LEGGENDE VALDOSTANE

Il ponte di Pont-Saint-Martin
San Martino giunse un giorno a Pont-Saint-Martin, i cui abitanti gli chiesero aiuto per costruire un ponte sul torrente Lys. San Martino si accordò con il diavolo, che accettò di realizzarlo, a patto che gli fosse consegnato il primo essere vivente che vi avrebbe transitato. Al momento di aprire il ponte, san Martino vi fece passare un cane, beffando il demonio.

Il ghiacciaio del Rutor
Il Rutor era un tempo un importante alpeggio, appartenente a un uomo ricco e crudele. Un giorno Gesù Cristo gli si presentò sotto le spoglie di un mendicante e chiese un po' di latte per non morire di fame; egli non solo rifiutò di fare la carità, ma in segno di disprezzo fece versare per terra i suoi grandi calderoni pieni di latte, che si sparse nei pascoli e li coprì di una coltre bianca. Incominciò allora a nevicare, e in breve tempo la neve e il ghiaccio inghiottirono per sempre l'alpeggio e i suoi malvagi abitanti.

La fata di Pouillaye
A Bionaz, in una grotta della località Pouillaye, viveva una fata che si era innamorata di un pastore del luogo; ma costui respingeva le sue profferte d'amor. La fata, fingendo di rassegnarsi alla volontà del pastore di rimanere fedele alla moglie, gli fece allora dono di un nastro da offrire alla donna; ma sulla via del ritorno il pastore lo appese a un albero e si accorse che questo seccava immediatamente: il dono stregato era dunque destinato a renderlo vedovo.

Il drago di Loo
Nel vallone di Loo viveva un drago: gli abitanti di Gressoney, per liberarsene, allevarono per sette anni un toro, gli foderarono di ferro le corna e lo spinsero nella foresta abitata dal drago: il quale lo aggredì, lottò con esso tutta una giornata e finalmente lo divorò: ma le corna blindate gli si infissero in gola e il drago morì anch'esso dissanguato.

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Champorcher

Champorcher prese il nome da san Porzio (in francese Porcier) che, scampato al massacro della Legione Tebea, venne con san Besso in Valle d'Aosta, per predicarvi il Vangelo .
A Cogne i due si separarono. Mentre il compagno passava in Val Soana, Porzio, attraverso il Col Fênetre, giunse nei pressi del lago Miserin, dove decise di stabilirsi e di fare il pastore, come la gente del posto.
Pascolava le pecore e parlava ai montanari di Cristo, con così ispirata fede che si convertirono tutti. Scolpì di sua mano una statua della Madonna, che collocò in una cappellina da lui costruita, alla quale ben presto cominciarono a confluire i pellegrini. La località fu detta, in memoria del santo, Champorcher, cioè Campo di Porzio; ed il nome le rimase, anche dopo che, sul finire del 1500, Carlo Emanuele I, duca di Savoia, ordinò con lettere patenti di chiamare il paese semplicemente Saint-Porcier.

Fonte: J.M. Henry, Historie populaire, religieuse et civile de la Vallée d'Aoste, Aosta 1967

La Madonna del lago Miserin

Il 5 agosto, ogni anno, quando si celebra la festa della Madonna delle Nevi, una caratteristica processione sale da Champorcher al lago Miserin, snodandosi attraverso prati e boschi, fino agli alpeggi abitati. Tra i fedeli che seguono la croce, non molti sanno di adempire un voto che risale al 1630, quando i pochi sopravvissuti alla peste fecero promessa di compiere ogni anno un pellegrinaggio di ringraziamento alla cappella della loro celeste protettrice. Ma la storia della miracolosa statua della Vergine, quella la conoscono tutti. Alcuni pastori la ritrovarono, centinaia d'anni orsono, in una grotta naturale tra le rocce, e piamente la trasportarono a Dondena, dove fu sistemata in una cappelletta. All'improvviso la statua scomparve e fu trovata di nuovo presso il lago. Là forse l'aveva portata Porzio, il soldato della Legione Tebea che a Champorcher era stato accolto dai pastori.
Era chiaro comunque che di lì la Madonna non voleva essere rimossa. Rimase così al Miserin e lì continua ad essere venerata dai fedeli.

