Il marchio X-files e tutti i suoi personaggi, ad esclusione di quelli partoriti solo dalla mia fervida immaginazione, sono di proprietà di Chris "grandi idee" Carter, della 1013 e della Fox. Nel prenderli in prestito non c'è stata nessuna intenzione di violare copyright nè di ledere diritti altrui, nè tantomeno questa ff è stata scritta a scopo di lucro.

L'opera deve sempre essere accompagnata dal nome dell'autore, cioè Patty Zinni xcully@tiscalinet.it.

Volevo ringraziare il mitico Pusher che è stato così carino da realizzare appositamente per la mia ultima fatica la meravigliosa copertina che vedete. Pusher sei grande!!!

Riassunto: cosa potrà mai capitare a Mulder e Scully nella solare spiaggia di Malibù? Scopriranno cosa si cela dietro la morte misteriosa del senatore Samuel Pearson?

Ratings: PG-13


Spoilers: la storia si colloca subito dopo l'episodio Je sohuite e subito prima di Requiem. Ci sono riferimenti a All things. Ci sono riferimenti anche alle mie precedenti ff "Il labirinto del Re", "Light" e "Memorie". IHIHIH!!!


IL TERZO OCCHIO
di Patty Zinni



ANTEFATTO


3 mesi fa
India, valle del fiume Kankan
a 150 km ad ovest della città di Nagpur



Il sole si rifiutava di attraversare quel largo fogliame, chiuso su se stesso per impedirgli di filtrare. Erano ore che camminavano senza giungere alla destinazione. Si facevano strada con le braccia e con una spece di lungo coltellaccio un pò arruginito. Erano stanchi ed assetati. L'indiano si fermò e si voltò a guardarlo. Una strana espressione era stampata sul suo volto scuro e sudato. Doug Gleason per un breve istante ebbe paura. Si trovava in mezzo ad una foresta misteriosa, oscura ed imprenetrabile con una guida conosciuta solo il giorno prima. E' vero, gliela aveva presentata l'eminente professore Bedi dell'università di storia antica, una garanzia di attendibilità e di cortesia; non l'avrebbe mai affidato ad una persona poco onesta. I suoi timori erano sicuramente dettati dal disagio per non dire dal desiderio di arrivare quanto prima. Si rilassò e riprese a camminare dietro al suo improvvisato compagno di viaggio.

Il professor Gleason era un uomo di circa 40 anni, piacente, dalla carnagione olivastra e dallo sguardo attento, nascosto dietro ad una montatura di metallo dalle lenti rotonde ora offuscate da gocce di salina.

Era arrivato a Nagpur per un breve soggiorno circa due settimane prima, ma si era trattenuto più del dovuto perchè per caso, nel corso delle sue ricerche sui miti indiani e sulla loro storia, era venuto a conoscenza di una recente scoperta archeologica. Il professor Bedi era stato così gentile da metterlo al corrente ed esortarlo a godere lui stesso di quella meravigliosa costruzione rinvenuta nella fitta foresta della valle del fiume Kankan. Una scoperta non ancora resa nota che comunque sarebbe stata reclamizzata quanto prima dalla università, che aveva sovvenzionato le ricerche durate quei mesi.

Gleason non aveva potuto perdere questa ghiotta opportunità e così aveva annullato il viaggio di ritorno per Los Angeles ed era rimasto per conoscere la guida e per prendere gli accordi per la spedizione.

L'indiano si arrestò di nuovo, con una mano scostò un fronda e con la testa gli fece cenno di guardare. Doug si avvicinò e lo oltrepassò, ritrovandosi in una redura nel mezzo della quale si ergeva maestoso il tempio dedicato a Shiva. Era una costruzione per la verità piccola che comunque manteneva tutto il suo fascino e la sua dignità.

Il professore americano era senza parole. Esterefatto si incamminò per entrare dal pertugio buio ed angusto. L'indiano lo seguì.

Improvvisamente Gleason ritrovò tutta la sua loquacità, spostandosi da un punto all'altro del tempio illuminato da un raggio di luce che entrava da una fessura nascosta del soffitto e che per un gioco di rifrazioni invadeva l'ambiente di un penombra soffusa ma sufficente a vedere.

-E' spettacolare...- poi i suoi occhi incrociarono la statua di Shiva. Prendeva tutta la parete di fronte all'entrata e lo raffiguarva in tutta la sua potenza con un ciuffo pronunciato a forma di corno ed un grande occhio sulla fronte. Indosso aveva varie armi: l'arco, il tamburo magico, la clava ed il tridente.

Parlava più a se stesso che alla guida. Osservò con deliziata curiosità la base della statua:

- Certo, i simboli rappresentativi di Shiva. Il monte in quanto è considerato il Signore della Montagna. Il linga, cioè il fallo in quanto dio della procreazione. Una figura in movimento che danza in quanto Shiva era considerato protettore della musica e delle arti. Incredibile!-

Era talmente estasiato che non si accorse di come fosse incredibile che sul luogo di una recente scoperta non ci fosse nessuno, nessuno studioso o archeologo o scienziato. Sembrava un luogo abbandonato e mai visitato da anima viva. Un brivido si insinuò sotto le sue membra, lo paralizzò. Si voltò per vedere l'indiano. Questi continuava a fissarlo con tenacia e sfrontatezza. Gleason distolse lo sguardo come attirato dalla statua.

Potè quindi vedere uno strano fenomeno verificarsi. Dal terzo occhio si sprigionò un intenso fascio luminoso che gli andò incontro. Questi istintivamente portò le braccia al volto, per difendersi. Ma fu inutile. La luce lo avvolse tutto, squotendolo come un fantoccio. Un lungo ed agghiacciante grido gli morì in bocca.

L'indiano guardò silenzioso l'intera scena, sorridendo.



CAPITOLO UNO


Oggi
Malibù, Hotel Imperial
ore 14,34

-Dai tesoruccio...- lo stava tirando per una manica dentro l'ascensore, con uno sguardo che era un programma. Non se lo fece ripetere due volte.....

Entrarono nel piccolo ambiente che li circondava di specchi. Le porte automatiche si chiusero e lei dopo pochi secondi spinse il pulsante per interrompere la corsa. L'ascensore di fermò.

-Birichina!- fece l'uomo con un'espressione maliziosa che mal si addiceva ai suoi 65 anni. -Vieni qui.- con le braccia la strinse a sè, mentre i riccioli biondo platino di lei ricadevano sulla spalla di lui scomposti. Le labbra carnose laccate di un rosso acceso si appoggiarono prepotenti su quelle dell'uomo.

-Cara, forse è il caso di aspettare di andare in camera....- e con gli occhi cercò la sua immagine riflessa nello specchio per vedere tracce color carminio sul suo voìto.

La donna intercettò quel semplice gesto e sbuffò:

-E' matt... non si trasferisce.- ripremette il pulsante rassegnata. Le sarebbe piaciuto un pò di brivido in più, farlo in ascensore l'aveva sempre eccitata, ma Samuel era anziano e forse ancora un pò all'antica, nonostante a letto fosse una furia. Bè, avrebbe aspettato il 15° piano.

Arrivati usarono la tessera magnetica per entrare nella camera 307, una suite luminosa ed elegante.

Dedee cominciò a togliersi la camicetta di seta color del cielo, come amava definirla, ed i pantaloni neri attillati. Rimase così dinanzi a lui con un microscopico tanga ed un reggiseno di pizzo entrambi color prugna.

L'uomo la fissava come in estasi.

Lei gli si avvicinò e cominciò ad accarezzargli la spalla per scendere giù per il braccio a soffermarsi sul braccialetto. Se lo rigirò in mano mentre con gli occhi lo scrutava in voltò.

-Trovo questo braccialetto molto intrigante. Chissà se il desiderio si avvererà.-

-E' stata una sciocchezza farlo.... Sai che lo dovrò buttare quanto prima.-

-Si, me ne rendo conto. Un uomo della tua posizione non può girare con un braccialetto indiano al polso... fa troppo kitsch, giusto?-

-Già.- cominciò a togliersi i vestiti. In pochi secondi erano nudi sul letto a fare l'amore con un tale vigore da lasciarli subito dopo spossati ed eccitati, sul luogo in cui si era consumato il loro fuoco.

Dedee si alzò, coprendosi voluttuosa con il lenzuolo e lo lasciò che le sorrideva soddisfatto.

Il tempo di una doccia e ritornò in camera.

Samuel era ancora sdraiato sul letto. I suoi occhi aperti erano fissi sul soffitto. Sembrava che un leggero tremore lo pervadesse. La provocante ragazza gli si avvicinò:

-Che hai tesoruccio?-

Le labbra di lui si muovevano frenetiche. Sembrava parlasse ma non usciva dalla bocca alcun suono.

Lei lo scosse spaventata. Poi improvvisamente si scostò, balzando giù dal letto terrorizzata:

-Ma che succede?-

Dalla bocca, dal naso, dagli occhi e dalle orecchie dell'uomo cominciò a defluire un liquido vischioso scuro e denso. In pochi secondi le lenzuola ne erano rimaste intrise. L'orrore della scena non impedì a Dedee di riavvicinarsi per scoprire che quel liquido era sangue. Urlò e urlò ancora sperando che quei suoi suoni gutturali giungessero all'udito di qualcuno e che quello stesso qualcuno la portasse via di peso, perchè era troppo pietrificata per potersi muovere. Fu allora che vide una strana chiazza sulla fronte dell'uomo che un tempo era il suo amante: sembrava avesse la forma di un occhio.


***************************


Il mattino dopo
Aeroporto di Los Angeles
ore 10,47



L'aeroporto era molto affollato ed i due agenti dell'Fbi dovettero farsi largo per recuperare dalle piste rotanti il rispettivo bagaglio, per poi sgomitare per dirigersi verso l'uscita.

-Non sono più giovane come una volta.- esclamò Fox William Mulder, mentre con la mano libera dalla valigia si allentava la cravatta che lo stava strangolando. -Perchè non mi sono messo in t-shirt e bermuda. Qui si muore di caldo!-

-Smettila di lamentarti.- rimbeccò Dana Katherine Scully nel suo elegante tailleur scuro. - Dobbiamo incontrare il nostro contatto qui... ci vuole un pò di contegno!-

-Si, si lo so. Ma subito dopo andiamo in albergo così mi cambio, ok?-

Effettivamente Scully condivideva appieno il desiderio di Mulder di indossare qualcosa di più leggero e fresco, perchè intrappolata in quel completo si sentiva squagliare come un pupazzo di neve:

-Saranno almeno 40 gradi....-

-Scully, resisti....-

-Non prendermi in giro... Vada per l' albergo!-

-Grazie Signore. Le hai fatto ritrovare la ragione!-

-Ah, ah!-

-Come lo troviamo qui in mezzo... Ehi!- Mulder imprecò perchè un bambino gli pestò un piede mentre veniva trascinato via dal padre....

-Dai, è un ragazzino!-

-Un mostro, altro che... Che male, mi ha preso in pieno! Sai cosa penso?-

-No, sentiamo!-

-Skinner ce l'ha con me ecco perchè mi ha spedito...-

-Ci ha spedito...-

-... quaggiù! All'inferno! Deve essere per colpa di quella scenetta nel suo ufficio. Lui non vedeva Jenie e così si è arrabbiato per il mio sproloquio, non ha capito!-

Scully alzò gli occhi al cielo. Ancora il racconto di Jenie e della sparizione dell'umanità come risposta al desiderio espresso da Mulder di avere la pace nel mondo. Come storiella era divertente!

-Ma come? Non sei felice di passare qualche giorno al mare?-

-Bè, se la metti così... ma non sono tipo da spiaccicarmi al sole ad evaporare!-

-Effettivamente non ne avremo il tempo. Credo che questo caso ci porterà via del tempo, è molto delicato. Direi che Skinner si è fidato di noi!-

-Uhmm, io continuo a dire che ce l'ha con noi. Non hai sentito il telegiornale ieri sera? Dicevano che si è abbattuta sulla costa ovest un'ondata di caldo di tali proporzioni da consigliare di stare chiusi in casa il più possibile... già ci vedo in giro sotto il sol leone con una bella amnesia causata da un colpo di calore!-

-Basta amnesie Mulder....-

-Ti riferisci a Michael Fajo?-

-Esatto.... niente scherzi questa volta.-

Mulder sorrise anche se il lontano ricordo di quel periodo tormentato gli procurava ancora disagio. Per parecchi giorni non aveva avuto ricordo di sè e di chi gli era intorno. Era stata un'esperienza alienante, che lo aveva spiazzato. Se non fosse stato per la collega non ce l'avrebbe mai fatta a superarlo.

-Agente Mulder, agente Scully!?- qualcuno li stava chiamando. Si voltarono e videro un giovane di circa 30 anni che si sbracciava nella loro direzione, andando loro incontro. Indossava una divisa estiva della polizia:

-Salve, benvenuti a Los Angeles! Sono l'agente Jack Rossi!- si presentò sorridente porgendo loro bonario la mano.

Mulder invidiò tanta energia!

-Grazie, agente Rossi!- rispose Scully con cortesia.

-Jack, chiamatemi solo Jack.-

-Va bene Jack.- fece lei. Mulder la squadrò torvo. Le tornò in mente quel poliziotto vampiro con i denti sporgenti ed il fare viscido, come si chiamava.....

-Penso che sarete impazienti di iniziare le indagini.-

-Veramente....- Mulder non riuscì a finire la frase che Jack ricominciò a parlare entusiasta:

-Vi accompagno subito sul luogo dove è stato rinvenuto il cadavere del senatore Pearson. Vi ho organizzato poi un incontro con la signorina Dedee Galveston, la giovane che ci ha chiamato. E poi agente Scully...-

-Dana, prego!-

-Dana... la porterò all'obitorio così potrà fare subito l'autopsia.....-

-... perfetto...- esclamò lei abbattuta. Chissà perchè le prossime ore le apparivano molto pesanti....

Mentre uscivano dall'aeroporto Mulder pensò che sarebbe rimasto vestito così a lungo. L'idea lo fece inorridire.



CAPITOLO SECONDO


Il viaggio in macchina fu estenuante. Il traffico li imbottigliò per parecchi minuti. L'agente Rossi si scusò per il condizionatore che si era rotto, non l'aveva ancora fatto aggiustare.

Fox era seduto dietro e sembrava insofferente della sua posizione. In continuazione faceva capolino tra i due seduti davanti nella speranza che un pò d'aria lo colpisse in pieno volto come uno schiaffo, ma niente...

-Quando arriveremo?- chiedeva ogni cinque minuti.

Perfino Scully era sulle spine. L'agente Rossi era un tipo simpatico, ma come autista era un assoluto disastro, con una guida nervosa che le scombussolò lo stomaco. Prima o poi quella prova doveva finire!

