il bimbo è alto circa 8 centimetri, vive una vita sua, in stretto collegamento con quella della mamma: si sveglia se si sveglia lei, la ascolta parlare o cantare, fa le capriole, scalcia, soffre terribilmente se una terribile macchina aspiratutto inizia, d'improvviso, a strappargli via via le braccia, le gambe, pezzo per pezzo, finché un arnese di ferro non entra a prelevare la sua testolina, per schiacciarla, come una noce, con un colpo secco, per asportarla.
L'aborto è un
argomento non molto trattato e non molto conosciuto al giorno d'oggi: non
interessa tanto agli intellettuali e ai giornalisti; la cultura dominante lo
ritiene scabroso e preferisce non parlarne; i libri di storia adottati a scuola
dribblano elegantemente le vicende politiche, culturali, gli scontri che hanno
segnato l'introduzione nella modernità di questa discussa pratica. La
televisione, sempre pronta a captare il marcio e il sensazionale, la violenza
ed il sangue, non ha mai trasmesso le immagini di un bimbo tormentato
dagli acidi o inseguito da una minacciosa punta d'acciaio. Falsità e
ipocrisia, depistaggio continuo della cultura ufficiale e dominante. Eppure
l'aborto riguarda l'uomo, l'innocente, la vita ai suoi albori, l'essenza stessa
dell'uomo, della famiglia, del frutto di un rapporto d'amore. Secondo il
concetto giusnaturalista, che è stato alla base del pensiero giuridico europeo
fino all'Illuminismo, la legge morale è come la legge fisica: non viene
inventata, creata dall'uomo, ma scoperta, riconosciuta nella realtà come dato
di fatto. Non uccidere, o non rubare, sono cioè regole inderogabili, che
nessuna autorità politica, sia essa dittatoriale o maggioranza democratica, può
modificare. Fondamento di tutto il diritto è il diritto alla vita, senza la
quale, appunto, non esiste diritto.
Prima del Novecento
il diritto alla vita innocente, in questo caso a quella del bambino, è violato
da singole persone, che praticano l'aborto con i cosiddetti "ferri",
o con modalità di avvelenamento (indigestione di prezzemolo, segale cornuta
ecc). Mai però viene stabilita per legge la bontà di una simile azione: per
questo il fenomeno dell'uccisione dei bambini rimane limitato. Intorno al
Cinquecento l'uccisione dei bambini viene talora praticata dalle cosiddette
"streghe", persone superstiziose che in taluni casi
uccidono i piccoli innocenti per fare filtri d'amore o pozioni magiche di
qualche tipo. Si tratta di una perversione già presente nell'antichità,
come ci racconta anche il poeta latino Orazio (I sec. a. C)., allorché ci parla
della strega Canidia nel suo quinto epodo. Vi si descrive un puer,
un fanciullo, che viene sepolto in una buca, fino al mento: "col midollo
raschiato e il fegato secco si farà il beveraggio dell'amore" (
un'altra bevanda di Canidia è fatta di fichi selvaggi, piume di civetta, uova
di rospo, erbe di Iolco...). L'uccisione di un fanciullo rientra nella logica
tipica del sacrificio antico: il sacrificio più prezioso è quello di creature
giovani, innocenti (se si tratta di animali, i vitelli, di vegetali, le
primizie). Una celebre maga greca è invece Medea, anch'essa creatrice di
filtri magici per mezzo di erbe: per salvare il suo Giasone finisce per
uccidere e fare a brandelli il suo fratellino Absirto. Tali pratiche terribili,
ancora nel Cinquecento, vengono compiute sotto l'effetto di sostanze
allucinogene, presenti in alcune erbe, soprattutto nella segale cornuta, che
viene usata nel contempo come abortivo e come stupefacente, contenendo un
alcaloide, l'ergonovina, da cui nel 1943 verrà sintetizzato in laboratorio
l'acido lisergico dietilamide (LSD); le streghe usavano anche l'amanita
muscaria, un fungo velenoso, e la butofenina, una sostanza contenuta nelle
secrezioni della pelle del rospo (si capisce allora il senso degli strani
ingredienti delle pozioni: "erbe" di Iolco, code o uova di rospi…).
Culti e riti di questo tipo esistono ancora oggi in alcuni paesi del mondo
Fonti fin qui: Orazio,
Odi, BUR; Messori, Pensare la storia, Paoline; Ginsborg, Il
sabba, Einaudi; Blondet, I mostri del XX secolo, Effedieffe; Gatto
Trocchi, La magia, Newton.
L'aborto libero e legale, cioè riconosciuto dalla legge come
diritto, come cosa giusta, appare per la prima volta nella storia con la rivoluzione
comunista del 1917: il comunismo parte dal presupposto che la famiglia
non sia un istituto naturale, come dice il giusnaturalismo, ma un portato
della storia, un istituto artificiale. La famiglia sarebbe tipica di un mondo
ingiusto e corrotto, quello borghese, che riconosce la proprietà privata dei
beni materiali e quella che per i comunisti è la "proprietà privata degli
affetti", la famiglia, appunto. Per Lenin, che si colloca sulla scia dei
pensatori social-comunisti - Dom Deschamps, Morelly, Babeuf (Settecento),
Fourier e Marx (Ottocento)-, abolizione della proprietà privata significa
dunque anche abolizione dei rapporti familiari moglie-marito, genitori-figli:
per questo introduce, coerentemente, il divorzio e l'aborto. Quest'ultimo è giustificabile
anche alla luce di un altro cardine del pensiero comunista: il
materialismo. L'uomo, e così pure il bimbo nel ventre materno, è pura materia,
senza anima e destino immortali. Le conseguenze pratiche non tardano a
manifestarsi. F. Navailh, nella sua Storia delle donne, Il Novecento,
a cura di F. Thebaud, Laterza, 1992, scrive: "L'instabilità
matrimoniale e il rifiuto massiccio dei figli sono i due tratti caratteristici
del tempo. Gli aborti si moltiplicano, la natalità cala in modo pauroso, gli
abbandoni dei neonati sono frequenti. Gli orfanotrofi sommersi, diventano dei
veri mortori. Aumentano gli infanticidi e gli uxoricidi. Gli effetti di
tale politica divorzista ed abortista si vedono ancor oggi: basti pensare
quanti e quanto grandi sono gli orfanatrofi negli ex paesi comunisti
(Romania, Ucraina, Bielorussia, Russia…), da cui vengono presi gran parte dei
bambini adottati in Europa (adozioni internazionali). In Russia si arrivava
al punto, come ha raccontato Olga Kovalenko, olimpionica in Messico nel
1968, che, come lei, "anche altre ginnaste nell'URSS venivano
