Il pittore Pino Faraone


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Critica

Recensioni del pittore Giuseppe Faraone

Hanno scritto di lui



Giorgio Falossi - Marino Fioramonti - Ursula Petrone - Nino Masaracchio - Vitantonio Palmisano - Paolo Marchetti - Giuseppina Ferrazza


(Giorgio Falossi)
Critico d'Arte


“…Il critico d' arte Giorgio Falossi è più volte intervenuto a mostre ed esposizioni del Nostro, in una delle quali ha così sottolineato la sua pittura in particolar modo rivolta a ritrarre la naturalezza di un dipinto ad olio dal titolo "Adda": "La pittura di Giuseppe Faraone denuncia chiaramente acute meditazioni del volto della natura e delle cose viste dal dentro e non in superficie. Giuseppe Faraone scrive con la tavolozza messaggi di intensa emozione e di autentica poesia propria, la vera, quella che nasce spontaneamente con una sua connaturata espressione formale, il pittore, pur dipingendo con un tratto che è a un tempo energia e movimento possiede il dono di un sicuro ritmo che rende armonia nel dipinto. Dalla mano di Giuseppe Faraone il paesaggio di trasfigura e acquista spesso una nuova dimensione, la pittura di Faraone include un fondo bonario e ottimista, riflesso di una soddisfacente situazione interiore, di una attitudine disinvolta davanti al fenomeno vitale. Giuseppe Faraone tende avidamente lo sguardo intorno e ci aiuta a scoprire gl' incanti del nostro paesaggio, che accentua attraverso la sua retina fervida e appassionata. Ed ecco l' Adda un olio misura 40 x 20 stretto in senso orizzontale scelto appositamente per dare alla visione il senso dell'importanza di questo fiume, che ha regolato per secoli la vita, l'economia e la storia delle sue genti. Ecco che prospettiva e ottica sapientemente unite da Giuseppe Faraone per confermarci maestosità e luce, in primo piano le acque che pigramente scorrono fra le rive, gli alberi che si specchiano a più riprese; i rami tendono le braccia e i fusti si volgono verso il fiume quasi a voler dimostrare di essere parte integrante, di essere un tutt'unico. Sulla sinistra la sagoma di una barchetta, così come la visione è di un uomo Giuseppe Faraone uomo e artista, che sulla riva vede e dipinge, così come lo rivela quel tronco a forcella posto in primissimo piano, e da qui anche noi abbiamo goduto di questa che è felicemente tale solo per la bravura dell'interprete l'artista Giuseppe Faraone.



