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La crisi del positivismo

ovvero, il contesto di scienza e filosofia fra ‘800 e ‘900








Il contesto è quello delle critiche al positivismo la cui crisi si sviluppa già nel corso del XIX sec. per fattori interni allo sviluppo stesso delle scienze, sia della fisica sia della matematica, che rappresentavano il modello teorico da imitare. Alcune scoperte, infatti, mettono in dubbio il paradigma positivista dell’osservabilità diretta dei fatti positivi, cioè del raggiungimento da parte della scienza di verità assolute nel cui nome Comte (1798-1857) arriverà a formulazioni metafisiche (Catechismo positivista) e di filosofia della storia (legge dei tre stadi).

1. Scienze matematiche e fisiche
Con le geometrie non euclidee (quelle ‘iperboliche’ di Lobacevsky e di Bolyai appaiono indipendentemente già nel 1829; mentre quella di Riemann è del 1854, ma pubblicata solo nel 1867) si mostra come i postulati non siano tanto legati a una loro evidenza o verità, quanto piuttosto a ipotesi di partenza verso cui i teoremi che conseguono devono mantenere una coerenza logica. Studi successivi in campo matematico (Boole nel XIX sec., poi specie Frege e Russell) portano avanti tale carattere puramente formale e logico: compito della logistica di inizio XX sec. sarà proprio dare una fondazione rigorosamente logica alla matematica.
Probabilmente ancora più «grave» è la dimostrazione del II principio della termodinamica che nega la reversibilità completa dell’energia termica in energia meccanica: la reversibilità era alla base della fisica di Newton e, in generale, di ogni modello meccanicistico; inoltre, proprio in questa irreversibilità e nella conseguente nozione di entropia1 (Clausius, 1850), si può anche vedere una confutazione dell’ottimismo positivista (come quello evoluzionistico di Spencer, per cui evoluzione è un processo dal semplice al complesso, dall’omogeneo all’eterogeneo).
Nel campo dell’elettrologia Maxwell (1831-73) porta avanti alcune idee di Faraday (1791-1867) con la teoria dei campi: un campo magnetico produce effetti elettrici e una corrente produce campi magnetici. Dunque, Hertz (1857-94) afferma che esistono onde elettromagnetiche e a inizio XX sec. si dovrà ammettere che tali onde non si propagano grazie a parti di un mezzo materiale (etere), ma che si tratta piuttosto di forze con direzione non rettilinea influenzate dalle condizioni dei corpi che le possiedono: non si può più pensare a spazio e tempo assoluti, come volevano Newton, Kant (forme pure a-priori della sensibilità), i positivisti; questa è, del resto, la stessa conclusione cui era giunta la geometria anche se attraverso una via solo «immaginativa» o astratta (formale). Di seguito, sulla linea di sviluppo della fisica, basta ricordare la relatività ristretta (1905) di Einstein, l’affermazione dell’importanza delle idee di Einstein e Plank al congresso di Solvay (1911) o del principio di complementarietà (Bohr, 1922) e di quello di indeterminazione (Heisenberg, 1924) al congresso di Como nel 1927; di lì a poco (1932) Gödel avrebbe col suo teorema2 decretato la fine della logistica, ma implicitamente anche del neopositivismo logico (di Schlick e Carnap) che voleva fondare la fisica sulla logica e conseguentemente tutto l’albero delle scienze, cioè la scienza unificata contrapposta alla non-scienza.

2. Scienze umane
Qualcosa di simile avviene anche nelle scienze umane, come con la sociologia di Weber3 (1864-1920), o in campo psicologico. Riflettendo sulla coscienza e il tempo interiore si arriva, da un lato, alle posizioni di Bergson sulla durata4 che si ricollegano alla tradizione dello spiritualismo («Materia e memoria» è del 1896, mentre l’«Evoluzione creatrice» del 1907), dall’altro, a quelle di Meinong sulla percezione interna, che invece si rifà a Brentano [cfr. qui § 5], e da cui prenderà l’avvio la psicologia della Gestalt5.

3. Filosofie irrazionaliste e altre interpretazioni della scienza
Un’altra linea, diversa da questa e dal campo delle scienze umane, è quella dell’irrazionalismo con i suoi sviluppi da Schopenhauer (ogni percezione è apparenza sotto il velo di Maia) a Nietzsche (ogni conoscenza è interpretazione) e, forse sempre da Schopenhauer, a Freud (che parte proprio da presupposti positivistici per allontanarsene). Anche alcuni scienziati, in contrasto col positivismo di più stretta osservanza e sviluppando l’interesse per l’empirismo già presente nel positivismo inglese di J. Stuart Mill (1806-1873), proclamano il carattere ipotetico (l’«Analisi delle sensazioni» di Mach, un fisico che si occupa di filosofia della scienza fondando l’empiriocriticismo, è del 1886) o convenzionale della scienza («La scienza e l’ipotesi» di Poincaré, un matematico che si interessa di filosofia, è del 1902; mentre la «Teoria della fisica» di Duhem è del 1906: la fisica non è né vera né falsa, ma solo un insieme di proposizioni coerenti fra loro e più o meno approssimate).

