VAGANDO NEL PASSATO
Eri molto ricca e bella, avevi 25 anni o
poco più. Mi volesti conoscere, perché all'epoca
suonavo
con un gruppo il cui nome era the Smoog.
Suonavamo in tutte le discoteche più
rinomate d'Italia, compresa quella che forse ancora oggi si
chiama Igloo situata a
Varallo
Sesia vicino a Biella.
Quando volesti conoscermi, non suonavo all'Igloo ma bensì allo
Smeraldo,
situato a Biella, ma
poco importa. Eri in compagnia di molti amici e amiche, e
decidesti di
avvicinarti al palco per
chiedermi un autografo. All'epoca si
suonava quasi sempre nonstop
Ricordo che se i componenti
delle orchestre desideravano andare al bar per dissetarsi
dovevano
farlo a rotazione (uno per volta).
Tu con molta pazienza aspettasti il mio turno
dopo domandasti
il mio nome. Ti dissi: aspetta, lo saprai non appena saremo al
bar,
qui c'è un tale frastuono che
non riesco a sentire nulla.
Andammo al bar e ordinai per te un chinotto e per me un gin
fizz, il
quale è una bevanda non molto alcoolica,
preparata con gin, succo di limone, soda e ghiaccio.
Rammento che voltando lo sguardo verso
destra, avevo al mio fianco una dolce fanciulla dallo
sguardo timido e impaurito, quasi come se
avesse timore
di parlarmi.
Molto timidamente mi disse: vuoi che
usciamo? Risposi certo.
Usciti che fummo prendesti molto
delicatamente il mio bicchiere e lo
appoggiasti sul davanzale di una finestra, poi lentamente.....
facesti altrettanto col tuo. In quel
momento a passeggiare nel vialetto degl'innamorati non c'era
anima viva anche perché la temperatura
esterna era a zero gradi e incominciavano a cadere i
primi fiocchi di neve. Iniziasti col
dirmi: ti osservavo attentamente mentre suonavi, aspettando
il tuo riposino e ti domando scusa però
non ce la facevo più, lo so di essere una stupida, però ti
prego non dirmi di no. Io ero lì immobile
come un cretino non riuscendo a pronunciare una sola
parola, allorché fosti tu che con le tue
braccia esili e tremanti mi abbracciasti
poi, dopo avermi
baciato sulla bocca dicesti:
sento che mi affezionerò tanto a
te, ora va e suona perché i tuoi
colleghi ti stanno aspettando , però
prima di salire sul palco dimmi il tuo nome.
Ti svelai il mio
nome e tu mi dicesti di chiamarti Liliana.
Mi dicesti inoltre: non vedo l'ora di fuggire con te lontano da
questo posto e prenoterò una bella
suite all'hotel Excelsior in una località turistica che
conosco. Finimmo il nostro servizio attorno
l'una di notte e dopo aver ritirato la nostra strumentazione,
ci congedammo dandoci la buona
notte. Molto cortesemente mi domandasti: possiamo metterci in
viaggio? Garbatamente risposi:
si mia simpaticissima Lili. Non appena salimmo a bordo della
tua elegante Mercedes Pagoda dal
colore bianco (non solo per la verniciatura ma soprattutto per
l'abbondante nevicata di queste
ultime ore), partimmo finalmente per quella destinazione che
solo tu conoscevi. Nevicava molto
forte e le tue manine erano incollate al volante, ti osservavo
senza dire nulla eri meravigliosa e
indossavi un abito da sera molto elegante e cortissimo.
Non lo nego, avrei avuto voglia di
accarezzare le tue belle gambe ma
non lo feci perché sapevo
che eri nel difficile. L'auto da lì a
poco si mise a sbandare e tu non riuscisti più a controllarla,
andando così a finire in fondo ad una
scarpata.
