BENVENUTI NEL ROMANZO DI
STEFANO VILLA
UNA RAGAZZA STRAORDINARIA
In
una località della bella Albania, denominata Cristcian D'oru,
viveva Etienne, un umile, bravo
gentiluomo e
molto povero, ma con un cuore grande grande; caritatevole verso
il suo prossimo
(per quanto le sue tasche
glielo permettessero), chiunque esso fosse, essendo quindi ben
voluto
da tutti. In una notte
tenebrosa e molto fredda nel mese di gennaio dell'anno 2013
esattamente
il 19/1/13, mentre stava rincasando
a piedi e con passo alquanto stanco, dopo una grande festa
data in suo onore da Luena
(Luana), una stupenda ragazza nonché sua grandissima amica, alle
ore 23.27 venne bloccato e
malmenato da tre loschi figuri; per l'esattezza due donne e un
uomo,
i quali erano avidi di danaro.
Le due donne, erano per giunta brutte come la morte e megere nel
vero senso della parola. Una
di loro, doveva avere suppergiù ventisei anni di differenza
dall'altra
e al solo guardarla, faceva
venire il voltastomaco tanto era brutta e schifosa. Al loro
fianco, c'era
poi un brutto ceffo, anch'esso
schifoso, con labbra cadenti, gambe arcuate (cioè ad arco come i
cavallerizzi ma non era
affatto
un cavallerizzo) e bavoso, il quale puzzava di putrefazione e di
morte.
Costui,
era il figlio della megera più vecchia, uscito di galera poche
ore prima. Dopo aver
sottratto ad Etienne con la
forza il portafoglio, e quei pochi spiccioli che
conteneva, lo lasciarono
riverso a terra sanguinante,
dolorante e agonizzante. Per pura coincidenza, si trovava a
passare
in quei paraggi tutta sola,
l'ultra miliardaria Oliverta Canaj, una splendida ragazza del
posto.
Notando dal punto in cui si
trovava, quell'abominevole scenario, non mise neppure la manina
in
borsetta per estrarre il
cellulare e telefonare a Chiara (la sua autista personale), ben
sapendo
che il giorno precedente si
era sentita male, quindi, non volle svegliarla perché era a
letto con la
febbre alta. Corse invece a casa,
ubicata poco distante. Si affrettò ad avvisare la servitù, che
non
sarebbe ritornata sola.
Prenotò l'ascensore e velocemente scese in garage, mise in moto
la sua
Rolls-Royce poi, col piede
sinistro pigiò la frizione, mise la mano destra sulla cloche,
ingranò la
marcia, dopodiché col piede
destro pigiò dolcemente l'acceleratore e sempre dolcemente
sollevò
il piede sinistro dalla
frizione e, via come un razzo dal malcapitato, a
prestargli soccorso.
Una volta arrivata mise i
piedi sul terreno e scese dal posto di guida lasciando il motore
e i fari
accesi. In punta di piedi
s'avvicinò al gentiluomo e dolcemente gli disse: "Ciao amico il
mio nome
è Oliverta; Oliverta Canaj,
sai? Sono qui per te. Capisco che hai passato un brutto momento
mi
spiace immensamente … credimi
e, se lo desideri, da questo momento a prendersi cura di te, ci
penserò io … vuoi?" E ancora:
"Come stai?" Egli la fissò con occhi imploranti, dopodiché
facendosi
forza, le rispose: "Grazie di
cuore amica, mi sento come se un camion fosse passato sopra il
mio
corpo; ma, dimmi piuttosto,
una bella ragazza quale tu sei, come mai si trovava a transitare
in
questo luogo privo
d'illuminazione e tetro da far paura, proprio in questo momento?
Ah!!! Molto
piacere il mio nome è Etienne,
"Etienne Villa". Oliverta, con un dolce sorriso gli rispose: "La
mia
storia è un pochino lunga, ma
proverò a raccontarti chi sono … vuoi? La risposta, non poté che
essere: "Certo Oliverta mia
cara". Le rispose il buon Etienne, sono molto curioso inizia
pure".
L'affascinante ragazza disse:
"Ora, prendimi la mano e tienila stretta più che puoi, vedrai
che ti
rimetterò in piedi poi, ti
aiuterò a sedere in auto.