(Ursula Petrone)
Gallerista


Ursula Petrone nell'occasione della mostra permanente di Giuseppe Faraone alla Petrofil Gallery (già Rizzoli Arte) nell' ottobre 1991 scrive: Un itinerario di coraggiosi rifiuti -Ecco in sintesi, la vita artistica di Giuseppe Faraone, che ha rinunciato all'esercizio di vari ismi, che non si è fatto allettare dai richiami della nuova figurazione, che non si è mai adagiato sulle posizioni di comodo di una pittura facilmente leggibile ma non impegnata, che insomma, non si è fatto mai coinvolgere nel facile gioco delle proposte estetiche del nostro tempo. Giuseppe Faraone è un artista consapevole che non lascia niente al caso ed alla improvvisazione, che non lascia spiragli di ambiguità all'interpretazione dei suoi lavori. Perché la sua è l'espressione sincera e soprattutto sentita del veduto: perché i suoi paesaggi in specie -che richiamano alla mente le opere dei maestri labronici della nobile tradizione macchiaiola -dai toni pacati sommessi, dalla pennellata succosa, dalla cromia ricca ma sempre equilibrata e dall'impegnativo disegno, sono permeati di un aristocratico preziosismo estetico che evidenzia il carattere dell' artista e conferma la validità di un particolare efficace tipo di testimonianza pittorica. -È pittura minuziosamente oggettivata e orgogliosamente disimpegnata, il cui impianto impressionistico rivela sensibilità non comune ed esprime una particolare comunicativa. Niente di celebrale, tutto limpido e cristallino nella pittura di Giuseppe Faraone, per dire delle validità della quale non è nemmeno . necessaria la solita premessa, non è necessario il solito discorso spieganti motivi della sua formazione artistica, più che un erede dei macchiaioli toscani -come lo hanno definito con una certa efficacia più di un critico, ed un' artista -è il continuatore in chiave moderna, su moduli attuali, di un modo di dipingere "en plein air" (per quei colori per quegli impasti, soprattutto per quei temi che lui propone) di un modo caro ai vecchi macchiaioli. -È il prosecutore , su binari coerentemente moderni, di una scuola che fa sentire, e, che continuerà a far sentire nel tempo, la sua poetica e tutto il suo fascino. Sempre Ursula Petrone nell ' occasione della mostra di Giuseppe Faraone a Venezia nell ' autunno del 1993 scrive: Nella splendida cornice di questa meravigliosa città lagunare, Giuseppe Faraone, trova la giusta collocazione per le sue semplici, delicate, incomparabili opere artistiche. Reduce dai numerosi successi ottenuti nelle precedenti mostre (successo di critica, pubblico e stampa) in varie ed importanti città d'ltalia, l'ultima la Personale tenuta alla Petrofil Gallery, dove con la vendita di ben ventisette opere, i piccoli ospiti del Filo d' Oro hanno aggiunto una maglia al filo stesso per continuare a beneficiare della bontà e solidarietà del popolo Italiano. Di solito all'apertura di una mostra, c'è sempre un critico d'arte che presenta i lavori sell ' artista, ma in questa occasione, io non mi sento nè di criticare nè di presentarlo; i dipinti sono qui alle pareti, essi parlano da soli, si presentano da soli: sono borghi, piazze, paesaggi, dove Giuseppe Faraone ha sostato, dove l'estro l'ha fermato. Posso io comune mortale decantare la bellezza della natura ? Ha forse il Creatore un critico d'arte? Il maestro dei maestri, colui che inventò il Mondo e che creò l'uomo non ha bisogno di presentazione. Egli ci donò una natura incontaminata, pura, indicò a pochi eletti di fermarla sulla tela, di dare non solo un ricordo ma una speranza che: il verde dei boschi, le albe gloriose, i tramonti silenziosi, possano torna- re e sconfiggere coloro che per sopruso, per vandalismo o per interesse pecuniarie hanno quasi distrutto. A questo punto non si può separare l' immagine del pittore dal bravo gallerista Giorgio De Dauli, uomo di una vitalità esuberante, dal rapporto caldo, dalla cordialità unita al sorriso. La sua attività si espande a macchia d'olio: Venezia -il nucleo - Spoleto: due bellissime Gallerie che mi riprometto di visitare, infine Milano .Ma l'una non è secondaria all'altra:Gallerista e sostenitore di giovani pittori, spesso con successo ha riproposto pittori dimenticati, il richiamo di questi dopo il silenzio, è un richiamo di merito da riconoscer a Giorgio, spesso per citarlo l'ho definito entrepeneur d'arte. Il contributo a far circolare in Italia opere d' arte meritevoli di un più largo contatto con il pubblico egli lo dà: instancabile, dal Nord al Sud, in frequenti contatti con Gallerie.