L'ultima cosa che ricordo fu quando
urlando disperatamente mi domandasti: Stefano
come stai;
rispondimi dimmi qualcosa ti supplico
svegliati, non fare così, poi... più nulla. Mi svegliai dopo
circa quattordici mesi di coma. Quando
aprii gli occhi, la prima cosa che notai, fosti tu assieme a
un'infermiera accanto al mio capezzale,
udendo la tua bella vocina soave, molto in lontananza e
non riuscendo ad aprir la bocca per farmi
sentire. Ero disperato e pur udendo tutto non riuscivo
a comunicare con chi mi stava accanto cercando d'aiutarmi.
Non mi abbandonasti mai eri sempre
lì accanto al mio capezzale cercando con tutte le tue forze di
farmi aprir bocca perché io potessi
pronunciare
qualche sillaba.
Eri sempre sorridente però dal canto mio e
guardandoti negli occhi
notavo in te,
si molta forza ma anche tanta fragilità e sofferenza.
Quando
uscii totalmente dal coma era
l'anno 1986.
Non ti muovevi mai ed eri sempre
accanto a
me, fissando e
accarezzando il mio viso senza parlare. Molte lacrime di gioia
scendevano dai tuoi
occhi. Le tue
guance bagnate dalle lacrime, mi trasmettevano tanta tenerezza,
che avevi verso
di me.
A stento, riuscii ad abbracciarti e
baciare quelle piccole e morbide labbra sottili.
Dopo aver
pianto ed esserti riposata un pochino mi dicesti:
Stefano, l'autista con la limousine
ci
attendono
all'ingresso; vuoi che andiamo?
Risposi: sono pronto. Salutai tutta
l'equipe medica,
ringraziandola
per avermi donato nuovamente la vita, dopo di che, partimmo per
dimorare nella
tua stupenda
villa ottocentesca. Ad aprire il cancello era l'autista Gisèle.
Il viale alberato che
conduceva alla
villa, attraversava un enorme parco. Davanti a questo
spettacolo, rimasi a bocca
aperta e mi
sembrava di essere un povero pezzente.
Ad attenderci c'era un maggiordomo molto
simpatico, il quale rivolgendosi a me
disse: signore non si disturbi a scaricare il bagaglio, perché
ci penserà il signor Armando.
Molte grazie gli dissi. Prendendo,
dolcemente la mano sinistra mi
conducesti
all'interno della sfarzosa villa e volgendo il tuo dolce sguardo
verso il mio, mi dicesti:
è di tuo
gradimento? Ricordo che per qualche istante non potei
risponderti, stringendo un pò più
forte la mia
mano ribadisti: Stiv ci sei? Ti risposi: è stupenda, tutto
questo è troppo per un umile
musicista da
strapazzo, che cosa ho fatto per meritarmi una dimora così
sfarzosa?
Accarezzandomi
mi sussurrasti queste bellissime parole:
a colpirmi oltre la tua persona è
il modo
con il quale
esprimi
te stesso con lo strumento. In
poche parole tu e lo strumento siete una cosa
sola,
riuscendo a farlo parlare. Ti prego di credermi Stiv, non mi
sono innamorata della notorietà
ma bensì della
tua persona.
Domandasti
se mi
fosse venuta
fame
la risposta fu:
si mia bambolina,
sediamoci pure a tavola. A tenerci
compagnia vi erano altri sette commensali, i quali erano i tuoi
simpatici genitori, tua sorella, tuo
fratello e tre tuoi cugini, sempre sorridenti e con tanta voglia
di scherzare. Dopo questo buon pranzo,
decidemmo di andare a
fare un pisolino. Ci svegliammo
nel tardo pomeriggio trovandoci
abbracciati l'uno all'atra. Ci mettemmo in piedi dopo di che,
non
vedevi l'ora di farmi da guida per
condurmi ad ammirare questa tua bella villa. Naturalmente fra
una sala e l'altra, ci concedevamo un po'
di spazio facendoci tante coccole e dicendoci belle frasi
d'amore. Trascorremmo così tutto il
pomeriggio, fino a sera inoltrata.
Dopo aver cenato mi domandasti se avessi gradito fare un giretto
in limousine
(questa volta però
a guidarla saresti stata tu).