Appena
saremo a bordo, ti racconterò e finirò quando saremo a casa mia,
ho già avvisato Maria
la mia brava chef (capo cuoca), anche
Francesco (suo marito) mio maggiordomo del tuo arrivo.
La bellissima Oliverta, fece appena in
tempo a far salire in auto il suo nuovo amico, che venne
aggredita alle spalle da quei tre luridi
bastardi e schifosi avanzi di galera. Quelle due megere,
erano pure lesbiche e non facevano altro
che baciarsi da far venire il vomito anche a una povera
scrofa. Invece il pagliaccio e figlio
della megera più vecchia e prossima alla morte eterna ridendo
a squarcia gola, non s'accorse e perse la dentiera,
la quale andò a finire nel bel mezzo di uno
sterco di vacca. Si chinò verso terra, la
prese e sempre ridendo a squarcia gola, se la infilò in
bocca dopodiché mentre si alzava, alzò il
suo brutto muso e vedendo le candide mutandine di
pizzo di Oliverta, tentò di sollevarle la
minigonna e disse: "Ora sdraiati a terra perché, ho voglia
di te, in galera non avevo donne ed ora,
ho una fame bestiale. Ti violenterò qui in presenza di
quest'uomo e di queste donne, vedrai come sarò
bravo con le femmine. Intanto Chiara (l'autista
personale di Oliverta), destatasi
all'improvviso dal sonno, dopo aver fatto un bruttissimo sogno
premonitore, si sfilò il pigiama; si
rivestì come meglio poteva, poiché le sue forze erano ancora
molto deboli.
Si infilò quindi le calze di nylon e la
gonna, le quali erano appoggiate con cura sull'omino (porta
indumenti, alto suppergiù 100 cm da terra
munito di quattro ruotine piroettanti) dopodiché, con
molta eleganza, introdusse i suoi caldi
piedini all'interno delle scarpine con i tacchi a spillo … era
bellissima e la sua lunga chioma d'oro,
avvolgeva per intero le sue spalle ed emanava un intenso
e gradevole profumo di rosa. Dopo
essersi rinfrescata il viso scese di corsa in garage tentando
di mettere in moto la sua auto personale
ma fu iellata, perché la
voiture (vettura) non né volle
sapere d'avviarsi, così la batteria dopo
numerosi tentativi non ebbe più carica e
quindi si scaricò.
La
fortuna volle però, che
Oliverta, tenesse sempre pronta (quindi sottocarica) una
batteria di
scorta della sua Rolls-Royce per ogni
evenienza. Con molta pazienza e a gran fatica, la povera
Chiara, riuscì ad aprire il cofano e ad
inserire il pesante oggetto. Fu una fortuna che la sua auto,
potesse montare una batteria con gli
stessi valori
pari a quelli di una Rolls-Royce cioè con lo
stesso voltaggio. Il
freddo era talmente pungente, che dalla bocca della
bellissima chiara, usciva
il fiato molto concentrato e i suoi
piedini da caldi che erano, a poco a poco si congelarono per
non
parlare poi, delle sue morbide e calde manine; insomma, era
intirizzita dal gran freddo dalla
testa ai piedi. Decise dunque,
di salire in camera per togliersi la minigonna, poiché le sue
belle e
stupende gambe erano congelate e indossare un bel paio di
calzoni (pantaloni) di fustagno molto
resistenti e attillati
che le tenessero caldo.
Dopo essersi riscaldata un pochino, si
misurò la temperatura corporea (febbre), la quale non
voleva
saperne di diminuire. Stette ancora un po' al calduccio poi sempre preoccupata, si
fece
coraggio e andò a prenotare l'ascensore. Una volta scesa al
pian terreno, entrò in garage e....
prima di salire in auto, fece
due passettini sino alla finestra che si affacciava sul parco.
Osservando dalla medesima, con gran stupore notò che il viale
destinato a condurre sia pedoni
che veicoli all'ingresso, era
completamente innevato. Tra se e se, esclamò: "Ohhhh mon Dieux!!!
