TITLE: Iolokus #1
AUTHOR: MustangSally and Rivka T
TRANSLATED BY: Ainos - Ainos@SoftHome.net
CLASSIFICATION: M&S Relationship/Mitologia/X-File
CONTENT WARNING: NC-17 per il sesso, la violenza ed il linguaggio (brevi scene di slash)
SPOILER WARNING: Quinta stagione a partire da "Emily"
DISTRIBUTION STATEMENT: L’intero universo.
THE DISCLAIMER: Le autrici apprezzerebbero molto il fatto di non venir citate in giudizio. Nessun attore è stato danneggiato durante la stesura di questa storia.


* Capitolo 1 *

Oh, sfortunato! Oh, crudele!
Dove potrai mai girare? Chi ti potrà mai aiutare?
Quale casa o quale paese ti potrà proteggere
dalle disgrazie che troverai?
Un dio ha scagliato sofferenza
su di te in onde di disperazione.
One – l'oracolo


Il vento caldo soffia sulle rocce roventi e sulla sabbia. Il vento, come il respiro dell'inferno, puzza di fornaci e di polvere. La polvere, sollevata dal vento, è come fumo che corre sulla ghiaia e mi si avvolge intorno ai piedi mentre fisso il sole. Sopra di me, il cielo è bronzo fuso ed un uccello sinistro sta volando in circolo. Dietro di me posso sentire delle donne che piangono. Strettamente uniti sotto il cielo metallico, i volti delle donne sono umidi ed combattuti.

Il mio bambino, mio bambino, mio bambino.

Il sangue del mio bambino.

Il mio bambino.

La calura mi secca gli occhi, ma le lacrime delle donne sono persino più forti del sole.

Inghiottendo una boccata di polvere sento che il vento mi lecca la faccia come la lingua di una lucertola prima che mi metta a seguirla.

Odio il Texas. Se esiste qualcosa di più testardo, ostinato, ostile e ignorante di uno Sceriffo Federale, questo è un dannato Ranger texano. I Rangers, con i loro stramaledettissimi stivali da cowboy e le cravatte di cuoio, ci guardano come se stessimo per razziare il loro bestiame e le loro figlie.

"Qui." il capo Ranger ci apre la porta con uno strattone. Siamo al Centro di Cura "Eleanor Roosevelt" per impiegati federali. Inizio a camminare per il corridoio e sento odore di biscotti, di criceti, di crema di riso e di disinfestante, lo stesso odore che respirano quotidianamente centinaia di bambini.

Come sempre, c'è Scully alla mia sinistra ed anche se ha il soprabito è sgualcito, il suo volto è più fresco e disteso che mai.

La seguo in una stanza chiamata "Nursery #1" sotto uno striscione di orsacchiotti sorridenti fatti di carta da pacco: ogni orsetto reca il nome di un bambino scritto col pennarello indelebile. Nella stanza a misura di bambino, organizzata su tavoli dove a malapena riescono a sedersi, l'Unità di Negoziazione Ostaggi è occupata con schede, telefoni ed una pianta dell'edificio.

Una donna alta e di colore si alza da una minuscola seggiolina e mi tende la mano. La riconosco all'istante. E' l'Agente Kazdin, la donna che ha guidato l'Unità di Negoziazione Ostaggi nel caso Duane Barry... l'inizio dell'odissea. E' senza dubbio una strega, ma sa fare bene il suo lavoro e mi ci è voluto solo un mese, o poco più, l'ultima volta per riprendermi dalle sue pedate nel culo.

"Agenti Mulder e Scully, sono contenta che siate arrivati così in fretta." Dice, con voce vivace quanto gli abiti che indossa.

"Come avete fatto a richiamarci fin qui da Washington, Agente Kazdin?" le chiedo stringendole la mano, "Usate un raggio traente?"

"Budget per trasporto d'emergenza." mi risponde.

Sì, loro hanno un dannato budget d'emergenza, mentre io sto ancora cercando di togliere le graffette dal Data Base dell'FBI! Loro possono viaggiare su di un dannatissimo Lear Jet. Io, al massimo, mi ritrovo in un sedile con le ginocchia in bocca. Almeno sono costretti ad usare seggioline in questo momento.

"Qual è esattamente la situazione attuale?" chiede Scully dando un’occhiata intorno con sguardo penetrante e calcolatore.

Sì, così Scully... direttamente all'osso!