Risposi: con molto piacere mia dolcissima Lili. Per l'occasione
indossasti una minigonna
da fare
girare la testa a chiunque e mi ritenevo
fortunato. Ci sedemmo in auto e dopo aver avviato il
motore ingranasti la marcia e partimmo
per un'altra destinazione da me ignota.
Durante questo
bel viaggetto, mi concedesti di appoggiare
la mano su una delle tue bellissime
gambe per accarezzarla. Il cuore mi
batteva fortissimo e mi
sussurrasti: mi piace tanto, sono un
po' agitata ed eccitata però ti prego
continua. Arrivammo
senza incidenti all'Hotel Excelsior
(in
quell'Hotel dove
prenotasti
la
suite prima del
grave incidente assieme a me).
Oggi
a
mia insaputa,
riuscisti a farmi questo magnifico regalo, riprenotando quella
stessa suite. In quel giorno infatti,
ricorreva l'anniversario del mio compleanno.
Non facesti neppure in tempo a mettere
i piedi sulla frizione e sul freno,
che già un signore dal
bell'aspetto ci venne incontro dicendoti
: excusez moi mademoiselle Lili, non si disturbi perché
per
parcheggiare l'auto; ci penserà Arturo messo a disposizione
dell'Hotel. Tu con modo molto
garbato gli dicesti:
faccia pure monsieur François. Dopo una lauta mancia,
ci congedammo da lui.
Entrati
che fummo, molto gentilmente e scusandoti, mi domandasti: posso
assentarmi per un pò
per andare a farmi bella per te? Mi
stupii e dissi dentro me: questa fatina è già bella così; cosa
desidera ancora di più? Lasciai
dunque che questo
angelo
andasse non so dove per farsi più bella.
Mi sentivo un po' stanco e decisi quindi,
di riposarmi sedendomi su un lussuoso divano foderato
con una pelle sofficissima da me mai
vista ne toccata. I minuti si susseguivano lenti e la mia Lili
non arrivava. Molta gente passava innanzi
a me, guardando e facendo un piccolo inchino come
per salutarmi. Alzandomi rispondevo a mia
volta con un altro inchino, risedendomi dopo pochi
istanti. Il tempo passava inesorabile e
di te neanche l'ombra. Avrei voluto venire a cercarti; ma
dove? Mi alzai e andai dal direttore per
sapere se conosceva una fanciulla dal nome Liliana.
Mi rispose: si la conosco di vista, però
se vuole saperne di più, lo chieda al maitre d'Hotel; ecco,
è proprio quel signore che le sta passando a fianco in questo
istante. Gli dissi:
la ringrazio molto.
Voltatomi bloccai immediatamente il maitre
d'Hotel domandandogli: conosce
una bella ragazza
dal nome Lili o Liliana? Certo mi
rispose, però oggi non aveva al suo fianco le solite compagnie
subdole, perciò dopo avermi dato una
grossa mancia, si confidò dicendo: Claudio,
la prego, non
dica nulla a quella gentaglia stronza, la
quale è solo capace di spogliarmi con gli occhi per poi
portarmi a letto e cercare di stuprarmi a
turno. Per cortesia signor Claudio mandi nella mia suite
una brava pettinatrice e qualcuno in
grado di portarmi un vestitino sexy adatto per l'occasione.
Volle aggiungere inoltre:
mi
raccomando
non
dica
nulla
neanche al professor
Villa
perché desidero
fargli una sorpresa. Disse ancora: lei signor Claudio lo deve
sapere in anteprima a me non frega
più nulla di quelle persone che frequentavo circa due anni fa.
E' da oltre un anno che conosco
Stefano e le dico con tutta sincerità che sarà lui l'uomo della
mia vita, sempre che lo desideri e
farò di tutto pur
di non perderlo. Le confido
un'ultima cosa: sa perché oltre alle sue doti canore
e alla sua grandissima esperienza
musicale, mi sono innamorata di lui? Egli è dotato di una gran
sensibilità e tanta umiltà. Ormai in quel Grand Hotel, mi
sentivo un pirla e mi domandavo dove
fosse finita colei che con l'inganno era
riuscita così bene a beffarsi di un cretino come me.