(Ohhhh mio Dio!!!!!), ci mancava pure la neve … pazienza, andrò
ugualmente". Con l'apposito
telecomando, aperse il portone
basculante dell'autorimessa dopodiché, si mise comoda al posto
di guida, introdusse la chiave nel nottolino del cruscotto poi,
col piedino sinistro, pigiò la frizione,
mise la cloche in
folle, alzò il piedino dalla frizione e provò ad avviare il
motore, il quale si mise
immediatamente in moto. A questo
punto la bella ragazza, riuscì a tirare un sospiro di sollievo,
quindi regolò il riscaldamento dell'auto, alla temperatura da
lei desiderata. Dopo aver aspettato
qualche attimo, che il motore si scaldasse
un pochino, introdusse la retromarcia e, facendo molta
attenzione uscì dall'autorimessa. Ad
ammantare l'intero parco e quindi pure il vialetto, vi erano
suppergiù, 20 cm. di candida neve ancora
integra (non calpestata).
Dopo aver inserito la prima
marcia partì
ma ahimè, poiché non aveva montato le catene
antineve e la medesima era molto
alta, le ruote posteriori giravano a vuoto
e quando aderivano al suolo, facevano così sbandare
l'auto. Visto le circostanze avverse,
decise di rientrare in garage ma non ce la fece perché la sua
vettura era bloccata nel punto in cui si
trovava. Ad ogni buon conto, dovette rassegnarsi, spense
quindi il motore e sfiduciata, scese
dall'automobile, poi col piede sinistro (facendosi pure male),
sferrò un calcio alla ruota più vicina e
risalì in fretta nell'appartamento al calduccio per meditare
sul da farsi. Proprio in quell'istante (malgrado l'ora fosse
tarda), era infatti l'1.30,
sentì squillare
il suo telefonino (era normale che a quell'ora squillasse il
cellulare di Chiara, perché un'autista
personale, quale essa era, dovesse essere
sempre disponibile cioè 24 ore su 24 per il suo datore
di lavoro, ovunque esso desiderasse andare.
Questa volta però, non era Oliverta ma bensì Alstead (Alteda) la
sua migliore amica.
Ora una breve parentesi. (Alteda era una
stupenda ragazza di ventisei anni dai bellissimi capelli
biondi tendenzialmente al castano chiaro,
lisci che quando voltava il suo visino, accarezzavano
dolcemente le sue belle spalle. I suoi occhi
erano anch'essi castano chiaro).
Ritornando al tema, pure lei era quasi sempre
sveglia perché, essendo al servizio dello stato in
qualità di ottima ragazza e agente segreto dei
servizi segreti albanesi, esperta anche nelle arti
marziali doveva essere sempre reperibile, in
qualsiasi momento. Ella infatti, oltre a essere molto
bella e in gamba, era oltremodo straordinaria.
Chiara, dopo averle esposto la situazione in cui si
trovava e di essere alquanto preoccupata per
la sua datrice di lavoro, ricevette questa
risposta
da parte dell'agente segreto: "Non ti
preoccupare mia cara, perché adesso non sono di turno, ed
inoltre, ho alcuni giorni di ferie". E ancora:
"Ora mi vestirò per benino, indosserò qualcosa di
pesante che mi ripari dal freddo e prenderò
il fuoristrada di servizio, perché è super attrezzato
per ogni tipo di esigenza, inoltre è dotato pure di verricello,
ed ha la trazione sulle quattro ruote.
Abbi fede Chiara e vedrai che ti tirerò
fuori da questo spiacevole pastrocchio".
Fu proprio così
perché dopo circa mezzora, Chiara sentì squillare
il suo telefonino, era Alteda, che l'avvisava di
essere in strada ad attendere che l'enorme
cancello d'ingresso al vialetto, venisse aperto. Dopo
alcuni istanti, ecco che il mega
fuoristrada, era parcheggiato con la parte posteriore a
pochissimi
metri dal portone basculante
dell'autorimessa.
Ci fu un breve cigolio dopodiché, si aprì
uscì Chiara poi, salutò cordialmente
la sua amica e disse:
"entra pure e in retromarcia e posizionati dove preferisci". Ok!
Le rispose la straordinaria Alteda
E ancora: "penso che userò il verricello e trainerò la tua bella
Citroen c5 dalla parte posteriore,
in modo tale che tu sia già pronta per
uscire con la parte anteriore verso il parco ok Chiara?"