indotte a concepire e poi abortire, perché con la gravidanza l'organismo
femminile può produrre più ormoni maschili e sviluppare più forza. Se
rifiutavano, niente Olimpiadi". Circa una ventina scarsa di
anni più tardi l'aborto viene legalizzato per la seconda volta nella storia in
un regime nato nel 1933 in Germania: il nazional-socialismo. Al
pari dei comunisti, i nazisti introducono subito divorzio ed aborto. Il
presupposto filosofico non è chiaramente precisato: sicuramente si parte, come
in Russia, dalla negazione di un'anima personale, cioè da una sorta di materialismo
o di "materialismo-panteistico". In secondo luogo entrano in azione
le dottrine eugenetiche: la prima società naturale non è la
famiglia ma lo Stato, la Comunità politica, l'entità astratta detta Volk,
popolo. Nell' interesse di quest'ultimo occorre che la gioventù sia fisicamente
sana, forte, razzialmente pura: come in una novella Sparta i deboli vengono
eliminati, soppressi, e, con loro, inevitabilmente, anche gli indesiderati. La
violazione della sacralità della vita al suo inizio diventa poi violazione
della vita tout court: poco prima e durante la guerra verranno
legittimate anche la sterilizzazione, l'eutanasia, la soppressione degli
handicappati… Riguardo alla concezione della famiglia, come in molti
altri aspetti, nazismo e comunismo sono dunque assai simili tra loro, e
sostengono che lo Stato è prima e sopra di essa. Nel nazismo questo è evidente
nelle forme di irreggimentazione della gioventù, nell'eugenetica, nei circa
80.000 bambini nati tramite accoppiamenti stabiliti dall'alto, a priori,
nell'espropriazione ai genitori del ruolo di educatori tramite le
organizzazioni statali (Hitlerjugend…), nell'associazione fondata di
Himmler, chiamata Lebensborn, che sceglieva donne non sposate da
accoppiare a riproduttori ariani, nelle regolamentazioni sul matrimonio misto,
nella sostituzione delle feste cristiane e popolari con festività della natura
o di ispirazione laica ecc. Per quanto riguarda il comunismo esso, come
si è detto, nega totalmente la famiglia, fin dalle più antiche formulazioni: la
comunanza di donne, ad esempio, è esaltata da Campanella ne "La città
del sole", dai comunisti illuministi Diderot e Deschamps, da
Fourier, e dallo stesso Marx, in nome del principio per cui la famiglia
rappresenta, al pari della proprietà privata, qualcosa di negativo ed
egoistico, da eliminare. La soluzione è il controllo statale delle giovani
generazioni, fino a far loro sentire, come unico, il legame con lo Stato: "nella
società socialista futura, quando l'allevamento, l'educazione, il mantenimento
dei figli non saranno più a carico dei genitori ma passeranno totalmente alla
società nel suo complesso, la famiglia dovrà evidentemente morire".
Per questo nell'Urss il quattordicenne Pavel Morozov diventa un eroe nazionale,
additato come esempio per tutti i ragazzi, per aver rivelato alle autorità
l'opposizione di suo padre al regime, ed averlo così consegnato alla morte.
Secondo la concezione dialettica della storia, la famiglia, come unione di
genitori e figli, non è neppure un'istituzione naturale, presente nella realtà
e quindi valida di per se stessa, ma una creazione dei tempi e della struttura
economica, al punto che, secondo Fourier, apprezzato, in ciò, da Marx, il
sentimento dei genitori verso i figli e dei figli verso i genitori, è una pura
invenzione, poiché il bambino, non conoscendo "l'atto che sta
all'origine della paternità, non può provare sentimenti filiali": come
tale la famiglia può e deve variare.
E' bene
ricordare la presenza di dottrine eugenetiche attraverso tutta la storia del
socialismo: dalla Repubblica di Platone, in cui accanto alla comunanza
di beni e di donne, si parla della necessità che lo Stato imponga chi
debba accoppiarsi e con chi; a La Città del Sole di Campanella, in
cui il ministro dell' Amore è chiamato a scegliere i tempi e i soggetti
dell'accoppiamento sessuale, al fine di garantire una certa purezza razziale;
fino alle più recenti affermazioni di Volfson ("da noi ci sono tutti i
motivi per credere che quando s'imporrà il socialismo la riproduzione non sarà
più affidata alla natura") e dello staliniano Preobrazenskij: "Dal
punto di vista socialista non ha senso che un membro della società consideri il
proprio corpo come una sua proprietà privata inoppugnabile, perché l'individuo
non è che un punto di passaggio tra il passato e il futuro", tanto che
alla società spetta "il diritto totale e incondizionato di intervenire
con le sue regole fin nella vita sessuale, per migliorare la razza con la
selezione naturale". Del resto un'eugenetica de facto
verrà attuata nei regimi comunisti asiatici, in Cina, Cambogia e Corea del
Nord, tramite l'eliminazione di handicappati, invalidi, malati mentali e
barboni, di coloro cioè ritenuti incapaci dell'unica attività cui il materialismo
riconosce importanza: il lavoro ( in Corea gli handicappati vengono ancor oggi
deportati in località remote, in montagna o nelle isole del mar Giallo, mentre
i nani vengono sistematicamente braccati e isolati: "La razza dei nani
deve sparire" ha ordinato Kim Jong II in persona).
Le tecniche abortive possono
essere chirurgiche o farmacologiche. Tra le prime troviamo
soprattutto l'aspirazione : si introduce nell'utero un tubo collegato ad un
potente aspiratore (20 volte più di un comune aspirapolvere). Il corpo viene
lacerato, ed il tutto è succhiato e maciullato. Questo metodo è solitamente
usato per embrioni inferiori ai tre mesi. Vi è poi l'embriotomia: si introduce
un cucchiaino aguzzo ricurvo col quale si taglia a pezzi l'embrione, e poi si
procede col raschiamento dell'utero. E' il metodo più praticato nei primi
tre-quattro mesi di vita (secondo disegnetto). Vi è poi l'isterotomia o aborto col taglio cesareo: questo metodo
è, fino al taglio del cordone ombelicale, del tutto uguale ad un parto per
taglio cesareo. Vi sono infine metodiche di uccisione per avvelenamento:
l'embrione viene raggiunto da sostanze chimiche irritanti, che generano
un'indicibile sofferenza, spasmi e contorsioni, determinando una morte lenta e
dolorosa.
