New Zealand

 

PRIVATIZZARE E' TREND, MA CON LO STATO ERA MEGLIO

 


L'erba della Nuova Zelanda non e' piu' verde

Se all'American Cup, Black Magic andava a gonfie vele, non si può dire lo stesso per l'economia neozelandese. I venti di riforma dei vari governi di sinistra e di destra, si sono rivoltati verso i contribuenti. Dopo essersi venduti per una manciata di soldi vele e scafo, cioè le varie aziende statali, il wellfaire e l'anima socialista, hanno lasciato il timone dell'economia del paese nelle mani del business più spietato.

La Nuova Zelanda è fra i primi paesi insieme con Hong Kong e Singapore nelle classifiche d'economia libera. Precede persino la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Sistema bipolare. Dal 1950 ha una sola camera di deputati, composta solamente da un centinaio di parlamentari rieletti ogni tre anni. Il primo paese del mondo dove le donne hanno conquistato il diritto al voto. Denuclearizzata sin dai tempi della guerra fredda, quando hanno letteralmente mandato ad altri paesi e ad altri porti le navi e i sommergibili atomici statunitensi. Clima perfetto - né troppo caldo d'estate, né troppo freddo d'inverno.

Cosa vogliono di più? Ci chiederemmo noi italiani. Specialmente dopo che con Black Magic ci hanno dato una lezione di vela. Ma il vento del mare della Tansmania che ha spinto alla vittoria i neozelandesi nell'American Cup, non ha sempre soffiato a loro favore.

Mentre il resto dei paesi sviluppati temporeggiava, discuteva e criticava il libero mercato aspettando tempi migliori, la globalizzazione ed Internet. Mentre l'Europa sudava a mettere d'accordo i vari governi per costituire un mercato comune, i Kiwi (non il frutto, ma gli abitanti della Nuova Zelanda) decisero di inforcare la prima folata di vento, la prima breccia di mercato globale e si lanciarono in una fuga solitaria, convinti di guadagnare un prezioso vantaggio sul resto del mondo.

Invece quel vento li ha portati in cattive acque. Prima delle riforme economiche la Nuova Zelanda vantava un'assistenza sociale impeccabile e un'economia in forte sviluppo. Non conosceva la disoccupazione. L'idea era che tutti avevano un lavoro, anche se non era molto produttivo. Ma era certo meglio di non avercelo.

La sua economia si basava sull'esportazione verso la vicina Australia e il Regno Unito. Era, ed ancora rimane, l'esportatore e il produttore più efficiente e competitivo di carni ovine (agnello), lana e latte.

Ma e' durato fino alla metà degli anni 80, quando arrivò una ventata di nuove idee. Fu il colpo di genio: la gran pensata dell'estremo liberalismo del laisse-faire economico. Economisti e politici zelandesi si lanciano in una serie di riforme economiche per liberalizzare la loro economia e privatizzare l'intero patrimonio nazionale d'aziende ed enti statali. Non più tassi doganali sull'import ed export. Volevano essere il paese modello del libero mercato.

L'idea era che lo stato non doveva intromettersi in nessun tipo di business e per nessuna ragione. La competizione si sarebbe controllata da sola per legge di mercato. I concetti di liberalismo allo stato puro. Adam Smith alla lettera.

Da quando l'esperimento economico è iniziato nel 1984, la crescita economica è stata molto più lenta che nel resto dei paesi sviluppati. La produttività e lo standard di vita sono cresciuti irrisoriamente, mentre il resto del mondo ha beneficiato di uno sviluppo sostenuto.

Come infatuati da un credo religioso, gli uomini dell'allora ministro delle finanze, il laburista Roger Douglas, lanciano le nuove riforme che sconvolgono un paese che si lamentava solo di mancanza di protagonismo e di super competitività.

Le riforme economiche che arrivarono con il 1984, erano largamente ammirate nel mondo capitalista. Prima fra tutte la premier di ferro Margaret Thatcher. L'esempio New Zealand è stato fortemente sponsorizzato e pubblicizzato da enti economici internazionali come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e dall'OCSE (l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico).

