PAGINA IN L AVORAZIONE ED IN CONTINUO CAMBIAMENTO. Bianca Fasano Copia Tondo Doni

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NAPOLI

 

NAPOLI IL TESORO DI SAN GENNARO

 

Monastero di Santa Chiara a Napoli

 

Monastero di Santa Chiara 2

 

Chiesa Cattedrale di Napoli

 

Napoli sotterranea

 

San Lorenzo Maggiore. Napoli

 

Napoli e na vota

 

 

 

 

 

Lavori dalla lavagna.

Dalla Lavagna.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Basilica di Santa Chiara
(Qui in una rara foto che la ritrae dopo i bombardamenti).


In questo bellissimo articolo, Vittorio Paliotti racconta la lunga e tormentata storia della Basilica di Santa Chiara.
:(Questa è una immagine odierna)


Si disse e si scrisse, allora, che quel bombardamento, durato un'ora e venticinque minuti, aveva "cambiato il volto di Napoli" e che "nulla più sarebbe stato come prima". 

Era il 4 agosto 1943, ore 13,45, quando quattrocento fortezze volanti angloamericane sottoposero Napoli a quello che risultò essere il novantacinquesimo bombardamento dall'inizio della guerra.
Vi furono distruzioni in tutte le zone della città e si ebbero settecento morti, anche perché gli aerei si abbassarono a mitragliare la gente che, in fuga, tentava di raggiungere i ricoveri.

E non è tutto. Bombe dirompenti e incendiarie furono sganciate sulla chiesa di santa Chiara che si ridusse a un cumulo di macerie fiammeggianti.

Era la chiesa più cara ai napoletani, costruita in severo gotico e trasformata nel settecento in fastoso barocco. Faceva parte di una cittadella monumentale comprendente anche un campanile,

un monastero di clarisse, un convento di francescani, un chiostro maiolicato...
La rabbia per quel bombardamento fu enorme, anche perché sui tetti della chiesa e degli edifici circostanti erano dipinti, come da accordi internazionali, grandi triangoli bianchi e neri inseriti in quadrati gialli che avrebbero dovuto garantirne l'immunità.

Passato l'iniziale sgomento ci si interrogò su come intervenire. Vi fu perfino chi propose di lasciare quelle macerie senza nemmeno toccarle, come monito alle future generazioni. Sull'emotività prevalse però la ragione.

Considerato che erano rimaste in piedi parte delle antiche strutture angioine (quali il pronao, il portale, la facciata, le mura perimetrali, le mura del coro), fu deciso di procedere al ripristino della chiesa almeno nell'antico aspetto gotico: le sovrastrutture barocche,

marmi, stucchi e dipinti, erano state del resto cancellate dalle bombe e ripeterle sarebbe equivalso ad una falsificazione. Ed ecco che ora la chiesa di santa Chiara è esattamente come la videro, ai primi del trecento, il re Roberto d'Angiò e sua moglie Sancia di Maiorca.

La costruzione della Basilica di Santa Chiara

Furono proprio re Roberto e la regina Sancia a ideare quella chiesa che, ufficialmente, si chiamò "Ostia Santa" o "Corpo di Cristo", ma che ben presto la gente ribattezzò "Santa Chiara". I due sovrani angioini vollero, con quella iniziativa, esternare la loro religiosità

ma anche costruirsi un luogo ove seppellire i defunti della loro dinastia. La regina Sancia intese inoltre, tramite il convento per le clarisse, assicurarsi un rifugio per quando sarebbe rimasta vedova.
Venne scelta, per edificare il complesso, una zona prossima alla campagna e vicina al termine del "decumano inferiore" della Napoli grecoromana. Iniziati nel 1310, i lavori si protrassero per trent'anni

. La consacrazione della chiesa, a navata unica secondo il sistema provenzale e in uno stile gotico sottolineato dalla presenza di trifore e bifore, ebbe luogo nel 1340. Avevano progettato e diretto le opere gli architetti Gagliardo Primario, Leonardo Di Vito e Lando Di Pietro.

In genere, l'aspetto della chiesa, in tufo giallo e piperno bruno, risultò quanto mai severo. Il tetto di piombo, le capriate sporgenti contribuirono a conferire austerità al tempio, peraltro vastissimo.
Decisamente sobria anche la parte ornamentale. Sobria, ma tutt'altro che modesta. Secondo non pochi storici, la trecentesca chiesa di Santa Chiara fu impreziosita da affreschi e da dipinti di Giotto. L'allievo di Cimabue, come risulta da molti documenti, risiedette a Napoli fra il 1326 e il 1333

ed eseguì sicuramente degli affreschi in due cappelle di Castel Nuovo.
Per quanto riguarda la chiesa di Santa Chiara, Giotto, a detta di molti storici dell'arte, compreso Giorgio Vasari, dipinse in essa parecchie scene del Vecchio e del Nuovo Testamento. Purtroppo questi dipinti furono, più tardi, a quanto sembra, ricoperti con uno strato di calce

per ordine del reggente spagnolo don Bernardino Barionovo, geloso di chi l'aveva preceduto nel governo della città commissionando tali capolavori.
Nei decenni e nei secoli che seguirono, la chiesa di Santa Chiara andò a mano a mano arricchendosi. Si può addirittura sostenere che ogni epoca vi lasciò i suoi segni e che ogni corrente artistica vi aggiunse un che di nuovo.