Per notizie più approfondite, che
il presente studio omette volutamente di considerare, si rimanda al
bellissimo testo "Bioetica per tutti", di R.Luca Lucas, edizioni
Paoline, da cui sono stati tratti i disegnetti di questa pagina.
Nel dopoguerra l'aborto viene legalizzato nei Paesi comunisti
dell'est legati all'URSS: in Ungheria, Polonia, Bulgaria e Romania nel
1956, in Cecoslovacchia nel 1957, in Yugoslavia nel 1970. La Cina popolare
comunista autorizza l'aborto e la contraccezione nel 1957, mentre nel
1962 vengono imposti: ritardo obbligatorio dell'età del matrimonio,
sterilizzazione, tecniche contraccettive spesso forzate. L'obbligo di un
figlio solo a famiglia determina, oltre al precoce invecchiamento della
popolazione, una strage delle figlie femmine: i genitori cinesi, potendo avere
un solo figlio, spesso uccidono una eventuale figlia femmina, dal momento che
non potranno giovarsi del suo aiuto nella lavorazione della terra; oppure è il
governo stesso ad eliminarle, tramite aborti selettivi e infanticidi.
Avviene addirittura che i medici vengano pagati dallo Stato a seconda delle
sterilizzazioni forzate o degli aborti effettuati (che spesso vengono
spacciati, alle povere madri, per terapeutici). Nel migliore dei casi alcune
famiglie, dopo il primo figlio, decidono di non uccidere le loro bambine e
riescono, pagando chi di dovere, a non farle registrare, per evitare che siano
gli impiegati statali ad eliminarle: in tal caso però queste bimbe, di fronte
alla legge, non esistono, e non hanno quindi accesso all'istruzione, alla
sanità ecc. (Trasmissione su Radio Radicale a cura di Amnesty International
del 25/12/2003 e Bernardo Cervellara, Missione Cina, viaggio nell'Impero tra
mercato e repressione, Ancora, Milano 2003). Si ha così uno squilibrio
all'interno della popolazione, per cui oggi mancano all'appello, in Cina, circa
40 milioni di donne, e vi sono altrettanti uomini che non possono
sposarsi. Ma vediamo uno dei tanti esempi concreti citati sulla stampa
italiana. Riferisce Sette, inserto del Corriere della Sera, del
10 agosto 2000: "'Non ci hanno dato nemmeno il tempo di dargli un nome.
Me lo hanno strappato dalle braccia e lo hanno scaraventato a terra, si è
sentito un tonfo ma il neonato ha continuato a piangere. Non voleva proprio
morire. Allora i tre funzionari del governo hanno iniziato a prenderlo a calci.
Finché non ha respirato più”. In Cina lo chiamano controllo demografico o
politica del figlio unico… Sono arrivati di notte, il mese scorso, nella sua
misera casa nel villaggio di Ding Jia Wang, vicino a Wuhan: “Siete troppi”
hanno sentenziato i tre funzionari e hanno costretto J.I., già all'ottavo mese
di gravidanza, a seguirli in ospedale. Lì le hanno iniettato una soluzione
salina per indurle un aborto. Dopo quindici ore di strazianti dolori la donna
però ha partorito un figlio sano e vivo. “Allora mi hanno guardato
freddamente e mi hanno detto: Prendi tuo figlio e annegalo nello scarico del
bagno”, racconta Huang. “Mi sono sentito raggelare. Li ho pregati, ho
pianto. Senza dire una parola l'hanno gettato al suolo, preso a calci, poi
l'hanno affogato in uno stagno". "Quello che colpisce è la preferenza
del governo per il programma coercitivo di controllo delle nascite. Dal 1995 i
coniugi Billings, promotori dell'omonimo metodo naturale di controllo delle
nascite, hanno fatto esperimenti in cinque province della Cina e hanno avuto
risultati positivi al 99%. Questo sistema dà responsabilità alle coppie, e non
ai burocrati, nel programmare la loro fecondità, e, al di là di qualche corso
d'istruzione, è praticamente a spese zero. Eppure il governo non lo valorizza”
(B. Cervellara, op.cit.). In questo panorama desolante si inserisce
l'appoggio economico per l'incentivazione dell'aborto dato al governo cinese
dall'agenzia Unfpa (dell'ONU) e dall'Ippf: quest' ultime, fino al luglio 2002,
erano a loro volta finanziate dagli Stati Uniti, che però hanno poi deciso di
sospendere i versamenti, non volendo più collaborare a programmi di "aborto
forzato o di sterilizzazione non voluta". Prontamente è intervenuta la Commissione Europea, guidata
dall'italiano Romano Prodi, che, con
una decisione di straordinaria gravità, ha stanziato contributi per ben 32 milioni di euro, facendo così “dell'Europa il motore della diffusione
dell'aborto (anche forzato, e tardivo: ndr) nel mondo” (Avvenire,
1/8/2002; Tempi, agosto 2002). Dopo le campagne contro la vita di USA,
Banca Mondiale, ONU, UNICEF, ecc., anche la UE! (M. Schooyans, Nuovo
disordine mondiale, prefazione del card. Ratzinger, Paoline; oppure, dello
stesso autore, Bioetica e popolazione, della benemerita editrice Ares).
Gli USA divengono presto i
motori dell'abortismo nel mondo, finanziandolo e promuovendolo in Europa (tramite
associazioni di family planning, agenzie dell'ONU, quali
l'Unfpa, l'Unicef e altre), ma soprattutto nel Terzo Mondo e in America
Latina, fino ad attuare piani di sterilizzazione forzata, in Brasile, per mezzo
di avvelenamento dell'acqua. I termini per abortire subiscono progressivi
allargamenti. Si giunge a permettere un aborto molto tardivo, fino alla
trentaduesima settimana, che viene così descritto da Il Giornale del 18/1/1997:
"La tecnica consiste nel far nascere il bambino fino ad un certo punto.
L'ostetrico lo fa scendere intatto, fino a quando la testa non esce dal grembo
della madre. A questo punto inserisce un paio di forbici da chirurgo nella base
del cranio, le apre, allarga il buco e il cervello viene succhiato fuori. In
questa maniera la testina si riduce e può
essere estratta".
Bambino abortito dopo la sua
nascita “parziale”
OGNI
DONNA CHE HA ABORTITO O CHE VORRA’ ABORTIRE DEVE VERAMENTE VERGOGNARSI
DI TALE ORRIBILE CRIMINE CONTRO L’UMANITA’
CHE DIO MALEDICA E PUNISCA PRESTO TUTTE LE CONVINTE
ABORTISTE E
ABORTISTI.
