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Storia e storiografia








Cosa è la storia?
Il termine greco istoria significa vedere, informarsi, sapere; è applicato sia alle inchieste di Erodoto (un po’ romanzate), sia alle descrizioni degli animali di Aristotele (e delle piante di Teofrasto): in questo senso si parla di «storia naturale». A sua volta il termine greco ha una radice sanscrita, da weid che significa ‘visione che serve alla conoscenza’, di qui indagine.

Ecco allora che la storia è costituita dalle fonti stesse, dalle testimonianze (dirette), dalla materia prima documentata o archeologica, dalle rappresentazioni immediate o dalle narrazioni effettuate dai non studiosi, non aggiornate e non elaborate.
Dunque la storia è rappresentata da: avvenimenti + res gestae (azioni), ovvero dagli eventi umani nel loro svolgimento. Questa può essere considerata una definizione base di ‘storia’.

Ma cosa distingue la storia dalla cronaca o dalla narrazione?
Cosa distingue la storia dalla storiografia, rendendo quest’ultima una scienza umana?

La storiografia è propriamente il ‘discorso degli storici’; l’elaborazione e la stesura di un’opera di argomento storico secondo una metodologia. Un’elaborazione di materiali storici, di ‘documenti’ del passato.

Per Marc Bloch1 è inesatto dire che la storia (o meglio la storiografia) «è la scienza del passato»: «è assurda l’idea stessa che il passato, come tale, possa essere oggetto di scienza... senza una preliminare decantazione potremmo fare oggetto di conoscenza razionale fenomeni non aventi altro carattere comune fuorché quello di non essere stati nostri contemporanei?» (Apologia della storia - PBE, p. 39).
La storia è scienza degli uomini e «degli uomini nel tempo»: però lo storico non pensa all’umano come tale (che è l’oggetto dell’antropologia). Quindi essa è perfettamente una ‘scienza umana’, non narrazione.

Per la nostra cultura (Aristotele, Leibniz,...) «una realtà non si può comprendere in modo migliore che per mezzo delle sue cause»: così la scienza storica è studio delle cause dei comportamenti umani nel tempo.
Scienza dei comportamenti: ecco che tanti pensano che dopo il 1940 o il 1980 (spostando sempre il limite) non sia più storia, ma politica o sociologia o giornalismo (cronaca). Bisogna proporre di nuovo la domanda: dove sta la differenza fra storia e cronaca?

Nel metodo, nel fare analisi storica, cioè nel fare storiografia. La storiografia mostra i comportamenti del passato per meglio comprendere il presente ed agire in esso; ma allo stesso tempo i miei metodi e i miei interessi per il passato sono influenzati dai problemi del presente per cui io «comprendo il passato mediante il presente» (cit. p. 54). Questo è il fine pragmatico della storia/grafia.

Una scienza si definisce (oltre che come ricerca delle cause, o delle spiegazioni per una scienza umana - e spiegazioni delle relazioni nel passato e nell’insieme presente-passato, inteso come sviluppo del tempo umano -) per il suo metodo.
Per definire il metodo storico si può seguire Marrou2. La storia è «conoscenza (non narrazione) del passato umano», conoscenza scientificamente elaborata e non solo studio e ricerca (di cause): la storia è scienza del concreto, del singolare. Ma la scienza, come episteme (nel senso preciso di conoscenza vera, delle cause) è scienza del generale, allora la storia non è episteme, ma techne ossia «conoscenza diversa da quella volgare dell’esperienza quotidiana elaborata in funzione di un metodo sistematico e rigoroso che si rivela come fattore optimum di verità.» (La conoscenza storica - UP Mulino, p. 32)

Ciò che fa della storia una scienza è allora la sistematicità e rigorosità del metodo applicato a un insieme di fatti unici, cioè irripetibili esattamente allo stesso modo, ma anche conoscibili ed indagabili con: a) un metodo univoco; b) una comprensione di relazioni causali, motivazionali, di significato.
La storiografia è scientifica per il metodo; per la validità applicativa (techne) del modello, per la sua capacità esplicativa di fatti, uomini e comportamenti, pur restando ferma la molteplicità dei modelli storiografici scelti soggettivamente assieme all'uso di materiali da: documenti (scritti), archeologia, numismatica, toponomastica, geografia, economia, antropologia, narrativa, cronache; si hanno così la storia economica, demografica, sociale, politica, materiale, religiosa, locale (microstoria)...

A questo punto occorre concludere che la validità storica, come validità di una technee di una scienza umana , dipende dal buon senso e dall’onestà intellettuale dello storico (ma tale osservazione vale anche per qualunque disciplina della conoscenza umana): come per la cartografia occorre che la proiezione scelta non distorca troppo.

Sulla validità applicativa del modello bisogna tener presente che per Max Weber «la metodologia può essere sempre e soltanto una riflessione sui mezzi che hanno trovato conferma nella prassi» (Il metodo delle scienze storico-sociali - Einaudi, p. 147). Il processo di comparazione e classificazione dei dati è inscindibile dal lavoro dello storico, come da qualunque altra metodologia scientifica (quindi la storia locale non può essere fine a se stessa, ma collocata nella delineazione di un quadro complessivo).


note
1 Fonda, assieme a Lucien Febvre nel 1926, le Annales; le novità metodologiche sono: 1) attenzione ai nessi fra le varie dimensioni della storia (economica, politica, culturale, religiosa, geografica, socio-demografica); 2) ampliamento della nozione di documento, che viene inteso come ‘qualunque traccia del passato’ (ciò vale anche per la storia materiale marxista).torna al testo
2 Marrou Henry I. (1904-1977) è uno storico francese del mondo tardo antico. Da posizioni vicine allo storicismo (pur senza pensare a una filosofia della storia di tipo idealistico) punta a una storia intesa non tanto come conoscenza di cause, ma piuttosto come conoscenza intuitiva resa possibile dalla ricchezza umana dello stesso storico.torna al testo

Aggiornato Venerdì, 13 aprile 2001

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