Ma le varie barriere doganali degli altri paesi per proteggersi dai prezzi bassi neozelandesi e l'ingresso della Gran Bretagna nell'Unione Europea l'hanno profondamente danneggiata.

Così negli ultimi 15 anni si sono create classi sociali ben distinte. I ricchi di una volta, non sono più così ricchi. Il resto del paese non solo è diventato più povero, ma è aumentata la disoccupazione, il numero dei suicidi ed il consumo d'alcool e droghe. Lo standard di vita si è quasi dimezzato nel 1999 rispetto alla media dei paesi ad alto reddito di cui la Nuova Zelanda faceva parte. Il 45% delle famiglie (soprav) vive ai livelli minimi di povertà. C'e' la fa solo grazie all'assistenza finanziaria statale del nuovo governo laburista.

La disoccupazione giovanile è al 17%. Raggiunge il 32% fra i Maori - i primi abitanti dell'isola. E' seconda dopo la Finlandia fra i paesi dell'OCSE per il numero di suicidi dei giovani fra 15 e 24 anni. L'educazione è diventata un optional da ricchi. Essere iscritti all'università' significa aprire mutui che pochi potranno ripagare in un mercato del lavoro che offre poco. Unica alternativa: emigrare. New Zealand è uno dei più grandi esportatori di giovani di tutto il mondo anglosassone. Infatti, il tasso medio di disoccupazione del paese si è fermato a 7 %, anche perché in molti sono andati a cercare lavoro altrove.

Che cosa è andato storto?

"E' difficile raggiungere una conclusione esatta sul perché l'economia non ha raggiunto risultati maggiori in luce dei cambiamenti avvenuti, anche perché è difficile trovare termini di paragone adeguati." Tentò di giustificarsi l'OCSE in un rapporto nel 1999. Che in altre parole voleva dire: le cose sono andate male, ma potevano andare peggio. Ed aggiunge che comunque molte delle riforme economiche non sono ancora completate.

Ma dopo 15 anni, è ormai chiaro per qualsiasi Kiwi che l'idea scaturice, cioè che lo stato è la fonte primaria del malessere economico, e che l'assenza di stato è l'unico rimedio, la sola cura per un'economia prospera, è una bazzanata. Il test di libero mercato in NZ è stato un completo fallimento.

Tim Hazledine, economista e professore all'Università di Auckland, precisa nel suo ultimo libro "Taking New Zealand Serously", che le riforme hanno migliorato qualcosa. Si, il salario dei top manager, degli advisor e dei consulenti finanziari. Il che non è un male per Hazledine, ma tali salari dovrebbero essere giustificati dall'aumento della produttività dei loro impiegati o dei clienti consigliati.

Infatti, se provate a chiedere ad un Kiwi chi sono gli economisti e i consulenti finanziari, lui risponderà, con un sorriso freddo fra le labbra, che sono quelle persone che senza peli sulla lingua sanno dire: "Io so che i fatti sono diversi da quello che avevo previsto, ma immaginate come sarebbe stato peggio se non avesti seguito il mio consiglio."

Ma vediamo i dati e gli eventi.

Il governo forma il Business Roundtable - una tavola rotonda di bussinessmen per orchestrare le varie operazioni di privatizzazione che nel giro di pochi anni vedranno lo stato smantellare e svendere i vari enti e gruppi statali. La loro telecom, la compagnia elettrica, la motorizzazione civile, la banca centrale, la posta, le ferrovie vengono svendute a gruppi finanziari, coorporazioni private, holding straniere ed azionisti. Nel 1995 lo stato dichiara di aver venduto le sue imprese per un valore di 13,1 miliardi di dollari zelandesi ($NZ), circa 13.100 miliardi di lire.