Lo giuro in quel locale non mi sentivo
più al posto giusto. Ero rimasto ormai solo e guardandomi
attorno, avevo l'impressione che tutti
questi miliardari di.... ridessero di me sbeffeggiandomi.
Ora faccio una breve parentesi. (come
dicevo poc'anzi, dal giorno dell'incidente, entrai in coma
e quando ne uscii rimasi senza lavoro,
non riuscendo più ad avere molta resistenza per poter
suonare e
percependo solo una misera pensione
d'invalidità, poi come per incanto, arrivò questa
deliziosa fatina che non mi abbandonò
mai).
Lili era sempre lì accanto al mio
capezzale e parlandomi diceva: su coraggio Stiv vedrai che ce la
farai, il tuo carattere è forte e con me
al tuo fianco andremo in capo al mondo, abbi fede amore
mio. Claudio ricevette una chiamata da
qualcuno e si congedò da me. Ormai
ero amareggiato e
tanto avvilito, desideravo solo una cosa: scomparire al più
presto da questo luogo che per me è
diventato ostile dove tutti mi disprezzavano solo perché non
avevo il portafoglio a mantice e non
potevo competere con loro perché non sarei stato in grado di
offrire ai miei amici, una bottiglia
da 600 euro e un lauto pranzo o cena una volta o due l'anno,e
inoltre non potevo permettermi
una squallida Porche o un Audi oppure chissà cosa.
Questi signori che ora sguazzano nella ricchezza, non sanno di
essere dei piccolissimi, miserabili
pezzenti peggio di me, non avvertendo la loro morte imminente.
Un bel momento vidi in lontananza un viso pari a quello d'un
angelo da me conosciuto scendere
elegantemente e lentamente, la scala principale di questo Hotel
Excelsior, la sua eleganza era a
dir poco fantastica. Con un piccolo cenno del capo, mi fece
capire che sarei dovuto avvicinarmi a
lei.
Timidamente mi avvicinai a quella dolce visione, scoprendo che a
tendermi la mano, era lei,
proprio la mia Lili.
Le scarpette erano di un colore che
definirei rosso papavero e, solo un pittore
potrebbe capire. Quel bel vestitino
essendo cortissimo, lasciava intravedere altre bellissime cose.
Ricordo che nel salone ci fu un gran
silenzio. Nel frattempo molto dolcemente
prendendomi per
mano desiderasti condurmi nella
suite e dopo esserci accarezzati per un po', mi domandasti se
avessi preferito cenare nella suite oppure assieme a tutti gli
altri miliardari. Non capivo più nulla
ricordo solo che la mia mano era appoggiata dolcemente sul tuo
ginocchio accarezzandolo.
Lasciasti che questa mia mano andasse piano, piano senza farti
male, dove desiderava andare.
Eri talmente eccitata che non avevi più
la forza di parlare.
Fui io che all'improvviso dovetti prendere una decisione e con
modi dolci dissi:
non è educato che
la prima sera ci appartiamo soli soletti, in questa suite anche
se lo desidererei. Dissi ancora: se
me lo consenti andrei a fare una bella doccia dopodiché, aprirò
l'armadio mettendomi pure io in
ghingheri come te. Mi dicesti: fa pure tesoro, sarò qui fuori
ad aspettarti. Finito di fare, la doccia
mi misi la camicia (quella che indossavo quando suonavo nei
concerti),il papillon e lo smooching,
poi prendendoci nuovamente per mano, scendemmo a cenare.
Premetto una cosa ed è questa:
era la prima volta che le tue dolci
labbra pronunciavano la parola tesoro e ne fui onorato. Capii
un'altra cosa che mi meravigliò non poco.
In quel frangente, eri tu a dominare tutti e a dettare
legge a questi miliardari da strapazzo,
anche perché eri la più ricca.
A venirci incontro era Claudio (il maitre
d'Hotel) dicendoci: miei cari signori andate pure
laggiù
sulla vostra destra accanto alla vetrata i camerieri vi stanno
aspettando e sono pronti a servirvi.