Circa due ore dopo entrarono nella hall dell'albergo Imperial, posizionato proprio a ridosso della luminosa e sabbiosa spiaggia di Malibù. Una rassicurante temperatura li rinfrancò al loro sopraggiungere.

Presero l'ascensore e si ritrovarono così al quindicesimo piano nella stanza 307, che aveva all'ingresso gli inconfondibili sigilli gialli.

-Eccoci qua!- esclamò Jack.

Mulder non potè fare a meno di avvicinarsi alla collega e sussurrarle nell'orecchio per non essere sentito:

-Quanto entusiasmo!-

Scully abbozzò un sorriso divertito poi prese a gironzolare per la suite. Potè così esaminare il letto, rimanendone turbata. La quantità di sangue che il senatore aveva perso doveva essere ragguardevole, perchè il tessuto delle lenzuola ne era talmente imbevuto da essere quasi totalmente tinto di rosso.

Mulder intanto si guardava intorno senza trovare niente che lo interessasse.

-Se non fosse che ho letto il rapporto sul ritrovamento del cadavere, direi che è stato squartato come un bue al macello!- esclamò Mulder evidentemente confuso, raggiungendo Scully.

-Hai ragione... Sul corpo da quanto so non è stato trovato neanche un taglietto... mi chiedo cosa abbia provocato una perdita di sangue così massiccia. Non ti nascondo che ora sono veramente impaziente di eseguire l'autopsia!-

-Allora tu procedi all'esame autoptico, mentre io vado a fare quattro chiacchiere con la cara Dedee.-

-Ti vuoi sbarazzare di me?- fece Scully sorniona.

Mulder le sorrise ed uscì, precedendola:

-Jack... andiamo dalla Galveston... ma prima accompagnamo Scully all'obitorio...-

-Benissimo.- e già si era precipitato fuori.

-Ah.... prima o poi gli sparo!- concluse Mulder richiudendo la porta della suite alle spalle sue e di Scully.



************


Il giovane Derek Sullivan, ventidue anni di muscoli e di vivacità, si passò le mani tra il lunghi capelli biondi. Era un caldo pazzesco... Era stato tutta la mattina sulla spiaggia a prendere il sole ed onestamente non nè poteva più... Non c'erano neanche delle buone onde per il suo surf... Si stava rassegnando all'inevitabile... Prese a raccogliere le sue cose, quando gli squillò il cellulare. Rispose frettoloso.

-Ciao Derek.-

-Kim... come mai non sei più venuta?-

-Il mio capo mi ha appioppato del lavoro extra, temo non potrò uscire da qui per almeno due ore.-

-Tanto me ne stavo andando. Fa un caldo insopportabile!-

-Niente surf?-

-Macchè! Ci vediamo a casa?-

-Va bene, se arrivi prima tu, prepara la cena per favore.-

-Ok.Ciao Kim.-

-A dopo.- e riagganciò. Gli scivolò il cellulare sulla sabbia.

-Porc...- lo raccolse e provò a pulirlo. Intanto pensava alla sua dolce ragazza che poverina lavorava come una somara per quel Fiston. Derek glielo diceva sempre di lasciarlo quell'impiego, che avrebbe potuto aspirare a qualcosa di più, ma lei razionale e concreta si rifiutava di farlo: "Non ho altro in ballo e lo sai. Ci servono soldi!" e così rimaneva a farsi schiavizzare. Era una situazione che non riusciva proprio ad accettare e questo perchè l'amava sinceramente. Scacciò quei tristi pensieri e si apprestò a sollevare il suo zaino, quando si accorse che un uomo lo stava fissando:

-Hai qualche problema?-

-Chi, io?-domandò infastidito Derek. Ma che voleva quell'uomo dalla carnagione scura?

-Ti va se ti faccio un bel braccialetto?-

-Un braccialetto?- stava per ridergli in faccia. Ma chi cavolo era quel tipo:- Guarda, devo andare... mi spiace.-

-Aspetta. Nel mio paese porta fortuna... mi darai quello che vuoi, un'offerta per mangiare. Non chiedo altro.-

-Senti amico, ti aiuterei ma....-

-Per favore.- e sistemò il panchettino su cui si sedeva per intrecciare il braccialetto:

-Farò presto...-

-E va bene... ma guarda te...- Derek lasciò andare lo zaino e si sedette sulla sabbia bollente.

-Mentre lo preparo devi pensare ad un desiderio che ti piacerebbe vedere realizzato... fallo intensamente ed entro domani lo vedrai avverarsi.-

-Magari!- esclamò Derek contento.

-E' vero, vedrai... pensalo intensamente.-

Derek cominciò a desiderare per Kim un nuovo lavoro nel mondo della moda, quello che lei aveva sempre voluto... Disegnava dei bellissimi vestiti, ma nessuno le aveva mai dato fiducia. Desiderò ardentemente che si accorgessero della sua incredibile bravura.....

-Finito!- esclamò l'ambulante.

-Giri spesso per le spiagge qua intorno?-

-Si, qualche volta...-

-Il tuo compito è far avverare i desideri delle persone? Lodevole missione.-

L'uomo accennò una smorfia simile ad un sorriso.

Derek prese dal portafoglio degli spiccioli e glieli porse:

-Mi spiace, non posso darti di più, sono in bolletta.-

-Non temere, mi basteranno.-

Derek si alzò guardando il braccialetto.

-Carino, grazie... mi piace...-

-Ricordati, non toglierlo prima di domani o il desiderio non si avvererà!-

-Tranquillo amico, ho capito.-

Derek lo salutò con un cenno della mano e mentre si allontanava si disse che quello doveva essere un indiano.... Era la prima volta che ne vedeva uno.



********************


Jack Rossi bussò con decisione alla porta. Qualche secondo più tardi una donna venne ad aprire. Fox Mulder potè così notare che aveva gli occhi gonfi di pianto e due enorme borse che dimostravano quanto poco avesse dormito quella notte. I suoi capelli biondi erano raccolti sulla nuca ed era struccata. Il suo aspetto era dimesso, ma l'agente dell'fbi era sicuro che in condizioni normali Dedee Galveston potesse essere una donna appariscente e di grande attrattiva. In condizioni normali!

-Salve, il mio nome è Fox Mulder. Sono un'agente dell'fbi.- le mostrò solerte il tesserino.

-Si, lo so, l'aspettavo. L'agente Rossi mi aveva già avvertito del suo arrivo. Prego accomodatevi.- Dedee era molto nervosa, come darle torto?

L'appartamento era piccolo ed arredato quasi con casualità, essendo un monolocale con mobili di stili e generi molto diversi fra loro.

Mulder e Rossi si sedettero sul divano, Dedee si accomodò su una vicina poltrona.

-Mi rendo conto che non deve essere facile per lei... e mi spiace doverle porgere queste domande, ma è necessario.-

-Si, agente Mulder. Chieda pure, non ho nulla da nascondere.- con la mano stava vistosamente torturando un fazzoletto con i bordi in pizzo.

-A quanto mi è stato detto, lei aveva una relazione con il senatore Samuel Pearson.-

-Si, stavamo insieme da circa 10 mesi... Ci siamo conosciuti ad una festa e da quel momento non ci siamo più lasciati. Certo la nostra era una relazione clandestina, perchè Sam riteneva che per la sua carriera politica non fosse una buona pubblicità la nostra evidente differenza di età, ecco...- gli occhi le si riempirono di lacrime.

Mulder deglutì vistosamente. Questa era la parte che odiava di più del suo lavoro...

-Eravate venuti a Malibù in vacanza?-

-Si, un week end di pas... un week end.-

-Ha notato nulla di strano durante il viaggio. Non so, siete stati avvicinati da qualche sconosciuto, oppure il senatore ha incontrato qualcuno di sua conoscenza?-

-No, no... eravamo in incognito. Era tutto normale.-

-Il senatore ha dato segno di disturbi di un qualche tipo?-

-Stava benissimo....-

Mulder non riusciva a scoprire nulla.

-Mi può raccontare cosa è successo nella vostra suite?-

Dedee si morse il labbro con forza, poi continuò:

-Dopo aver fatto l'amore.... bè... sono andata a farmi una doccia. Sono mancata al massimo 10 minuti. Quando sono tornata Sam ... il senatore Pearson era supino sul letto. Guardava in alto, ma sa.. come se non vedesse niente. Dava l'impressione che fosse altrove con la testa, distratto. La cosa che mi ha colpito era che muoveva le labbra come se stesse parlando, ma non diceva alcunchè. L'ho scosso ma non si è neanche accorto che ero lì accanto a lui. Poi all'improvviso.....- sgranò gli occhi come se rivivesse la scena.

-Non abbia fretta. Sono realmente mortificato... ma ho bisogno di sapere. Qualsiasi indizio può essere utile.-

-Agente Mulder, all'improvviso il suo sangue è cominciato ad uscire dalla bocca, dagli occhi, dalle orecchie... c'era sangue dappertutto. Lui non si muoveva più. E' stato a questo punto che ho visto sulla sua fronte una qualche tipo di bruciatura... si, sembrava una bruciatura.....-

-Mi è stato detto che aveva la forma di un occhio....-

-Si...... è vero.-

Fox incrociò lo sguardo perplesso del poliziotto al suo fianco. Più Dedee proseguiva nel suo racconto, più lo spettrale era sicuro di essere incappato in un nuovo e stranissimo x-file.



CAPITOLO TRE


Obitorio
ore 16,45



Dana Scully, avvolta nel suo comodo camice, con la mascherina, gli occhiali di plastica trasparente e le mani guantate di lattice, era immobile. Fissava quell'uomo sdraiato sul lettino operatorio, un uomo che solo il giorno prima era in salute e viveva sereno la sua esistenza, ora freddo davanti a lei.

Nel profondo del suo animo, pur essendo un valido dottore ed una donna forte e volitiva, non riusciva a scacciare dalla sua mente l'idea che tutte le persone su cui aveva eseguito le autopsie nel passato erano state felici o tristi o disperate, ma comunque vive. Certo, era un pensiero fugace che ricacciava subito grazie alla sua razionalità. Sapeva che per essere un buon medico legale non doveva permettersi di soffrire, offuscando così la lucidità del suo giudizio.

In questo momento però c'era un'altra cosa che attirava la sua attenzione, una riflessione meno profonda ma ben più concreta. Si avvicinò alla fronte del senatore e guardò incuriosita quella strana raffigurazione stilizzata. Sembrava una bruciatura, una sorta di marchio... forse era stato marchiato... Ma non c'erano tracce di metallo sulla fronte... non c'era traccia di nessuna sostanza depositata... niente.

Scully proseguì con l'autopsia. Usando i giusti strumenti e con la perizia che la contraddistinguevano, aprì il torace del cadavere.

Quello che vide la sconvolse più di quanto si potesse immaginare, anche perchè mai si sarebbe aspettata una tale scoperta. Non potè che esclamare:

-O mio Dio!- indietreggiando per lo sgomento.


***************


Mulder finalmente riuscì ad entrare nella hall del suo albergo. Per la verità un pò si vergognava perchè era stato costretto a togliersi la giacca e due vistosi aloni si erano formati sotto le ascelle, per non dire una macchia enorme era ben visibile sulla schiena, ma proprio non resisteva più in quella trappola sartoriale....

L'agente Rossi lo aveva accompagnato per congedarsi non prima di promettergli che sarebbe tornato verso le 19, 00 per portarli un pò in giro e in un localino molto carino per la cena.

Mulder non ebbe la forza per replicare. Lo salutò con urgenza e si fece dare subito alla reception la chiave della sua camera.

Mentre apriva la porta della sua salvezza, squillò il cellulare.

-Pronto?-

-Mulder, sono io. Dove sei?-

-Sono praticamente entrato nella mia camera d'albergo.-

-Io qui ho fatto una scoperta incredibile, raggiungimi subito!-

-Scully, è necessario? Ho bisogno di farmi una doccia...- la sua voce implorava pietà, ma Scully era risoluta. La spuntò:

-Va bene.... Il tempo di prendere un taxi.-

-Ti aspetto.-

-Si, si...- richiuse la porta dinanzi a sè, girò le maniche della camicia, che gli arrivarono ai gomiti, e riprese l'ascensore.


**********************


Derek Sullivan era ai fornelli. Non era un mago, però se la cavava. Aveva in mente di preparare una bella cenetta per Kim. Sarebbe stato un pensiero carino, per rinfrancarla di una lunga giornata. E lui di tempo ne aveva. Era disoccupato da quasi due mesi e gli pesava parecchio, ma era fiducioso che prima o poi con le sue conoscenze tecniche e la sua tenacia sarebbe riuscito nell'impresa. Così per ora si godeva una temporanea libertà, una sorta di ferie prolungate ed indolori. Era l'unico modo!

Aprì il frigorifero e con grande riluttanza dovette ammettere che era proprio vuoto.... E con che cosa avrebbe preparato i suoi favolosi manicaretti? Si apprestava ad uscire per fare qualche spesuccia, quando per poco non si scontrò con una euforica Kim:

-Derek... non sai che notizia ho appena ricevuto.- gli buttò le braccia al collo e cominciò a baciarlo con fanciullesca ilarità.

-Kim... che è successo?-

-Sai quei bozzetti che avevo mandato alla "Maison de femme" di Chicago?-

-Si... sono passati quasi sei mesi.-

-Bè... mi hanno contattata questo pomeriggio, proprio dopo poco che avevo parlato con te.-

-Sul serio?- Derek era allibito, felice ma allibito. D'istinto squadrò il braccialetto che aveva al polso e cominciò a sorridere.

-Derek, mi hanno offerto un posto di disegnatrice per la nuova collezione invernale. Capisci?-

-Potrai lasciare il lavoro da Fiston.-

-Si, caro... comincerà una nuova vita....-

Kim era raggiante, sembrava brillare di una luce propria che la rendeva ancora più bella con quei capelli corvini ricci e ribelli. Derek provò un'infinita ondata d'amore per lei. La strinse a sè facendo progetti:

-Ci trasferiremo. Io cercherò lavoro a Chicago e tu diventerai una famosa stilista...-

-O Derek, il mio sogno si è avverato. E' un miracolo!-

-Forse no...-

-Che vuoi dire?- Kim era confusa.

-Oggi ho incontrato un indiano alla spiaggia. Mi ha fatto questo braccialetto.- glielo mostrò:

-Mi ha detto che se non lo avessi tolto fino a domani mi avrebbe portato fortuna, o meglio si sarebbe avverato un mio profondo desiderio. Ed io ho desiderato questo per te....-

-Oh, Derek.- lo baciò con dolcezza e riconoscenza.

-Lo sai che ti amo?-

-Si, Kim... sempre.- si ribaciarono.

Ad un tratto Derek vacillò. Kim si scostò e lo scrutò in volto.