"Alle otto ed un quarto di stamani, William Abrams si è presentato a questo Centro di cura con un fucile modello AK-47, ha sparato a tre inservienti, ne ha uccisi due, e poi si è barricato nella terza nursery con venti bambini di non più di 4 anni. Ha chiamato la Casa Bianca e chiesto di parlare col Presidente: la chiamata è stata rintracciata fino a qui. Alle dieci e mezza nella nursery sono stati sparati tre colpi e da allora Abrams si rifiuta di parlare con chiunque."

Kazdin ci espone i fatti con l'entusiasmo di chi dà indicazioni stradali.

"Ed allora perché siamo qui?" Chiedo io.

"Ha pronunciato la parola magica, la parola che ha spinto lo Spettrale fuori dal suo buco," per un attimo si lascia scappare un forte accento del Bronx, "Ha detto alieni."

Merda! penso.

"Zippy." dico.

"Spettrale!"

L'Agente Mike Zipprelli è rinchiuso nel guscio di velcro dell'equipaggiamento dell'unità SWAT, uno sfondo più che adeguato per i suoi occhi scuri da furetto ed i suoi capelli di un nero brillante. Mi fissa per un momento, studiandomi.

Era pelato l'ultima volta che l'avevo visto a Quantico e quindi, a meno che non abbia subito un trapianto...

"Hai lasciato la Sezione Investigativa?"

"La festa è finita quando hai liquidato Patterson," si stringe nelle spalle, "Preferirei far saltare quelle loro dannate teste di minchia piuttosto che mettermi a pensare come loro. Comunque sia, quell'idiota lì dentro ha chiamato il Presidente ed ha detto all'operatore della Casa Bianca di avere importanti informazioni sull'invasione della Terra. Ora, da quando è lì non ha più detto nulla al riguardo di alieni: praticamente non ha detto più assolutamente nulla da quando abbiamo intercettato la telefonata."

"Fino a dove vi siete spinti con la negoziazione con Abrams?" chiede Scully a Kazdin, ignorando bellamente il fatto che Zipprelli la sta divorando con gli occhi, come se volesse provare di persona di che pasta è fatta. Io non glielo dico di certo.

Kazdin grugnisce ed interrompe la mia chiacchierata con Zippy prima che finisca col rovesciare i ruoli. "Non molto lontano. Lui riattacca tutte le volte che cerchiamo di contattarlo e tutto quello che dice è che non parlerà con altri che non siano il Presidente o Dan Rather."

"Dan Rather? Dev'essere pazzo." sbuffa Zipprelli.

"Qual è la frequenza, Kenneth?" chiedo.

Nessuno ce l'ha. Sbuffo e vengo subito contraccambiato dalla tipica espressione "da maestrina" di Scully.

"Non voglio minimizzare la serietà della situazione, c'è un uomo lì dentro con un numero imprecisato di munizioni e venti bambini. Se perdiamo anche solo uno di quei bastardelli finiamo nella merda fino al collo con quelli del Quartier Generale." Kazdin si strofina gli occhi un attimo, e poi si rivolge a me. "Dato che lei è l'uomo degli alieni, vada a parlare con Abrams di alieni, diventi il suo confidente, gli prometta che lo riporterà con sé sull'astronave-madre se deve, ma faccia uscire quei bambini da lì."

"Ok." convengo. "Come lo chiamano?"

"Cosa?" Kazdin si acciglia come se le avessi appena chiesto di che colore porta le mutandine.

Decido di sfoderare il mio tono più sprezzante. Vai a farti fottere, penso, sono laureato in psicologia anche io! "I suoi amici. I colleghi. Che nome usano quando vogliono parlare con lui? Lo chiamano William, Bill, o forse Abe o Spike? Devo apparirgli come un amico e se utilizzo il nome sbagliato potrebbe pensare che appartengo al lato Oscuro della Forza!"

Schiocca le dita e uno degli agenti sussurra freneticamente qualche cosa alla cuffia auricolare. Un momento dopo alza gli occhi: "Bill."

Annuisco e Zipprelli mi allunga il suo giubbotto a prova di proiettile.

Ovviamente, Zippy tiene il giubbotto troppo stretto e, dopo un attimo, comincio a sudare come birra gelata in un giorno torrido e non riesco quasi più a respirare. Spero proprio che il mio sudore non mandi in cortocircuito la piccola cuffia con auricolare che Zippy mi ha messo in testa. Il Ranger texano che ci ha seguiti nella stanza sbuffa come un toro quando vede che mi divincolo nel giubbotto antiproiettile: lui non lo indossa. I veri uomini non lo indossano mai.

"E' carina," Zippy osserva, quando la porta si chiude dietro di noi.

Non credo che il giubbotto gli sarebbe di grande aiuto se decidessi di rompergli il muso.

