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E' mia intenzione inserire in questa pagina alcuni appunti dedicati al paese di mia madre: Casape

                                                                                                         Ultimo aggiornamento: 03-04-13

  Bibliografia di Roberto Borgia 

 

 

                                        Pagina in costruzione

 

                                       

                                               La storia di Casape

                                               I proverbi

                                               Le tradizioni

                                               Le foto

                                               Varie

 

La storia di Casape

 Riporto quanto scrissi nell' 0puscolo "Agosto casapese 1981", stampato dalla Tipografica San Paolo, a cura della Associazione Pro Loco di Casape; si tratta di una sintesi della storia di Casape, utile, quanto meno, per ulteriori approfondimenti:

"Disposto a mezza costa su uno sprone dei Monti Prenestini, quasi balconata sulla Campagna Romana, Casape (m. 475) si raggiunge da Poli oppure da Tivoli, attraverso strade di notevoli vedute panoramiche, risvoltando spesso entro profondi valloni, gole e burroni. Il sito di casape fu certamente adibito fin dall'età preistorica a punto di sosta di pastori, trovandosi lungo un antichissimo itinerario di transumanza che da Guadagnolo porta alla campagna Romana.

 In età imperiale la località apparteneva alla Gens Domitia, e qui sorgeva la villa, o meglio il fondo rustico, di Gneo Domizio Corbulone (morto intorno il 67 dopo Cristo), valente generale romano, dal quale derivò al paese l'antico nome, quello di Casa Corbula o Casa Corbule. Con la caduta dell'impero romano le campagne circostanti si spopolarono, ma nel 984 troviamo la donazione di molte di queste terre (tra cui Casacorvuli) fatta da una tale Rosa, probabilmente dei Signori di Palestrina, ala Monastero di S. Andrea alCelio a Roma (oggi Monastero di S. Gregorio Magno al Clivum Scauri): Tale zona nell'ambito del Distretto di Roma faceva parte della Provincia di Tivoli. Casa Corbuli viene menzionata nel 992 in un diploma dell'imperatore Ottone III, che la conferma a suddetto Monstero, nel 1051, nel 1249 con una ulteriore conferma di Innocenzo IV e nel 1299 in una bolla di Bonifacio VIII.

 Nel confuso periodo delle lotte fra le potenti famiglie patrizie romane, Casa Corbula fu contesa fra gli Orsini e i Colonna, passò poi per alcuni anni ai Borgia, ritornò agli Orsini e di nuovo ai Colonna. Troviamo in seguito come feudataria la famiglia Leonini, originaria di Tivoli; poi il principe Taddeo Barberini, prefetto di Roma, cardinale e nipote di Urbano VIII, che l'acquistò insieme al feudo di San Gregorio nel 1632 da Lotario Conti, duca di Poli. Il feudo fu poi venduto nel 1655 al Cardinale Pio di Savoia e proprio in questi anni Casa Corbula abbandona l'antico nome e prende quello odierno, che deriva da Casa di Pio - Casapi, quindi Casape, nome già documentato in una carta geografica del 1660.

 I feudi passarono poi ai successori , fra i quali ricordiamo nel 1724 Gisberto Pio di Savoia, Marchese di Casape, poi ai duchi di Uceda che li tennero fino al 1886, ma intanto le antiquate strutture feudali cedevano e già precedentemente nel 1809-14, durante l'invasione napoleonica, Casape faceva parte del Circondario di Tivoli, cantone di Poli ed era amministrata da un Maire (Sindaco) e da un Consiglio Municipale. I diritti feudali furono appunto aboliti nel 1847  e l'assetto urbanistico medievale cominciò a cambiare con l'edificazione di nuove case, fuori della protezione del castello, che era passato ai principi Brancaccio nel 1899 insieme a quello di San Gregorio"

 

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Riproduco ora un breve articolo che ho scritto nel mese di Gennaio 2007 riguardo la "Pietà" donata dal Sig. Pino Borgia alla Chiesa di S.Pietro apostolo:

La Chiesa di S. Pietro apostolo in Casape è conosciuta dagli amanti della storia dell’arte per il famoso crocifisso ligneo databile nella prima metà del XIII secolo. Ricordo ancora l’emozione del Parroco Don Antonio Felici (deceduto nell’anno appena passato) e del priore della confraternita del SS. Salvatore cav. Augusto Borgi quando, dopo il restauro nel 1967, il crocifisso fu restituito alla Comunità che aveva fatto non poche resistenze, affinché l’opera non fosse spostata dal paese per il restauro a Roma. In quegli anni la popolazione di Casape superava ancora le mille anime, peccato per l’attuale decremento demografico che ha portato i residenti nel 2001 ad appena 746 persone. Ciò nonostante l’aspetto del paese è notevolmente migliorato e, sempre attenendoci alla Chiesa parrocchiale, dopo i pregevoli affreschi nell’abside, che hanno incominciato a togliere all’edificio sacro l’aspetto di "incompiuto", il patrimonio iconografico si è arricchito delle riproduzioni su tela della "Deposizione" di Caravaggio, conservata nella Pinacoteca Vaticana e della "Madonna dei Pellegrini", sempre di Caravaggio, conservata nella Cappella Cavalletti nella chiesa di Sant'Agostino a Roma. Opere singolari, importantissime e difficili soprattutto quest’ultima che raffigura una donna del popolo, con in braccio il suo bambino, in attesa sulla porta della propria casa, una comune casa romana, e di fronte a lei due viandanti mal ridotti, con i piedi nudi, sporchi, i vestiti rattoppati: unico segno della loro condizione le mani giunte ed i due bastoni da pellegrini. Recentemente, il 24 giugno, ancora un gesto di devozione filiale da parte di un casapese, vissuto per molto tempo a Tivoli ed ora residente in Roma. Ci riferiamo a Peppino Borgia che ha voluto far dono alla Chiesa di S. Pietro apostolo della riproduzione della Pietà di Michelangelo, opportunamente colorata, essendo riprodotta in vetroresina. L’opera d’arte è stata collocata stabilmente in uno spazio a sinistra dell’ingresso della Chiesa, che è divenuto, grazie anche alla finestra di spalle, la cui luce ammorbidisce il colore della riproduzione, e al crocifisso di sfondo, una notevole cappella che invita alla riflessione sul mistero della morte, come recita anche la scritta dedicatoria "affinché i fedeli con le loro preghiere offrano al Signore e alla Madonna addolorata le loro anime". Certamente l’opera avrà la forza di parlare al cuore dei fedeli: essa invita altresì alla riflessione sulla risurrezione e soprattutto sull’amore materno, amore materno che, pur in forma particolare, ma proprio per questo sempre degno di rispetto, portò le madri di Casape ad inviare scaglie di colore del crocifisso citato prima ai loro figli impegnati sul fronte nelle due guerre mondiali, attribuendo al crocifisso virtù taumaturgiche, ricordando il particolare che nel 1656 aveva salvato Casape dalla peste che aveva infierito sul vicino S. Gregorio da Sassola. Il colore, sul famoso gruppo michelangiolesco (è stato scelto un celeste intenso per il manto ed il velo della Madonna che in questo modo fa da stacco al gruppo stesso) certamente rende l’opera assai inconfondibile, ma dopo il primo impatto e proprio grazie alla morbidezza della luce apprezziamo il gruppo certamente più terreno rispetto alla morbidezza e naturalmente alla indicibile grandiosità dell’originale michelangiolesco, collocandosi nella iconografia medievale che voleva colorate, anzi coloratissime, le statue lignee che venivano collocate nella Chiesa, proprio per avvicinarle alla comprensione dei fedeli (anche il gruppo ligneo della Deposizione, nel Duomo di Tivoli, in origine era colorato) derivando questa caratteristica dell’antichità classica prima che gli studi del Winckelmann ci facessero percepire tutte le statuarie antiche con un bianco abbagliante. Ma al di là di ogni considerazione siamo certi che il gruppo donato alla Chiesa di Casape da Peppino Borgia contribuirà a fare in modo che, come si espresse Paolo VI nell’Omelia del 29 febbraio 1976 in occasione del quinto centenario della nascita di Michelangelo: " Qui l’anima percepisce più che mai lo stimolo a salire verso l’alto, per qualcosa che trascende l’uomo stesso e la sua storia, in intimo e beatificante colloquio con Dio, sospinta dal medesimo desiderio di Michelangelo, che anelava ad uscire dall’orribil procella in dolce calma.".