La risposta fu: "Benissimo, ora andrò al posto di guida, così
sarò pronta per la manovra".
La neve intanto, continuava a scendere
copiosamente e il bianco manto, sembrava che avesse
già raggiunto i trenta cm di altezza. Dopo
che Alteda ebbe agganciato l'estremità del verricello
all'apposito anello per il traino della c5,
disse a Chiara: "Ok, sarei pronta per la manovra e (dopo
un colpettino di tosse) e tu?" Pure io
rispose compiaciuta la bella autista, e proseguì dicendo:
"Trascinami pure al riparo che monterò immediatamente le
catene".
Quando tutto fu pronto e
stavano per partire, ecco che una dolce
visione, all'improvviso, si presentò innanzi a loro.
Era la bellissima
Maria nonché un'ottima chef di Villa Oli, la quale disse:
"Buongiorno a voi mie
bellissime signorine, poiché ero sveglia per
via di questo trambusto, il quale dura da qualche ora,
molto preoccupata, ho pensato bene di
scendere per curiosare cosa stesse accadendo.
Ora, rendendomi conto che non è successo
nulla di grave, scenderò subito da basso (in cantina),
a prendere qualcosa per prepararvi
un'abbondante colazione e cucinarvi un lauto pranzetto, ne
siete contente? Naturalmente, ma solo
quando sarà
arrivata la nostra buona e tanto amata....
Oliverta. Alteda, fissandola con occhi languidi,
le rispose: "Ohh Maria! Tu; tu sei proprio un vero
angelo, ora però Chiara ed io, siamo molto
preoccupate per Oliverta, perché la mia amica qui
presente, dice che Oliverta è uscita verso le ore
venti, subito dopocena e ormai sono cinque ore
e trenta minuti che manca da casa.
Comunque, cucina pure se vuoi, mangeremo quando
torneremo, perdonaci Maria, ora dobbiamo
proprio scappare, altrimenti faremo tardi.
Bene, rispose lei, nel frattempo, sveglierò il mio caro
maritino Francesco
(nonché maggiordomo di villa Oli), che si vesta molto
velocemente e avvisi
Olivier (il factotum), di scendere
immediatamente qui e avviarsi verso il vialetto, con quella pala
meccanica
provvista di benna mobile, parcheggiata laggiù e incominciare a
togliere la neve di
modo che quando tornerete, sia pulito. Ok!
rispose Alteda, a presto e buona fortuna. Partirono
Quindi con due auto, alla ricerca di Oliverta. Alteda
(per maggior sicurezza), preferì che Chiara
precedesse
con la sua voiture (vettura),
potendo così controllarla a vista, nel caso in cui le fosse
capitato
qualcosa di spiacevole per via della molta neve. Le candide
bianche falde a quell'ora non
erano
più perpendicolari (cioè, che seguivano la direzione del filo a
piombo), ma oblique inclinate
rispetto
alla superficie stradale) a causa della violenta tormenta (una
bufera turbinosa di neve),
che all'improvviso si scatenò su gran parte del territorio la
quale, si sarebbe potuta benissimo
chiamare:
"La tempesta perfetta".
Il
tragitto anche se breve, sembrò interminabile perché dovettero
prestar soccorso a una giovane
automobilista finita in una scarpata, facendosi pure tanto male.
Alteda e Chiara, amorevolmente
riuscirono
ad estrarla dolcemente dall'auto e adagiarla sul lungo sedile
posteriore del fuoristrada,
aumentando
inoltre un pochino, il riscaldamento nell'abitacolo,
dopodiché mise la sua bella mano
nella
borsetta ed estrasse il telefonino, compose il numero del pronto
soccorso della località più
vicina
denominata "Aiél Bacan" facendo pervenire un'ambulanza e
avvisando inoltre, gli agenti
della
polstrada (polizia stradale). Intanto la tempesta di neve, non
accennava minimamente a
diminuire d'intensità anzi, il turbine della medesima,
aumentando sempre più, faceva oscillare in
maniera violenta, sia l'auto di Chiara che il grande suv
(fuoristrada) di Alteda.
