TITLE: Iolokus #2 - Agnates (Parenti per parte paterna)
AUTHOR: MustangSally and Rivka T
TRANSLATED BY: Ainos - Ainos@SoftHome.net
CLASSIFICATION: M&S Relationship/Mitologia/X-File
CONTENT WARNING: NC-17 per il sesso, la violenza ed il linguaggio (brevi scene di slash)
SPOILER WARNING: Quinta stagione a partire da "Emily"
DISTRIBUTION STATEMENT: L’intero universo.
THE DISCLAIMER: Le autrici dichiarano di non essere in possesso dei personaggi utilizzati in questa storia e questo è il motivo per cui li hanno fatti comportare così. Inoltre sperano di non offendere nessuno.


* Capitolo 4 *

Chi è che ha detto che è fortunato ad essere nato?
Allora vorrei informarlo/la del fatto che è anche fortunato di poter morire...
ed io lo so bene.
Walt Whitman


Ignoro la stanza alla fine del corridoio e mi guardo intorno alla ricerca di altre uscite. C'è una tromba delle scale alla mia destra, una porta di dimensioni industriali che potrebbe portare ad ogni genere di macchine mediche complicatissime. È contrassegnata da simboli di droghe e medicine ed il pavimento davanti ad essa è più scolorito e logorato di quanto non lo sia nel resto del corridoio.

Mi avvicino e la apro con facilità, facendola girare su cardini perfettamente oliati.

Entro in quella che sembra essere la parte principale del magazzino, un'enorme stanzone pieno di file e file di casse di legno da imballaggio. In un incendio sarebbe un labirinto mortale di corridoi. In alto e di lato rispetto alle casse vedo una balconata: le luci sono fioche e indirette, ma riesco ad intravedere comunque dei monitors e delle lucine rosse e verdi che brillano tranquille.

C'è una scala che porta fino a quella balconata, ma dato che non riesco a vederla interamente perché è coperta dalle scatole, inizio ad incamminarmi verso quella direzione.

È veramente un labirinto. Mi sto chiedendo se questa confusione sia il risultato di una effettiva pianificazione quando sento la porta, dietro di me, che si apre più volte ed una voce che mi urla "Dove sei?!". Ho come l'impressione di non aver più scampo.

Lancio un'altra occhiata alla balconata e noto che le lucine sono cambiate: adesso sono rosse e gialle, quelle verdi si sono spente. Tiro fuori le pistole e nascondo quel che rimane delle scatole in mezzo alle casse imballate. Poi inizio a correre lungo quegli stretti corridoi di legno, tentando di mantenere la mia direzione il più possibile verso le scale che portano alla balconata.

Sento dei passi che mi seguono, affrettandosi. Appena inizierò a salire le scale, riusciranno sicuramente a vedermi ed io diventerò un bersaglio perfetto.

Un colpo di pistola mi sfiora e colpisce una cassa dietro di me, facendo esplodere schegge di legno. Mi schiaccio contro le casse dirimpetto a quella che è stata aggredita e getto un'occhiata dietro l'angolo: qualcuno si è affacciato dalla ringhiera della balconata e mi sta sparando contro. Per lui dev'essere un po’ come fare tiro al piccione.

"Cessate il fuoco, sono un Agente Federale!" grido con più ottimismo che fiducia e la cassa contro cui sono appoggiato vibra nel momento in cui si becca il proiettile destinato a me. Allora scivolo fuori furtivamente, sfregandomi contro il legno grezzo e ferendomi con una bella scheggia, e sparo a mia volta giusto per mantenerlo sempre all'erta. Con un colpo di reni, poi, scatto verso l'altro angolo più vicino, giusto a pochi metri dalla scala. Più mi ci avvicino, però, e meno sono coperto dalle casse imballate. È una questione di semplice geometria: angolo d'incidenza ed angolo di riflessione.

Mi trovo in una situazione veramente schifosa.

Giro dall'altra parte proprio nel momento in cui un robusto omone biondo appare dal punto in cui sono arrivato io. Stringe in mano una pistola, ma non fa neppure in tempo a prendere la mira che io l'ho già colpito... e sospiro sollevato quando mi rendo conto che è un essere umano e che quindi il suo sangue non mi può accecare.