 

 

  

I proverbi

Se febbraru’n febbrareggia, marzo e aprile areppareggia (Se durante il mese di febbraio il tempo non ha le caratteriste del mese, cioè brutto, a marzo ed aprile il brutto tempo si farà sentire, cioè pareggerà il brutto tempo che è mancato a febbraio)

Acqua, San Piè, che le montagne vanno a foco ! (Grido d'invocazione per invocare la pioggia durante il mese di giugno, in particolare ci si rivolge a S. Pietro Apostolo la cui festa si festeggia il 29 giugno. Ricordiamo che il fondatore della Chiesa di Roma è il patrono di Casape, ma già da moltissimi anni la sua festa fu spostata a Casape nel mese di Agosto per permettere ai contadini di partecipare alla mietitura)

 Palestrina, passa e cammina! (Non è salutare fermarsi a Palestrina per il carattere dei suoi abitanti! In verità questo proverbio o meglio questo invito è comune in molte nostre parti; non si dice forse: "Marcellina, passa e cammina!")

 La neve marzarola dura quanto la socera e la nora  (La  neve che cade nel mese di marzo dura quanto il rapporto tra una suocera e una nuora, cioè poco)                      

 

  

Le tradizioni

Riporto, per prima cosa, l'interessante scritto sulla pagina della Provincia di Roma intitolata "Casape, una vicenda di devozione popolare" (il sto della Provincia di Roma è: http://www.provincia.roma.it/)

"Casape, una vicenda di devozione popolare

Immaginate lo sbigottimento di E.B. Garrison, amabile gentleman nonché storico dell’arte anglosassone, quando impegnato –all’indomani della fine del secondo conflitto mondiale- in una ardua quanto preziosa campagna di rilevamento fotografico delle opere d’arte presenti su parte del territorio italiano, giunto a Casape, si vide ostacolato nel proposito dall’intera popolazione femminile dell’antico borgo.







Non dico che il signore, spinto plausibilmente da motivazioni di ordine scientifico, si aspettasse l’incoraggiamento, la riconoscenza se non anche la collaborazione della gente del luogo: rimase tuttavia senza dubbio… “colpito” dalla vicenda se addirittura la narra all’inizio di un suo saggio dedicato, appunto, al Redentore di Casape, opera oggetto del suo interesse insieme ad un Crocifisso ligneo del XII secolo.

Opera quest’ultima che, proveniente dalla chiesa di S. Simeone era peraltro in pessimo stato di conservazione, perché durante la Prima Guerra Mondiale, le madri di Casape, e per devozione e perché le attribuivano valore apotropaico, erano solite staccare e inviare ai loro figli impegnati al fronte, scaglie della superficie dipinta.

A onor del vero, lo svolgimento dei fatti – e testimonianze dirette potrebbero aiutarci a capire meglio – non è chiarissimo: sembra che, allorché le donne di Casape si furono rese conto che nella parrocchiale si era intenti a fotografare la venerabile tavola con il Cristo in trono, opera originale del X-XI secolo nonostante le numerose ridipinture, queste suonarono precipitosamente le campane per richiamare gli uomini dai campi e impedire che si procedesse oltre con quel sacrilegio.

Accorsa in gran numero, la gente del luogo affollò la chiesa e vani dovettero essere i tentativi del parroco per convincere che non si andava compiendo alcuna violazione dei precetti sacri, se addirittura vengono ricordati non meglio precisati episodi di tensione acutizzatisi fino a “a threat of violence”, minacce di violenza.

Quando poi si assistette al tentativo fallito da parte del parroco di ritrarre l’opera, la devozione popolare gridò addirittura al miracolo, incurante delle ammissioni di inefficienza da parte dell’improvvisato fotografo.
Solo l’autorità dell’arciprete, chiamato urgentemente da S. Gregorio da Sassola, riuscì infine a porre termine alla agitazione dei fedeli.

La vicenda, che nei tratti caricaturali del racconto può assumere anche una qualche parvenza grottesca, in realtà illumina, attraverso la religiosità popolare, l’unicità della tavola medievale raffigurante il Cristo Redentore.