-Derek, non hai una bella cera. Qualcosa non va?-

-Non so, mi gira la testa....- perse l'equilibrio e si dovette sedere sulla sedia più vicina.

-Derek, mi spaventi. Cos'hai?-

-Kim.... chiama un'ambulanza... sto male.- cominciò a contorcersi. Forti fitte gli attanagliavano lo stomaco. E la testa gli scoppiava. La vista si era fatta annebbiata. A malapena riusciva a scorgere una preoccupatissima Kim che si accingeva a telefonare.

I pensieri gli si accavallarono nella mente come se fossero bambini che si rincorrevano in un cortile. Era tutto così strano...lui...quello che gli stava intorno.Stava perdendo il contatto con la realtà, e soffriva.

Poi non ci fu più il tempo di dolersene, perchè il buio lo avvolse spegnendosi sul suo viso sofferente. L'ultimo suo ricordo fu Kim china su di lui piangente che gli sussurrava di non lasciarla sola. D'altronde non poteva più farci niente. Lo sapeva ormai. E fu il nulla.


********************


-Santo cielo, Scully.... ma che diavolo è successo a quest'uomo!- fece Mulder avvicinandosi al corpo del senatore, ancora aperto a mostrare le sue interiora.

-Dove sono gli organi?-

Scully gli si accostò.

-E' incredibile..... sembra che sia tutti esplosi.... C'è stata una devastante emorrargia dovuta ..... dovuta.... non so Mulder.... ecco!-

-Cosa mai può provocare una tale distruzione? Nemmeno l'ebola è così fulminante per non dire aggressivo.-

-E' vero. Nessun organo ha resistito... -

-Resistito a cosa?-

-Quest'uomo non era malato. Ti garantisco che in corpo non c'è la minima traccia di nessun virus, nessuna malattia....-

Mulder si avvicinò alla fronte e scrutò la sagoma disegnata.

-E' un occhio...-

-E' una specie di marchio a fuoco... -

Mulder le raccontò tutta la storia narrata da Dedee Galveston e soprattutto la parte dell'occhio:

-E' chiaro che la ragazza mente.- esclamò Dana con un falsa sicurezza.

-No.... era sincera, te lo garantisco. Quindi questa macchia prima non c'era e poi si... questo mi fa pensare.-

-A cosa?- Dana già si aspettava una risposta spettrale:

-Secondo me siamo davanti ad un autentico x-file.-

-In base a cosa puoi stabilirlo?-

-E' evidente che siamo in presenza di eventi soprannaturali. Ad una sollecitazione esterna di un qualche tipo.Quest'uomo non era malato, non è stato avvelenato ed è morto in un modo inspiegabile. E quest'occhio? Chi o cosa lo ha impresso sulla sua fronte?-

-Bè...-

-Tu stessa hai ammesso che non sai quale possa essere la causa del suo decesso.-

-Si.. ma devo vagliare tutte le possibilità.-

-Ma quali possibilità? La scienza non può rispondere ad un quesito come questo. Guarda questo poveretto. Gli organi gli si sono sciolti, non è rimasto nulla. E fuori non ci sono segni di percosse nè di aggressione. E non dimentichiamoci il racconto di Dedee. Lei ha ammesso che Pearson sembrava catatonico, come se fosse altrove... Forse sotto qualche controllo psichico.-

-Dai Mulder.... non scherzare.-

-E chi scherza, sono serissimo te lo garantisco.-

-Noi abbiamo l'obbligo di scoprire chi ha ucciso quest'uomo, un senatore del congresso. Non possiamo fare passi falsi. Lo capisci?-

-Benissimo, non dubitare. E starò molto attento. Lo so che abbiamo bisogno di prove concrete prima di formulare una ipotesi.-

-Skinner ci ucciderà se ridicolizzeremo il dipartimento con assurde teorie.-

-Scully, qui sotto c'è qualcosa, una forza oscura che agisce.- soffermò il suo sguardo su quel corpo e d'improvviso si accorse che aveva la nausea. Sarà stato il calore, o la vista di quel corpo martoriato o forse il fatto che non aveva mangiato ancora nulla, ma un conato di vomito gli salì su per la gola e riuscì appena in tempo a correre fuori dall'obitorio.

Scully lo inseguì per un breve tratto:

-Mulderrr.- tornò indietro per ricomporre le spoglie di quello sfortunato, mentre nella testa le frullavano le parole del collega: "Lei ha ammesso che Pearson sembrava catatonico....gli organi gli si sono sciolti....E' evidente che siamo in presenza di eventi soprannaturali.......Cosa mai può provocare una tale devastazione?.........La scienza non può rispondere ad un quesito come questo.........E quest'occhio? ...."

Nella sua vita Dana Scully aveva vissuto in prima persona situazioni paradossali, le aveva viste avverarsi come se fossero naturali, come quella volta al luna park di Gilligan Davemport in cui i due agenti erano rimasti intrappolati in un labirinto dove la logica non poteva essere utile ad uscire, dove non c'erano regole nè spiegazioni razionali.

Come poteva ora escludere la teoria di Mulder? Seppur inconcepibile, lei non poteva negarla con assoluta certezza. Non aveva una valida alternativa....


CAPITOLO QUATTRO


Hotel Astoria
ore 18,47

Dana Scully stava ancora pensando all'autopsia...

Si era fatta una doccia liberatoria, che l'aveva rinfrancata da una giornata densa di eventi. Avvolta in un morbido accappatoio di spugna, si sedette ad una piccola scrivania, aprì il suo portatile per cominciare a scrivere il suo rapporto sul caso. Ma fu subito interrotta.

-Sono io Scully, apri.-

-Arrivo.- non proprio entusiasta fece accomodare Mulder. Sperava di poter rimanere sola almeno 5 minuti.

Il collega la studiò un attimo:

-Ti dona questo accappatoio.-

-Grazie....- non riusciva mai a rimanere sulle sue più di 2 secondi, Fox la metteva spesso di buon umore, spiazzandola con piccole frasi ad effetto. Era fatto così.

-Cos'hai in mano?- chiese incuriosita vedendogli un pagina di libro: -Mulder ma è un vizio.... quante volte ti ho detto di non strappare le pagine dei libri?-

-Lo so lo so.... Ma vedi quell'occhio mi ha ricordato qualcosa e così sono andato in biblioteca.....-

-Non prima di esserti cambiato.- esclamò lei vedendolo in t-shirt e jeans. Doveva riconoscere che con quel look informale era veramente attraente.

-Se è per questo mi sono fatto anche una doccia...-

-...si. Immagino mentre ricomponevo il defunto. Gentile da parte tua essere scappato così in fretta.-

-Senza offesa, la compagnia non era granchè.-

-Esclusi i presenti, spero...-

-Sempre e lo sai.-

Dana rise di gusto:

-Sentiamo, cosa ti ha ricordato l'occhio?- si sedettero sul bordo del letto quando Mulder cominciò a raccontare:

-Esisteva una divinità indiana che possedeva il cosiddetto terzo occhio.-

-Quale?-

-Shiva....una deità che abitava le cime delle montagne e che creava e distruggeva i mondi al ritmo della sua danza. Leggi qui....- le porse la pagina strappata. Così anche Scully potè farsi un'idea di chi fosse Shiva.

Scully lesse ad alta voce:

-..... rappresentato con un terzo occhio frontale. La sua figura è il simbolo centrale dei cicli tantrici. Nella trimurti simboleggia l'aspetto distruttore della divinità per cui alla fine di ogni era cosmica i mondi vengono riassorbiti nell'immanifesto. E' identificato con il tempo che tutto logora ed annienta.........- dopo qualche minuto di silenzio Scully guardò Mulder:

-Credi c'entri una setta con la morte del senatore?-

-Potrebbe essere...-

-E la tua teoria del soprannaturale?-

-Le due cose possono anche incontrarsi non trovi?-

-Non so a cosa credere, Mulder.-

-Ma ti fidi del mio giudizio....-

-Touchè!-

Fox riprese a parlare, cambiando argomento:

-Il tuo letto è più comodo del mio.- e cominciò a saltellarci sopra divertito.

-Mulderrrrr, non è il momento.-

-Mi sa che ti dovrò venire a trovare qualche volta....-

-Stiamo lavorando, lo sai.-

-Si, il caso è delicato e così via.... Prima o poi dovrò suggerire all'fbi di usare camere matrimoniali per gli agenti in missione.- Mulder si alzò ed ammiccò: -Così non si lamenterebbero del fatto che spendiamo troppo nelle nostre trasferte!-

-Dicono che fra circa tre settimane avremo un incontro ufficiale in proposito con un burocrate del tesoro.-

-Fantastico.....-

A quel punto squillò il telefono dell'albergo. Scully andò a rispondere solerte:

-Pronto? Si... grazie.- riattaccò.

-Chi era?- fece Mulder.

-La hall.... è arrivato l'agente Rossi.-

-Ohhh... dovevamo andare a cena insieme.-

-Potevi avvertirmi, ti pare?-

-Mi ero scordato.-

-Allora scendi ed io mi cambio.-

-Possiamo sempre dirgli che siamo stanchi.- e le sorrise complice.

-Non è il caso, tra parentesi vorrei chiarire alcuni punti dell'indagine.-

-Va bene.- fece riluttante Fox avvicinandosi alla porta: -Comunque ti consiglio di stare attenta.-

Dana lo fissò incuriosita:

-A cosa?-

-Al caro Jack... credo si sia preso una cotta per te.-

L'espressione della donna era indecifrabile e questo infastidì il collega:

-Si, me n'ero accorta.-

-...ah, ecco....- balbettò lui insicuro.

-Scendi che mi vesto.-

-Ok....- e muto se ne andò.

Appena si richiuse la porta alle sue spalle, Dana sorrise:

-E' geloso!- proclamò a se stessa soddisfatta.



***********************

Altrove
ore 20, 34

Finalmente a casa!

Kim Moore girò la chiave nella toppa ed entrò nel suo appartamento. La luce era accesa. Derek doveva essere tornato. Lo chiamò. Non rispose. Forse era uscito a fare la spesa. Appoggiò la sua borsa di pelle sulla poltrona vicina all'ingresso e si tolse le scarpe. Era sudata e stanca. Voleva solo farsi un bel bagno e mettere qualcosa sotto i denti. Non ne poteva più del suo datore, prima o poi si sarebbe licenziata e lo sapeva. Ma senza un impiego alternativo era un grosso rischio. Se solo Derek avesse trovato un lavoro.....

Entrò in bagno... si spogliò, fece scorrere l'acqua nella vasca aggiungendo dei sali profumati al mughetto e si immerse. Chiuse gli occhi e desiderò ardentemente un presente migliore per sè ed il suo ragazzo. Passarono circa dieci minuti. Poi indossò una comoda tuta e andò diritta in cucina. Non era preparata a vedere ciò che l'aspettava.

-Derekkkk!- le mani cominciarono a tremarle, le gambe non la sorressero più e scivolò a terra. I pantaloni della tuta si sporcarono subito... ed il primo pensiero che venne in mente alla donna in evidente stato di shock era che il sangue non se ne sarebbe più andato via. Mai!


***********************

La taverna del pescatore
ore 21, 55


I due agenti dell'fbi e Jack Rossi erano seduti ad un tavolo. Avevano appena finito la loro cena ed ora stavano piacevolmente dialogando. Bè, per Mulder non era una conversazione piacevole in quanto era diventato un dialogo a due fra Dana e Jack. Jack... che nome insignificante!

-... e così sei entrata nell'fbi...- ma da quando si davano del tu?

Mulder scrutò la collega di sottecchi. Sembrava deliziata dalle grottesche avances del tutore dell'ordine. Brutto segno! E' vero, lui non faceva mai quelle cose, non flirtava ecco... ma ormai riteneva non ce ne fosse più bisogno. Ora lui e Scully erano più intimi, quindi.... Però Dana si divertiva, era chiaro come il sole e lui non poteva più sopportarlo. Si sarebbe alzato e gli avrebbe stampato un bel pugno su quella sua faccia ebete.

O santo cielo! Solo ora se ne rendeva conto. Era geloso! Fox Mulder geloso? Non era possibile? No, mentiva... in passato lo era già stato ed in più di una occasione. Per esempio quante volte le aveva chiesto di Ed Jerse e lei aveva sviato le risposte, o di quello sceriffo vampiro... ma accidenti, quale era il nome...continuava a non ricordarlo.... o di quello scrittore da strapazzo che era Paggett. Non poteva scordare la sensazione che aveva provato quando aveva scoperto che Dana era la protagonista del suo romanzo e peggio, l'oggetto del suo desiderio. Lo aveva odiato con tutto se stesso. Ma questo non l'aveva detto a nessuno, nemmeno a Scully.

Il suo problema era che la dava per scontata. Erano ormai sette anni che lavoravano insieme e non solo. Il sentimento che li univa era molto più profondo di un semplice rispetto tra colleghi. Da poco avevano, di comune accordo, deciso di non nasconderlo più. Era successo quella notte, nel suo appartamento. Dana era entrata nella sua stanza, aveva urtato il comodino, svegliandolo. Aveva accampato una scusa ridicola, quando non ce ne sarebbe stato bisogno. Era capitato con semplicità.

Però al risveglio Mulder ci era rimasto male non trovandola accanto a sè. Se n'era andata silenziosa. Lì per lì non aveva saputo come prendere quel suo gesto, ma pensandoci meglio comprese. Dana era una donna di raziocinio, sicuramente aveva avuto bisogno di tempo per metabolizzare quella grossa novità. Il loro rapporto sarebbe cambiato, era evidente. Non avrebbero più potuto fare finta di niente. E forse la spaventava. D'altronde spaventava anche lui. I primi tempi furono difficili perchè l'imbarazzo sopravanzò qualsiasi altra sensazione e questo per entrambi. Era il momento di ricominciare da capo, organizzando cenette, bevendo birra davanti ad un vecchio film in videocassetta, cose piccole ma significative per loro. E il rapporto si consolidò. Stare insieme era diventato naturale come respirare l'aria.

Una cosa però era stata chiara fin dall'inizio: mai avrebbero confuso il lavoro con la vita privata quindi durante le loro indagini sarebbero stati professionali, ottimi amici e colleghi, niente di più.

Ma questo la legittimava a flirtare con Jack?

No, lui non pensava proprio.

Era imbronciato e se ne accorsero entrambi.

-Mulder, qualcosa non va?-

-Eh?- si risvegliò dal suo lungo "sonno".- Pensavo al senatore....- ci avrebbero creduto?

-Appunto, forse è il caso di parlarne.- fece Scully, come se non aspettasse altro che un rimbeccata per sviare le attenzioni del poliziotto.