Fonte: A. Chanoux, Contes de ma valée, 1924

La fata di Pontboset

Avvolta nel fascino del mistero di una rapida apparizione, la fata di Pontboset si mostrava ogni domenica sulla riva sinistra dell'Oyace, quando suonava la campana grande, tra il Sanctus e la Comunione. Seduta su una roccia a pettinare la sua chioma d'oro, continuava a ravviarla, finché non si spegneva l'ultimo rintocco.
I suoi lunghi capelli lambivano le onde. Perciò di chi è cappellone si dice che è chiomato come la fata della roccia.

Fonte: A. Chanoux, Contes de ma valée, 1924

Le fate

Come le Ninfe della mitologia pagana, le fate della leggenda valdostana abitano nei boschi, nelle grotte delle montagne, nelle conche dei laghi o presso limpide fonti.
Custodi delle sorgenti, spesso assumono l'aspetto di serpi, esponendosi, con la metamorfosi, anche a pericoli mortali.
Alcune delle fate valdostane non sono che rapide apparizioni, come quella di Verrayes, che abita nella Borna de la Faye e conosce i destini del mondo; quella di Pontboset, che la domenica si pettina i biondi capelli seduta su una roccia del torrente; o la Weiss-Weib, la bianca sposa che vaga tra i ghiacci.
Altre si lasciano avvicinare, specie dai bambini, mostrandosi generose verso chi ha bisogno di aiuto.
La notte, spesso le fate si incontrano su qualche pianoro, per intrecciare danze sul muschio, al suono di dolci melodie. E là dove hanno danzato , al mattino sbocciano in circolo i fiori, e spontano i funghi.

Terrisse

Terrisse, il più antico villaggio di Pontboset, sorge ai piedi del monte Charvaton. In una delle numerose grotte che si aprono sul pendio roccioso, non lontano dall'abitato, la tradizione vuole sia nascosto un tesoro, che si mostra a Natale, durante la messa di mezzanotte.
Per questo qualcuno fa derivare il nome Terrisse da Terre Riche, terra ricca.

Fonte: A. Chanoux, Contes de ma valée, 1924

Il santuario di Retempio

Il santuario di Retempio sorse per iniziativa del parroco di Pontboset Jean Gros, nativo di Fontainemore.
Venendo da un paese dove tutti vocazionalmente sono muratori, il religioso pensò di edificare il tempio con l'aiuto dei fedeli, coinvolgendoli nell'entusiasmo della sua fede, nonostante le difficoltà che l'opera comportava.

Il fuso e il diavolo

Una vecchia di Hône stava filando in una stalla, seduta su una panca. Era domenica, e già la campana aveva chiamato i fedeli alla messa. Ma alla donna stava più a cuore finire la lana, che dedicare un po' del suo tempo al Signore. Ed ecco affacciarsi alla porta uno sconosciuto vestito di nero, con l'aria distinta e la dita cariche di anelli. Chiese di riposarsi un poco in compagnia, e la vecchia gli fece posto accanto a se sulla panca.
Continuava a filare con movimenti svelti e precisi; ma, ad un tratto, il fuso le sfuggì di mano, finendo a due passi dall'uomo dall'abito nero. Chinandosi per raccoglierlo. la filatrice vide con orrore che le gambe dell'ospite terminavano in zoccoli caprini.
Un rapido segno di croce e... via di corsa alla messa festiva, di cui scoccavano gli ultimi botti, mentre il diavolo spariva, avvolto in denso fumo, lasciandosi dietro un acre odor di zolfo.

Fonte: E. Del Montechiaro, Le cento leggende, 1940

La porta dell'inferno a Courtil

La gente di Hône è sempre stata assai pia, forse perchè il diavolo sta di casa a due passi.Tra le rocce di Courtil, infatti, si aprono certe ampie caverne che portano dritto all'inferno.
La galleria, che da quelle parti scende a gradini fin sotto l'Ayasse, facendosi sempre più stretta; quindi risale verso la sponda opposta, portando di nuovo all'aperto: A meno che non si voglia imboccare l'altra strada, e sprofondare nel baratro più profondo.

Fonte: E. Del Montechiaro, Le cento leggende, 1940

Le leggende sopra riportate sono state tratte da "Il fiore del leggendario valdostano: enciclopedia dei motivi e dei personaggi della tradizione narrativa popolare. 1988 Edizioni Emme (TO) a cura di Tersilla Gatto