Mi muovo ancora, con l'adrenalina che ormai ha preso il posto del sangue nelle mie vene, e sento che l'uomo sulla balconata sta facendo lo stesso, cercando una posizione migliore per spararmi.

La morte mi piove addosso dall'alto una volta ancora ed una cassa al mio fianco inizia a scuotersi e a scricchiolare come se ci fossero due Pit Bulls che lottano al suo interno. Io sento del calore e faccio appena in tempo a rotolare via che la cassa esplode come nei cartoni animati ed i suoi 4 lati schizzano via in 4 diverse direzioni. Il legno mi casca addosso come l'enorme mano di un gigante. Del vetro scoppia e sento altri rumori fragorosi che non riesco ad identificare. Le fiamme iniziano a raggiungermi ed io mi contorco, cercando di portare le pistole sopra alla testa in modo da riuscire a rialzarmi pronto a sparare.

Il pavimento di calcestruzzo è ancora freddo per l'aria condizionata, freddo abbastanza da farmi venire i brividi anche se sento già le prime vesciche sugli avambracci.

Il fuoco si è già propagato rapidamente quando alla fine riesco ad alzarmi; il labirinto di casse è diventato una distesa di fiamme in cui io mi ritrovo intrappolato. La cassa che mi è caduta addosso mi toglie ogni possibilità di tornare indietro... non mi rimane che avanzare. Parafrasando Indiana Jones, borbotto: "Fuoco, perché ci deve sempre essere del fuoco?"

Almeno l'uomo della balconata non mi spara più addosso, sempre ammesso che riesca a vedermi tra le fiamme guizzanti. Ce ne sono di un seducente color giallo/arancione, come quelle delle candele, ma le altre sono blu e verdi, simili a quelle create dalla combustione di sostanze chimiche... probabilmente tossiche. La maglietta ed i pantaloni che compongono la divisa UPS sono perfetti per far risaltare il lato sexy dei fattorini, ma servono a poco se ci si deve riparare dal calore intenso di un incendio di queste dimensioni, che mi avvolge in spirali di fumo e si fa più prossimo ad ogni mio passo.

Inconsciamente inizio ad iperventilare... senza dubbio finirò per peggiorare il danno che questo fumo tossico mi sta già facendo. Il fuoco ha dei volti, volti con grandi occhi e piccoli menti appuntiti.

Mi piacerebbe andarmi ad accucciare da qualche parte ad aspettare che Scully venga a salvarmi. Solo la vista delle casse infuocate che ruzzolano per quegli stretti corridoi del magazzino mi spinge a muovermi.

Un paio di svolte e mi ritrovo di fronte la sottile striscia nera che delimita il primo scalino... invitante come l'insegna al neon di un motel lussuoso. Mi precipito su per le scale, la ringhiera di metallo è incandescente e mi provoca nuove vesciche, mentre l'edificio sembra vibrare sotto l'assalto delle fiamme.

Anche se Scully è arrivata con la cavalleria, io non l'ho sentita. Ancora un paio di scalini e sbucherò fuori dalle fiamme come una fenice, trasportato da onde di aria incandescente... le stesse che ora mi stanno colpendo con violenza.

Il mio cervello suggerisce che andare verso l'alto all'interno di un edificio in fiamme non è esattamente una buona idea, soprattutto se ad attendermi c'è un'orgiastica profusione di lucette che ammiccano, adesso, tutte completamente rosse come i miei occhi la mattina appena alzato.

Una figura appare in cima alle scale ed io quasi gli ho già sparato prima di accorgermi a chi appartiene quella testa.

È un clone di Kurt.

Si precipita verso di me, incurante della mia pistola, ansimando e farfugliando.

"È andato tutto in tilt." Piagnucola, "Dobbiamo andare immediatamente fuori di qui!"

Io lo afferro per un braccio, puntandogli contro la pistola con abbastanza forza da fargli male: "Cosa sta succedendo?"

Lui mi guarda divertito: "L'edificio sta bruciando."

Solo il mio terrore genuino mi impedisce di alzare gli occhi al cielo.

Niente cazzate... Crawford.

"Conosci un modo per uscire?"

Lui indica sotto le scale, dove le fiamme non sono ancora arrivate. "La porta di servizio."