Squillò il telefonino di Jack:

-Si? Quando? Arriviamo subito.-

-Che è successo?- per la prima volta quella sera Mulder si interessò a quello che diceva Jack.

-Pochi minuti fa hanno rinvenuto un altro cadavere con un occhio sulla fronte immerso in una pozza di sangue.-

Pagarono in fretta e furia il conto e si precipitarono alla macchina.

In un tavolo vicino una donna dai capelli rossi e fluenti osservò la scena. Si alzò e li seguì.



CAPITOLO CINQUE


Mulder non si sarebbe mai abituato abbastanza a quella scena sempre uguale a se stessa. La freddezza con cui si seguivano i protocolli, con cui tutti, marionette dai fili trasparenti, fingevano di non provare nulla se non curiosità e desiderio di sapere. Invece in quei luoghi di morte prima c'era una persona che respirava, soffriva, sognava.

Immancabilmente il pensiero volò al ricordo magnifico e perfetto di sua sorella. Per un istante gli parve di rivederla corrergli sorridente incontro, il viso sereno e disteso, quasi solare in quella penombra irreale. L'aveva abbracciata e tutto il dolore era svanito. Per anni non aveva saputo nulla di lei, più di una volta era stato ingannato al suo riguardo, menzogna perpetuata all'infinito per convincerlo, per dominarlo, per indirizzarlo. Ma la sua adorata Samantha era morta tanti anni prima. Morta proprio come quel povero ragazzo che era accasciato al suolo nel suo sangue. I suoi occhi erano fissi e vuoti. La carnagione era grigia, privata della linfa che le dava colore. Era lì freddo e solo. Mulder distolse lo sguardo.

Fu quasi travolto da un poliziotto che faceva i rilevamenti. Si scostò e si mise di lato per non dare fastidio.

Potè così notare Dana che professionale fino allo spasimo studiava il cadavere con cura per formulare le sue teorie.

Il punto era uno solo. Mulder se lo sentiva. Non c'era una spiegazione semplice o lineare. E soprattutto si parlava di due morti, avvenute in circostanze singolari, a distanza di un solo giorno l'una dall'altra e per di più nella stessa città.

Qualcosa o qualcuno stava agendo indisturbato per raggiungere un qualche scopo. Mulder aveva raccolto giusto dei tasselli ma gli mancava il quadro generale. Comunque era in presenza di una qualche forma rituale. E poi quel disegno stilizzato sulla fronte... Sembrava veramente un occhio. Un terzo occhio. Ma come poteva succedere, come? Forze soprannaturali, spiriti, folletti, demoni. Cosa?

Jack Rossi gli si avvicinò:

-Il ragazzo si chiamava Derek Sullivan, al momento era disoccupato. Aveva 22 anni e conviveva con una certa Kim Moore. E' lei che lo ha trovato, anche se sono stati i vicini a dare l'allarme, sentendo le urla della giovane. La signorina Moore è stata ricoverata in ospedale sotto shock.-

-I vicini hanno visto nessuno qui intorno prima del decesso?- chiese Scully raggiungendoli e togliendosi i guanti di lattice.

-No.... e nemmeno il portiere.-

-Sullivan non ha ricevuto visite...- lo stava dicendo più a se stesso. Mulder perse lo sguardo nel vuoto. E se ci fossero stati altri casi come questo? Senza dire nulla si avviò verso l'uscita.

-Mulder?- Dana lo chiamò ma lui neppure si voltò.

-Ma fa sempre così?- chiese Jack sorpreso da quell' atteggiamento eccentrico.

-Diciamo che sta seguendo una pista.- rispose assorta.

-Bè, possiamo andare. Qui abbiamo finito. Ti riaccompagno in albergo.-

-Grazie, anche perchè domani sarà una giornata lunga.-

-Ti aspetta un'altra autopsia.-

-Temo di sapere già cosa troverò.- concluse con voce rotta, mentre vedeva mettere il corpo di quel giovane in un sacco giallo:

-E stai attento!- esclamò il portantino al collega che lo stava aiutando con il corpo. Era fuoriuscito dal sacco un braccio della vittima, al cui polso c'era un braccialetto indiano.

***************************


La donna dai capelli rossi scese dalla sua porsche nera. Le sue gambe lunghe ed affilate, dal ritmo elegante, salirono una scalinata di marmo bianco. La sua mano ingioiellata suonò un campanello. Attese fino a che il maggiordomo le venne ad aprire. Non lo salutò, gli passò oltre. Con la sicurezza di chi conosce bene la strada si diresse verso lo studio. Entrò. Si tolse la giacca, rimanendo in un tubino nero discreto con le spalline sottili di strass.

L'uomo con le tempie brizzolate e la carnagione abbronzata le andò incontro, prendendole le mani e baciandogliele galante:

-Benvenuta.-

-Grazie. Mi offri qualcosa da bere?-

-Accomodati.- le fece cenno di sedersi, poi le preparò un cognac. Glielo porse. Si sedette accanto a lei.

-Novità?-

-Per ora no... il problema è che il senatore Pearson ha attirato troppa attenzione.-

-Lo so: l'attenzione di cui non avevamo bisogno!- era arrabbiato.

-E' stato un errore imperdonabile.-

-E' stato già redarguito per quello che ha fatto, non temere. In futuro starà più attento.-

-Lo spero bene.... se non sarà tutto inutile.-

Il silenzio scese tra i due.

-Quando arriverà Douglas?-

-Da un momento all'altro.-

-Potremo parlare.-

-Sei preoccupata?-

-Certo... quei due agenti dell'fbi mi sembrano svegli, non come quel ragazzotto che li coadiuva. L'uomo, quel Mulder è diverso.... Ha qualcosa nel modo in cui guarda le cose, sembra le attraversi, come se riuscisse a scorgere quello che gli altri non vedono.-

-Se non ti conoscessi direi che ti sei invaghita di lui.-

-Non dire sciocchezze.- fece lei padrona: -Forse potrei ammirarlo ma mai invaghirmi di lui.-

********************************

Erano passate da poco le due quando bussarono alla sua porta. La sua mano vagò in cerca dell'interruttore della bajour. L'accese e vide la sveglia. Che caldo... perchè si era rotto il condizionatore?

Si alzò. Si avvicinò alla porta:

-Chi è?-

-Sono io, fammi entrare.-

-L'hai detto anche questo pomeriggio. E' tardi...ho bisogno di dormire.-

-Apri Scully. E' importante.-

Come al solito obbedì.

Mulder gettò uno sguardo sul suo "pigiama".

-La solita maglietta di Quantico... ti dona sai.- entrò e chiuse la porta.

Scully cercò di sistemare i capelli arruffati, sbadigliando:

-Perchè sei ancora in piedi?-

-Ho fatto qualche indagine.-

-A quest'ora?-

-Ho pensato che forse due non era il numero giusto.-

-Il numero di cosa?-

-Degli omicidi.-

-Ora sei certo che siano stati uccisi?-

-Si..... ne sono certo. Ma non ho le prove.-

-Esatto. Andiamo a dormire.-

-Scully, non sai quanto mi piacerebbe poter andare a dormire, soprattutto con te... ma devo dirti che ci sono stati altri sette decessi dello stesso tipo negli ultimi tre mesi nella giurisdizione di Los Angeles.-

-Cosa?- ora sì che aveva tutta la sua attenzione.

Le diede il dossier che aveva raccolto....

-Siamo in presenza di un serial killer che marchia le sue vittime, secondo te?- Scully esaminava tutte le loro foto:

-Età diverse, ceto diverso, nessun legame gli uni tra gli altri. Non segue uno schema, Scully.-

-Colpisce a caso?-

-Così sembrebbe... non penso sia un serial killer comunque, o almeno non nel senso che intendi tu....-

-I corpi sono ridotti tutti nello stesso modo.... Non riesco a venirne a capo!-

-Non sei l'unica... è tutta la sera che ci penso.-

-Davvero? Credevo pensassi a Jack Rossi ed al fatto che non lo sopporti.- lei sorrise.

-Si nota così tanto?- era stato miseramente scoperto.

-E già.... e lui che cerca di essere gentile.-

-Solo perchè ha mire su di te.-

-Ti da fastidio?-

-Non dovrebbe?- "ci risiamo" pensò Dana " siamo maestri nel gioco delle parole". Si riconcentrò sulle istantanee. Qualcosa ... c'era qualcosa nelle foto che non quadrava... un elemento comune che.... La donna saltò su:

-Il braccialetto.-

Mulder la guardò:

-Che braccialetto... hai perso un braccialetto?-

-No, questo braccialetto, guarda....- corse verso il comò e prese la foto del cadavere di Pearson.

-Guarda qui....- indicò al collega nelle fotografie l'elemento comune che stavano cercando. Forse era un fatto insignificante, o forse no.... ma tutte le vittime....

-...avevano un braccialetto indiano portafortuna al polso.- concluse Mulder.

-Ce l'aveva anche Sullivan.Gliel'ho visto prima.-

-E' più di una coincidenza.-

-Direi che batte il calcolo delle probabilità.-

-Dobbiamo solo capire perchè ce l'avevano tutte, come e dove se lo sono fatto.-



CAPITOLO SEI

Dedee Galveston teneva il braccialetto in mano come se fosse una reliquia. Lo fissava intensa, a rivivere tutta la scena. Un momento felice... uno degli ultimi.
-Si...era suo!- lo riconsegnò a Mulder. - Glielo avevano fatto proprio la mattina del...- si interruppe.
I due agenti, seduti di fronte a lei, attesero muti:
-Eravamo andati in spiaggia. Stavamo prendendo il sole... Era una bella giornata... Ad un tratto sbucò fuori dal nulla un indiano.-
-Si?- Mulder sollecitò il racconto, impaziente.
-Non si presentò... Chiese solo di poter intrecciare un braccialetto. L'offerta era libera... I soldi gli servivano per mangiare. Mi fece pena...  L'indiano disse che portava fortuna nel suo paese. Allora io ho insistito che lo facesse a Sam. In politica c'è sempre bisogno di un pò di fortuna!Esclamai sorridente... Sam mi accontentò. Quando l'indiano ebbe finito, si congedò.... Ah! Dimenticavo. Si raccomandò di non toglierlo fino alla sera stessa, se no il desiderio non si sarebbe avverato.-
-Interessante- ammise Dana, cercando lo sguardo di Mulder. Quest'ultimo domandò:
-Si ricorda che aspetto aveva l'indiano?-
-Oh, mio Dio, no... Mi sembrava così poco importante. Ero più presa da come preparava il braccialetto, ecco... Però ho notato che aveva delle belle mani affusolate e scure, ben curate .... e un piccolo tatuaggio... qui!- e indicò loro pressapoco il punto, nella parte interna del polso.
-Un tatuaggio di che tipo?-
-Sembrava un occhio con una pupilla verde, credo...-
-Un occhio!- proruppe Mulder soddisfatto.
-Potrei sapere perchè vi interessavano tanto questo braccialetto e la sua storia?- Dedee lo trovava un elemento così insignificante... perchè non indagavano sul serio?
-Potrebbe esserci un'attinenza con la morte di Sam?-
Mulder e Scully risposero contemporaneamente ma in modo diverso:
-Potrebbe essere fondamentale.-
-E' solo una possibile pista.-
Si guardarono dubbiosi. Dedee era più dubbiosa di loro. Non sembravano molto d'accordo sul come procedere.
-Ho bisogno di sapere il punto preciso della spiaggia in cui le ed il senatore   l'avete incontrato.- Mulder era elettrizzato...
Dedee indicò loro il luogo.
Così i due agenti lasciarono la donna, pronti  per fare la prossima visita, in cerca di conferme.

***************************

Ospedale Santa Caterina
ore 10,39

Era sdraiata sul letto. Il suo sguardo era caduto lontano dai suoi pensieri. Dalla sua stessa vita.
La finestra che la divideva dal mondo esterno traspariva di una calda luce solare che però non riusciva a scaldarle l'anima.
Si sentiva astratta, vuota di una vuotezza indefinibile. Era lì eppure non c'era...
Kim Moore era sempre stata una ragazza forte e generosa. La sua sensibilità l'aveva più volte  resa vulnerabile, ma aveva retto i colpi con la tenacia di un vero lottatore. Pur non avendo mai raggiunto i traguardi che si era assegnata, un pò per sfortuna, un pò per ingenuità, aveva sempre gioito del suo spirito ottimista. E quando finalmente il suo cuore aveva provato l'amore per Derek, aveva realizzato che i sentimenti erano tremendamente importanti e non si era più lagnata dei suoi fallimenti.
Stava costruendo il suo futuro, o così almeno credeva fino a quel tardo pomeriggio, dove tutto era cambiato per sempre.
Derek non era più nella sua vita.
Era svanito in un secondo, lasciandole un profondo stato di smarrimento. Non era preparata a quell'urto, non era preparata a quello che aveva visto. La distruzione della sua felicità era un boccone troppo amaro da inghiottire ed ora le impediva di respirare. Le serrava la gola e solo piangere le poteva dare sollievo. Ma era un sollievo temporaneo perchè poi ricordava le loro passeggiate insieme, i piccoli scherzi che si facevano, il ciondolo a cui lei si era subito attaccata...
Tornava a sorridere, per rabbuiarsi, conscia che quei giorni non sarebbero mai più tornati.... E questo in un ciclo senza fine.... ore e ore passate così.....
Avrebbe dovuto ricostruirsi una parvenza di serenità, in attesa di vivere di nuovo. Di inalare quell'aria nei polmoni e sentirsi respirare.
Un'infermiera poco prima le aveva detto: "Il tempo guarisce tutte le ferite".
Ma il suo tempo doveva ancora passare, ora era terribilmente immobile. Quando avrebbe ricominciato a scorrere, portando via con sè la sofferenza?
Si guardava intorno e scorgeva l'insignificante pesantezza della sua presenza in quella stanza. Avrebbe potuto trovarsi in 100 altri posti e sentirsi nello stesso modo.
Non potevano esserci parole di conforto, non avrebbero avuto un senso, anche se pronunciate con la più grande umiltà.
Quei pensieri misti ad un senso di infinita solitudine furono interrotti da un leggero bussare.
Due persone entrarono.
L'uomo aveva il volto deciso e piacente, con i capelli scuri molto corti e ben tagliati. La rossa accanto a lui era piuttosto bassa, estremamente formale, dal viso buono.
Si stavano presentando, ma lei non li aveva uditi.
Espressioni interrogative la braccarono.
Kim accettò di parlare loro:
-So perchè siete qui.-
-Ci dispiace molto per quello che è successo.- disse l'agente Scully onesta. Erano altre parole... vuote parole...
L'agente maschio la guardava in modo diverso. Non cercava di rabbonirla. La capiva. Glielo leggeva negli occhi. Quell'uomo doveva conoscere il buio atroce che si trova in fondo al pozzo. Lei era lì. Lui ci doveva essere stato. Sembrava guarito. Forse sarebbe successo anche a lei.
Kim provò rispetto per lui. Doveva ascoltare quello che aveva da dirle:
-Signorina, Moore... se solo potessi evitarle questa domanda lo farei. Ma è di vitale importanza.... Devo avere la risposta.-
Una lacrima ribelle le rigò la guancia diafana.
-Dove è stato Derek nella giornata di ieri? Ha fatto qualcosa di particolare?-
-Era andato in spiaggia. Derek amava il mare ed il surf. Ma mi aveva detto che non c'erano buone onde.... no... tornava a casa... tornava a casa- quanto le costava parlare.
-Nient'altro? Non ha incontrato nessuno?-
-Per telefono non mi  ha riferito nulla in proposito.- Kim stava di nuovo scivolando nel suo oblio personale.
L'agente se ne stava accorgendo. Doveva fare presto:
-Gli ha mai visto questo braccialetto al polso?- glielo mostrò.
Lei lo prese distratta fra le mani. Scosse la testa:
-No... non gliel'ho mai visto indosso.-
Mulder ebbe pietà di lei. Le strinse forte la mano che conteneva ancora l'amuleto:
-Kim... non dimentichi mai. Sarà come non aver perso tutto...-
Lei lo guardò dritta negli occhi:
-...non dimenticherò.-
L'uomo si allontanò, ricongiungendosi alla collega, rimasta silenziosa in disparte. Ora anche lei capiva!
Kim si voltò di nuovo verso la finestra.
Non udì i due agenti uscire.