A sua volta i vari pacchetti di azioni vengono venduti e rivenduti al miglior offerente che fiutava l'affare. Senza sborsare una lira la Telecom e l'Electric Corporazion New Zealand sono rivendute al doppio. E' una cuccagna per i brokers che vedono i loro dividendi moltiplicarsi fino a racimolare introiti che hanno più zeri dell'investimento iniziale. Gli stessi consulenti finanziari del governo risulteranno poi nelle liste degli acquirenti. Come il caso di Michael Fay e David Rchwhite, advisors durante la privatizzazione della New Zealand Telecom e azionisti al 5% dopo l'operazione, quando decidono di lasciare il paese per un viaggio in Svizzera.

La privatizzazione dell'azienda elettrica di stato, l'Electricity Corporation of NZ, frutterà alle casse dello stato 3000 miliardi di lire. I vari governi hanno finora sempre benedetto l'operazione che doveva garantire efficienza e competitività nel settore, che coincide per elettricità a basso costo per i consumatori. Il Ministro dell'Energia Max Bradford, che terminò l'operazione nel 1999, dichiarò che il risparmio per i piccoli consumatori e le imprese si aggirava sui 50 miliardi di lire l'anno.

Subito dopo la cessione, Trans Alta, uno dei cinque fornitori d'elettricità che copre la regione intorno alla capitale Wellington, aumentò la bolletta del 10%. Un'altra, Power New Zealand, rispose con un rincaro fra il 3,6 e il 10,4%. A sud dell'isola Southpower impose un aumento del 5-13%.

I managers chiedevano comprensione dai contribuenti affermando che dopo la spesa d'acquisto, la compagnia doveva recuperare le spese per tirare avanti. E come se non bastasse 3000 lavoratori del settore persero il loro lavoro fra il 1987 e il 1992.

Per cinque settimane, fra il Febbraio e l'Aprile 1998, un totale black out elettrico nella regione commerciale dell'isola, la zona intorno Auckland (triste ricordo per I fans di Luna Rossa) riporta i neozelandesi al medioevo. I giornali titolarono: "E' l'apocalisse elettrica". No Internet, no TV, no frigorifero. Niente acqua per l'agricoltura. Né acqua corrente in casa. I generatori portabili a combustibile si sono incendiati per iperiscaldamento. La polizia ha dovuto proteggere le imprese private dallo sciacallaggio in quanto i vari sistemi di sicurezza non funzionavano.

E sono stati i piccoli consumatori, i negozianti, i ristoratori, le famiglie che durante il black out totale hanno sofferto il freddo, la fame e la mancanza delle condizioni minimi indispensabili per la sopravvivenza - come acqua, luce, riscaldamento e il mantenimento dei cibi. Non solo. Le scuole sono chiuse. L'economia si è bloccata. Le saracinesche si sono chiuse. Le ditte hanno mandato i loro impiegati a casa. Molti sono andati bancarotta. Molti sono emigrati. I più fortunati sono andati a trovare un parente altrove.

L'azienda elettrica privata che copriva la regione, la Mercury Energy, prima attribuisce il fatto alla sfortuna, poi incolpa il ciclone El Nino, il traffico automobilistico e il movimento terrestre. Ma anni prima, quando acquistò dallo stato gli impianti e le infrastrutture sotterrane, si era lamentata del deterioramento dei cavi e dei cunicoli vecchi di 20 o 50 anni.

Dopo l'acquisto, la Mercury Energy licenziò metà del personale, 600 tecnici. Alzando le tariffe riuscì ad aumentare i profitti fino a 100 miliardi di lire, lanciò un'offerta d'acquisto per 300 miliardi ad una rivale e spese miliardi per la campagna pubblicitaria. Ma non si preoccupò di sostituire o spendere un centesimo per la manutenzione. Invece aumentò il prezzo ai consumatori e ridusse quello per le imprese.

Vediamo invece la sanità. I pochi ospedali pubblici rimandano a casa i pazienti. Gli enti privati sono troppo cari per gli stipendi ormai dimezzati. Secondo un rapporto dell'Harvard University del Commonwalth Fund, un abitante su quattro non può permettersi l'assistenza sanitaria. La spesa sanitaria è 23% inferiore alla media dei paesi OCSE (1,3 milioni di lire procapite).

