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BENVENUTI
NEL RACCONTO DI STEFANO VILLA
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È NOTTE
Sai
amore? Ricordo tutto di
quella notte trascorsa
dietro al campanile.
Bastava cosi poco per
essere felici,
infatti
tu ed io
eravamo sì poverini ma,
al tempo stesso
ricchissimi
interiormente perché ci
amavamo entrambi come
non mai. Tu, tu eri bellissima (e
lo sei tutt'ora); io non
cessavo un istante di
fissare il tuo dolcissimo visino. Sai
Adriana? Rammento
inoltre che
delicatamente
accarezzavo i tuoi
lunghi capelli neri
lucidi come specchio, i quali
istante dopo istante,
catturavano lo splendore
argenteo del chiarore
lunare fissandolo così
eternamente sulla tua
lunga chioma nera. Non
parlavo per non rompere
quel mistico silenzio
che avvolgeva le nostre
invisibili aureole
dell'infinita bontà, ch'era in noi.
Sai mia dolcissima
Adriana? A me, piaceva
parecchio ammirare il
capo e la riga
dei tuoi capelli, che spontaneamente si formava
sulla destra del cuoio capelluto.
Da quel punto,
come un'ondina
del
mare fuoriusciva una
ciocca di capelli lisci
e neri e man mano che
scendevano come una tendina di seta pura
coprivano parte della
tua fresca fronte,
accarezzandola
lievemente.
Proseguivano
poi lentamente il loro itinerario,
andando ad infrangersi
sulla battima delle tue
esili e belle spalle e
sfumare gradatamente la
loro lunga ma lenta
corsa, verso il
centro dell'avambraccio
destro. Oh! mia carissima
Adriana non puoi immaginare
quanto avrei desiderato baciare, o
almeno sfiorare le tue rosee
labbra. Ad un
certo
momento gli occhi
miei si socchiusero per
qualche istante,
cosicché il mio sguardo
era concentrato sul tuo
bel
volto. Volgesti lo
sguardo verso me e, al
tempo stesso sorridevi.
Mentre compivi quel bel
gesto, sorridevi e, le
labbra tue sottili
s'allungavano
leggermente. Ciò che mi colpiva
sensualmente, erano le
tue pallide gote le
quali
quando sorridevi,
si gonfiavano un pochino
sembrando così di
cristallo. Rammento che
eri bellissima sai? Il
tuo
dolcissimo viso
d'angelo, era proprio
ciò che si diceva e si dice: "codesta ragazza è,
acqua e sapone".
Sensuali
assai, erano
le fossette che avevi sulle tue guance
come pure nel mento, in modo
particolare quando
sorridevi
ed io, morivo
dalla gran voglia di te,
di baciare e
accarezzare la tua
morbida boccuccia color
di rosa, assaporando
pure un pochino di quel
dolce lucidalabbra così lievemente
colorato. Mi osservavi
senza proferire parola
e poi a
poco a poco, col
sorriso sulle labbra e
gli occhi lucidi come di
pianto, stendesti le
braccia verso me. A quel
punto
le dita
affusolate delle
profumate e morbide tue
mani, come per
incanto si
apersero e le tue labbra lentamente si
schiusero al sorriso.
La nostra amica luna, t'illuminava tutta come
se ti
avesse infuso la forza
per dirmi: "Coraggio mon
amour, je
t'aime
beaucoup". Baciami
dunque sai?
Poc'anzi, mi sono
assopita per qualche
istante e mi sei apparso
in sogno.
Desideravo
tanto questo momento
pure io da
quando siamo qui. E
avvenne che, a poco a
poco per volontà di
entrambi, si compì
candidamente quel dolce e sincero
gesto d'amore. La notte
sfiorava più
o meno la metà del
suo
tempo il periodo
notturno trascorso sino a
quel momento era passato
e cominciava il
presente il quale
anche
esso durava il suo
tempo dopodiché inizia il
futuro. Quella
notte era ancora fonda e
in lontananza i fanali
erano
ancor accesi
illuminando così, gran
parte delle vie, bivi e
trivi. La
dolcissima Adriana fissò
intensamente il
suo
amore negli occhi, dopodiché gli
sussurrò: "Sai mio grande ed
eterno amore? La tua
dolcezza e
il modo di fare
che hai
da galantuomo, mi hanno
proprio resa molto felice e appagata
di tutto. Mi prometti
quindi che alle prime
luci dell'alba tenendoci
per mano, ti lascerai
condurre alla mia umile
dimora? La mia auto è
parcheggiata proprio
qui
dietro al campanile". La
risposta fu: "Ti
ringrazio tantissimo miaolcezza, vedrai non ti
deluderò sai? Ho
capito
di amarti sopra
ogni altra cosa però al
primo posto, ci sarà sempre il
nostro Buon Dio che
tanto ci ama". Va bene
amore rispose contenta
la dolcissima fanciulla.