*********************

Mulder e Scully stettero a lungo in silenzio.... Erano sconvolti. Kim Moore era alla deriva, in cerca di un appiglio per non essere trascinata via dalla corrente. Ce l'avrebbe fatta a salvare la sua anima?
Entrambi pregarono di non provare mai un senso di disperazione così forte da perdere il contatto con la realtà. Si sfiorarono le mani, cercando reciproco conforto.
Poi il dovere li richiamò a sè. Riacquistarono il lucido autocontrollo che deve avere sempre un agente che indaga.
Mulder si schiarì la voce:
-Ricapitolando... Abbiamo delle costanti su cui lavorare...-
-Già: il braccialetto, l'indiano, la raffigurazione di un occhio...-
-...la spiaggia. E' proprio qui che andrò a fare un giretto.-
-Speri di incontrare il fantomatico indiano?- Scully la scettica!
-Potrei essere fortunato!-
-Io procederò all'autopsia di Derek Sullivan.-
-Perfetto! Appuntamento in albergo verso le 13,00. Ok?- Mulder si stava già allontanando.
Dana non potè trattenersi:
-Non ti divertire troppo.- Mulder pur procedendo si girò:
-Non temere, penserò a te.... che ti diletti!-
-Grazie... Ricordati che non stai girando un episodio di Baywatch!- ma Fox aveva svoltato l'angolo. Dana sbuffò. Sapeva cosa l'aspettava.

CAPITOLO SETTE

Non ce la faceva più. Goccioline di sudore gli colavano giù sulle guance, finendo la loro corsa sulla sua adorata maglietta, raffigurante un ufo grigio con sotto la scritta: "Noi siamo qui!". Neanche i pantaloncini corti gli davano sollievo. Per non parlare degli occhiali scuri che gli creavano insofferenza. Li metteva e li toglieva senza pace, mentre continuava a vagabondare.
La calura faceva vibrare intensa l'aria umida.
Si chiedeva come facessero tutte quelle persone ad arrostirsi ad un sole inclemente, senza perdere la ragione, per non dire la pazienza. Il comunicato radio della mattina era stato chiaro: si erano raggiunti i 43 gradi....
Ma aveva una ragione per trovarsi lì, era in servizio e doveva trovare un indiano senza nome e senza volto che si faceva vedere in questo tratto di spiaggia.
Certo che concentrarsi era proprio difficile. Nelle orecchie gli rieccheggiavano ancora le parole di Scully ed il riferimento a Baywatch. Ovunque gettasse lo sguardo, incrociava generosi bikini ed altrettanto generose forme. E lui non era mai stato insensibile al fascino femminile.
Ad un tratto, in lontananza notò una fontanella. Un miraggio indotto dal sole? No, era vera... Dimentico dell'indiano, dell'indagine, di Scully e dei bikini, buttò il capo sotto l'acqua fresca, godendo di quegli spruzzi generosi sul suo viso... Un senso di refrigerio e di benessere lo solleticò. Ora stava meglio!
-Lo sa che le donano i capelli bagnati?-
Fox si voltò, cercando la fonte di quella voce profonda e femminile.
I suoi capelli rossi risplendevano sotto i raggi  ed il suo sorriso sembrava foriero di sorprese, per non parlare del corpo mozzafiato messo in risalto da un due pezzi nero lucido.
-Posso?- chiese indicando la fontanella.
Fox pensò che sembrava miss maggio del 1995. Si spostò incerto. Poi un nome gli saltò in testa: Dana!
Il gioco della spiaggia era finito.
Si stava allontanando quando si ritrovò la donna al  fianco. Lo fissava:
-Lei non è di qui, vero?-
-Mi si legge in faccia?- fece sardonico.
-In un certo senso si... Piacere, mi chiamo Denise Templeton.- gli porse la mano affusolata, laccata di rosso. Mulder contraccambiò il saluto:
-E lei?-
-Si fa presto a fare conoscenza da queste parti. Luogo accogliente!- Doveva dirlo!
-Non mi ha risposto- insistette la sconosciuta a caccia di un'avventura.
-Mulder.-
-Nome interessante...-
-Veramente il mio nome è Fox. Mulder è il cognome.-
-Ah! Doppiamente interessante. Che ne direbbe, Fox, di offrirmi qualcosa da bere a quel chioschetto laggiù?-
Mulder sorrise  a quelle sfacciate avances:
-Denise!- sottolineò il nome con decisione, a non ammettere repliche:
-Sono molto lusingato dalle sue attenzioni, ma avrei un appuntamento quindi...-
-Non vedo la fede al dito...- sussurrò lei sicura.
Fox era allibito. Era arruginito in materia di approcci con l'altro sesso, era un bel pò di tempo che era fuori dal giro. E poi doveva ammettere che nella sua vita aveva avuto poche importanti relazioni... Per i giochetti c'era sempre stata la linea erotica.
-Infatti non sono sposato, ma è come se lo fossi da sette anni...-
-Uhm, un grande amore o un amore che può essere temporaneamnete acccantonato per offrire un drink ad un'assetata?-
Mulder cominciava a divertirsi:
-La spiaggia è piena di uomini che sarebbero pronti  a strisciare ai suoi piedi... perchè perdere tempo con me?-
-Adoro le sfide e direi anche lei!-
L'uomo rise di gusto.
-Suvvia... le chiedo solo un pò di innocente compagnia!-
-Nella nostra conversazione trovo poco di .... innocente.-
-Sarò buona!-
Mulder pensò che per cercare l'indiano senza dare troppo nell'occhio, l'ideale era approfittare  di questa sorta di alibi. Dal chioschetto poteva vedere benissimo la battigia. Un ottimo punto di osservazione. In fondo non faceva niente di male:
-Prego, prima le signore!-

*****************

Dana aveva appena concluso i suoi esami. C'era ben poco da aggiungere al suo rapporto. Derek era morto esattamente come Pearson. Il corpo era devastato dall'interno, il cervello praticamente liquefatto ...
La giovane uscì dalla camera mortuaria e corse a rinfrescarsi nella toilette accanto. Il calore era diventato insopportabile. C'era da sentirsi male... Le girò per un istante la testa ed un inusuale senso di nausea la colse improvvisa, poi passò. Si sedette.
Chissà se Mulder aveva trovato il fantomatico indiano. Lo chiamò sul cellulare:
-Mulder?-
-Ciao, Scully.-
-Novità?-
-Non direi e tu?-
-L'autopsia ha riconfermato i dati in nostro possesso. Siamo punto e a capo.-
-Capisco.-
Dana avvertì dalla sua voce che il collega aveva fretta di concludere quella conversazione:
-Non sei solo e non puoi parlare?-
-Fantastico...-
-Allora ci sent....- non riuscì  a terminare la frase che udì con chiarezza all'altro capo la voce di una donna :
-Fox, vuoi un altro margherita?-
Ma che diavolo stava combinando? Lei era stata costretta a rinchiudersi in quella sala con un morto e lui se la spassava? Altro che indagini.
La rabbia montò dentro di lei. Una scarica di adrenalina la scosse. Non era da lei, lo sapeva, ma sembrava non potersi fermare.
-Scully, sei lì?-
-Si. Volevo dirti che ci vedremo nel pomeriggio perchè sto andando a pranzo con Jack.... Appuntamento da lui in ufficio.- lo disse tutto d'un fiato senza aspettare una risposta. Riagganciò.
Ma che le era preso? Sembrava che i suoi ormoni avessero parlato per lei.
Il problema era un altro. Doveva subito rintracciare l'agente Rossi e sperare che sarebbe andato con lei a mangiare un boccone... anche se non aveva per niente fame.

*******************************

-Problemi di cuore?- chiese Denise guardando di sottecchi l'uomo che le era seduto di fronte. Effettivamente sembrava molto infastidito.
-Era miss 7 anni?-
-Non ha gradito molto lo scherzetto del Fox vuoi un altro margherita e neppure io.-
Non era infastidito, era furente. E non aveva affatto bevuto un margherita, bensì una tonica.
-Mi dispiace... sul serio. Non volevo!- fece Denise apparentemente rattristata. Se avesse sbattuto un pò di più i lunghi ciglioni, forse  ne sarebbe uscita perfino una lacrima.: -E' che tu mi piaci veramente e speravo... Mi sono sbagliata!-
-Denise, sei una donna estremamente attraente, ma...-
-Ho compreso. Chiunque sia questa Scully, è una donna fortunata.- si alzò, gli si avvicinò e gli diede un leggero bacio sulla guancia:- Addio Fox.- se ne andò discreta.
Mulder rimase a fissare il mare... Scully e Jack a pranzo insieme...
Denise aveva combinato un pasticcio.
Riprese a girovagare per la spiaggia, ma ormai sembrava che l'indiano non si sarebbe fatto vedere e non poteva perdere tempo lì tutto il giorno.
Scavalcò un signore piuttosto grassoccio sdraiato sul suo asciugamano a sbarragli la strada.
-E stia più attento!- gli imprecò contro.
"Non è giornata!" pensò Mulder mentre si avviava verso la sua vettura a nolo.

CAPITOLO OTTO

-E stia più attento!- gli aveva gridato dietro.
-Questi giovani d'oggi- aveva aggiunto rassegnato.
Carl F. Potter sbadigliò stiracchiandosi.
Si tirò su a fatica. Nei suoi 110 kg non era proprio agevole:
-Nonno!- una bambina dai lunghissimi capelli color del grano lo stava salutando, con i piedi a mollo nell'acqua.
-Non ti allontanare troppo, se no la mamma mi verrà a cercare.-
-Sì, nonno.- fece lei comprensiva. La piccola aveva sette anni e si chiamava Nicole. Aveva un carattere gioviale e il nonno l'adorava. Aveva riportato l'allegria nella sua vita dopo che la sua dolce Molly l'aveva lasciato. Era morta di cancro solo un anno prima ed ancora gli bruciava il cuore. Per fortuna sua figlia aveva compreso la sua necessità di sentirsi amato. Gli affidava spessissimo la nipotina, così poteva gioire di quella sua frizzante energia.
Adorava portarla al mare, anche se quella mattina aveva quasi desistito dall'impresa. L'umidità era talmente appiccicosa che solo un'ora di doccia avrebbe potuto lavarla via.
Nicole gli corse incontro e si sedette accanto a lui:
-Ho fame, tu no?-
-Fra poco andremo a casa e ti preparerò il pollo fritto che ti piace tanto.-
-Uhm, non vedo l'ora.-
-Facciamo così, raccogli le tue cose, io prendo il mio telo ed andiamo subito.-
-Ok.-
Un uomo si avvicinò a loro.
Carl Potter lo squadrò torvo. Era qualche giorno che lo vedeva in giro e cominciava a dargli fastidio.
Protettivo strinse  a sè Nicole.
-Posso farvi un braccialetto?-
-Stiamo andando via.-
-Farò presto.... mi serve per mangiare. Mi aiuti....-
-Nonno....- la bimba lo supplicava.
-No, Nicole, dobbiamo andare...-
-Nonno, noi abbiamo da mangiare, lui no. Mi hai insegnato tu che bisogna aiutare il prossimo.-
Lo fece sentire un verme. La ragazzina aveva ragione e lui si era fatto prendere la mano da un pregiudizio. In fondo l'uomo era innocuo.
-Daiii.-
-Va bene. Le faccia il braccialetto.-
L'indiano ebbe un istante di esitazione. Guardò la bambina e poi l'uomo. Sembrava incerto.
-Allora?- Potter lo fissò interrogativo.
Lo sconosciuto preparò il panchetto ed i fili colorati.
La bambina si sistemò, ma l'indiano negò con la testa.
-Lo farò a lui.-
-A me?- esclamò Potter ridendo.
-Ho 70 anni e non ho proprio voglia di girare con un braccialetto indiano al polso, senza offesa.-
-So che ha un desiderio nascosto. Questo braccialetto glielo avvererà.-
-Davvero?- domandò la bambina: -Nonno, hai un desiderio?-
-Mmm, non vedo come....-
-Si fidi. Nel mio paese porta fortuna.- senza aspettare gli prese il polso e cominciò ad intrecciare il braccialetto.
-Lo pensi intensamente ed entro domani si sarà realizzato. L'importante è che non lo tolga.-
Potter non disse nulla e pensò alla sua Molly, ovunque ella fosse.

*******************************

Stazione di polizia
ore 14,46

Fox Mulder inspirò profondamente, poi bussò ed entrò nell'ufficio senza attendere.
-Eccoci qui.- esclamò sornione.
-Salve, Mulder.- fece Jack sorridente.
Scully sedeva di fronte all'uomo. Si voltò per vedere il collega. Era seria, ma lo salutò.
-Novità?-
-Abbiamo pensato di organizzare un incontro con un importante luminare della storia dell'antica India. Pensi che fortuna, è proprio dell'università della California.- "è sempre troppo entusiasta" riflettè Mulder vedendo tanta solerzia.
-Si chiama Doug Gleason. Potrebbe darci una mano.- fece asciutta Scully.
-Hai così sposato la mia teoria?- era ironico.
-Ho alternative?-
Jack fissò prima l'uomo poi la donna. Una strana tensione si era creata tra i due e desiderò ardentemente di trovarsi altrove. Questi due non gliela raccontavano giusta. Proprio no.
-Allora che aspettiamo?- Mulder riaprì la porta dell'ufficio. Scully si alzò.
-Non vieni?- fece poi rivolta a Rossi.
-No, devo andare dal grande capo. Mi racconterete più tardi.-
-Benissimo.- Dana seguì Mulder nel corridoio.