Lo seguo fino all'intersezione di due corridoi, dove la squadra della SWAT ha costruito una barricata di plastica nera e pannelli in fibra progettati per deviare le pallottole. Gli uomini, interamente vestiti di nero e con quei cappelli neri, sembrano corvi in attesa di un funerale. Levandomi una ciocca bagnata di capelli dal viso, lascio che Zippy mi guidi fino all'estremità della barricata e mi indichi la porta dietro la quale c'è Abrams con i bambini.

La porta è circondata da palloncini di carta etichettati con i nomi dei bambini.

Akira

Anna

Connor

Dakota

David

Devon

Jamal

Kevin

Pat

Shane

Tamika

Questi sono i nomi che riesco a leggere dal punto in cui sono e mi chiedo se i bambini nominati sui quei palloncini sono ancora vivi dietro quella porta, o se Abrams li ha già uccisi tutti. C'è un film, che ho visto da piccolo, dove un palloncino rosso volava via ed aveva un sacco di avventure. Non ricordo il titolo, ma ricordo che il palloncino era vivo. Se solo potessi aprire la finestra e lasciare che quei bambini volassero via, catturati dal vento caldo.

Dio, che succederebbe se dovessi perdere il controllo? La negoziazione non è certo il mio forte; non riesco ad ottenere ciò che voglio da McDonald's la metà delle volte che ordino. Non sono stupido. So di avere un effetto irritante sulla gente. E se questo non è l'eufemismo dell'anno...

Ora ci sono venti piccole vite che contano su di me. Oklahoma City è un flash nella mia mente, immagini stampate nella coscienza della nazione. Piccoli corpi trasportati da vigili del fuoco in lacrime. Dietro la porta della Nursery c'è silenzio. Né un pianto né un lamento dai bambini. La mia esperienza con i bambini è limitata, ma so che dovrebbero almeno piangere. Il silenzio mi trasforma il sangue in sabbia e le ossa in pietra.

"Bill. Posso parlare con te?" chiedo.

"Vai a farti fottere." suggerisce l'uomo dall'altra parte della porta.

"Voglio parlare degli alieni." continuo.

"Ti sei lasciato sfuggire l'appunto?" chiede Abrams con un'ombra di secca ironia nella voce, "Non ti hanno detto che sono matto?"

"Allora abbiamo qualcosa in comune. Dimmi quello che sai."

"Perché dovrei?"

"Io ho visto molte cose." gli dico ed inizio a scivolare lungo il muro in direzione della porta.

Zippy mi afferra per una spalla, ma mi divincolo e continuo ad avvicinarmi all'arco di palloncini. Il muro è freddo al contatto con la mia guancia.

L'auricolare mi crepita nel cervello, inviandomi le voci dal centro di comando. Mi fermo ad ascoltare. "Abbiamo qualcosa." dice un uomo, "Un condotto d'aerazione. Corre dal tetto attraverso il sistema centrale fino alla nursery."

"Gas?" chiede Kazdin.

"Inonderebbe l'intero edificio. Potrebbe essere tossico per i bambini. Si potrebbe usare solo con degli adulti. Pensavo piuttosto ad un tiratore scelto."

"Perché me lo sta dicendo invece di farlo?"

"Il condotto è troppo stretto per qualsiasi mio uomo."

"Io ci potrei passare?" chiede la voce di Scully.

Trattengo il fiato e chiudo gli occhi.

Merda!

"Ognuno di questi bambini non è reale. Sono stati creati per distruggerci." dice Abrams con voce calma e padrona di sé. Sembra quasi che stiamo conversando piacevolmente in un bar piuttosto che parlando attraverso una porta, con pistole spianate da entrambi i lati. "Loro non sono umani. Ci stiamo stringendo al petto la causa stessa della nostra futura distruzione. Ci indeboliranno dal di dentro e ci distruggeranno."

"Ci sono "Loro", Bill?" gli chiedo, mentre le mie dita toccano la carta color porpora del palloncino col nome di Tamika.

Lei non può farlo, non può strisciare attraverso il condotto, non può prenderlo di sorpresa, non può tirarlo fuori di lì. Non glielo lascerò fare. Non posso.

"Gli onnipresenti, gli invisibili."

"Come? Perché?"

"Stavo cambiando la cassetta di connessione esterna di Jonestown Road. Ho ascoltato la conversazione di due uomini. Hanno accennato ad un piano, a della mercanzia."

Mercanzia. Il parola è come una pietra sullo stomaco. Una pietra lanciata su una ferita ancora dolente.


continua...