Dopo l'America l'aborto viene introdotto in
Germania, in Francia (1975) e gradualmente in quasi tutti i paesi d'Europa: rimane fuori l'Irlanda cattolica (EIRE), anche grazie a Niamh Nic
Mhathuna, presidente di Youth Defence, vincitrice per sette anni del titolo
per la migliore musica tradizionale irlandese, arrestata 5 volte per aver fatto
circolare letteratura contro l'aborto.
L’ITALIA:
"uccidi, purché sia tuo figlio"
Il 1978, ben dopo
gli altri Stati, è l'anno della legalizzazione dell'aborto in Italia,
con la cosiddetta legge 194. Negli anni Settanta la sinistra (PCI, PSI,
PSDI), insieme ai partiti liberal-capitalisti (PRI, PLI), e al Partito Radicale
di Pannella, Bonino e Rutelli, con l'appoggio di tutta la grande stampa (specie
la Repubblica di Scalfari, L'Unità, Espresso, Panorama e Corriere
della Sera) sostiene l'introduzione in Italia dell'aborto libero,
gratuito, a spese dello Stato. L'argomento principale a favore di
tale legge è l'esistenza di centri di aborti clandestini, che causerebbero lo sfruttamento
e talora la morte delle madri: si arriva, con una falsità straordinaria, ad
indicare, con cifre altissime, il numero "preciso" degli aborti
clandestini, come se fosse possibile conoscerlo, come se non fossero, appunto,
"clandestini". Si assiste ad un terrorismo dei numeri che tende a
gonfiare se stesso nell'euforia della quantità e nel progredire dei giorni: "Tre
milioni di aborti clandestini nella penisola, 25.000 donne morte ogni anno in
seguito ad aborto clandestino…". La storia si incaricherà
di smentire queste fole, ma l'emozione del momento e il tam tam dei giornali
convinceranno molta gente. L'altro argomento, sostenuto con campagne
miliardarie dalla famiglia Rockefeller, dall'ONU e per certi aspetti anche dal
WWF e dal Club di Roma legato agli Agnelli, è la sovrappopolazione del pianeta.
Il parlamentare socialista Loris Fortuna scrive: "7 miliardi gli
individui che nel 2000 popoleranno la terra… ipotizzabile, come evento futuro,
ma non incerto, la catastrofe". Chi glielo dice oggi, al Fortuna, che
siamo il Paese più vecchio e ansimante d'Europa, che la nostra popolazione
diminuisce drasticamente ogni anno? Accanto a queste cifre roboanti,
indimostrate e indimostrabili, oggi lo sappiamo, sicuramente false e confutate,
si cerca di tappare la bocca agli oppositori anche con l'utilizzo di un linguaggio
mascherato. La falsità è lo sfondo su cui si svolge tutto il dibattito,
depistato da affermazioni di questo tipo: “La soluzione di fondo non è quella
… di discutere astrattamente sul concetto di inizio della vita”; “il
problema dell'aborto dovrebbe essere discusso in ambito squisitamente
etico-morale e non attraverso considerazioni di natura biologica” (L'Unità,
giornale del partito comunista, 2/3/1977 e 25/2/1977). Traducendo: discutiamo
pure, purché non ci si chieda di accertare di che cosa (un minerale? un
vivente?) si stia discutendo. Così si lotta in ogni modo per riconoscere la legge del più forte,
per occultare la spaventosa realtà dell'omicidio con espressioni ingannevoli:
quel bimbo che si muove nell'utero materno come un astronauta nella capsula
spaziale, che scalcia se la mamma è seduta male o se compie un movimento
brusco, che si succhia il dito e percepisce suoni e rumori esterni, diventa,
nella terminologia degli abortisti e delle femministe, un "feto",
un "grumo di sangue", un "brufolo", un
"parassita", un "clandestino a bordo" e la sua
uccisione, semplicemente, "interruzione volontaria di gravidanza" (grazie
alla "diplomazia" degli pseudo-cattolici del PCI, i catto-comunisti
Gozzini, La Valle, Pratesi…).
Eppure l'aborto è un delitto orribile, perché
colpisce l'innocente, colui che non può difendersi, e perché non rimane senza
conseguenze sulla madre, anche se spesso nessuno la avvisa di ciò: anche lei
rischia, perché può andare incontro alla perforazione dell'utero e dell'
intestino, ad emorragie, alla sterilità, e ad un ossessionante
senso di colpa che le può impedire di diventare madre per tutta la vita. Un
medico abortista racconta infatti che dopo il primo aborto alcune mamme vanno
incontro ad "aborti ripetuti", non perché non vogliano figli
del tutto, ma "per autopunizione. Il meccanismo psicologico è: non
potrò più essere madre perché ho abortito" (La Repubblica delle donne, 24 maggio 2003; per vedere
cosa sia veramente l'aborto, anche attraverso l'ausilio fotografico, si
consiglia il libro Aborto: il genocidio del XX secolo, Effedieffe, largo
V.alpini 9, 20145 Milano; oppure il sito internet www.amicivita.it).
Nel 1978, dunque, passa in parlamento la 194, che introduce in Italia l'aborto
legalizzato, libero, finanziato e organizzato. I voti determinanti sono offerti
dalle forze di cui abbiamo già parlato. Il mondo cattolico, invece,
appare diviso. Come ai tempi del referendum sul divorzio, non mancano le
associazioni cattoliche favorevoli alla nuova legge, e neppure gli
ecclesiastici. Fra questi molti sono vacillanti, timidi, spaventosamente
indifferenti. Lo hanno ricordato a più riprese Pietro Scoppola, Giulio
Andreotti, Ettore Bernabei ed altri. Il partito di riferimento dei cattolici,
la DC, che dovrebbe gestire l'opposizione alla legge, essendo il maggior
partito ed essendo al governo da solo, abdica brutalmente, specie per quanto
riguarda i vertici (clamorose le numerose e determinanti assenze di deputati
democristiani nelle Commissioni ed in Parlamento, nei momenti cruciali, dal
1975 - allorché il governo Moro dichiarava la sua neutralità sull'argomento -,
in poi). Sono tutti democristiani i membri del governo che controfirmano la
legge presentata dal Parlamento: soprattutto ricordiamo Andreotti, capo del
Governo, Anselmi, ministro della Sanità, Bonifacio, ministro di Giustizia, e
Leone, presidente della Repubblica, che avrebbe potuto rimandare la legge alle
Camere. Nessuno di loro si dimette, preferendo la stabilità del governo alla
coerenza personale (eppure il governo cadrà quasi subito e Leone sarà costretto
ignominiosamente a dimettersi per altri motivi). Nessuno fa ostruzione, nessuno
si dissocia di fronte ad una delle leggi abortiste più permissive al mondo, che
considera l'aborto, secondo l'aspettativa dei comunisti, “una operazione
qualsiasi, alla stregua di tutte le altre, e che, come tale, sia pagata dalla
mutua…” ("Aborto: una battaglia di civiltà", 1975; in
questo opuscolo si legge anche: "E' importante infine che l'aborto
possa essere praticato su minorenni senza il consenso dei genitori".