La Basilica di Santa Chiara: il barocco

Una pressocché totale trasformazione della Chiesa la si ebbe verso la metà del Settecento, sotto Carlo di Borbone e a fornirne lo spunto furono certe lesioni provocate da un terremoto. Trionfava il barocco, allora. Il severo gotico parve vecchio, superato, triste, 

e si pensò a un ammodernamento per il quale, è il caso di dire, non si badò a spese. Su un progetto generale di Domenico Antonio Vaccaro, i lavori di rifacimento ebbero inizio nel 1742: dureranno oltre un ventennio e saranno proseguiti da Gaetano Buonocore, 

Giovanni del Gaiso e Giuseppe Scarola.
La chiesa cambiò letteralmente faccia. L'altare maggiore fu inscatolato in un grosso parallelepipedo di marmi e pietre dure. Le trifore e le bifore vennero rimpicciolite e ridotte a finestroni rettangolari. Gli archi delle diciotto cappelle laterali furono rivestiti di marmi policromi.

Ove possibile furono installati elementi di ottone dorato. Al di sotto del tetto di piombo furono realizzati affreschi per mano di Giuseppe Bonito, Francesco de Mura e Sebastiano Conca. Una pavimentazione composta di marmi dai vari colori, disegnata da Ferdinando Fuga,

andò a sostituire quella originale costituita, ormai, da una tetra serie di lapidi. E non basta: un finestrone venne eliminato e ricoperto con una tela di de Mura raffigurante "santa Chiara nella gloria eucaristica". Altre due interpretazioni di de Mura (autentico mattatore pittorico della rinnovata chiesa),

l'una relativa a "santa Chiara che fuga i saraceni" e l'altra riguardante "Salomone che dirige l'esecuzione del tempio di Gerusalemme", andarono ad affrescare settori della volta. Nota di femminismo: i lavori di trasformazione del chiostro, illeggiadrito da maioliche raffiguranti i dintorni di Napoli, 

vennero eseguiti a spese della regina Maria Amalia di Sassonia, moglie di Carlo di Borbone. Seconda nota di femminismo: tutti i lavori di rammodernamento, dal 1742 al 1757, ebbero, come sovrintendente, la monaca Delia Bonito, in un primo tempo "camerlinga", cioè amministratrice, poi badessa del Monastero.

La Basilica di Santa Chiara: più bella la chiesa barocca o l'angioina?


Più bella la chiesa barocca oppure quella angioina? Le critiche a quel fasto, forse esagerate, non mancarono. Di certo rimaneva solo il fatto che il chiostro, tanto magnificamente maiolicato, era preferibile a quello originale. Sicuramente più brutto, perché affastellato e frazionato nei locali,

risultò il convento delle clarisse che, del resto, da cento erano diventate seicento e che, provenendo per lo più da famiglie patrizie, reclamavano maggiori comodità. E comunque, dopo queste radicali trasformazioni, Santa Chiara apparve, ai fedeli e ai visitatori, meno solenne sì, ma sicuramente

più ricca e più in linea con le nuove concezioni artistiche. E tale anche dovette giudicarla re Carlo: in un locale sotterraneo, peraltro, verranno sepolti sovrani e principi di casa Borbone. Tutto sembrava che dovesse filare liscio, per Santa Chiara. Oh, intendiamoci: non sempre la cittadella religiosa

era rimasta estranea a fatti d'arme: nel 1647-48, sul campanile furono piazzate, dagli spagnoli, pesanti artiglierie nel tentativo di soffocare la rivolta capeggiata da Masaniello.

Il bombardamento del 1943 e la ricostruzione

Ma nel 1943 accadde qualcosa di inimmaginabile. Il bombardamento terroristico del 4 agosto distrasse nella sua globalità, per quanto riguarda la chiesa, tutto ciò che era stato realizzato nel Settecento lasciando in piedi (si fa per dire) e non integre ma almeno recuperabili,

talune strutture del Trecento. Fu appunto su quelle che si basò il lavoro di riedificazione e di restauro, terminate quelle opere, il 4 agosto 1953 si festeggiò la riconsacrazione.
Ci si è voluto convincere, dopo il restauro, che la chiesa di Santa Chiara, così come appare oggi, non solo è identica a quella che nel Trecento fu edificata da Roberto d'Angiò e da Sancia di Maiorca, ma che è più bella di quella che fu distrutta nel 1943 dalle bombe.

E chissà, forse è davvero più bella. O forse no. Ma certamente è più amata di prima.

La Chiesa dei re

Soprattutto da parte dei tradizionalisti, e per un motivo semplicissimo. In essa, infatti, proprio accanto all'altare, giacciono i resti di Francesco II e di Maria Sofia. Provenienti dalla chiesa di Santo Spirito dei Napoletani in Roma, furono qui traslati il 18 maggio 1984. 

Come in un estremo lembo di quelle Due Sicilie su cui avevano brevissimamente regnato.

Pianta di Napoli settecentesca.

Classi terza A e terza B

 

 
 
 
 
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