Mantengo la presa stretta su di lui mentre discendiamo nell'inferno, non ancora convinto del fatto che non sia stato lui a spararmi prima. O, forse, a sparare alle casse proprio con l'intento di dargli fuoco. Ciò nondimeno lui conosce una via di fuga ed il codice di accesso che apre la porta verso l'aria fresca...

I miei occhi brillano quando degli agenti della SWAT ci raggiungono, afferrano il Kurt e mi sputano addosso domande come se fossero chiodi.

Delle piccole e familiari manine iniziano a tastarmi, controllando le mie eventuali bruciature e ferite. Scully mi esamina minuziosamente in un tal modo che mi spingerebbe a dire qualche cosa di malizioso se non fossimo circondati da uomini che potrebbero fraintendere.

Se c'è una cosa che ho imparato in tutti questi anni di vicinanza con Scully è che i signori poliziotti nei suoi confronti si dividono in due categorie: quelli che le vorrebbero saltare addosso e quelli che saltano addosso a me per intimarmi di scegliermi una della mia stessa stazza....

Finita l'ispezione di Scully, torno indietro giusto in tempo per vedere uno degli agenti che sta malmenando un po’ il clone. Questi ha gli occhi spalancati e lo sguardo stralunato... mi ricorda un po’ quello che rivolgo allo specchio alla mattina appena alzato. I suoi capelli sono impastati di sudore e sparati da tutte le parti e non mi pare che gli agenti lo trattino con particolare riguardo mentre lo perquisiscono in cerca di armi...

"State attenti a non ferirlo: la sua pelle deve rimanere intatta." Ordina Scully. "Ha una patologia molto... insolita... che potrebbe risultare pericolosa per voi."

Sta imparando, devo ammetterlo, il suo scetticismo si è stemperato grazie alle sconvolgenti ipotesi che ha dovuto considerare nei mesi scorsi.

Scully si allontana, diretta verso degli scoppi che potrebbero essere dei colpi di pistola o degli schiocchi di un vecchio motore. Vorrei seguirla, ma i borbottii sconnessi del Kurt attraggono la mia attenzione.

"Devono morire," continua a ripetere, come una cantilena, "Devono, devono, devono, devono morire... morire! Sì, loro devono finalmente morire. Tutti morti, devono tutti morire. Tutti morti, perché loro devono morire."

Mi avvicino. Il suo fiato fa schifo, esattamente come quello di ogni persona normale. I due agenti che ha di fianco, alla mia muta richiesta, lo afferrano e lo voltano verso di me come se fossero camerieri che mi porgono un menù.

"Chi è che deve morire?" gli chiedo parlando lentamente, con molta calma, nello stesso modo in cui, all’accademia, mi avevano chiesto più volte di fare... in quell’unica occasione in cui il tono piatto e monotono della mia voce è stato apprezzato e non deriso.

Il Kurt mi guarda e rabbrividisce: "Avevi detto che non lo avresti più fatto." piagnucola.

"E non lo farò." Lo rassicuro, "Ma ho bisogno di sapere chi è che deve morire... e perché."

Lui abbozza un sorriso. Ho ricevuto e-mail con degli "smile" che sorridono con più trasporto. Poi tenta di divincolarsi e scuote la testa. "Lo so." borbotta, passando dalla tristezza all’allegria come solo gli psicotici sanno fare, "Loro-devono-morire-perché-sono-delle-meretrici. Sono-sporche-ed-io-devo-ripulirle."

No, non suona per niente convincente... Gesù, ho sentito pappagalli che sembravano più spontanei. Mi viene quasi voglia di dargli una pacca sulla spalla e dirgli che sicuramente farà di meglio la serata della prima... dicono sempre che una brutta prova generale è l’anticamera di un’ottima performance, no? Ma qualcosa mi dice che i miei colleghi non lo riterrebbero molto appropriato.

"Chi erano quegli uomini che sparavano là dentro contro gli agenti?"

Il Kurt sbatte gli occhi. Nessuno deve averglielo spiegato, ho idea. "Sono... miei."

"Li hai assunti tu?" possiamo continuare a procedere lentamente, se è necessario. Gli agenti si stanno facendo impazienti, probabilmente sono ansiosi di ributtarsi nel bel mezzo di una sparatoria, da bravi Texani che sono. Io mi limito ad ignorarli.

"Sì..?"