Da lì a poco accorsero a sirene spiegate ma a passo d'uomo,
l'ambulanza e l'auto degli agenti con
al
seguito, un grande carro attrezzi munito di una potente gru, per
l'intervento richiesto. Un
volta
che l'auto della bella e giovanissima ragazza venne issata in
strada, i poliziotti, facendo i
primi
rilevamenti sull’identità della medesima, scopersero che la sua
vera identità, era (a questo
punto,
la pattuglia stradale non svelò il suo nome per intero, se non
la prima lettera dell'iniziale,
la quale era "G". Il nome e cognome lo svelarono solo in
centrale e agli avvocati, del luogo in cui
venne
poi processata per guida in stato di ebbrezza, nonché il ritiro
immediato della patente e
sei
mesi di reclusione, con l'aggiunta di una grossa ammenda. Dopo
averle fatto il test del tasso
alcolemico,
stabilirono che era completamente ubriaca fradicia, ed era una
famosa entraineuse
(donna
che intrattiene i clienti nei locali notturni e costretta a bere
litri di champagne specie il
Cristal). Quand'ella si svegliò dal profondo coma etilico, pensò
di trovarsi in quello squallido e
lurido
Nightclub (locale notturno), nel quale faceva pure la cretina
con i clienti vecchi e bavosi,
bevendo come una spugna e, spillando loro tutti i soldini che
tenevano nei propri portafogli.
La
verità invece, fu ben diversa e cioè, si trovò in un centro per
alcolisti dove al suo capezzale,
vi era Ina Baboci, una bravissima dottoressa la quale con tanto
amore, si prese cura della sua
sventurata, nonché incosciente e STUPIDA paziente. Ci sarebbe da
sottolineare che la suddetta
Ina,
al tempo stesso era pure laureata in psicologia. Venendo quindi
al dunque, dopo che Alteda
e
Chiara ebbero salutato e ringraziato con un piccolo inchino, gli
agenti e i barellieri, misero in
moto
le loro vetture e si avviarono verso il luogo dove c'era
Oliverta e il povero Etienne ormai
quasi privi
di vita, naturalmente seguiti dall'ambulanza. Quando finalmente
arrivarono sul posto
(con
non pochi problemi),videro una scena a dir poco allucinante
nonché straziante. Oliverta era
completamente
nuda, solo con le trasparenti mutandine giallino tenue. La sua
minigonna, era
stracciata e gettata sul ciglio della strada. La sua bella e
intima natura, appariva così al vento.
Il
reggiseno, era avvolto ben stretto attorno alla sua boccuccia
fungendo da bavaglio per non far
udire
ad alcuno la sua vocina. Le sue bellissime, morbide nonché
piccole tettine, erano ricoperte
di
gelidi fiocchetti di neve ed ella piangeva … sì, sì, piangeva
tanto per il dolore e per la brutale
violenza subita poche ore prima da quel bastardo e grandissimo
Purcun.
Venne dunque soccorsa sia lei che il povero Etienne e
trasportati immediatamente all'ospedale di
"Aié'l Bacan". Il primario testa d coi (testa di cavolo),
essendo single (scapolo) spesso e volentieri
pernottava nella suddetta struttura ospedaliera, essendo ben
voluto da tutti i medici, infermieri e
pazienti. Dunque la signorina Oli, venne
sottoposta subito a cure adeguate, ma poiché la brutale
violenza
subita da quel famigerato stupratore fu enorme, purtroppo col
suo cuoricino già malato,
non
resse e a poco a poco come un mozzicone di candela arrivata alla
fine, abbandonò il suolo
terrestre. Mentre i medici erano in procinto di farle
l'autopsia, ecco che qualcosa di molto bello e
raro
accadde. Improvvisamente e molto lentamente, chi le si trovava
accanto, vide articolare,
dapprima
le dita dei piedi, poi quelle delle mani, dopodiché gli occhi i
quali pian piano s'aprirono,
le
gambe si mossero come se volessero iniziare a camminare. Le
labbra si schiusero, ma la calda
vocina
ancora no. Arrivati a questo punto, l'autore lascia ampio spazio
al lettore, per trarne le
conclusioni
sul proseguo in ospedale, della signorina Oliverta
Dopo
questa breve parentesi, ritorniamo pian pianino nel tema. Dunque
le nostre due simpatiche
amiche,
erano rimaste sole solette in quel luogo lugubre cioè, che
richiama immagini di dolore,
violenza
e ormai, luogo malfamato. Alteda, prendendo la parola disse:
"Bene Chiara! Ormai che
è
tutto finito non vedo altro da fare se non rientrare alle nostre
dimore". Chiara non ebbe manco
il
tempo per dire qualcosa che all'improvviso venne aggredita alle
spalle da quel purcun e Alteda
dalle
due megere al che, grazie alle sue grandi doti nelle arti
marziali, in men che non si dica, si
liberò e subito dopo, sferrò un colpo da vero maestro di kung fu
(una tecnica di combattimento di
origine
cinese che prevede l'uso delle mani e dei piedi sia per
attaccare che per difendersi).