Ci avvicinammo
verso
il tavolo indicatoci e subito due simpaticissimi camerieri
sempre sorridenti,
spostarono indietro i tavoli le nostre sedie, poi uno di loro
disse: prego signori accomodatevi e
anticipatamente vi auguro un buon appetito. Vi erano sul tavolo
due stupendi candelabri d'oro
massiccio contenenti ciascuno sei candele ben lavorate, pronte
per essere accese.
Mentre ti guardavo negli occhi, sentii la tua calda manina
afferrare la mia, rimanendo così senza
parole e non sapendo cosa dire. Pensavo che se il Paradiso
fosse stato anche una milionesima
parte di così, mi sarebbe piaciuto volarci all'istante
(naturalmente con la mia piccola, ma grande
donna dal bellissimo nome Liliana).
L'imbrunire stava avendo ormai il sopravvento al tramonto
pomeridiano che potevamo ammirare da questo enorme finestrone.
Cenammo così al lume di belle candele poste sul nostro tavolo e
dialogando con i commensali
più vicini (sempre a bassissima voce).
Di tanto in tanto, il mio sguardo fissava
il tuo simpatico
visino. Essendo seduti l'uno accanto
al'altra il mio spirito non poteva far altro che aleggiare sulle
tue bellissime gambette, le quali
venivano accarezzate proprio da lui.
Senza
pronunciare una sillaba non smettevi di mangiarmi con gli occhi,
a parlare era proprio il
tuo dolce sorriso. Finimmo di cenare
attorno alle 23.00.
Prendendo la parola e senza che alcuno
captasse codesta frase mi sussurrasti all'orecchio queste
parole: "ti spiace tesoro se ci appartiamo
per raggiungere al più presto la nostra suite, perché
improvvisamente mi è venuta tanta voglia
di te e lì, potremo festeggiare il tuo compleanno noi
due soli?" Devo dire la verità, con tutto
ciò che avevo mangiato e visto, del mio compleanno, me
ne ero completamente scordato. Rammento
che ti dissi: si mia bambolina, saliamo pure.
Ci alzammo dal tavolo, ma non prima di
aver augurato la buona notte ai nostri simpatici amici
Non volesti prendere l'ascensore, perché
ti volevi pavoneggiare un pò facendo crepare d'invidia
tutti quanti. Salimmo lentamente gradino,
per gradino di quella bella scala.
I tuoi lineamenti aggraziati erano di gran
lunga superiori a quelli di una bellissima modella.
Entrati che fummo nella suite e dopo aver
chiuso la porta a chiave mi domandasti una cortesia,
al che non potei dire di no. L'attesa fu
per me lunga ed estenuante e data l'ora tarda, mi spogliai
poi mi appisolai su quel bel divano
firmato Frau. Nella suite faceva molto caldo per cui mi alzai e
andai alla finestra a respirare un po'
d'aria. Dopo circa tre quarti d'ora decisi di andare di nuovo
sul divano per cercare di prendere sonno, misi le braccia
attorno al collo e mi addormentai.
All'improvviso
fui svegliato da un rumore da me conosciuto. Sentii la porta
chiudersi con molta
delicatezza. Finsi di dormire e
tenni gli occhi ben chiusi, poi tutto ad un tratto, un fievole
respiro
avvolgeva il mio volto. Fosti tu che
abbandonandoti completamente su di me, volevi farmi capire
che avrei dovuto aprire gli occhi
per ammirare tutto il tuo bel corpo.
Notai subito che la tua capigliatura era
cambiata di molto, i tuoi capelli
erano lunghi
e lisci.
Le tue labbra avevano acquistato luce, perché il rossetto che
mettesti era lucidissimo. Fu allora
che svegliandomi totalmente ti abbracciai e baciai quelle
labbra sensuali. Mettendoti in piedi e
con gli occhi lucidi di pianto lentamente ti avvicinasti
sussurrandomi: dimmi sinceramente se ti
piaccio. Non avendo parole mi inginocchiai innanzi a colei che
amavo sopra ogni altra cosa e con
qualche lacrimuccia. Dal momento che ero quasi steso a terra,
volgendo lo sguardo verso il cielo
vidi prima di tutto quelle graziose mutandine che indossavi e
le calze di pura seta, fu più forte di
me e ti dissi: mi piaci moltissimo. Quasi contemporaneamente
incominciammo ad amarci.