Non sono in grado di dirgli quale sia la risposta esatta, anche se lui sembra sperarlo; mi massaggio le tempie e tento di sopprimere la voglia improvvisa di afferrarlo e scuoterlo fino a fargli sputare chi gli ha suggerito di raccontare questa ridicola storiella.

"Agente Mulder?" mi chiama qualcuno, con il tono carezzevole di uno che tenta di blandire un leone con una spina nella zampa.

"Che c’è?"

"Credo che farebbe bene a dare un’occhiata... al piano superiore."

L’impianto antincendio ha finalmente deciso di mettersi in funzione ed i pompieri sono ancora impegnati a spegnere le ultime fiamme superstiti; le sostanze chimiche hanno bruciato intensamente e velocemente e non è rimasto nulla sul pavimento. Le scale di metallo sono state deformate in più punti (e mi accorgo solo adesso che il calore ha anche raggiunto i miei piedi attraverso le scarpe – un altro paio superbo completamente rovinato, dannazione! - ) ma sono ancora abbastanza stabili ed mi avvio verso la balconata senza ulteriori problemi. Sugli ultimi gradini c’è del liquido denso che dapprima mi sembra quasi pittura sciolta dal calore... poi guardo meglio e mi rendo conto di quello che è successo veramente.

Mi trovo in un mattatoio.

Affondando nel sangue fino alle caviglie, letteralmente, salgo fino al secondo livello del magazzino che si affaccia sullo stanzone che è andato a fuoco, dove ora il team della TAC sta eliminando qualsiasi resistenza quegli sciocchi possano ancora opporre. Sento Zippy che urla qualcosa ai suoi uomini. Intravedo Scully nella confusione che regna al piano superiore, coi capelli nascosti sotto un cappello da baseball, e sono contento... non voglio vedere la sua faccia mentre osserva tutto questo. Non sono così forte.

Due dozzine di donne giacciono, in file ordinate, su dei lettini puliti, con le flebo attaccate al braccio e l’addome aperto come delle borse il cui contenuto è stato rovesciato fuori. Il contenuto sono dei feti quasi completi. Il sangue cola sul pavimento in densi rivoli. Non dev’essere successo da molto, mi dico, il sangue non si è ancora coagulato.

Sento lo stomaco stringersi ed arrotolarsi su se stesso.

"Gesù Cristo!" esclama un agente di fianco a me.

"Giulio Cesare, se vogliamo essere corretti." La voce di Scully proviene dal lettino più lontano; la luce della sua torcia elettrica sfiora un volto dopo l’altro alla disperata ricerca di un guizzo di vita, "La leggenda narra che il famoso condottiero romano vide la luce perché venne strappato dal ventre attraverso uno squarcio nell’addome della madre morta. Sa tanto di storia apocrifa, lo so, ma è per questo che adesso li chiamano parti cesarei. E sebbene questo sia un metodo a malapena corretto, il comune..."

Un suono lieve, simile a quello che farebbe un gattino se gli si calpestasse la codina, ci fa sussultare tutti nell'oscurità...

Cristo, qualcuno è ancora vivo!

Devo dare atto agli agenti di Zippy che non perdono certo tempo: si muovono velocemente, ispezionando un letto dopo l'altro, esaminando le donne ed i bambini alla ricerca dell'origine del suono. Nel momento stesso in cui anche io mi metto in moto, mi capita di dare un'occhiata all'agente che controlla il letto vicino, un omone sulla cinquantina con una faccia che potrebbe atterrire un elefante imbizzarrito. Ci sono lacrime su quella faccia, ora, mentre sta toccando un corpicino senza vita.

"Da questa parte!"

Con una mossa fulminea, Scully si precipita verso l'uomo che stringe tra le braccia il corpo insanguinato di un bambino. Il bambino si muove. Lei si toglie la giacca e la usa per avvolgerci dentro il bimbo. Per un attimo mi viene da pensare che quella giacca è proprio una di quelle orribilmente care che le ho comprato in Arizona... ma ormai...

Con il bambino avvolto nella giacca, Scully inizia un esame preliminare alla ricerca di ferite o altri segnali di danno. Il neonato stringe i pugnetti e poi lancia uno strillo acuto. A quanto pare tutto funziona a pieno regime.

"È una bambina" mi dice Scully, come se la cosa avesse una certa importanza.