4. La filosofia del linguaggio
Studi di filosofia del linguaggio vengono portati avanti da Frege, Whitehead e a Cambridge da Russel, Moore e Wittgenstein. L’obiettivo per Frege [oltre a quelli di una fondazione logica della matematica, cfr. qui § 1] e ancora più per Russel (1872-1970) è dare dare una sistemazione logica al linguaggio e alla filosofia e quindi alla conoscenza stessa (già a inizio ‘900, per Russel, proposizione e fatto «atomici» congiungono empirismo e logica).
Wittgenstein (1889-1951) si occupa del rapporto fra pensiero (proposizione) e stati di cose (mondo) puntando a una sistemazione logica a livello molto ampio: proprio per questo influenza il neopositivismo del Circolo di Vienna col “Tractatus”. Si delineano così anche gli influssi fra Wittgenstein, specie con le “Ricerche logiche”, e la filosofia analitica (Moore, con la sua opzione anti-idealistica): la filosofia è sempre più una analisi del linguaggio e dei suoi usi sia quotidiani sia scientifici e filosofici; tanto che l’analisi filosofica del linguaggio può ‘curare’ linguaggio e filosofia passando dall’analisi del linguaggio a quella della mente. In fin dei conti, il percorso della filosofia analitica riprende, attualizzandoli e integrandoli con studi di logica formalizzata, temi della tradizione filosofica che vanno da Aristotele a Kant [cfr. qui § 5].

5. Il ritorno a Kant e ad Aristotele
Altra linea ancora: per risolvere i problemi che stanno emergendo e mantenere la validità della scienza si pensa ad un ritorno a Kant, ma ovviamente non è più possibile accettare la sua definizione di a-priori come universale e necessario (trascendentale) perché troppo assolutistica ora che tempo e spazio sono divenuti relativi, ora che matematica e fisica stanno rinunciando a verità oggettive (universali) e meccanicistiche (necessarie).
In particolare l’empiriocriticismo (criticismo applicato non alla ragione, ma all’esperienza) di Mach è sviluppato da Avenarius col concetto di esperienza pura, cioè sensazioni anteriori a qualsiasi distinzione fra soggetto e oggetto (mondo psichico e fisico) e, in qualche modo, corrispondente a un a-priori. Tali posizioni sono un antecedente del neopositivismo del Circolo di Vienna: dunque possono anche essere interpretate come uno sviluppo dello stesso positivismo; tuttavia già diverse da esso.
Il ritorno a Kant è, in sintesi, una reinterpretazione del criticismo e dell’a-priori (come griglia interpretativa valida e fondamentale finché funziona: un trascendentale di tipo diverso) che assume forme diverse: una interpretazione fisiologica con Helmholtz; matematizzante con la scuola di Marburgo; di filosofia dei valori nella scuola del Baden con Windelband e Richert che, riprendendo lo storicismo di Dilthey, distinguono fra scienze naturali che spiegano i fenomeni con leggi e le scienze dello spirito che descrivono per comprendere; psicologica in Lotze; sociologica con i tipi ideali di Weber, che dal canto suo cerca in qualche modo di ridurre la dicotomia fra scienze fisiche e umane.
Il ritorno a Kant si interseca con la riscoperta di Aristotele da parte di Trendelemburg (1802-1872) ed è di qui che parte Brentano (1838-1917): alle sue lezioni a Vienna partecipano Husserl, Meinong e Freud. Brentano punta a una filosofia come sapere rigoroso e scientifico ma, a differenza dei positivisti, basato su analisi dell’esperienza come intenzionalità di coscienza che vede gli oggetti della conoscenza esistere nella coscienza (in-esistenza, o immanenza, intenzionale).

6. La fenomenologia di Husserl
Proprio il concetto di intenzionalità di coscienza è il punto di partenza della fenomenologia di Husserl prima sulla filosofia della matematica («Filosofia dell’aritmetica», 1891), poi sulla logica che non sia né formalismo né psicologismo («Ricerche logiche», 1900-01), quindi su un’esperienza purificata dalla riduzione eidetica o epoché («Idee per una fenomenologia pura», 1913).
La scuola fenomenologica, una delle più importanti del XX sec., si svilupperà poi in ambiti diversi: quello trascendentale (Husserl stesso), quello ontologico (Heidegger), quello esistenziale (Scheler e anche Heidegger), quello sociale e politico (Schütz e Sartre).


P.S. Le diverse linee sono state qui separate per questioni «tipografiche», ma sono ovviamente intersecate; l’unica forse un po’ più parte a sé è la terza.



- note -

1. L’entropia è il passaggio dall’ordine (differenziato) al disordine (insieme dell’indifferenziato, dunque caotico).

2. Il teorema di Gödel dimostra in modo rigoroso che è impossibile dare una fondazione logica alla matematica, in quanto occorre avere un ordine logico sempre superiore per fondare gli assiomi di partenza (regresso all’infinito).

3. La sociologia di Weber si basa sul concetto di ‘tipi ideali’: modelli estremi mai effettivamente esistenti nella realtà sociale fatta invece di tipi intermedi. Dunque l’osservabilità è diversa dalla teoria.

4. La durata è il flusso di coscienza che si oppone al ‘tempo spazializzato’ delle scienze fisiche; essa viene caratterizzata da Husserl mediante ritenzioni e protensioni dell’attualità di coscienza rispettivamente verso vissuti antecedenti e immediatamente futuri.

5. La conoscenza aumenta tramite intuizione della forma complessiva: la Gestalt è appunto la psicologia della forma che considera la totalità dell’oggetto e del campo in cui è inserito, rifiutando di considerare singoli (o parziali) elementi oggettivi da riassemblare in un secondo momento.

Ampliato: Giovedì 6 aprile 2006

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