Giunto al governo, nel novembre 1998, il leader dei DS, Massimo D'Alema, ripeterà
che l'aborto è un "elemento di civiltà"). Addirittura, passata
la legge, Andreotti, tramite l'Avvocatura di Stato, se ne assume la difesa,
chiedendo alla Corte Costituzionale di rigettare le numerose eccezioni di
incostituzionalità presentate dopo l'entrata in vigore della 194. La 194
stabilisce, all'articolo 4, che la donna che vuole interrompere la
gravidanza nei primi tre mesi deve rivolgere la sua richiesta ad un pubblico
consultorio o ad un medico generico, cioè anche ad un dermatologo, un dentista,
un ortopedico o simili. L'articolo 6 disciplina l'aborto dopo i tre mesi
in casi particolari. L'articolo 9 riconosce l'obiezione di coscienza
a medici ed infermieri che siano contrari a collaborare a quello che ritengono
un omicidio, ma li esclude dalla possibilità di far parte dei consultori, le
strutture pubbliche in cui la gestante può rivolgersi per un consiglio prima di
interrompere la gravidanza. "Secondo lo spirito della legge la gestante
deve incontrare sulla sua strada solo personale abortista": il
rischio è che personale contrario consigli alla donna di portare a termine la
gravidanza, le spieghi cosa l'aborto è veramente, oppure, solo, la inviti a partorire
il figlio, invece che ucciderlo, senza riconoscerlo, come è possibile fare
secondo la legge italiana. Un figlio non voluto può infatti venir non
riconosciuto dalla madre ed essere successivamente adottato da una mamma
sterile o comunque desiderosa di una nuova creatura. La possibilità dell'obiezione
di coscienza ha provocato e provoca tuttora le ire funeste dei giacobini:
per fare un solo esempio i verdi Cento e Corleone sono i depositari di un
disegno di legge che impedirebbe a ginecologi obiettori l'assunzione
dell'incarico di responsabile di reparto; Flores D'Arcais, direttore di Micromega
e leader arrabbiato dei girotondini, propone sul numero 4 del 2000 di impedire
l'assunzione negli ospedali pubblici di ginecologi che abbiano riserve a
praticare l'aborto (vedi anche il sito della rivista "L'ateo"). E' la famosa e puntualissima
intolleranza dei sedicenti tolleranti! Il problema, come ha spiegato
recentemente la dottoressa Elisabetta Canitano, ginecologa e responsabile DS
per la "sanità" a Roma, che pratica dall'inizio della sua carriera
l'aborto con "spirito militante", quasi fosse una missione
umanitaria, è che ben
il 67,4% dei ginecologi italiani, cioè di coloro che sanno benissimo cosa
l'aborto è veramente, si rifiutano di praticarlo (vedi La
Repubblica delle donne, citato): "i tre colleghi che cominciarono
con me hanno smesso". Infine, agli articoli 17-22, si
stabiliscono le pene e le multe da applicare a chi pratica aborti clandestini:
da una legge nata con la scusa di legalizzare l'aborto per limitare l'opera
delle mammane e delle praticone, ci si potrebbero spettare pene severe, che invece
non vi sono, in quanto vengono addirittura diminuite rispetto alla legislazione
precedente. Infine la 194, che è nella attuazione pratica ancora peggiore che
nella sua ipocrita formulazione, rifiuta in teoria ogni criterio eugenetico; in
realtà, il professor Claudio Giorlandino, celebre ginecologo, racconta di aver
visto "coppie scegliere l'aborto solo perché il feto aveva sei dita ai
piedi (operabilissime, come è ovvio)", e addirittura
procedere in questo modo con "aborti a ripetizione" (vedi ancora
la Repubblica delle donne, citato; si badi che si tratta nel complesso
di un articolo fortemente filo-abortista, e non viceversa). E' evidente che lo stesso
criterio potrebbe essere adottato da genitori che avessero scelto a priori di
avere un maschio e non una femmina o viceversa. In relazione a queste cose
l'on. Umberto Bossi, parlando in più occasioni del “problema-aborto” nelle sue
interviste a Gianluca Savoini, ha insistentemente accennato ad un nuovo e
angosciante "nazismo rosso". Scrive Emilio Bonicelli nel suo
interessantissimo studio “Gli anni di Erode” : "Gli articoli
della legge ne esprimono così chiaramente lo spirito: l'interruzione di
gravidanza è resa libera e gratuita, ma viene in ogni modo favorita. Il parere
contrario del medico, del padre del concepito, dei genitori, ovunque emerga,
viene neutralizzato. Di fronte alla gestante dubbiosa ogni porta si apre perché
la sua scelta sia quella del rifiuto della vita, ma nessun serio aiuto viene
predisposto perché quella vita possa trovare accoglienza".
GLI ABORTISTI CLANDESTINI
Inoltre la
legalizzazione dell'aborto non ha assolutamente sconfitto la piaga dell'aborto
clandestino, come falsamente si vuole far credere. Basti un esempio per
tutti, la celebre "clinica degli orrori" di Roma. Nel marzo del 2000
i giornali annunciarono, per il vero senza grande partecipazione, che in una
clinica romana per aborti "i pezzi più grandi del feto venivano
bruciati, mentre il resto veniva gettato nel water o nel lavabo", in
una sorta di "lavandino tritatutto". Si apprendeva che nella
casa di cura dal nome gentile, "Villa Gina", operavano
rispettati ed onorati assassini, convenzionati con la Regione, ammanicati con
la politica (PCI), lordi di sangue innocente, sfruttatori di donne deboli e
talora ignare. Ma uccidere non è cosa da tutti e i dottori della Villa
pretendevano anche 8-10 milioni per aborto, "in contanti",
spesso preceduti dalla "pretesa di un assegno in garanzia"; e il
prezzo era alto perché si faceva di tutto, si uccidevano anche bimbi di 6-7
mesi: in tal caso si utilizzavano i "ferri grandi". Ferri
grandi sui bambini e violenza sulle donne. "Cento casi circa ogni
anno". Una di queste "era contraria, e quando arrivò in sala
operatoria scoppiò a piangere gridando che non voleva abortire: I. S.