Le faccio un cenno e poi scendo a cercare Zippy, mentre il mio tamburo personale inizia una danza selvaggia nella mia testa.

****

Le mie mani tremano mentre sollevo il neonato dal grembo della donna morta. Ho fatto un'autopsia ad una donna incinta, una volta, e dopo aver finito ricordo di aver passato il resto del pomeriggio a vomitare bile in uno dei bagni di Quantico.

Macduff è stato strappato dal ventre di sua madre. Nessun bambino nato da una donna può cancellare la sventura che Macbeth e sua moglie hanno gettato sulla Scozia: hanno rotto l'ordine naturale delle cose, la connessione che corre da Dio alle rocce nel terreno, e devono essere punti da una creatura soprannaturale...

Questa bimba, però, più che soprannaturale mi sembra patetica. Ancora coperta dal sangue della sua prematura nascita in questa stanza piena di morte, lei scalcia e frigna con quella sua vocina fioca. A parte il fatto che le sue estremità sono più fredde di quanto non mi piaccia siano, non presenta altri sintomi di trauma, nonostante il modo brutale con cui è venuta al mondo.

Non ha nessuna macchiolina verde su corpo: la sua pelle è semplicemente arrossata come quella di tutti i neonati ed è un po’ incrostata di sangue. La avvolgo nella mia giacca e la porto all'entrata, dove l'EMT sta aspettando il grosso delle vittime.

Com'è che sono stata capace di dare fuoco a quelli che avrebbero potuto essere i miei figli senza fare una piega ed invece il semplice tenere in braccio questa bimba mi scuote e mi fa fremere come se avessi contratto la malaria?

Probabilmente è solo una reazione naturale causata dagli ormoni che hanno ricominciato a scorrere nel mio corpo. Gli uomini non sono forse soliti attribuire agli ormoni ogni scompenso emozionale femminile? Come se loro non fossero soggetti a sbalzi di umore dovuti a cocktail ormonali che scorrono per le vene come lo siamo noi. Uno dei miei professori sosteneva che anche gli uomini hanno un loro "ciclo", solo che ha un intervallo di tre ore invece di ventotto giorni ed è strettamente collegato alle loro abitudini alimentari.

Alimentari...

Qualcuno dovrà dare da mangiare alla piccola!

Per un attimo sento dolore ai polmoni, come se improvvisamente si fossero ricordati di tutto il fumo tossico che gli ho fatto respirare.

Sembro un po’ ridicola con la bambina avvolta nella giacca di Donna Karaan, ma mi faccio comunque largo tra gli uomini che affollano la scala ed esco dalla porta principale, ora sfondata. L'EMT getta un'occhiata a me ed al fagottino che reggo tra le braccia ed impallidisce dallo shock. Più o meno dello stesso colore che è diventato anche Mulder.

Non voglio mettermi a pensare a tutto questo proprio ora.

****

Fuori dal magazzino un assortimento di polizotti locali si muove senza sosta, i furgoni del coroner della contea vanno e vengono ed i poliziotti fanno fatica a tenere lontano quelli della stampa. Zippy mi allunga un foglietto scarabocchiato di note su quello che hanno trovato all'interno del magazzino ed si allontana per fumarsi una sigaretta. Scully, lo so, è andata all'ospedale insieme alla bambina che ha trovato... con delle piccole impronte rosso sangue sulla sua camicetta bianca.

Una berlina nera si avvicina: ha i finestrini oscurati e su uno di essi noto un adesivo della Roush Corporate, di quelli che indicano l'autorizzazione a posteggiare. Mi si rizzano i capelli sulla nuca. Indosso ancora la divisa dell'UPS e so che così conciato non sono molto convincente come agente del FBI, ma non mi tiro certo indietro solo per questo. Busso sul finestrino scuro sul lato del passeggero.

Il vetro scende e, ciò nonostante, io mi ritrovo comunque a fissare il riflesso del mio volto.

"Il signor Jason Lindsay, suppongo?"

Devo darne atto al tipo: non si tira indietro di molto quando gli mostro la brutta copia della sua faccia presente sul mio tesserino di riconoscimento del FBI.

"Sono Fox Mulder, FBI. Vorrei farle qualche domanda sulla proprietà di questo magazzino da parte della sua società."

La sua/mia bocca si apre per un momento, poi si richiude.