(Nino Masaracchio)
Critico d'Arte


Nino Masaracchio, in occasione della esposizione personale tenutasi dal 7 al 14 maggio 1994 presso la Sala Culturale di via C. Castellini a Melegnano, ha scritto un testo dal titolo "Le vibrazioni atmosferiche nella pittura di Giuseppe Faraone tra post-impressioni- smo e pittoricismo macchiaiolo". Il ritorno all'arte figurativa si fa sempre più interessante, divenendo talvolta motivo di rilettura delle maniere storicizzate. Si riscontrano vere e proprie rivisitazioni tra le originalità che contano, non tanto per la perizia tecnica della loro esecuzione, quanto per il pregio delle predilezioni dei soggetti della pur mutata cultura della realtà. Una sorta di attualismo artistico per il rinnovamento delle Scuole precedenti e la integrazione delle esperienze formali.
Intendo dire che la nuova potenzialità espressiva oggi si arricchisce dei diversi elementi stilistici che hanno caratterizzato gli artisti di un periodo, considerati nella loro individualità e nel contempo quali maes tri di corrente. Sono convinto, insomma, che la nuova emozione crea tiva del neo-figurativo stia nel saper fare tesoro dei temi formali fin qui evolutisi, oltre che nell' applicazione delle possibili comparazioni formali.
Giuseppe Faraone dipinge il paesaggio e ne racconta le contrade, ogni volta per illustrarne le atmosfere con autonomi valori pittorici. Ciò dimostra che la creatività artistica è lo stesso riscontro oggettivo dei valori formali, inteso cioè quale assunzione personale dell'implicito accademisti del mestiere.
Egli và oltre l' impressionismo di maniera del paesaggio figurativo, dato che le sue impressioni ricordano le grandi lezioni pre-impressionistiche. Penso ai rapidi e guizzanti paesaggi del Guardi, al suo gusto del capriccio per una ragione di modernità alle concezioni vedutisti- che di quel dipingere italiano precursore, appunto, delle vibrazioni dell ' impressionismo francese. Ciò che piace della pittura di Faraone è il gusto semplice, seppure ricco di colori secondari e di sfumature con cui ripropone la cultura dell'impressionismo nel momento stesso che accenna a superarlo, onde evitare o per non cadere nel paesaggio illustrativo.
Ciò che a lui interessa è il sentimento che ispirano i "soggetti" che lo innamorano, fino a considerare anche le "vedute" come possibili ritratti. Anzi mi meraviglio come non abbia ancora dipinto i suoi pae- saggi in verticale, anziché nella tradizionale maiera. È così pure per la così detta natura morta, che gli consente, inoltre, di oggettualizzare i toni forti dei colori primari, in un contesto pittorico di vigoroso equilibrio cromatico. La figura e il nudo sono sempre privi di retorica, idealmente concepiti nella supremazia del colore, sia in funzione complementare, che da protagonisti nella complementarità dell 'ambiente.
Per tali aspetti, credo che Faraone, esaurita la verve del "suo" post- impressionismo, sia maturo ad indagare gli assoluti silenzi di ciò che stà oltre la temperie del vissuto, in una dimensione metafisica in cui non occorra riflettere la propria immagine o quella dei suoi quadri, nè parte di sè e delle proprie cose.Un significato particolare assume in tal senso il suo autoritratto, assorto nella evocazione dei grandi maestri francesi della pittura fra le boccate di fumo e presenti, come altrettanti personaggi, i tubetti dei colori fondamentali (giallo, rosso, azzurro) che si struggono epigonicamente. Si vedrà. Intanto la pittura è intenzionalmente impressionista, pur non trascurando ciò che i macchiaioli hanno dato con il loro castigato senso estetico, tanto da meritare il riconoscimento di neo-post-impres- sionista.

(Giuseppina Ferrazza)
Poetessa


Giuseppina Ferazza, scrittrice lodigiana, in occasione della mostra personale di Giuseppe Faraone alla Biblioteca di San Donato Milanese nell'ottobre 1994, ha scritto: "I fortunati esordi di Giuseppe Faraone" Due recenti mostre di pittura, l'una a Melegnano nello scorso maggio, l'altra a San Donato, hanno riproposto l'arte di Giuseppe Faraone che al Marchetti si affianca in alcune mostre riscuotendo allori personali: pur rifiutando il disimpegno dell' emulazione, questo giovane non rifiuta i confronti. Dopo le tappe d'obbligo delle vedute parigine compiute secondo la collaudata tradizione, la maturità artistica gli consente adesso di tornare con sensibile amore alla terra di questa nostra Lombardia dove le acque, la luce, le piante, le figure e, anche, l'angosciante "grido" di un vigoroso autoritratto trovano l'esatta collocazione dei sentimenti che li hanno originati.
L'autore di questa monografia Vitantonio Palmisano ha più volte recensito l' arte di Giuseppe Faraone con vari articoli pubblicati su quotidiani e quindicinali lombardi fra cui, degni di menzione, troviamo sul "Corriere dell' Adda" del 15 ottobre 1993 la seguente pubblicazione dal titolo "Giuseppe Faraone, pittore neo-impressionista": Il pittore Giuseppe Faraone, noto ed apprezzato artista melegnanese, ha esposto i suoi recenti dipinti, con successo, allo Studio Palazzi, Castello 3960, in Riva degli Schiavoni (Arsenale) A Venezia. L'esposizione ha avuto luogo lo scorso mese confermando all' artista il giusto plauso e largo consenso di pubblico. La sua produzione artistica svela il sempre crescente talento di un pittore in continua progressione, interpretando le arti figurative con un tocco artistico avvincente. Fedelissimo dell'en plein air" (la pittura dal vero all'aperto) tanto che raramente dipinge cerebralmente nel ritiro di uno studio. Faraone ha bisogno quindi, di emozioni e di sensazioni raccolte dal vero, che sollecitino la sua forza creativa e lo guidino in serene visioni in cui l'artista sa cogliere persino il senso dell'ora ed intimità poetica della natura.
È evidente che l' artista è legato alla natura e al paesaggio, dove gli elementi costruttivi potrebbero essere un pretesto, in un' aspirazione che raggiunge valori poetici nel suo delicato cromatismo. dal primordiale "Verismo", passa definitivamente al neo-impress.ionismo quando all'inizio degli anni Novanta viene a contatto con l'ambiente artistico melegnanese equi trova la sua massima espressione ed eccezionale abilità nell'uso dei pennelli. Superbi sono i paesaggi, le .vedute rurali e urbane che riesce a fissare sulle tele vivacizzate da colori sgargianti ma sempre in tono con il contesto pittorico adottato. Faraone è un'instancabile lavoratore, ha un calendario impossibile per numero di impegni e orari, nell ' anno in corso ha accumulato una intensa partecipazione a mostre e manifestazioni su tutto il territorio nazionale da ultimo appunto Venezia.