(medico personale di Togliatti, ndr) urlava e la colpiva sulle gambe,
un altro la tratteneva, finché l'anestesista non riuscì ad
addormentarla…". Un
infermiere ricorda: “Un giorno I. S. alzò la bacinella che aveva davanti e
vidi un feto formato, con le braccia e le gambe, di circa 25 centimetri. In
quel momento ebbi un mezzo svenimento e fui portato fuori. Ricordo che Caccia (l'ostetrica,
ndr.) mi disse che non ero portato per quello specifico tipo di
lavoro". Il fatto è piuttosto grave, eppure i grandi giornali lo hanno
silenziato. Il pericolo, infatti, è che di fronte a tutto questo qualcuno
potrebbe chiedersi se non sia stato una menzogna il discorso pietoso sulla
necessità di legalizzare l'aborto per impedire quelli clandestini, fatti con i "ferri",
come dicevano allora scandalizzate le femministe ed altri, senza tutela per la
donna, ecc. ecc. Potrebbero sorgere parecchie domande, insomma, non ultima
quella sul perché uccidere con i "ferri grandi" sia reato
anche per lo Stato italiano, e con i ferri piccoli, sulle carni più tenere di
un corpo più piccolo, sia a norma di legge, benedetto e finanziato!!!
I resti dei bimbi uccisi con l'aborto
subiscono le fini più assurde. Buttati nelle immondizie, nel lavandino tritatutto, scaricati nel
Tevere a Roma (dove ogni anno gli amici dell'associazione Militia Christi
fanno una cerimonia di riparazione, gettando nel fiume una corona di fiori),
utilizzati per la cosmesi e gli scopi più impensabili… Il Corriere
della Sera del 31 marzo e primo aprile 1994 racconta che l'Istituto
cosmetico Merieux di Lione, in Francia, "lavora" 17 tonnellate di
materiale umano ogni giorno, di cui una tonnellata viene importata dalla
Russia. Avvenire del 5 maggio 1995 invece riferisce che i dottori degli
ospedali della metropoli cinese di Shenzhen vendono i feti o se ne nutrono per
garantirsi un corpo più forte e più bello.
Vi sono associazioni che si battono per dare ai bimbi abortiti una degna
sepoltura, ma questa iniziativa è solitamente ostacolata in ogni modo. Il sito
degli atei uaar.it, sotto il titolo "Per la laicità dello
Stato", idolo ateo a cui si sacrifica ogni vero valore, e "Il
pericoloso estremismo cattolico antiabortista", segnala ad esempio
che il movimento aquilano Armata Bianca, guidato da Padre Andrea
D'Ascanio, con una "scena folkloristica" ha osato erigere nel
cimitero della città un monumento ai "bambini mai nati", e che
lo stesso movimento organizza a Novara definendolo "un macabro funerale
di feti, ogni fine mese". Macabro sarebbe dunque il funerale, non
l'uccisione! Eppure su uno dei giornali più schiettamente abortisti, la Repubblica
del 27/2/1999, l'inviato nella cittadina piemontese, Maurizio Crosetti,
descrivendo uno di questi "macabri funerali", fa notare come le
creature "che qualcuno chiama 'bimbi', qualcun altro 'rifiuti speciali
ospedalieri', oppure 'residui di sala operatoria', o ancora 'prodotti
abortivi'", a Novara, invece di finire nei soliti "sacchetti
di plastica o nei secchi dove radunano gli embrioni", hanno "piccole
bare di dieci centimetri che un artigiano dell'Aquila prepara per questi
funerali senza nome e senza memoria". Tanta è l'avversione del potere
ad una simile opera che il D'Ascanio è poi finito in un incredibile processo in
cui veniva accusato addirittura di pedofilia!
IL PROBLEMA ECONOMICO
La denatalità spaventosa
presente in Europa dopo l'introduzione nelle legislazioni nazionali della legge
sull'aborto (a
ulteriore dimostrazione che il numero sugli aborti clandestini dato dagli
abortisti era falso), ha determinato l'entrata in crisi del cosiddetto Welfare
State, dello Stato assistenziale creatosi in Occidente nella prima metà
del Novecento e progressivamente rafforzato nel secondo dopoguerra. Lo Stato
assistenziale, o sociale che dir si voglia, si basa sul semplicissimo concetto
per cui lo Stato, attraverso una tassazione progressiva che tenga conto delle
differenti ricchezze e possibilità, garantisce ai cittadini l'assistenza
educativa, sanitaria e pensionistica.
A partire dagli
anni Novanta del Novecento lo Stato sociale è andato via via modificandosi per
la mancanza di denaro nelle casse pubbliche, proprio a causa della denatalità,
dell'invecchiare progressivo delle generazioni: dove non ci sono giovani non
c'è futuro, non c'è prospettiva, e neppure soldi. Infatti ormai in tutta Europa
l'età media si è enormemente innalzata, e con essa il numero degli anziani,
bisognosi di assistenza sanitaria, di pensioni e, tante volte, di ospizi:
contemporaneamente, però, è andato diminuendo terribilmente il numero delle
nascite e questo fa sì che non vi siano giovani lavoratori in numero
sufficiente per mantenere un numero troppo più alto di anziani. Per
questo in Italia, nel 1992, le Unità Sanitarie Locali sono diventate Aziende
Sanitarie Locali, con un criterio di spesa molto più rigido e oculato; per
questo ormai ogni “tot” anni si ripresenta allo Stato Italiano, come anche a
tutti quelli europei, la necessità di una riforma pensionistica: ricordo
la riforma Amato del 1992, quella Dini del 1996 e quella prevista attualmente
dal governo Berlusconi. Il problema è molto semplice: "Le pensioni
vengono pagate grazie ai contributi delle persone in attività", e
mentre "all'inizio del ventesimo secolo c'erano pressappoco 11
lavoratori per ogni pensionato, nel 2005 ce n'erano 3,5 e nel 2050
prevedibilmente ce ne saranno 1,5" (Maite Barea, economista
spagnola dell'Università di M
adrid e senior
researcher al Cefass, il Centro europeo di formazione negli affari sociali
e sanità pubblica, su Tracce del novembre 2003). Tagli alla sanità,
all'istruzione e alle pensioni sono dunque l'effetto devastante di una
politica, specie in Italia, che ha minato il futuro con l'aborto, e che dal
punto di vista fiscale ha sempre svantaggiato la famiglia. Ciò è successo anche
durante i governi democristiani, e solo quello attuale, il governo-Berlusconi,
ha leggermente mutato rotta, come dimostrano il piccolo ma simbolicamente
significativo contributo di mille euro proposto dal ministro Maroni e dato
dallo Stato per la nascita di ogni secondo figlio (provvedimento fortemente
contrastato dai partiti abortisti), e il tentativo di far istituire asili per
bambini sul posto di lavoro (per rendere meno gravoso il compito alle mamme che
lavorano; articolo 38, comma 4 , della Finanziaria 2003). Si tratta di misure
ancora insufficienti, ma sicuramente in controtendenza in un paese molto
strano, in cui, come scrive Luisa Santolini, presidente del “Forum delle
Famiglie”, "l'aborto è gratis (pur costando allo Stato circa 1000
euro), ma una ecografia di controllo all'embrione no. Si vota a 18 anni, si
abortisce a 16. Se ci si separa, gli alimenti al coniuge sono detratti dalle
tasse; se si trasferisce la stessa cifra all'interno della stessa famiglia, non
ci sono detrazioni. Se si tratta di rottamazioni, di tasse di successione,
ticket sanitari o ristrutturazioni edilizie, le agevolazioni sono senza limiti
di reddito; se si tratta di sostegni alla maternità o detrazioni fiscali per
figli a carico le agevolazioni sono sempre con limiti di reddito. …Se si
iscrivono i figli all'asilo, i separati hanno un punteggio superiore alle
famiglie regolari …".