"Sarò felice di rispondere ad ogni sua domanda." Mi risponde con tono caldo ed amichevole, che però non fa paio con il suo naso perfetto ed i suoi/miei occhi nocciola.

Una cosa è vedere qualcuno che ha la faccia quasi identica alla tua sul monitor di un computer o in una videocassetta, un'altra è ritrovarselo di fronte di persona, in carne, ossa e dopobarba di marca! È una cosa assolutamente... spettrale!

Spero che anche lui si senta a disagio in mia presenza, anche se non sarebbe un'esperienza nuova per me.

"Ha idea di quanti uomini col tesserino della Roush abbiano una qualche connessione con questo laboratorio?"

"No."

"Lasci che le illustri un po’ la situazione attuale, signor Lindsay. In questo stato, da un anno a questa parte, risultano scomparse ben ventiquattro donne. Solo per un caso fortuito, Holly Keene è stata vista in questa zona qualche giorno fa. L'agente Zipprelli è riuscito a rintracciarla fino a questo magazzino. Quando poi l'FBI ha fatto irruzione nel magazzino, questa stessa mattina, ha trovato ventiquattro donne morte con altrettanti feti strappati fuori dal loro ventre."

Lindsay trasale.

"Le assicuro, Agente Mulder, che, a parte gli esperimenti ratificati dalla FDA, la Roush non fa test su soggetti umani."

Mi piego verso di lui fino a portare i nostri nasi a sfiorarsi.

"C'era un clone di Kurt Crawford insieme alle donne."

Lui sbatte le palpebre ed vedo chiaramente che si sta preparando a mentirmi. Non è che anch'io sono così trasparente? Spero proprio di no.

"Chi?" mi chiede con tono più falso delle tette di Pamela Anderson.

"A quanto pare ci sono delle cosette di cui dobbiamo proprio parlare, signor Lindsay."

Lui mi sorride e devo ammettere che gli viene meglio di quanto non venga a me.

"Includendo l'ovvio?"

"Includendo l'ovvio."

Lui mi allunga una mano ed io noto i polsini alla francese della sua camicia, chiusi da un paio di gemelli d'oro a forma del logo della Roush. Mi porge il suo biglietto da visita impresso in rilievo.

"Quando sarà libero da questa... tragedia, venga nel mio ufficio e potremo discutere tranquillamente in un'atmosfera più civile."

"Suona divertente." Ribatto.

"Un'ultima cosa." Mi mostra una videocassetta, "Credo che dovrebbe dare un'occhiata a questa. Proviene da una delle nostre sedi in Arizona."

****

Nei corpi delle donne ho trovato tracce di forti sedativi. Sono veramente furiosa per questo, la mia naturale rabbia alla vista delle vittime aumenta in modo esponenziale all'inutilità di questo trattamento crudele. Possibile che "loro" (gli onnipresenti, gli invisibili) non sappiano che i sedativi possono danneggiare i feti? Ma quale diavolo di scienza nazista stanno praticando senza tenere conto di una cosa simile? Forse Emily avrebbe avuto più possibilità di sopravvivere se avessero usato un corpo di donna sano e giovane per produrla, invece che usare un recipiente drogato con chissà quale diavoleria ormonale.

Solo Dio può sapere quale danno irreversibile sia stato fatto alla bambina che abbiamo trovato. La maggior parte della gente pensa che la storia finisca quando una persona viene liberata, ma i dottori sanno bene che, in realtà, la liberazione è solo l'inizio della storia.

Mi sento come se stessi correndo ferma sul posto. Catalogo corpi, compilo moduli e continuo a fare il mio lavoro come un piccolo e bravo soldatino. Mulder se n'è andato a gambe levate da qualche parte e non sono sicura di volerlo seguire.

No, un attimo, sono io a essermene andata a gambe levate. Per venire qui, all'ospedale. Mulder è ancora al magazzino, se ha iniziato a fare un viaggio, lo sta facendo nell'intimità della sua testolina. Lo chiamo giusto per abitudine e lui mi risponde con ronzii di telecamere e sirene della polizia in sottofondo. La sua voce suona distratta e asciutta: lì è tutto normale... uno schifo come al solito.

Mulder mi dice di incontrarci all'ufficio di Zippy. Io non ho nulla di meglio da fare e così ci vado.


continua...