(Marino Fioramonti)
Giornalista RAI-TV e critico d'arte


Una delle ragioni che mi ha spinto a presentare Giuseppe Faraone, oltre al rapporto di amicizia con Ursula Petrone, è stato il fatto che si tratta di un’ artista che lavora "en plein-air" (cioè la pittura dal vero all’aperto), spesso rifiutando il chiuso del suo studio per dipingere con gli altri e per gli altri, specialmente a contatto con la natura. Occupandomi da anni di dipinti su muro (intendo dire affreschi da non confondere con il graffitismo metropolitano), cioè con quella pittura fatta a cielo aperto, sui muri delle case dei paesi trasformati in musei permanenti, dove non si paga il biglietto per entrare, non si fanno code interminabili per ammirare un’opera, ho subito trovato con l’artista una affinità di intenti e di sentimenti. La seconda ragione è quella di essermi trovato di fronte a un pittore assiduo frequentatore di atelier di artisti e, a suo volta, promotore di iniziative artistiche. E’ stato per parecchio tempo segretario del Circolo artistico di Melegnano e Presidente dell’Associazione d’arte di San Donato, la sua città adottiva, La terza ragione è l’azione solidaristica di Giuseppe Faraone a favore della Lega del Filo d’Oro che opera, come è noto, per aiutare i bimbi sordociechi onde recuperarli e reinserirli nella società. E’ sempre difficile definire lo stile di un artista perché ognuno di essi porta con sé esperienze maturate in scuole di pensiero diverse e a volte contrastanti fra loro. Ma è indubbio, in questo caso, che l’artista in questione ha tratto il suo insegnamento dalla lezione del movimento impressionista, un movimento che, a suo tempo, ha decisamente bruciato i ponti con il passato e aperto la via alla ricerca artistica moderna abituata fino ad allora all’arte classica e romantica. Un movimento che si è formato a Parigi tra il 1860 e il 1870 e del quale hanno fatto parte Monet, Renoir, Degas, Cézanne, Pissarro e Sisley. Questi pittori non avevano un programma preciso, però si erano trovati d’accordo su alcuni punti : 1) avversione per l’arte accademica dei Salons ufficiali ; 2) l’orientamento realista ; 3) il disinteresse per il soggetto e la preferenza per il paesaggio ; 4) il lavoro all’aperto e lo studio delle ombre colorate e dei rapporti tra colori complementari. Questo preambolo serve per introdurre la pittura di Giuseppe Faraone che proprio a Parigi, lavorando di preferenza sulle rive della Senna, si è proposto di rendere nel modo più immediato, con tecnica rapida e senza ritocchi, l’impressione luminosa e la trasparenza dell’ atmosfera e dell’acqua che vi scorre sotto i ponti, con pure note cromatiche, indipendentemente da ogni gradazione chiaroscurale. In questo processo che definirei di "rivisitazione" dei grandi maestri dell’Ottocento francese e dei grandi movimenti artistici che ne seguirono, Faraone ha voluto essere presente e, in qualche modo, partecipe riproponendo la collina di Montmartre, il Grand Palais, i maestosi Boulevard e altri luoghi famosi per respirare l’aria dei bohemmiens e riviverne i tempi gloriosi. Sempre rivolgendo l’occhio al passato ha voluto anche approfondire lo studio sulla pittura di uno dei più importanti movimenti artistici dell’Ottocento italiano, quello dei macchiaioli. Da Giovanni Fattori a Telemaco Signorini, da Cristiano Banti a Silvestro Lega, cioè del pittore che maggiormente s’accosta, fin quasi a sfiorarla, alla vera problematica del primo impressionismo tormentato e risorgimentale. Ecco dunque la linearità, la coerenza e il legame fra gli impressionisti francesi e i macchiaioli italiani, anche perché attorno ai pittori toscani si raggrupparono artisti di altre regioni che la persecuzione politica aveva spinto a cercare asilo a Firenze relativamente liberale dei granduchi di Toscana. Storicamente è soprattutto con i gruppi artistici napoletani che i macchiaioli cercarono d’impostare un’azione concorde, e forse proprio perché il "problema meridionale" si delineava già in quegli anni, come il problema cruciale della unità italiana .Un richiamo che un artista meridionale come Giuseppe Faraone non poteva non sentire. Oltre alle vedute parigine e ai paesaggi del monte Li Foi della natia Lucania, ma anche lombardi come quelle sulle rive dell’Adda e nell’Oltre Po’ pavese e alle ballerine, in questa mostra spiccano i motivi floreali dei girasoli che non hanno niente a che vedere con quelli di Van Gogh. Qui la sensazione visiva tende a idealizzarsi in visione poetica. Come per una furia repressa i fiori diventano più rossi e più gialli, l’erba più verde. L’impasto del colore è denso, cupo e brillante a un tempo, come se splendesse nel buio. Le pennellate seguono l’andamento dei petali e dei fili d’erba, come per ricostruire dalla sensazione visiva, non già la nozione della cosa ma la cosa stessa. Come per gli altri soggetti l’artista sente il bisogno di fissare i suoi impulsi interiori in immagini immediatamente percettive, che non richiedono alcuno sforzo d’interpretazione. Perché Giuseppe Faraone dipinge come pensa e come vede, senza lucubrazioni, senza mai farsi allettare dai richiami della nuova figurazione, ma anche senza mai adagiarsi sulle posizioni di comodo di una pittura puramente decorativa e di maniera. Rimanendo fedele alla tradizione figurativa (la sua prima mostra è del 1988) è così rimasto fedele a sé stesso. E di questo bisogna renderne merito.