Così l'Italia è oggi il paese con il più basso tasso di fertilità del mondo:
1,25 bambini per donna, nel 2000, contro gli 1,89 di Francia, Irlanda ... e
l'1,53 di media della Unione Europea.
Un'altra piccola, parziale
vittoria, dopo quasi trent'anni di sconfitte, per il fronte a difesa della
vita, è stata la legge sulla fecondazione artificiale del dicembre 2003 ed il
REFERENDUM del 2005. In tale data infatti, secondo la relazione del forzista
Tredese, è stata riconosciuta per legge la dignità e la tutela del concepito;
di conseguenza è stata vietata la sperimentazione o intervento di clonazione
sull'embrione umano, ivi inclusa la selezione eugenetica di stampo nazista (non
per nulla vietata anche in Germania, dove il ricordo delle atrocità naziste è
ancora vivo); è stata vietata la fecondazione ai singles, agli omosessuali,
alle mamme-nonne e la fecondazione “post mortem”; è stata vietata la
fecondazione eterologa e quella di un gamete umano con un gamete di specie
diversa, onde evitare la creazione di ibridi e chimere; è stata limitata la
possibilità della crioconservazione, vietata la possibilità di disfarsi di
centinaia di embrioni bruciandoli con l'alcool, come è già successo… (L'Unità
12/12/2003). Si è cercato di impedire quello che avviene in altri Paesi, dove,
come racconta il leghista Alessandro Cè, vecchio relatore alla Camera e
strenuo difensore della vita, vi sono casi estremi in cui la fecondazione
artificiale senza regole porta alla presenza contemporanea di due padri, quello
genetico e quello affettivo, e di tre madri, madre genetica, madre affettiva e
madre gestazionale.
Non ci deve allora stupire il
fatto che una legge improntata ad un certo rispetto per la vita nascente sia
caratterizzata da una serie di divieti. Prima della legge, infatti, in
assenza di qualsiasi legge, tutto era permesso: gli studi medici che si
occupavano di fecondazione artificiale, in particolare quelli privati, erano
delle specie di laboratori di Frankenstein dove ogni sperimentazione
sull'embrione era lecita e possibile, e dove ogni medico si improvvisava
stregone. Avveniva esattamente quanto sostenuto e condiviso dall'europarlamentare DS Gianni
Vattimo: "... c'è il rischio che degli embrioni si faccia commercio,
che si operino manipolazioni illimitate, tali, si sottintende, da creare
mostri, individui adibiti a deposito di organi per trapianti, schiavi. Potrà
apparire scandaloso, ma non lo è poi tanto: dell'embrione come tale non ci
importa nulla" (la Stampa, 6/2/1999). Eppure
c'erano gli esperimenti del dottor Antinori, ginecologo romano che porta al
punto giusto gli spermatozoi immaturi nei testicoli dei topi (come saranno, tra
vent'anni le già 4 creature nate in tal modo?); o proposte (solo proposte?)
come quella di inseminare artificialmente una scimmia con seme umano, al fine
di produrre ibridi, esseri subumani da destinare a mansioni di lavoro
ripetitive o sgradevoli, o come serbatoi di organi da trapianto… In Cina e in
America tali proposte sono state realizzate con la creazione di un
uomo-coniglio e di un embrione-mucca, inserendo DNA umano in ovuli di mucca (Sì
alla vita, ottobre 2003).
Gli esempi di questa cultura prometeica, portata avanti
anche da scientisti italiani come la Rita Levi Montalcini, Renato Dulbecco,
Umberto Veronesi, Antinori e Flamigni, per cui l'uomo ritiene di essere
onnipotente e di poter addirittura, non solo uccidere con l'aborto, ma anche
manipolare la vita a suo piacimento, oltre a quelli citati, erano molti altri: "Transessuale
adotta un bambino"; "Errore in provetta, nasce
ermafrodito"; "Primo bebè figlio di due madri" (Il
Giornale 31/1/1998; 16/1/1998; 15/6/1998); "Adozioni ai gay: è
possibile" (Alto Adige, 4/3/1999). Riguardo a quest'ultimo
problema si assisteva ad avvenimenti di questo tipo: "Anche in Italia
figli dal Kit Inseminazione. Lo chiamano il kit "fai da te". Ma non è
un gioco. Poiché grazie a un siringone sterile e alla provetta per conservare
sperma prodotto in casa, in Italia sono già nati dei veri bambini: Titti De
Simone, presidente Arcilesbica (e parlamentare comunista, ndr.) lo
annuncia con orgoglio e un pizzico di sfida. Il kit dell'autoinseminazione
artificiale l'hanno inventato loro, le associazioni delle lesbiche… Spiega
serafica: "Alle coppie lesbiche o alle donne single non è possibile
accedere alle banche del seme per ora. Noi allora proponiamo una soluzione
alternativa. Di trovarsi da sole dei donatori e da sole in casa praticare
l'autoinseminazione artificiale". Sembra un film.
