H A R A G E I
           

Il concetto dell'HARA (centralizzazione e integrazione) e del Ki (energia intrinseca ed estesa) trovano applicazione nell'arte in Giappone conosciuta come Haragei la cui teorica e pratica sono sfruttate per cercare di superare i complessi problemi dell'esistenza.

Il distacco sublime dagli eventi e dalle passioni terrene, al fine di poterli valutare in modo distaccato (sereno e chiaro) e quindi libero da pregiudizi, era il metodo per ottenere una visione universale ed abbracciare gli aspetti molteplici ed esplorare varie dimensioni dell'esperienza umana da una postazione equilibrata e centralizzata spirtualmente indipendente.

L'Haragei era ritenuto il motivo della vitalità e lucidità dei "saggi" i quali si interessavano attivamente dei vari aspetti dell'esperienza umana fino al termine dell'esistenza; l'Haragei è spesso citato come spiegazione della loro ricerca di certi scopi condotta con costante impegno, esso era considerato anche responsabile dell'impassibilità di fronte alla morte dimostrata dai monaci: la realtà veniva considerata uniforme e sempre uguale e quindi anche la morte non differiva in qualsiasi sua forma e faceva parte della vita come tutte le altre realtà.

Nucleo edll'Haragei è quindi l'equilibrio - armonia - imparzialità - integrazione.

Il Ki e l'Hara e tutti gli altri "poteri" che l'uomo può acquisire nel corso della propria vita possono essere usati male , corrotti e metodicamente usati potevano agire non in favore ma addirittura contro di lui.

Il concetto di Haragei (Ki più Hara) venne inglobato nel bujutsu, infatti il guerrireo giapponese di natura violenta -come imponeva la sua professione- doveva continuamente migliorare le sue facoltà di concentrazione per avere una mente serena, indipendente ed un equilibrato giudizio nella sua realtà turbolenta di combattimento; molti maestri di arti marziali facevano notare come nessun altra forma di attività era pari al combattimento -inteso come energia esplosiva, movimento e trasformazione (interpretata anche come morte)- quindi carica di vita: infatti in nessun altra forma di azione vi era tanta coordinazione, completezza e flusso di Ki per realizzare i fini.

Dalle applicazioni delle scuole mediche e artistiche l'Haragei entrò nella sfera delle arti marziali di ogni tipo e genere divenendone la base con ovvie alterazioni nella teoria e nelle discipline, durante il passaggio dal generico e universale Hara e Ki ad un'applicazione specializzata e pratica del bujutsu il concetto di Ki quale Hara (o Centro "energia del divenire") integrati divenivano azione pura e i risultati ed i metodi di addestramento per sviluppare ed impiegare questa energia resero il Ki esoteriso e divino.

Il tipo di sensibilità sviluppato dall'Haragei non era basato su "sensazioni" ma percezioni della realtà: non si tratta quindi di improvvisa fuggevole intuizione ma è come se esistesse un'antenna in grado di acquisire sempre informazioni dall'esterno, una volta sviluppato l'Haragei esiste la ricettività ultrasensibile ed una forza attiva quindi di strasmissione.

In relazione alla percezione l'Haragei sfrutta:

mizu-no-kokoro

spirito come acqua tranquilla

ovvero una mente calma come la superfice di un lago che riflette ciò che esiste o si muove nelle vicinanze senza dare risalto a nulla, ma se soffia il vento essa si increspa e le limpide immagini vengono disperse in innumerevoli pezzettini distorte e confuse

tsuki-no-kokoro

spirito calmo come la luna

ovvero un atteggiamento spassionato verso tutto come lo splendore imparziale della luna sulle cose quindi cosapevole del paesaggio in generale e dei suoi dettagli ma se passa una nuvola fra la luna e la terra tutto diviene buio e vago e spesso spaventoso

essi servono per visualizzare l'atteggiamento mentale da sviluppare ed in entrambe le immagini il centro è questo: la mente percepisce e valuta il generale ed il particolare, il lontano come il vicino indipendentemente ma per fare questo deve essere centralizzata e quindi protetta da ogni distrazione e perturbazione.

La capacità della mente di percepire ogni singolo oggetto pur rimanendo vigile sul generale era anche base delle discipline dell'evoluzione per la liberazione suprema della mente dai fuorvianti fenomeni della realtà umana; il primo passo era quindi disciplinare la mente a concentrare i suoi poteri per avere un livello di indipendenza, pace ed armonia per esplorare l'essenza sociale e cosmica della personalità umana in espansione progressiva.

La tecnica di concentrazione appena citata era un'arte nella scuola buddista (Dhiana, Ch'an, Zen) ma diveniva un'aberrazione quando la si intendeva in senso assoluto e fine a se stessa: si correva il rischip che la mente umana fosse catturata e cristallizzata in dipedenza assoluta dell'oggetto percepito ed in esclusione assoluta di ogni altro elemento della realtà.

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