Marino Fioramonti



(Paolo Marchetti)
Pittore


Quando la luce illumina il paesaggio lombardo, ricco di verdi azzurrognoli e di solchi d’acqua, è facile a chi va per campagne incontrare il pittore Faraone che con un cappellaccio di paglia in testa, all’ombra dei pioppi o di rubinie, trasferisce immagini ricche di sensazioni proprie su di una striscia di legno ben squadrata e all’uopo preparata. Le sue forti tinte che variano dai viola luminosi ai verdi ai gialli limone dei primi piani, depositate con pennellate veloci e materiche, vibrano all’unisono con un cielo luminoso e prevalentemente di un giallo rosato, manifestano il grande amore e rispetto che questo artista ha della natura che lo circonda. Appassionato ricercatore, arricchisce il suo bagaglio tecnico ed espressivo attingendo notizie con la lettura di libri d’arte e cataloghi di mostre dei grandi maestri. Cerca con avidità vita, storia, ed opere dei grandi macchiaioli, impressionisti ed espressionisti. A soggetti umili e solitari della campagna dimenticata, Faraone, grazie ad una grande sensibilità coloristica, dona pulizia e violenza di cromatismo come volesse imperativamente dare un ordine affinché tutto ciò che lui ama vibri per essere notato ed amato da tutti. Lucano di nascita, ha vissuto la sua infanzia in luoghi bellissimi, montani, dove i raggi tersi del sole hanno impresso nella sua mente ombre taglienti circoscritte da luci calde e variopinte. Quando lavora, con mano ferma trasferisce il colore dalla tavolozza al supporto grazie ad una forte esperienza che il pittore Faraone è andato acquisendo con anni di lavoro cimentandosi con soggetti diversi. Il suo costante e volenteroso lavoro di ricerca farà in modo che quanto io scrivo di Faraone risulti troppo modesto e vuoto, di questo sono convinto, ma ritengo giusto scrivere oggi quanto e quello che io provo guardando le sue opere convinto che domani saranno ancora più complete e potranno trasmetterci molto più della sua personalità.