Ci hanno già fatto sopra dei film. Ma sino ad oggi di bambini veri non se ne
era mai parlato. Non in Italia perlomeno. In Inghilterra il dibattito si è
aperto poco più di due anni fa. Aveva 23 anni la donna che viveva da sola e che
da sola decise di inseminarsi in casa con una siringa. La sua bimba venne al
mondo nel dicembre 1995 grazie allo sperma di un amico, gratuito. Cinque
sterline è stata la modica cifra pagata da una coppia di lesbiche sempre in
Inghilterra nel 1997. Loro il donatore se lo trovarono con un annuncio sul
giornale. Identico il sistema di inseminazione. Una siringa, una provetta e un
paio di guanti. Dei nostri bimbi nati senza padri o con due madri con il kit
casalingo non si sa invece nulla o quasi. Eppure esistono anche in Italia"
(Corriere
della Sera).
La legge del
dicembre 2003, che pone fine al cosiddetto Far West della genetica, è passata
grazie al voto della maggioranza di centrodestra (FI, Lega, UDC e AN), compatta
ad eccezione di pochi nomi (Mussolini, Del Pennino, Santanchè, Contestabile,
Prestigiacomo e Boldi), con la opposizione durissima di radicali, Di Pietro, e
del centrosinistra (DS, RC, SDI, Comunisti Italiani, Verdi), ad eccezione di
una manciata di esponenti della Margherita (al Senato 17 sì su 36 senatori). La
spaccatura nella Margherita è stata determinata dalla ferrea opposizione a
qualsiasi forma di collaborazione alla legge da parte della corrente di Prodi,
sedicente cattolica, guidata da Arturo Parisi, Giulio Santagata e Marina
Magistrelli, e da altri esponenti di spicco come il vice presidente dei
senatori Natale D'Amico ed Enzo Bianco. Il centrosinistra ha criticato la
legge, minacciando il ricorso al referendum abrogativo, e affermando che "siamo
tornati in un'epoca buia di veti e imposizioni, medievale" (l'Unità,
organo dei DS, 13/12/2003); definendola "bestiario in 18
articoli" (Manifesto), segno di "oscurantismo"
(Repubblica); "una pagina nera per la democrazia in Italia"
(Liberazione, organo di Rifondazione comunista).
Sostanzialmente critico anche il giornale del
grande capitale italiano, il Corriere della Sera, che abbiamo già visto
schierarsi, a suo tempo, a favore dell'aborto. Nell'editoriale di Piero
Ostellino, uno dei tanti intellettuali da strapazzo che infestano l'Italia,
intitolato Gli inutili steccati, evitato ad arte qualsiasi ragionamento
concreto, si afferma : "Personalmente non ritengo che fra i compiti
dello Stato ci debba essere quello di preservare il concetto di Natura".
Il che equivale a dire che ogni arbitrio umano è lecito, evidentemente, in ogni
campo, e che lo Stato non deve tutelare nulla di ciò che è naturale, dalla vita
degli embrioni a quella - perché no? -, degli adulti. Lo stesso ragionamento
allora dovrebbe essere usato per contrastare le leggi dello Stato che tutelano
la natura e la salute umana dai campi magnetici delle radio e delle antenne,
dall'inquinamento dell'aria e delle acque, dalla manipolazione eccessiva degli
organismi geneticamente modificati ecc. ecc. Criticissimo, velenoso e falso,
come spessissimo accade, L'Espresso dell'8 gennaio 2004. In una lunga intervista,
Umberto Galimberti rivendica la giustezza dell'aborto, dicendo,
sostanzialmente, che i cattolici dovrebbero fare lo stesso, perché, secondo San
Tommaso, "l'anima è immessa nel corpo del nascituro solo alcuni mesi
dopo che la donna è stata fecondata". Il Galimberti, usando un
linguaggio volutamente ambiguo ("alcuni mesi": quanti?), finge
di non sapere che San Tommaso non è mai stato considerato dalla Chiesa una
autorità in campo biologico, essendo un teologo, ed essendo vissuto ben otto
secoli fa. Con enorme alterigia ed intolleranza prosegue dicendo che "i
cattolici hanno una concezione della vita improntata, vorrei dire, a un bieco
materialismo… stanno paralizzando sia il governo sia l'opposizione… c'è
affinità culturale tra Chiesa e destra fascista". Il
"pericolo" più grave, urlato dalle colonne di tutti i giornali dalle
forze abortiste, ma, purtroppo, assolutamente assente, come ha dichiarato l'ex
democristiano Follini (fedele alla linea pilatesca dei vertici della vecchia
DC, Moro in primis, che lo ha sempre contraddistinto), è che questa legge,
riconoscendo dignità e tutela all'embrione, possa mettere in discussione anche
quella sull'aborto. La lamentazione, tanto infondata quanto volutamente
allarmistica, lanciato da l'Unità, è emblematica: "a meno che
anche la legge sull'aborto venga prima o poi rivisitata. Come d'altro canto
dichiarato senza giri di parole da monsignor Tonini e da Maurizio Ronconi
dell'Udc" (l'Unità, 12/12/2003). Chiarissimo anche il manifesto del Collettivo femminista Mafalda,
inviato via internet a italy.Indymedia.org mentre la legge era in
discussione (31 ottobre 2003), intitolato Antiabortisti tremate le streghe
son tornate. Vi si legge tra l'altro che le streghe "erano le donne
che praticavano gli aborti, contrapponendosi alla clandestinità e alla
macelleria di quanti lucravano sulla salute delle donne (forse non erano
clandestine anche loro? Erano forse pagate e riconosciute dallo Stato? ndr.).
Le
streghe sono state bruciate. Sono diventate il capro espiatorio di una società
ignorante ed oscurantista… Oggi, 31 Ottobre del 2003, noi giovani donne del
collettivo femminista Mafalda facciamo nostra l'eredità delle streghe
medievali, ci rivendichiamo nuove streghe di fronte ai pesanti e continui
attacchi di questo governo fascista e oscurantista (solita solfa, ndr.) che
con la nuova proposta di legge sulla procreazione medicalmente assistita torna
a mettere in discussione il diritto all'aborto… La nuova proposta di legge del
governo Berlusconi, definendo l'embrione come soggetto giuridico, consente
l'istituzione della figura del curatore dell'embrione, che in nome del diritto
a nascere, può impugnare la decisione di una donna ad abortire (falsità
assoluta, ndr), entrando in palese conflitto con la 194… Oggi, come nel medioevo, le
streghe sono tra noi!". Tanto può infastidire il riconoscimento di diritti all'embrione!
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