Quindi,
con la gamba sinistra e molto velocemente allontanò da se, una
delle due donne e idem
con
quella destra, perciò rimase sospesa a un metro da terra per
qualche istante senza toccare il
suolo
poi, velocemente voltatasi di scatto andò loro incontro e con le
due robuste manine prese
le
donne facendole roteare su loro stesse, al che sbattendo i loro
brutti musi l'uno contro l'altro,
ricaddero a terra prive di sensi, con i loro volti sfigurati dal
sangue. Immediatamente dopo, era
già
alle prese col purcun, il quale
aveva in precedenza steso a terra la bellissima autista Chiara e
pronto
a violentarla, come già aveva fatto qualche ora prima, con la
signorina Oliverta ma suo
malgrado,
non ebbe la stessa fortuna perché Alteda, non fece neppure in
tempo a prendere fiato,
che
il purcun era immobilizzato a terra, non potendo più nuocere ad
alcuno. Ella, disse dunque a
Chiara:
"Ora avviserò le forze dell'ordine, perché vengano ad arrestare
questi tre delinquenti e
sia
fatta loro giustizia. Attesero dunque l'arrivo degli agenti, col
furgone cellulare per far salire
quei
tre malviventi, andare in caserma e sottoporli
all'interrogatorio di terzo grado. Una volta
salutati, Alteda telefonò a Villa Oli dicendo a Francesco di
raggiungerle con un auto sola, ma di
prendere con se Maria per portare in villa la Rolls-Royce.
Quando arrivarono i coniugi, misero in
moto
i motori potendo così tornare a casa e mettere nei loro stomaci,
qualcosa di caldo.
Arrivarono
alquanto affamati, ma il tavolo era già imbandito e sopra
c'erano tante cose prelibate
preparate con tanto amore dalla bella Maria e Francesco. Finito
di desinare il lauto pasto.....
(naturalmente in compagnia della bravissima cuoca, suo marito e
Olivier il giardiniere), si notava
benissimo che Chiara e Alteda, crollavano dal sonno per non aver
dormito tutta la notte. Quindi
ad
un bel momento, Chiara molto garbatamente disse: "Ho molto sonno
e penso di avere ancora
la
febbre, perché malgrado questa villa sia ben riscaldata, sento
tanto freddo in tutto il corpo e
ho i
brividi, ora domando scusa e con il vostro permesso, salirò in
camera a misurarla e cercherò
anche di riposare un poco, salirai pure tu Alteda assieme a
me?" La risposta fu: "Volentieri
mia
cara, aspetta solo un istante perché dirò a Maria, che domattina
avrei intenzione di andare
a far
visita
ai nostri due amici Oliverta e il povero Etienne, sai Chiara?
Non capisco il perché ma sento
nel mio cuore una forte attrazione per lui, desidererei tanto
che divenisse il mio ragazzo e
poi
magari
chissà?" Maria la quale era tutt'orecchi, la lasciò finire di
parlare, dopodiché le disse:
"Ok
verrò pure io, Francesco e se vorrà potrà unirsi anche
Olivier, così formeremo un bel quintetto".
Bene rispose Alteda e ancora: "Pernotterò qui, dal momento che
ho ancora qualche giorno di
riposo, così potremo partire assieme col fuoristrada. Dopo il
"Sì con piacere mi unirò a voi molto
volentieri". Di Olivier, Chiara e Alteda salirono nella camera
da letto di Chiara, perché vi erano
due
bei letti grandi e molto comodi. Si spogliarono e, dopo aver
dialogato un poco, si assopirono
sino
all'ora di cena.