Con stima Marchetti Paolo (pittore)


(Vitantonio Palmisano)
Storico


la monografia di un pittore

~ Che pensieri si agitano nel1'animo un pittore di origine lucana, che scopre le tradizioni dell'arte lombarda, si innamora dei colori di Melégnano e di Milano, si emoziona osser­vando i vicoli di Parigi e decide di 'dedicarsi alla pittura en plein air sui ponti che scavalcano la Senna? E' questo 1'interrogativo, fondamentale nella sua semplicità, che ha gui­dato la scrittura della mono­grafia su .Giuseppe Faraone, pittore nato a Picerno, trapiantato a San Donato Milanese e adottato dalla comunità artistica di Melegnano, curata e pubblicata di recente da Vitantonio Palmisano. In copertina è riprodotto un olio su tavola di Faraone che ritrae il boulevard Garibaldi. Un'immagine densa, che riverbera colori sullo sfondo arancione, ed introduce ad un centinaio di pagine fitte di informazioni. Per raccontare la vita e 1'opera di Giuseppe Faraone, 1'autore ha scelto diversi punti di vista. Ha descritto le sue caratteristiche di uomo, ha raccontato 1'origine di una vocazione pittorica, ha individuato le fonti di ispirazione, i limiti, le intuizioni. Poi si è affidato a ciò che era già stato scritto e detto di Faraone. Perciò 1'indice del volume vede seguire, si cenni biografici e sulla formazione artistica, un capitolo dedicato alla recensioni, una rassegna delle pubblicazioni su cataloghi, riviste e giornali, un elenco dei concorsi, delle mostre e delle esposizioni cui Fa­raone ha partecipato, indica­zioni sulle firme, persino una bibliografia accurata che tiene conto di volumi, recensioni e citazioni in riviste più o meno specifiche. Come dire che il racconto che Palmisano fa di questo autore in qualche modo "melegnanese" non è che un punto di partenza e ci sono materiali consistenti 'da consultare per chiunque voglia tracciare innumerevoli altri racconti destinati a scoprire 1'intimità di un autore, la sua ricchezza di uomo, l'origine delle sue ispirazioni. Individuando le caratteristi­che artistiche di Faraone, Palmisano usa spesso le stesse parole. Cita il suo romanticismo, la fitte carica emoziona­le concentrata nei quadri che sembrano incantare attimi di vita dentro le tele, la spontaneità con cui produce, 1 inten­sità che gli procura dipingere con un cavalletto e una piccola tela in un angolo appartato vicino alla Senna. Intessendo la biografia del1'artista, invece, Palmisano cerca di fari capire che la sua passione per la pittura matu­ra in un ambiente ristretto Faraone ha "genitori contadini", cresce in un angolo "aspro e impervio" di Lucania, vive a "stretto contatto con un contesto rurale", frequenta 1'istitu­to d'arte, si trasferisce in Lombardia, si lascia contagiare dall'entusiasmo della ricchezza artistica del Sudmilano. Per la sua terra natale nutre una nostalgia profonda, che illumina anche i dipinti elaborati in Francia, in una fase della sua carriera in cui si rende conto che dipingere all'aria aperta, sul momento, in maniera estemporanea, lo esalta. Palmisano traccia un ritratto e lascia al lettore 1'obbligo di approfondirlo. Per farlo regala Vitantonio Palmisano. Lo scrittore di Melegnano ha pubblicato il testo intitolato "11 pittore Giuseppe Faraone dal Li Foi alla butte de Montmartre". La monografia sull'artista lucano è stata presentata il 2 aprile all'auditorium melegnanese "Cav. G. Recagni" qualche immagine a colori delle opere di Faraone. La monografia sul pittore di Picerno è la quarta dedicata ad un autore di Melegnano, che chiude un ciclo e stabilisce un perimetro in cui muoversi per scopri­re 1'arte locale (nel senso solo geografico del termine). Alcune delle pagine della monografia riferiscono brani del diario di Faraone, che non lasciano dubbi sulla ,tenacia della sua vena pittorica. Ogni tela nasce da P'ossequio ad un'ispirazione intensa, che Palmisano, "rubando" le parole al Joyce tradotto da Cesare Pavese, descrive come un costante desiderio di esprimersi, `<di ritornare a spremere dalia terra bruta e da ciò che essa genera, dai suoni, dalle forme e dai colori, che sono le porte della prigione della nostra anima".

SITO UFFICIALE DELL'ARTISTA  www.pinofaraone.135.it

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Faraone espone nel suo studio laboratorio via Ticino 3 San Donato Milanese | pinofaraone@fastwebnet.it

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