L’opera, che rappresenta ieraticamente il Cristo benedicente in trono con libro in mano, si inserisce in un gruppo ristretto di tavole con medesimo soggetto presenti nel Lazio il cui prototipo è tradizionalmente ritenuto il Cristo Redentore del Sancta Sanctorum di Roma, il cosiddetto Acheropita.
Alcuni studiosi hanno in realtà avanzato alcune perplessità circa la derivazione iconografica delle tavole dall’opera romana che, coperta da un panno, era accessibile alla vista dei fedeli solo in occasioni particolarissime, mettendo in luce la molteplicità dei modelli di riferimento, essendo riprodotta l’immagine del Redentore tanto nella scultura che nella miniatura medioevale.
La presenza di almeno 8 icone con tale soggetto – compreso l’esemplare di Casape - databili al medesimo periodo, è comunque indice di una certa diffusione sul territorio laziale per il culto del Redentore cresciuto, ipotesi credibile, attorno all’immagine del Sancta Sanctorum.

Culto che, almeno a Casape, vorremmo dire, si è mantenuto evidentemente inalterato fino al XX secolo!
"

 

 

NATALE

Prima che Natale diventasse la festa consumistica per eccellenza, si aspettava, la sera della vigilia all'epoca di mio nonno Augusto Borgi (sì, proprio così: il mio nonno materno aveva il mio stesso cognome, ma senza la a finale), che venisse Zeppadoro da Palestrina.  Per quale motivo si aspettava Zeppadoro ? Per un motivo molto semplice e che oggi fa veramente commuovere: Zeppadoro portava gli spaghetti, cioè la pasta "compra". In una società nella quale il primo ed unico piatto era costituito dalla polenta di farina di granoturco o dalle sagne acqua e farina (senza uova!), cuocere gli spaghetti nella vigilia del Santo Natale rappresentava una tradizione o meglio un lusso che ci si poteva permettere una volta l'anno. Si incominciava ad attendere Zeppadoro nel primo pomeriggio ed ogni anno si temeva, al ritardo del suddetto, che Natale non potesse essere festeggiato come di dovere e si incominciava a dire:"Ah, quest'anno niente spaghi !".

Infine, spuntava dalla curva della strada Zeppadoro in groppa ad un somaro, con ai lati due bigonzi, nel quale c'erano i famosi spaghetti, che la popolazione provvedeva poi ad acquistare.(Oggi la vendita di pasta sfusa non esiste più, ma era una consuetudine che io ricordo ancora! Come non tener presenti quelle elegantissime madie in legno con i diversi cassetti per i vari tipi di pasta!)

Ma ritorniamo al Natale: il primo piatto erano gli spaghetti con il tonno (ricordiamo che era vigilia!), seguiti da canestre di frittelli, soprattutto di broccoli, ma anche di baccalà. La tradizione degli spaghetti con il tonno si ostina a rimanere in qualche famiglia, ma deve lottare tenacemente contro i primi piatti a base di vongole, frutti di mare, etc, essendoci oggi più disponibilità economica e possibilità di rifornimento nei vari negozi di pesce fresco o surgelato.(A questo proposito mi viene in mente una dissertazione con il nostro amico Olindo, che sostiene chegli spaghetti con il tonno, nella sua Puglia, vengano cucinati la sera dell'ultimo dell'anno. Ricordo che nella discussione sosteneva la nostra tradizione natalizia anche l'amico Guido). Essendoci a Casape molti alberi di nocchie un dolce caratteristico era il pangiallo, ma tipici erano anche i dolcetti, soprattutto quelli con lo strutto che sostituiva il burro. Questi dolci dalla forma rotonda e con un reticolo sopra vengono ancora fatti oggi e sono caratteristici per la loro morbidezza!

 

 

  

Le foto.

Queste sono alcune foto relative a Casape, che ho trovato scorrendo nel Web i siti che nominano Casape

 

Stemma di Casape                                                                                    Panoramica

                                                          

                                                

                                                                    

 

     

                                                                                            

                      

 

 

 

 

 

 

Chiesa di San Pietro Apostolo                        SS. Salvatore                                        Castello

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                            

 Madonna col Bambino                       Castello                                              Cappella di S. Simeone

 

 

 

 Stemma di Casape

Varie

Riproduco un interessantissimo stemma di Casape di epoca fascista, con la firma autografa del podestà Alderigo Milizia (1893-1977). (Fra l'altro Alderigo Milizia era cugino di mio padre Ferdinando e zio acquisito di mia madre Borgi Maria). Il disegno è in mio possesso ed è da notare il tentativo effettuato di cancellare il fascio littorio con la penna nera, tentativo effettuato naturalmente dopo la caduta del fascismo. Non ricordo come questo disegno sia venuto in mio possesso, forse mi è stato dato dall'ex parroco di Casape Don Antonio Felici.