Dopocena
si trattennero ancora mezz'oretta con Maria e Francesco,
dopodiché andarono a fare
la nanna.
Alle 7.45, Alteda si svegliò e in punta di piedi senza svegliare
Chiara, andò in bagno.
Quando ebbe finito di farsi bella, uscì e vide che Chiara si era
svegliata. Quando anche lei fu
pronta, scesero nella grande sala, dove ad attenderle c'erano la
bella Maria, Olivier e Francesco
per la
colazione. Quand'ebbero terminato, Maria molto umilmente,
espresse un suo desiderio e
disse: "Signori, sarei onorata se fossi io a condurvi
all’ospedale di Aié'l Bacan con la mia auto,
perché come sapete, è ferma da qualche giorno e col freddo che
fa, sarà meglio farle fare un
giretto, poi dal momento che è molto grande, starete tutti
quanti comodi … che ne dite ragazzi?
Il primo a prender la parola fu Olivier il giardiniere,
meccanico e carrozziere di villa Oli, il quale
disse: "Dal canto mio va bene Maria,
così mi dirai se la modifica che ho fatto al posto di guida, è
di tuo gradimento".
Detto ciò, cedette la parola a Chiara,
Alteda e Francesco che acconsentirono.
Ella, soddisfatta
assai, disse: "Grazie di cuore ragazzi, siete proprio buoni di
cuore e veri amici,
ve né sarò eternamente grata. Perdonatemi ma
ora, correrò immediatamente in rimessa e una
volta lì, monterò
le catene antineve". :"No no!!!". Esclamò Olivier: "Tu rimarrai
qui al calduccio,
perché scenderò io in rimessa a montarle,
avrei solo bisogno delle chiavi dell'auto". Consegnate
le
chiavi, si accomiatarono per rivedersi dopo meno di
quarantacinque minuti.
Ed ora, una breve parentesi. Olivier, era
un ragazzo dal bell'aspetto e molto socievole con tutti,
specie
con la bellissima autista Chiara, la quale aveva
un debole per lui.
Ora l'autore ritorna nel tema.
Ultimati
i preparativi, l'allegra compagnia, riuscì finalmente a partire per la città di
Aié'l Bacan.
La tormenta, pareva
fosse diminuita lievemente d’intensità. Ai bordi della strada vi erano cumuli
di neve alti circa
un metro e mezzo accumulata durante la notte dai mezzi spazzaneve. Ad ogni
buon conto, nevicava
ancora copiosamente e l'incantevole Maria era assai concentrata alla guida
e, anche se Olivier
aveva montato le catene antineve, conduceva l'auto molto lentamente, onde
incappare in
spiacevoli sorprese. Naturalmente il suo caro maritino, le era seduto accanto, e
non
la perdeva mai di
vista neppure un secondo e, di tanto in tanto con la mano sinistra accarezzava
il suo bel visino
domandandole: "Amor mio sei stanca, desideri che ti sostituisca alla guida?"
La risposta fu:
"No; no grazie non sono stanca, basti tu al mio fianco a darmi la forza
necessaria
per giungere
all’ospedale. A questo punto, la tiepida manina destra di Maria lasciava per
qualche
istante il volante
per cercare quella sinistra del suo beneamato Francesco.
Chiara (la quale era
per una volta in
riposo dal suo incarico di autista, si era spaparanzata nel
sedile posteriore
dell'auto, accanto al suo Olivier. Ad un tratto, non resistette alla tentazione
e,
molto dolcemente,
appoggiò il suo bel capo, sulla spalla destra di Olivier poi, con le sue morbide
nonché affusolate
dita, delle sue manine, prese quelle di Olivier e molto lentamente, le appoggiò
con molta grazia sul
suo seno, dopodiché come una dolcissima bimbetta, si appisolò sino ad Aié'l
Bacan. Alteda, la
quale poggiava anch’essa il suo fondoschiena sul sedile posteriore, osservando
queste meravigliose
scene di vero amore, sorrise e nel contempo dai
suoi occhietti lucidi, già
scaturivano calde
lacrime d'amore, inondandole il suo dolce visino togliendole così, anche un po'
di trucco dopodiché, contro la sua volontà cominciò a singhiozzare. Maria, dal
posto di guida se
né accorse perché di
tanto in tanto, sbirciava dallo specchietto retrovisore.