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-Accomodatevi!- li incoraggiò con cordialità il professor Gleason. Obbedirono.
Lo studio appariva come una sorta di magazzino. Le librerie, che occupavano tre delle quattro pareti, lasciando libera solo quella dove si apriva una finestra luminosa coperta da una tenda color crema, erano stipate di una moltitudine di libri, scritti ed ammenniccoli vari, risultato dei viaggi alla scoperta del culto indiano.
Una piccola statuetta colpì in particolar modo la curiosità Mulder, che prima di sedersi si accostò al ripiano su cui era collocata in bella mostra:
-Shiva?- domandò cercando conferma in Doug Gleason.
-Si, è Shiva!-
Fox la prese in mano per studiarla meglio.
Gleason tentennò:
-Stia attento! E' molto antica...-
Il giovane accennò una smorfia e la rimise a posto. Non sopportava di essere ripreso come un bambino che ha appena compiuto una marachella.
Scully, che fino a quel momento aveva osservato tutta la scena muta, si decise a fare le proprie domande allo studioso.

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-Nonno....- Nicole di corsa lo raggiunse nella cucina dalle tinte calde e rassicuranti.
-Ho fame! L'ora di pranzo è passata da un pezzo.-
-Lo so... che impazienza, dammi il tempo...-
La ragazzina si arrampicò sul lungo sgabello appongiando i gomiti sul ripiano di formica:
-Ho sentito la mamma. Passerà a prendermi verso le 5.-
-Allora non c'è fretta!-
Potter si rimise ad armeggiare sui fornelli.
-Mi fai provare il braccialetto?-
Carl ci pensò un pò su:
-Ma non   ci avevano detto che non dovevo toglierlo se no il desiderio non si avverava?-
-Ci ho riflettuto.- fece con una saggezza estranea alla sua giovane età:
-Mica può funzionare questa storia del desiderio.-
La mente di Carl volò da Molly. E se avesse.... no, la ragazzina aveva ragione. Lo slegò e glielo porse.
Nicole se lo mise euforica, fissandolo compiaciuta. Le piacevano quei colori:
-E' allegro!- scese dallo sgabello e si precipitò in salotto. Accese il televisore e si mise a vedere i suoi cartoni animati preferiti.

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-Shiva fa parte della trimurti......

Scully ascoltava particolarmente interessata. Mulder, dal canto suo, sembrava distratto, ma in realtà stava cercando di cogliere un possibile collegamento fra i fatti accaduti e ciò che si conosceva del mito di Shiva. La sua fantasia era già all'opera, pronto a condurlo in una direzione estrema ed ambigua.
Per timore che la collega potesse intuire i suoi processi mentali, tanta era la conoscenza che lei aveva di lui, non incrociò mai il suo sguardo, in attesa di rimanere soli.
Il telefono sulla grande scrivania di mogano squillò.
Gleason rispose pacato e composto. Una volta riagganciato si alzò, pronto a congedarli:
-Vogliate scusarmi, devo assentarmi.-
-Niente di grave, spero.- l'apostrofò Fox. Non provava molta simpatia per quel professore così compassato. Era istintivo. Non poteva farci niente.
-No, non tema. Si tratta di un appuntamento di lavoro. E' stato un vero piacere.- diede loro cortese la mano fino a scortarli fuori della porta.

CAPITOLO NOVE

-Nicole... Nicole!- era incredibile. La bambina si era addormentata proprio ora che il pranzo era pronto. A nulla era servita l'averla ripetutamente chiamata. Potter sorrise mentre le spostava una ciocca bionda dalla fronte.
Aveva un visetto così dolce. Le ricordava sua figlia Marta quando aveva la stessa età; aveva il suo stesso carattere vivace, il suo stesso spirito, la sua infinita voglia di comprendere.
Gli stava donando una seconda gioventù e ne era talmente felice. Peccato che Molly non gli fosse accanto per vederla crescere. Era orgoglioso di Nicole...
Spense, attento a non fare rumore, la televisione, quando i suoi occhi si arrestarono sul manufatto indiano.
Un improvviso quanto inspiegabile senso di disagio lo colse.
Più lo fissava e più sentiva la paura dentro di sè. Si avvicinò e facendo piano, cercò di toglierlo dal polso della nipote.

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Nella casa sulla spiaggia
Alla stessa ora

-Possibile che sia sempre in ritardo?- esclamò nervosa Denise Templeton, mentre spegneva la propria Morley nel portacenere di legno dello studio.
L'uomo brizzolato era  spazientito:
-Non avere fretta. L'ho chiamato e tra poco arriverà!-
-Non abbiamo tempo da perdere. Quando tutto è cominciato, ci aveva detto che....-
-O smettila! Sono stanco delle tue lamentele.-
Denise si zittì. Talvolta le faceva paura.
La porta si aprì e Doug Gleason entrò nella stanza:
-Era ora!- brontolò Denise.
-Avevo visite.... Quei due dell'FBI.-
-Chi? Mulder e Scully?- fece l'uomo brizzolato evidentemente sorpreso.
-Proprio loro....-
-Come hanno fatto ad arrivare a te? Credi abbiano scoperto il tuo coinvolgimento?- Denise gracchiò con voce stridula.
-No! Ma quel Mulder era interessato a Shiva....-
-Il terzo occhio!- le venne la pelle d'oca.
-Dovevamo immaginarlo!- sospirò l'uomo brizzolato.
-Non possono arrivare a noi. Sempre che non facciamo passi falsi.- li stava minacciando. -Dobbiamo restare uniti e grazie al potere di Shiva, nessuno potrà toccarci. Comunque penseremo ai due ficcanaso più tardi.... Il tempo del sacrificio è giunto!-
Lo seguirono  fino all'ombroso scantinato dall'odore acre e stantio. L'aria era umida e fredda. Al centro del pavimento dell'angusto ambiente c'era un vecchio tappeto consunto. Gleason si chinò per sollevarlo, liberando un disegno dettagliato di un occhio dalla pupilla verde.
Una luce fioca rischiarava a malapena  quel buio innaturale.
Indossarono le tre tuniche sacre color della pece, quasi a mimetizzarsi nella penombra che li circondava.
Il professore estrasse da una borsa che aveva con sè l'antico manufatto che solo pochi minuti prima aveva tenuto in mano l'agente dell'fbi e lo depose al centro del disegno.
Si presero per mano, socchiudendo le palpebre.
Doug Gleason cominciò a pronunciare il verbo di lontana memoria. Parole sepolte, dimenticate, dal significato spaventoso. Il suo viso era sereno, il suo cuore colmo d'odio.

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Non era stato facile, tutt'altro. La bambina lo aveva legato così stretto da lasciarle il segno sulla pelle chiara e delicata.
Ora Carl F. Potter lo teneva fra le mani, pronto a gettarlo nella pattumiera.
L'inquietudine crebbe fino a diventare  cieco terrore. Doveva disfarsene. Cominciò ad affrettare il passo, ma non riuscì a percorrere nemmeno la metà del percorso che la sua visione cominciò.

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Quella nenia avrebbe fatto gelare il sangue a chiunque l'avesse malauguratamente udita. Sibilava, strisciava, si insinuava come un cancro nel corpo di Potter.

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-Carl!-
Era la sua voce. Lo stava chiamando.
Si voltò ed il braccialetto gli scivolò dalle mani.
-Molly!-
Era lì, dinanzi a lui e lo guardava con amore.
Le si avvicinò e subitaneo la strinse a sè.
Era calda e respirava.
La sua Molly era viva.
No, non poteva essere.... L'aveva vegliata quella maledetta notte, le era rimasto accanto fino a che era spirata nel sonno. L'aveva vista seppellire quella mattina di novembre, pioveva di una pioggierella sottile e fastidiosa. Ed era andato ogni giorno sulla sua tomba, pregando di raggiungerla presto. Era forse questo che stava capidando?
Non gli importava. Erano di nuovo insieme.
-Come mi sei mancata... E' stata dura senza di te!-
-Lo so Carl. Ti sono sempre rimasta accanto.- gli accarezzò devota la guancia, mentre le sue pupille si perdevano nelle sue. Era un bellissimo mare celeste in cui annegare per sempre.

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La sua voce era più forte... le parole più oscure......
All'improvviso una energia si sprigionò dal nulla, inondando intensa l'intera cantina. L'origine di quella luce arcana proveniva dai tre occhi  apparsi diabolicamente sulla fronte di ognuno dei presenti.
Finì per catalizzarsi sulla statuetta di Shiva e la lambì fino a spegnersi del tutto.
Il silenzio ed il buio tornarono padroni dello scantinato.

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Come al solito non trovava mai le chiavi che il padre le aveva dato per sicurezza: "Sono vecchio!" aveva proclamato : "Non si sa mai cosa possa accadermi." Marta lo aveva subito rinproverato. Non voleva neanche lontanamente sentirgli fare quelle affermazioni.
Nella sua borsa modello Mary Poppins c'era sempre di tutto e proprio per questo era difficile trovare qualcosa.
-Eccole!- esultò come se avesse vinto un premio. Si sistemò i capelli ricci di media lunghezza ed entrò con il suo sorriso più raggiante. Non voleva che Nicole e Carl sapessero che aveva avuto una pessima giornata.
-Che silenzio!- vide la bambina sdraiata sul divano che dormiva.
Le diede un bacio sulla guancia.
 Poi andò in cerca del padre.
-Papà!- bisbigliò per non svegliare Nicole.
-Papà! O Mio Dio!- era immobile sulla soglia della cucina. Non riusciva a respirare. Il fiato le si arrestò nel petto. Dimentica di tutto si avvicinò al corpo accasciato di Carl. Era coperto di sangue ed aveva sul volto la grottesca maschera della morte. Era uno spettacolo orribile. Che diavolo c'era sulla sua fronte?
Non potè neppure riprendersi dallo shock che udì Nicole:
-Ferma lì amore, non entrare. Ti prego!- le sbarrò il passo decisa.
La bambina gettò lo sguardo sulle mani della madre:
-Ma è sangue!- balbettò.
Marta seguì la direzione dei suoi occhi. Le mani erano sporche del sangue di Carl F. Potter, suo padre.

CAPITOLO DIECI


La scena si ripeteva. Con la puntualità degna di un orologio svizzero, i presenti si rincontrarono con un solo giorno di differenza. Di nuovo i rilevamenti, di nuovo la raccolta di indizi e sempre quella disperazione sui volti dei sopravissuti.
Fox Mulder si sentiva impotente. La lentezza con cui lui e la collega acquisivano informazioni sul caso stava diventando insostenibile. Non potevano permettersi di restare in stallo così a lungo.
Erano già alla seconda vittima dal loro arrivo a Malibù. Quante persone sarebbero dovute ancora morire prima che...
-Mulder!- Dana gli fece cenno di raggiungerla. Era china sul cadavere.
-Guarda.- e gli indicò il pugno di Potter. Lo aprì con attenzione.
-Il braccialetto.- sussultò Mulder. Non era più una coincidenza, ma un'assoluta ed inconfutabile certezza: -Scully, funge da catalizzatore.-
-Spiegati meglio.- chiese Scully mentre metteva l'oggetto in una busta di plastica trasparente e gliela consegnava.
-Le vittime lo indossavano tutte come hai potuto notare tu stessa. Potter se l'era tolto per una qualche ragione, ma lo stringeva ancora in mano. Può essere stato sufficente!-
-Per cosa?-
-Scully, è l'elemento catalizzatore . E' così che il killer individua la sua vittima. Si concentra sul braccialetto.-
-Ma Mulder.... questo implicherebbe poteri mentali incredibili!-
-Quante volte dovrai ancora vedere? La mente umana ha una  massa che solo in piccola parte viene sfruttata. Immagina la potenzialità inespressa. E se qualcuno, in nome di chissà quale culto, fosse in grado di fare questo!?- ed indicò il corpo di Potter.
-Mulder, io...-
-Ricordi il caso di Roland? Era controllato telepaticamente, con la sola forza del pensiero di suo fratello.-
Dana rimase silenziosa.
Mulder spazientito le voltò le spalle, non prima di aver soffermato il suo sguardo sul viso della vittima. Gli pareva di conoscerlo....
Si diresse in salotto.
Sul divano, abbracciate in una stretta dolorosa, c'erano Marta e Nicole. La bambina singhiozzava, mentre la madre la accarezzava protettiva. La donna squadrò Mulder.
-Signora Dutton...-
-Potter, Marta Potter. Non uso più il cognome del mio ex marito.-
-Mi scusi... le volevo porgere le mie condoglianze. Se ha bisogno di qualsiasi cosa, non esiti a chiedere. Sono l'agente Mulder.-
-Trovi il responsabile. Non so cosa o chi abbia causato la sua morte, ma qualcuno dovrà pagare.- la sua voce era tagliente come una scheggia di vetro affilata.
-Sto facendo di tutto per capire... glielo assicuro! Le giuro che il colpevole pagherà per le sue azioni.- lo disse con un tale impeto che Marta non potè non credergli.
-Le devo fare una domanda!- le mostrò il braccialetto nella busta :
-Lo ha mai visto?-
-No, cos'è?-
Fu Nicole a rispondere:
-Gliel'ha fatto un indiano sulla spiaggia!- Mulder confermò con un gesto della testa, inginocchiandosi per guardarla dritta in faccia:
-Diceva che portava fortuna, che il desiderio si sarebbe avverato.... è colpa mia!-
-Come sarebbe a dire?- esclamò Marta sorpresa.
-Lo volevo provare, gliel'ho fatto togliere e gli ha portato sfortuna.....- scoppiò in lacrime.
-No, Nicole....- fece l'agente comprensivo.
-Non hai colpa... non tu.... senti Nicole....saresti in grado di descriverci l'indiano?-
Marta lo apostrofò con il proprio disappunto.
Nicole smise di piangere:
-Aiuterò il nonno?-
-Si... ci aiuterai a trovare il colpevole!-
-Io ho una memoria fotografica. Il nonno lo diceva sempre!-
-Benissimo!- Mulder chiamò l'agente Rossi.
-Cerchi il disegnatore. Nicole ci fornirà l'identikit di un possibile sospetto.-
-Una bambina?-
-Abbiamo alternative?- fece Mulder categorico.
Rossi si rassegnò e telefonò al collega.
Mulder si riavvicinò a Marta e facendo in modo che la ragazzina non lo udisse, le bisbigliò:
-Suo padre le ha salvato la vita!-

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-Dobbiamo eliminarli!- Gleason non ammetteva repliche.
-Si, sono d'accordo.- asserì l'uomo brizzolato.
Denise tacque. Le sembrava un incredibile spreco eliminare quel Mulder, ma non poteva certo manifestare le proprie rimostranze.
-Lo faremo con astuzia!-
-Già....-
-Ci incontreremo qui, domani alla stessa ora. Devo scappare.... mia moglie mi aspetta.- il professore lo disse con disgusto - Pensate ad un buon sistema. Ne riparliamo!-
Mentre Denise saliva in macchina aveva già avuto la sua idea. Doveva solo metterla in pratica.

