Barranca del cobre
Guardare assorti il canyon che si apre come un’immensa ferita nella terra, memoria di tensioni[br] telluriche, scontri tra faglie terrestri, movimenti di pietra levigata dal tempo.
Fissare con gli occhi i rilievi montuosi , la vegetazione degradante e il fiume che serpeggia
sul fondo dell’abisso milleottocento metri più in basso.
Perdersi tra contrafforti, rocce minerali di colori cangianti, cadute vertiginose di cui non
s’intravede la fine.
Intuire il canyon di Uribe e il paese sul fondo valle schiacciato da una calura solida di 45 gradi.
Salire esitando sull’ultima pietra, in equilibrio instabile sul precipizio. Sentirla muovere su un
cardine immaginario, trattenere la vertigine.
Poi allargare le braccia e urlare a perdifiato la felicità di sentirsi vivi.