Appena riuscì a trovare una piazzola d'emergenza con poca neve,
parcheggiò e scese dall'auto
poi, facendo il giro
dalla parte anteriore andò ad aprire la portiera posteriore della medesima
dov'era seduta
l'agente segreto Alteda. Vedendola piangere, si abbassò piegando le gambe e....
mentre l'accarezzava, le asciugava
il suo dolce visino poi, le domandò: "Alteda mia
cara, tu sei
una ragazza forte e
coraggiosa, mi vuoi spiegare perché piangi?" Ella, avvicinatasi ancor più alla
bella Maria, le
rispose: "Vedi Maria? Sono felicissima nel vedere voi che vi amate, ma, ma, ma
io
sono tanto triste
perché anche se sono agente di spionaggio e pure esperta in arti marziali, sono
pur sempre una
ragazza molto sensibile, con un cuore che batte e quando torno a casa, mi sento
tanto sola. Sai
Maria? Ormai sono certa di amare Etienne ma non so se lui corrisponderà, inoltre
se egli m'amerà,
farò di tutto per stargli vicino il più possibile e desidererei, regalarli anche
dei
bambini, così in mia
assenza potrà pensare a me, attendendo il mio dolce ritorno dalle missioni."
La bella Maria
commossa,
la prese fra le sue braccia e la tenne stretta stretta a
se poi, vedendo
che stava lentamente
migliorando, le disse: "Se ti sposti un pochino più a sinistra, io mi siederò
qualche minuto
accanto a te e chiuderò la portiera poiché sta nevicando troppo forte. Una volta
seduta, disse a
Francesco: "Per cortesia, avresti voglia di avviare il motore e aumentare un po'
la temperatura
nell'abitacolo?" "Certo amore rispose lui". Dopodiché Maria notò che Alteda
stava
riprendendo a
singhiozzare cercando di trattenere le lacrime e le sue manine, tremavano un
po',
al che le disse: "Alteda
mia cara, coraggio, non devi pensare al peggio perché non siamo ancora
arrivati dal tuo Etienne. Sai? Pure lui è solo e ha
molto sofferto, inoltre ha un cuore grandissimo
poi, tu sei
dolcissima e
bellissima vedrai che gli piacerai e tutto andrà per il meglio; me lo sento.
Ora
scenderò e andrò al posto di guida, però promettimi che non piangerai più". La
risposta non
poté
essere che: "Sì; sì Maria te lo prometto ma potrei domandarti un favore?" "Dimmi
cara e ti
accontenterò".
Rispose Maria. Ecco la domanda di Alteda: "Potrei sedermi io al posto di guida?
Così
mi concentrerò a guidare e mi distrarrò". "Ma certo mia cara, accomodati pure".
Detto ciò,
Maria
scese dall'auto per far sì, che pure Alteda scendesse e raggiungesse il posto di
guida, come
mise
il piede e schiacciare la frizione per inserire la prima marcia, ecco che
un'automobile le si
affiancò
sul lato sinistro
e da essa, scesero tre
distinte persone, due giovanotti e una ragazza.
La
ragazza disse: "Ciao carissima Alteda, come stai? Mi sembra un secolo che non ci
si vede.
Ti
ha riconosciuta Alfonso mentre salivi in auto, quand'eravamo ancora molto
distanti da qui,
grazie
alla sua vista da falco (acuta). Abbiamo quindi pensato bene, di fare una breve
sosta per
salutare
una giovane e simpaticissima collega nonché, grande amica, che non vedevamo
dalla
nostra
missione in Tunisia. Sai Alteda? Quel terrorista, a gran fatica, l'abbiamo
acciuffato, ed ora
non
farà più attentati all'ambasciata italiana di Tunisi. Non era mica solo sai? A
operare assieme
a lui, c'erano pure
due donne e un uomo i quali, erano al servizio di una grande organizzazione
con cellule legate
strettamente ad Al-Qa'ida. Adesso, non nuoceranno più a nessuno perché
sono
in prigione e
verranno condannati con il massimo della pena.
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