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Hotel Astoria
ore 22,19

 Fox Mulder aveva gli occhi chiusi. Era sdraiato sul letto con le dita delle mani incrociate dietro la nuca. Stava riflettendo.... Si era lasciato distrarre dalla sua vita personale, da pensieri estranei all'x-file. Aveva perso tempo prezioso.
Quelle morti forse non erano evitabili, ma almeno avrebbe avuto prima un quadro più completo degli avvenimenti.
Possibile che Dana non volesse accettarlo? Dopo il dialogo avuto nell'appartamento di Potter non si erano più parlati. Sembravano tornati indietro di quattro anni almeno. Era frustrante!
E poi.... il senso di colpa.... il senso di.....
-Mulder. Ci sei?- era Dana alla sua porta.
Per un istante ipotizzò di non rispondere:
-Avanti!- non si alzò, ma aprì le palpebre per fissarla.
Dana si sedette ai bordi del letto:
-A cosa devo l'onore?-
-Perchè non mi spieghi la tua teoria?-
-Sono sempre lo spettrale Mulder, ti avverto.-
La giovane increspò le labbra in attesa.
Mulder si tirò su... era irrequieto.
-Sono certo di quello che ti sto per dire.... puoi non credermi ma tutto quadra. C'è un indiano che gira per  la spiaggia....con la scusa della fame e della fortuna convince i poveri bagnanti a farsi fare il braccialetto. La mente del colpevole si concentra sull'amuleto e grazie al desiderio espresso crea una sorta di collegamento telepatico. Poi in qualche modo gli ruba la vita... Le persone muoiono forse in preda ad una allucinazione. Su questo abbiamo la conferma solo di Dedee Galveston.... Probabilmente il killer o i killer appartengono ad una setta che venera Shiva... la riprova sono gli occhi impressi sulla fronte delle vittime..... ed il tatuaggio dell'indiano sul polso..... Forse credono di dare nuova vita a Shiva... forse semplicemente fanno dei sacrifici umani....usando un potere mentale unico nel suo genere.... -
Dana lo seguiva attenta:
-Non può essere solo l'indiano il nostro assassino?-
-No... non credo..... sento che ci sfugge qualcosa... o qualcuno....-
Iniziò a camminare avanti ed indietro per la stanza...
-Scully?-
-Si?-
-Potevo salvarlo....-
-Chi?-
-Potter... io l'avevo incontrato sulla spiaggia.- gli occhi di Mulder si erano fatti improvvisamente lucidi.
-Quando?-
-Stamattina.... mentre perlustravo la zona.... me ne stavo andando scoraggiato... l'indiano non si era visto. Non ancora almeno.-
-Ma non potevi prevederlo.-
-Sarei dovuto rimanere ancora un pò... l'avrei trovato e gli avrei impedito di colpire quel poveretto.- stava piangendo. Mulder piangeva.
Dana non sopportava quella vista.... Non poteva reggere la sua sofferenza... Era dalla morte di Teena che Mulder non si lasciava più andare ed ora era lì, vittima di una nuova presunta colpa.
-Non puoi salvare il mondo intero.-
-Ci posso provare però.-
Scully lo abbracciò, cullandolo dolcemente....


CAPITOLO UNDICI


Quella notte Scully non era riuscita a dormire. Si era girata e riçirata sotto le coperte in cerca di un pò di pace, ma lo stomaco le doleva ed i brividi la perquotevano come un tamburo. Forse era la tensione nervosa o forse, più semplicemente, si era presa un'influenza.
Il suo pensiero più di una volta era volato nella stanza accanto. Mulder era sembrato inconsolabile per la morte di Potter. Gli era rimasto vicino fino a che lui si era addormentato. Poi l'aveva lasciato ed era tornata nella sua stanza, meditando sulla sua tesi.
Avrebbe voluto rinnegarla, ma non poteva. Comprendeva benissimo com'era difficile essere un Fox Mulder. Il collega sapeva vedere dove il lume della scienza non poteva rischiarare il buio dell'ignoranza.
E questo la spaventò ancora di più, perchè laddove non c'è raziocinio, non c'è soluzione, non v'è certezza, nè una sorta di protezione. E' il caos.
In passato aveva spesso negato la stessa evidenza degli indizi raccolti, rischiando, come era successo il pomeriggio prima, di litigare con Mulder.
In realtà quella era la sua protezione, la difesa alla sua integrità ed alla sua fede nel ponderabile, però comprendeva che tavolta non si poteva perseverare sulla strada sbagliata. Era necessario scendere a compromesso ed aprirsi a nuove possibilità, possibilità paranormali!
-Servizio in camera!-
-Bene...- fece Scully con l'acquolina in bocca. Aveva una fame da lupi.
Indossò l'accappatoio ed andò ad aprire.
La cameriera spinse il carrello verso il centro della stanza:
-La sua colazione!-
-Perfetto.- già la pregustava.
-Posso esserle d'aiuto in qualche cosa?-
-No, grazie!-
La cameriera si avvicinò alla sedia su cui era gettata la giacca di un tailleur blu notte:
-Posso stirarla se vuole!-
-Troppo gentile, ma la indosserò stamane, quindi...-
-Ho capito. Ha visto che splendida giornata?- ed aprì le tende per far inondare di sole l'ambiente
"Quanto zelo!" pensò Dana.
-La giornata ideale per vedere realizzare un desiderio!-
-E' vero!-
-Ne hanno tutti uno, io per esempio vorrei vincere la lotteria.... e lei?- la cameriera dai capelli ricci e neri con occhiali spessi come fondi di bottiglia le puntò le pupille addosso, aspettando.
Scully era leggermente a disagio e balbettò la prima risposta che le balzò in mente;
-Ma... non so... vorrei entrare in una pasticceria e mangiare un pezzo di ogni torta che   vedo!- si sorprese nel sentirsi dire una tale assurdità, d'altronde era qualche giorno che si sentiva "diversa".
La cameriera sorrise soddisfatta:
-Le auguro una buona giornata!- e brusca uscì, lasciando Scully stupita da tanta eccentricità.
La cameriera camminava per il corridoio con passo affrettato e non si accorse dell'uomo che le stava andando incontro. Si urtarono.
-Mi scusi!- fece l'uomo.
-Prego!- esclamò la cameriera a capo chino.
Mulder si voltò per un istante... infine proseguì verso la camera di Dana Scully.

*************************************

Stava diventando decisamente un'abitudine. Era la terza autopsia in pochi giorni e con lo stomaco in subbuglio, le rimaneva sempre più ostico proseguire con le analisi senza sentirsi male. Aprire Potter, dopo la confessione di Mulder, poi fu un'impresa ardua e quando lo scenario che le si presentò ripropose i medesimi interrogativi e soprattutto la medesima devastazione, un conato di vomito le salì su per la faringe. A stento riuscì ad arrivare al bagno lì accanto.
Dovette farsi sostituire.
Si cambiò e si sedette nella saletta adiacente l'obitorio.
Non riusciva a spiegare quel senso di spossatezza che la sfiniva. Era un dottore, fare diagnosi era il suo mestiere.Per una frazione di secondo pensò di essere incinta, ma ne rise subito perchè era impossibile. La scienza era stata chiara. L'unica vera e sola spiegazione era l'influenza. Risolto il caso, avrebbe preso una aspirina ed avrebbe dormito per 24 ore di fila. Si sarebbe rimessa subito!

********************

Nella casa sulla spiaggia

-Denise, sei pazza!- l'uomo brizzolato la sovrastava in tutta la sua altezza.
-Ma non capite? Ci potremo sbarazzare di Scully. Mulder sarà distratto dal suo dolore per lei e lo colpiremo allora. Avrà le difese abbassate. Sarà un facile bersaglio!-
-Avresti dovuto consultarti con noi prima di agire di tua iniziativa.- disse perentoriamente il professor Gleason.
-Mulder scoprirà tutto e ci starà più addosso che mai. -
-Non ne avrà il tempo! Perchè agiremo prima di lui.-
-Forse Denise ha ragione dopotutto....- esclamò Gleason.
-Si...si... è così! Quando ho incontrato Fox Mulder, ho subito intuito che il rapporto che lo lega alla donna è molto più profondo di quanto possa sembrare. Quei due si amano. Sarà semplice, vedrete! Il tempo del sacrificio è giunto!-

*****************************
Stazione di polizia

Mulder e Jack Rossi camminavano per il lungo corridoio, scambiandosi le reciproche opinioni.
-Non sono abituato alla condivisione assoluta delle mie teorie da parte di un collega.-
-Neanche da Scully?-
-Neanche da Scully, no!- e rise.
-Mulder, lei non ci crederà, ma sono stato sempre un suo sostenitore. Ho spesso seguito a distanza i suoi casi ed ho chiesto io di poterla affiancare in questo x-file....- aggiunse abbassando la voce:- Anche i credo nell'esistenza degli extraterrestri.-
Fox lo guardò con nuovo rispetto. Questo Jack Rossi non era poi tanto male!
-Comunque ora conosciamo la dinamica dei fatti!-
-Si...ma ci manca un nome. Senza non possiamo muoverci.-
-E' vero, Mulder, siamo ad un punto morto.-
-Speriamo che Scully scopra qualcosa di nuovo con l'autopsia di Potter. Anzi, la raggiungo subito.-
-Ok, ci sentiamo più tardi.-
-A dopo!- e Mulder si diresse alla morgue.

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Quella nenia sibilava, strisciava, si insinuava come un cancro nel corpo di Scully.

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Dana ebbe un improvviso capogiro. Chiuse per un attimo gli occhi e quando li riaprì, sussultò per lo sgomento.
Non era più nello spogliatoio, bensì dentro ad una enorme pasticceria dai profumi generosi ed invitanti.
I banconi si  schiudevano a lei luminosi e colorati. Le tante torte dalle diverse forme e grandezze le imploravano di mangiarle.
Pur rendendosi conto che qualcosa non andava, un sorriso la risvegliò ai sensi. Non importava nient'altro.
Con famelica ingordigia, Dana iniziò a tagliare la fetta di una torta al ribes. Poi passò al profiteroles, alla meringata, al saint-honorè.....

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Fox entrò nella sala delle autopsie e si accorse che sul corpo di Potter era chino un giovane protetto da una mascherina e da un paio di occhiali trasparenti:
-Scusi.- era evidentemente sorpreso:- Sto cercando l'agente Dana Scully. Doveva eseguire lei questa autopsia.-
-Lo so.... si è sentita male. E' nello spogliatoio.-
Mulder si precipitò fuori.
Trovò la stanza contrassegnata da una spartana targhetta.
Senza bussare vi si introdusse.
-Scully, sei qui?- la vide. Gli dava le spalle, era seduta su una panca.
-Scully?- la donna non si voltò.
Mulder le si avvicinò, ponendosi di fronte a lei.
Fu allora che comprese: Scully aveva gli occhi sbarrati... le labbra si muovevano in una sorta di danza perversa, senza che nessun suono ne fuoriuscisse.
-Dannazione!- d'urgenza la scosse...niente...le scoprì il polso destro...niente....il sinistro...niente... Cominciò a perquisirla.... ora sapeva cosa cercare. Frugò nella tasca destra della giacca.... nella sinistra.... cos'era l'oggetto che il suo tatto aveva sfiorato? Era piccolo, morbido, sottile. Quel maledetto braccialetto.
Corse nella toilette e lo gettò nel water, tirando lo sciacquone. Se n'era liberato. Aveva fatto in tempo?
Tornò da Scully.
-Svegliati, Scully.... ti prego...Dana... mi senti?- la scuoteva frenetico. Non sapeva cos'altro fare.
Ad un tratto percepì un suo movimento. La donna sbattè le palpebre, come se si fosse risvegliata da un lungo sonno:
-Mulder?- domandò interrogativa, fissandolo. In risposta Fox  la strinse a sè sollevato.
-Dana, per un  istante ho creduto che ti avrei persa.-
-Che è successo?-
-Per poco non seguivi il fato di Pearson, Sullivan e Potter.-

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Le tenebre li avvolsero... l'energia era svanita lasciandoli lì ad esaminarsi interdetti. Il destino questa volta non si era compiuto. Shiva reclamava vendetta.

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Scully lo squadrò senza comprendere.
-Qualcuno ti ha messo il braccialetto nella tasca del tailleur.-
Scully mise a fuoco le sue ultime ore. Solo una persona poteva aver avuto l'occasione di farlo:
-La cameriera, Mulder, la cameriera zelante di cui ti ho parlato stamane!-
-Certo....la cameriera....- quando Fox l'aveva incrociata, aveva avvertito un formicolio alla base del collo, un senso di deja vu... doveva averla già vista....:
-Scully, ci siamo!-
-Che vuoi dire?-
-E' lei la donna della spiaggia.-
Eh?-
-La donna del margherita.-
-Ah!-
-Ecco perchè era così solerte nello starmi attaccata. Stava cercando di carpirmi informazioni.-
-Mulder....- gli prese la mano: -E' stato così strano!-
-Cosa?- fece lui concentrandosi sui suoi occhi sempre così espressivi.
-Stavo vivendo un sogno... sembrava reale, le sensazioni che ho provato erano reali.... un momento ero qui coscente e subito dopo ero là.... e non me ne stupivo... vivevo una follia che mi sembrava plausibile....-
-Avevi per caso espresso un desiderio davanti a quella donna?-
Scully si vergognò ma dovette rispondere:
-Si!-

CAPITOLO DODICI

Era diventato suo malgrado un prezioso testimone.
Una volta descritta con ogni dovizia di particolari la donna incontrata sulla spiaggia, la stessa donna che sotto mentite spoglie si era presentata da Dana Scully e le aveva teso una trappola mortale, l'identikit iniziò a circolare in rete insieme a quello dell'indiano, diventando così oggetto di comparazione con i database della polizia, fbi, cia ed ogni dipartimento governativo che potesse essere utile al caso.
Purtroppo l'indiano rimase una figura astratta, senza un nome.
La ricerca su Denise Templeton, il cui vero nome era Keshua Simmons,  diede invece i suoi  frutti.
Si era potuti risalire a lei per un fermo di polizia di circa sei anni prima. Era rimasta coinvolta in  una festa in una villa di Santa Monica in cui erano circolati stupefacenti. Si era dichiarata innocente ed era poi stata assolta, figurando come un'ospite inconsapevole.
E così, grazie ad un episodio ormai remoto del suo passato, Mulder e Scully finalmente avevano una pista concreta da seguire. E soprattutto un indirizzo.