La ristrutturazione del sistema sanitario pubblico ha creato ospedali privati, che oggi si chiamano imprese sanitarie (Health Enterprises) che puntano alla massima competitività per produrre maggiori profitti. Risultato, chiusura d'ospedali e tagli d'impieghi. Il numero dei dottori iscritti all'albo è sceso a 451 nel 1998. Erano il doppio l'anno precedente. I medici lasciano perché non ci sono fondi. Le liste d'attesa negli ospedali sono troppo lunghe e molti pazienti non raggiungono la data di ricovero.

Gli interventi più delicati non vengono più effettuati per mancanza di fondi. Come il caso di Sean Collins, che ha aperto una grossa piaga nel sistema assistenzialista Zelandese. Sean è morto aspettando per ben tre mesi il giorno del suo intervento al cuore - un'operazione di by-pass. Malati terminali vengono rispediti a casa perché considerati uno spreco. Il tasso di mortalità infantile è aumentato e ha raggiunto 7,4 per mille nati vivi.

Il sistema pensionistico è andato in tilt. Gli ultrasessantenni che hanno un lavoro, non lo vogliono lasciare perché non hanno una pensione decente che gli permetta di sopravvivere. Le pensioni private sono inaffordabili per il bilancio familiare. Un pensionato che ha ricoverato la moglie affetta da Alzheimer, gli è stato presentato un conto di $NZ 58.000 (circa 58 milioni di lire).

E tutto questo quando Phil Pryke che presiedeva l'Health Funding Authority, abbandona la sua poltrona ed uno stipendio di 325 milioni l'anno per un posto a più milioni per una compagnia Australiana delle telecomunicazioni. Mister Pryke dichiarò spudoratamente di aver lasciato il sistema di ricerca di fondi della sanità zelandese meglio di come l'aveva lasciato.

Il team dei governati e cambiato più volte in NZ negli ultimi 20 anni, ma come nell'American Cup, non si può più tornare indietro, lo stesso accade nella gara dell'economia mondiale. Il paese assistenzialista e garante di un benessere ben distribuito, lasciato alla partenza, non è più di moda. Non è più stato in grado di competere con le altre economie che hanno adottato (o stanno per farlo) un sistema di riforme più razionale e meno radicale della Nuova Zelanda.

Adesso, dopo 15 anni l'elettorato Zelandese si è espresso per un governo Labour vecchio stile - quello di Helen Clark. Ed i dati confermano la scelta.
Il nuovo governo laburista ha promesso:
- $NZ 412 milioni per reorganizzare il sistema sanitario
- di investire $300 milioni in più di quelli promessi prima delle elezioni nel systema educativo.
- $36 milioni per aiutare i servizi sociali e le organizzazioni no-profit di volontariato per aiutare minoranze etniche ai bordi della società.

Che sia un segno di fallimento delle passate amministrazioni liberali?

E la terza via di Tony Blair? E il Mercato globale? E' il pacchetto di privatizzazioni dell'Eni, Enel e Rai, del governo Amato? Ma saranno poi così razionali, più sensibili ai bisogni di chi non deve contare i soldi racimolati, ma che invece deve pagare la bolletta, comprare il biglietto di un treno che arriverà intero alla destinazione, sorbirsi i vari "grandi fratelli" o “survivor” allo schermo? Funzionerà davvero?
In Nuova Zelanda sembra di no!

La Russia è stato un pessimo test per il socialismo mondiale, ha commentato l'inglese Financial Times, così come la Nouva Zealanda è stato il più grosso fallimento di capitalismo sfrenato. Dove l'economia del libero arbitrio, il famoso "libertarianism" anglosassone, ha provocato tutti gli effetti collaterali che il resto del mondo aveva ipotizzato secoli prima, dopo Smith. Gli economisti dovrebbero essere grati per tali esperimenti. Ma è sempre meglio non vivere nei paesi dove vengono testati.


Felice Petrelli

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