Fosti
tu a condurmi in quel morbido lettone chiedendomi: desidererei
che fossi tu a spogliarmi,
perché pur essendo un bravo musicista,
saprai anche come comportarti in simili circostanze.
Non ricordo che ora fosse quando finimmo
di coccolarci, al che la tua dolce vocina sensualmente
esclamò: Ho!! Perdonami amore mio, ci
siamo dimenticati di festeggiare il tuo compleanno.
Ne rimasi colpito e ti dissi: mia dolce
fatina, fino a pochi istanti fa, secondo te cosa stavamo....
festeggiando? Ti vedevo turbata senza
saperne il perché, ad un bel momento mi dicesti se per
cortesia
avessi
potuto andare
a
prendere qualcosa nel frigorifero per dissetarci:
con molto piacere
ti dissi. Mi alzai e andai verso il frigorifero.
Ricordo che ci volle qualche momento prima di decidermi ad
aprirlo. intervenisti con la tua bella
voce dicendo: tesoro cosa aspetti a prendermi da bere? Suvvia
non rimanere lì impalato, deciditi
perché la tua bambolina ha molta sete. Ti ascoltai e mi decisi
ad aprire quella porta, notai con
stupore e una gioia immensa, che anche questa volta a mia
insaputa volesti farmi una gradita
sorpresa.
All'interno del frigorifero c'era
una bella torta con su scritto tanti auguri Stefano e al
centro una candelina azzurra.
In basso
notai
un secchiello con
due bottiglie
di ottimo champagne
immerse nel ghiaccio. Rimasi a bocca
aperta per qualche istante, dopo di ché, mi decisi e tirai
fuori tutto.
Tu eri
lì spaparanzata sul
letto e dicesti: questa
è una prova dell'amore che nutro
per
te.
Mentre pronunciavi
quelle parole notai in te vi
era tanta commozione e mentre mi
abbracciavi
calorosamente dicesti: non abbandonarmi
perché ho bisogno di te. Non sapendo cosa dire, baciai
tutto il tuo bel corpo, dopo
festeggiammo tutta la notte e solo
verso le sei del mattino potemmo
prendere sonno, per svegliarci nel tardo
pomeriggio. Trascorremmo così gran parte del mese di
febbraio e di marzo fino a
quando mi dicesti:
Stefano per favore puoi
chiamare un medico perché
non mi sento bene?
Telefonai alla reception e mi rispose
l'incaricato chiedendomi cosa desiderassi. Gli esposi il tuo
problema, lui molto gentilmente mi passò
all'istante il direttore il quale si trovava nel suo ufficio
e chiamò subito un dottore che arrivò
tempestivamente. Dopo un'accurata visita, mi chiese se
fossi potuto uscire un istante; lo ascoltai e uscii. Dopo circa
trenta minuti vidi la porta aprirsi era
il medico che avvicinandosi mi diceva: congratulazioni perché
fra qualche
mese diventerà padre,
però ce qualcos'altro che mi preoccupa non poco... meglio
chiamare subito un'ambulanza, nel
frattempo non l'abbandoni perché ha molto bisogno di lei.
Arrivò l'ambulanza e i barellieri mi
permisero di salire a bordo per starle accanto. Arrivati
all'ospedale i due barellieri presero la mia
bambolina e la portarono nel reparto in osservazione. Mi
dissero di non andare via perché, non
appena avessero avuto esiti in merito, me li avrebbero
comunicati. Le ore non passavano mai e
io ero sempre lì ansioso di sapere, aspettando pazientemente.
Trascorsi così quasi tutta la notte
senza sapere nulla.
Guardavo continuamente l'ora ma dei medici neppure l'ombra.