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Erano appostati ormai da quattro ore davanti alla casa di Keshua Simmons.
L'abitacolo della macchina presa a noleggio cominciava ad essere stretto. I movimenti erano ridotti al minimo e la fame si faceva sentire prepotente.
L'imbrunire aveva regalato al cielo dei colori vitali ed intensi, uno spettacolo che in qualche modo sollevò gli animi.
Fox Mulder non voleva farsi dare il cambio da un'altra coppia di agenti. Caparbio, voleva essere lui a vedere per primo l'indiziata. Era una questione di integrità e di soddisfazione personale.
Scully comprese e così rimasero seduti l'uno affianco all'altra, come in altre occasioni.
La stanchezza era un piccolo prezzo da pagare per scoprire finalmente la verità e strappare così la catena degli  allarmanti omicidi nella solare spiaggia di Malibù.
Mulder era ancora taciturno, ma era evidente dal suo guardare vispo che si aspettava grosse novità.
I fatti gli avrebbero dato ragione.

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Keshua Simmons aprì il portone della sua abitazione, la metà di una piccola villetta a schiera separata da un intermezzo a creare due giardini e 2 pianerottoli, e questo verso le 23, 03 della notte.
Era lei Denise Templeton..... Ne era certo. Era la donna che per poco non aveva ammazzato Scully!
Il vero appostamento sarebbe cominciato solo ora.

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Nella casa sulla spiaggia


L'uomo brizzolato era nella sua poltrona di pelle rossa con un whiskey in mano. Lo sorseggiava attento. Rifletteva.
Per la prima volta da quando aveva conosciuto Doug Gleason aveva realmente paura. La sua vita fino ad allora era stata irreprensibile e sofisticata. L'agiatezza era un lusso per pochi che poteva tranquillamente vantare come proprio.
Poi l'ebbrezza della novità, quella sensazione di potere misto ad eccitazione, un'eccitazione quasi sessuale.
La complicazione di Samuel Pearson era stato un dannosissimo fuori programma, che aveva sconvolto tutti i suoi piani.
Non aveva assolutamente intenzione di rischiare la sua posizione, la sua carriera e forse la sua esistenza per quell'intempestivo segno di debolezza.
Ma Gleason lo terrorizzava. In lui c'era una forza nascosta e cattiva che lo spaventava.
Non aveva il coraggio di tirarsi indietro. Nei suoi occhi leggeva la dannazione, il glaciale senso di onnipotenza, lo sprezzo per il terreno e l'umano.
Sapeva di non essere il solo a temere l'ira del professore. Denise Templeton era d'accordo con lui, ma proprio non erano in grado di trovare un sistema per sottarsi al suo controllo ed al suo potere devastante.

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Mentre l'uomo brizzolato faceva le sue considerazioni, Doug Gleason era alla sua scrivania con gli occhi fissi in un punto distante.... Anche le sue riflessioni vagavano nello spazio, ma erano aliene alla mente lucida e corretta del professore. Se l'involucro era il medesimo, lo spirito dell'uomo si era smarrito in quel tempio indiano nascosto alla moltitudine.
La ragione che adesso lo abitava era nuova, quasi mistica, trascendente il reale.
E quella psiche avvertiva pensieri negativi. Quei due esseri meschini e deboli stavano per cedere. Lo percepiva con una tale chiarezza..... E non poteva permetterselo.
Avrebbe ricostituito la trimurti in un altro tempo, in un altro luogo. In fondo era libero di muoversi e soprattutto libero di gestire il proprio destino sulla terra. Però, prima, avrebbe regolato i conti.

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Era l'alba. Il sole sembrava non volersi svegliare, seminascosto da un alone opaco misto di calura ed umidità.
Fox era rimasto vigile tutta la notte, con lo sguardo puntato su quel portone.
Keshua non era più uscita.
Avevano deciso di non procedere all'arresto immediato dell'indiziata, sicuri che la donna non operasse sola. Se avessero aspettato sicuramente  avrebbero scoperto qualcosa in più.
Scully era rimasta al suo fianco, ma vinta dal sonno, si era addormentata.
Per un istante Mulder, l'uomo, si soffermò a studiarne i  bei lineamenti.
E come già aveva fatto nel suo appartamento una sera non troppo lontana, le scoprì il viso da una ciocca ribelle. Lo fece con delicatezza, per non svegliarla. Era incredibile che quella donna intelligente e volitiva lo avesse accettato in tutte le sue stranezze e ne avesse condiviso  l'inesauribile voglia di sviscerare e scoprire l'indeterminato. Lei credeva nello spettrale Mulder. Lei, ne era certo, lo amava e questo anche se il loro rapporto rimaneva controllato.
Un movimento esterno lo ricondusse all'indagine.
Keshua, in un tailleur prugna, stava salendo sulla sua porsche.
Mulder mise prontamente in moto. Così Dana aprì gli occhi:
-Che succede?-
-La signora fa un giretto!-
-Speriamo sia la volta buona.-
-Deve esserlo....-


CAPITOLO TREDICI

La porsche nera parcheggiò in un vialetto alberato, la cui cancellata in ferro battuto era stranamente aperta.
Pochi metri più il là anche i due agenti federali arrestarono il motore della loro auto.
-Adesso si che la situazione si fa interessante!- esclamò Fox nel notare la grandiosità della villa innanzi a loro.
Keshua Simmons nel frattempo salì la scalinata di marmo e suonò il campanello, come aveva già fatto moltre altre volte prima d'allora.
Mulder seguiva i suoi movimenti a distanza grazie ad un binocolo di precisione.
Potè notare così l'impazienza della donna. Nessuno le aprì. Di sua iniziativa, fu lei ad introdursi senza più attendere.
Un'altra vettura sopraggiunse. Un uomo si mostrò loro:
-Non posso crederci!-
-Che c'è Mulder?- Fox le porse il binocolo.
-Guarda tu stessa....-
La donna ascoltò il consiglio e tramite le lenti riconobbe il professor Doug Gleason.
-Ci siamo, Scully.....-
-Cosa ci fa qui il più grosso luminare della costa ovest della cultura indiana?-
-Shiva, Scully...... lui sa qualcosa, ecco perchè aveva fretta di sbarazzarsi di noi! Dobbiamo entrare.- concluse l'uomo scendendo dalla macchina.
-Mulder fermati, l'agente Rossi non è ancora arrivato. Non abbiamo mandato.... è violazione di domicilio.-
-Non mi interessa... sta per accadere qualcosa e voglio esserci. Lo devo a Potter.-
Fox attraversò la strada senza aspettare la collega, che prontamente lo seguì senza porsi ulteriori domande. Quando Mulder si metteva qualcosa in testa, non c'era modo per farlo desisestere dal suo intento.
Con circospezione si avvicinarono alla porta d'ingresso. Era accostata.
I due si scambiarono un'occhiata incerta. Perchè il pertugio era stato lasciato socchiuso? Una coincidenza o un chiaro invito ad entrare? Dovevano rischiare oppure aspettare i rinforzi?
Mulder entrò. Scully gli era dietro. Pistole alla mano e sangue freddo. Si inoltrarono nell'ingresso elegantemente arredato.
Non c'era anima viva.
-E' il giorno di libertà delle cameriere, per caso?-
-Mulder, qualcosa non va.....lasciamo perdere ed usciamo.-
-No, Scully..... voglio arrivare in fondo a questa storia, sono stanco di essere depistato e manovrato da persone che si credono furbe. Dobbiamo risolvere il nostro maledetto x-file. Io salgo al piano di sopra, tu controlla qui sotto. Ok?-
-Va bene....- una riluttante Dana accettò il piano d'azione.
Si separarono.
Mulder incominciò a salire la lunga rampa di scale che lo portò al piano superiore. Non un suono... nessuno. Perlustrò la prima stanza, la seconda..... Alla terza........

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Un brivido le corse lungo la schiena. Sapeva benissimo che lì dentro c'erano almeno due persone, ma dove erano finite? Perchè non sentiva un minimo rumore..... no, si era sbagliata, qualcosa il suo udito lo aveva percepito, un bisbiglio sommesso.... un lamento. Proveniva da una porta nascosta sotto la scalinata. La aprì.
Portava nello scantinato.... Un odore di chiuso le pizzicò il naso sgradevolmente, ma proseguì a tentoni nella penombra. Una fioca luce le indicava il cammino.
Fu allora che vide......

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Fox si accostò a quel corpo immerso in una pozza di sangue. Sembrava un uomo distinto, dalle tempie brizzolate, finemente vestito. I suoi occhi erano sbarrati ed un terzo occhio era stampato sulla sua fronte come a reclamare una proprietà. Era evidentemente morto. L'agente si guardò intorno leggermente impaurito. L'assassino o gli assassini dovevano trovarsi lì con lui....con loro.... Scully...

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Per poco non inciampò nel suo cadavere. Scully si inginocchiò. Era Keshua Simmons, orribilmente sfigurata dal sangue, dall'incredulità dipinta sul suo volto e da un terzo occhio impresso sulla fronte. Scomposta, era sdraiata vicino ad un tappeto di cui teneva nella mano destra un lembo. Sembrava essercisi aggrappata con foga. Lo aveva così in parte spostato, a mostrare un frammento di un disegno. Scully scostò il rimanente e vide un enorme occhio dalla pupilla verde raffigurato a  terra. Non si accorse così di essere spiata.

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Fox Mulder scese le scale di corsa. Dove poteva essere la sua compagna? Vide la porta della cantina aperta. Procedette.....

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Il professor Gleason stava per uscire dal proprio nascondiglio quando avvertì la presenza di un'altra persona. La sua mente ragionò in fretta. Non c'era motivo di rischiare, non ora che i problemi erano stati definitavamente risolti. Si nascose di nuovo nell'ombra. Infine urlò.

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Fu un urlo agghiacciante, così pericolosamente vicino. Scully impugnò meglio la sua arma e si sollevò in cerca della sua origine. Era lì accanto a sè......

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Mulder corse come un pazzo gridando il nome di lei, senza più pensare all'effetto sorpresa. Fu allora che la notò.

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Dana Scully era china su un corpo. Il corpo esanime del professor Doug Gleason.
-Stai bene, Scully?- domandò con il fiatone misto ad una grande preoccupazione.
-Io si....ma il professor Gleason è morto.-
-Come?-
-Non saprei, sembrebbe un attacco di cuore. Sarà l'autopsia a stabilirlo con certezza. Però posso dirti come è morta Keshua Simmons.- la indicò in un punto lontano dell'ambiente.
-Se è per questo al primo piano c'è un altro cadavere..... penso fosse il proprietario della villa.-
-Hai notato Mulder?-
-Si.... niente occhio sulla fronte.-
-Già....chissà cosa può significare?-
Uno scalpiccio di passi li attirò..... Emerse dalle scale l'agente Rossi seguito da due poliziotti.
-Che è successo?-
Mulder prese con sè gli agenti in divisa e li condusse al piano superiore, spiegando loro l'accaduto.
Jack invece si avvicinò a Scully e per poco non cadde.
-Che diavolo è?- raccolse un oggetto, una statuetta. La porse alla donna.
-Ma guarda un pò.....- lei la riconobbe subito.


CAPITOLO QUATTORDICI

Washington D.C.
J. Edgar Hoover Building
Ufficio degli X-files
ore 10, 53, qualche giorno dopo


"Se l'immaginifico e l'imponderabile coesistono con la nostra quotidianità in una sorta di patto con l'esistenza, siamo umili pedine del fato, creature miserevoli che non possono essere in grado di svelare i misteri dell'infinito e dell'occulto.
Nel profondo sono conscio del fatto che il nostro nemico era molto più forte di noi e solo la fortuna ha potuto aiutare l'agente Scully e me. Nulla potevamo contro la sua energia.
Io so di aver creduto nella verità. Ma non posso avvalorare purtroppo le mie tesi. Le mie intuizioni non sono servite a smascherare le oscure trame dell'assassino, una divinità incarnatasi forse nel professor Gleason.
La sua autopsia ha confermato il decesso per arresto cardiaco, ma chi o cosa lo abbia provocato rimangono un mistero. Però il professore non è morto come la Simmons o il singor Genderbender, questo era il nome del proprietario della villa in cui si è consumata l'ultima tragedia. Mi fa pensare che se ci fosse stata una mente dietro tutto questo, sarebbe potuta essere proprio quella di Gleason.
Dalla loro morte non si sono verifcati più altri omicidi.
Il che farebbe presumere che in qualche modo il pericolo sia stato scongiurato.
Molti sono i quesiti che rimangono comunque senza risposta.
Nonostante le lunghe ricerche il misterioso indiano è svanito nel nulla. L'agente Scully ed io continuamo a chiederci se sia veramente esistito.
Inoltre la finalità della setta e della forza che agivano indisturbate non ci è data di sapere.
Molti uomini sono morti a causa di una maledizione, per colpa di  una ricerca disperata per una felicità che se solo fossimo capaci di percepirla con i nostri sensi, non ci farebbe perdere nei meandri bui di un destino avverso e non ci esporrebbe a pericoli mortali e funesti.
Eppure sono sicuro di una cosa: non sarà l'ultima volta che sentiremo parlare di Siva e del terzo occhio. Avverto come se fosse un presagio che un giorno Scully ed io ci imbatteremo di nuovo in questa deità e non so se saremo in grado di scampare alla sua incombente minaccia. Se nessuno sarà in grado di farlo!"
Fox Mulder, finito il suo rapporto, spense diligentemente il computer.

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Jack Rossi sedeva alla sua scrivania. Aveva appena composto un numero di telefono:
-Pronto, ciao Mikaela, come stai?-
La ragazza all'altro capo del filo era felice di risentire la voce del suo amico di vecchia data.
-Si...lo so..... avrei comunque una proposta da farti. Hai impegni per stasera? Perfetto.....-
In mano teneva una matita e scarabocchiava qualche cosa.
In lontananza la sua attenzione fu attirata. Era l'agente Delroy che stava brontolando ad alta voce, rivolto ai colleghi presenti:
-Possibile che sia sparito un altro reperto? Chi ha preso la statuetta indiana dall'archivio?-
Jack si riconcentrò sulla sua conversazione telefonica:
-Allora ti passo a prendere verso le 8, 30.-
Riattaccò ma non smise di disegnare sul suo blocchetto.
Vedendo il frutto del suo operato sorrise.
Sul foglio, prima bianco, ora erano raffigurati tre occhi.


FINE




xcully
e-mail: xcully@tiscalinet.it