Erano circa le
sei del mattino quando si presentò
un medico dicendo che lui e la sua equipe avevano analizzato
attentamente il
caso e dissero che la mia dolce metà era incinta, poi aggiunsero
che questo non
era il problema principale. Il vero
problema invece era che le avevano diagnosticato un inizio di
leucemia. Logicamente mi
tranquillizzarono dicendo che dovevano farle ancora molti test
per
esserne certi. Mi diedero il
permesso di rimanere accanto alla mia piccola stellina tutto il
tempo
che l'avessi desiderato.
Passai giorni bestiali, lei era
sempre così bella da non sembrare ammalata e mi faceva tanta...
tenerezza. Stringendomi dolcemente
la mano sussurrando diceva: tesoro non mi abbandonare
in questo momento per me tanto
buio, in questi momenti ho bisogno più che mai del tuo grande
amore, ora
nella mia vita non c'è nessun'altro all'infuori di te.
La
mia risposta fu: bambolina come puoi pensare una cosa simile, lo
sai che ti amo tanto, tanto
e mai ti
abbandonerei; non riuscirei neppure per un minuto a vivere senza
te.
Ci
baciammo affettuosamente sulla bocca provando le stesse
sensazioni di quando ci baciammo
per la prima volta. Trascorsero così diversi mesi. Lili diede
alla luce un bel bimbo che lo chiamò
Marco. Un bel
giorno fui informato dai medici che la malattia stava pian piano
regredendo e mi
domandarono:
Signor Villa vuole avere lei l'onore di comunicare questa bella
notizia alla su
futura sposa?
Risposi: con enorme piacere dottore. Corsi subito da Lili e,
dopo averla baciata le
diedi la
bellissima notizia. Scoppiammo tutt'e due in un bel pianto di
gioia ringraziando il buon
Dio per averci
donato queste due felicità. Marco era dai nonni i quali gli
avevano regalato tanti
giochini e un
bellissimo cavallino (un poni). Fissammo la data delle nozze e
ci sposammo.
Naturalmente
per l'occasione, non fu Lili a guidare la limousine, ma bensì
Giséle diventata ormai
la nostra
autista per
molti anni. La mia dolcissima metà
era
sempre molto bella e mi spiacque
però, che in
quella circostanza non potevo ammirare e accarezzare le sue
bellissime gambette,
poiché erano
coperte da quel lungo abito da sposa.
Marco cresceva bene e a scuola aveva ottimi
voti. Studiava molto volentieri e quando finì
il liceo
volle iscriversi all'università scegliendo
come
facoltà la medicina, riuscendo in seguito
a essere un ottimo chirurgo.
Trascorremmo così i
nostri
ultimi anni della nostra vita senza altre
brutte malattie, amandoci
sempre di più e facendoci sempre (quando
si poteva) tante coccole fino a che il 14 giugno 2010
proprio quando ricorreva il giorno del suo
compleanno, il mio spirito volò in un'altra dimensione.
Ricordo che in passato le dissi che ben
presto (per me),
sarebbe arrivato quel giorno
fatidico.
Aggiunsi inoltre che anche in questa
circostanza non l'avrei dimenticata e sarei salito al cospetto
di Dio per prepararle un bel posto
accanto al mio, dove saremo stati uniti per l'eternità.
Dal momento che nell'aldilà non esistendo
ne tempo, ne giorni, ne tantomeno momenti (perché
in questo posto meraviglioso è sempre
uguale), vidi venirmi incontro un angioletto dai lunghi
capelli al vento e dal volto sereno e
leggiadro, che mi tendeva le sue esili braccia, accarezzava
il mio volto diventato ormai luminoso. La
abbracciai come meglio potevo anche perché in questa
suite eterna, non avevamo alcun bisogno
di nasconderci per amarci in questo luogo dove è tutto
amore
molto più grande di quello terreno. Fissandomi con i suoi occhi
ormai diventati più belli
che mai,
mi trasmise questo messaggio: sai amore
mio, quando tu ed io eravamo sulla terra e mi
parlavi del paradiso, non ti credevo. Non avrei
mai immaginato che fosse così stupendo, ma ora
ti credo perché ci sono dentro e lo sto
sperimentando.
Grazie mio grandissimo amore.
|