Sai, pensavo anch'io la
stessa cosa. Detto
questo, Adriana mise il
braccio al collo e il
capo sulla spalla destra del suo amato, poi chiuse gli
occhi e si appisolò. Ad
un certo punto,
entrambi
furono svegliati dai
ripetuti rintocchi di
due campane. Erano per
l'appunto, le due campane
collocate in
cima al
campanile, dove sotto vi erano i due innamorati.
Queste
campane suonavano per
la prima delle S. Messe
domenicali e ormai in
lontananza, si udivano i
primi
frastuoni prodotti dai
motori delle auto e
degli autobus in
poche parole, la città
si stava svegliando e
incominciava a prender vita. I
lampioni che durante la
notte erano
serviti ad
illuminare le vie e
i crocicchi i bivi e i
trivi, si erano ormai spenti
perché il sole era alto al'orizzonte,
quindi i due piccioncini si presero per mano e senza
fretta, s'avviarono verso
la splendida Isotta Fraschini color
crema di
Adriana. Arrivati che
furono, Adriana mise mano alla borsetta,
ed estrasse un mazzetto di chiavi fra le
quali vi erano anche quelle per
aprire le portiere
dell'auto e quella per la messa in
moto. Con molta
gentilezza
aprì pure quella
del passeggero poi, fece
il giro in senso
antiorario e aperse la sua portiera,
mise il suo piccolo
ma
proporzionato piedino
destro sull'acceleratore
e, l'altro sulla
frizione dopodiché, mise in moto
e partirono per
l'umile
sua dimora. Durante il
tragitto, si notava
molto bene che la bella
ragazza era un po'
eccitata; era dovuto
al fatto che ci fosse
il suo amato
accanto a se; lui allora le appoggiò la
mano sulla morbida
coscia
accarezzandola
in modo che la
bella bimba, provasse un
pochino di piacere. A
poco a poco essa alzò lo
sguardo lo fissò con
occhi
languidi e non
diceva nulla ma poi, con
un dolce sorriso e un
bacino alla francese,
gli sussurrò: "Amore, se
non
vuoi vedermi
piangere, ti prego di
accarezzarmi come solo
tu lo sai fare. Egli
allora da vero
galantuomo le disse:
"Ora per favore
accosta e spegni il
motore". Fatto ciò le
disse: "Bravissima
Adriana". Lei a questo
punto con voce
sensuale, gli
domandò: "E, adesso
cosa intendi farmi amor
mio? Lui rispose: "Sst,
adesso amore lasciami
fare ciò
che
desideri". Lei obbedì,
ed egli le sollevò la
scarpa col tacco a
spillo che era
appoggiata
sull'acceleratore, e poi
dolcemente le sfilò il
piede dalla medesima
e comincio
a massaggiarglielo senza
strapparle la morbida e vellutata
calza
di seta.
Ultimato il
piacevolissimo
trattamento
anche all'altra gamba,
la fantastica creatura
poté rimettere
i
piedi sugli appositi pedali dell'auto,
avviare nuovamente il motore e riprendere
così il viaggio verso casa.
Nel
frattempo il suo amato
ne approfittò per
chiudere gli occhi e
schiacciare un
pisolino. Ad
un certo momento
la
stupenda autista esclamò:
"Oh! Perbacco,
guarda come si è
messo a piovere bene
all'improvviso". Egli
che aveva
il sonno
leggero udito ciò si
destò del tutto dal
medesimo e, vedendo lo
scrosciare dell'acqua
che
con
insistenza
scendeva
dal cielo, battendo sui
cristalli dell'auto e
picchiando violentemente sulla
carrozzeria, le domandò:"
Sai
Adriana, vedo che ti
tremano le mani hai
forse paura?" Lei
singhiozzando gli
rispose: "Sì amor mio; tanto
tanto".
Egli, si ricordò
di aver già percorso un
tempo, quel tratto di
strada quando usciva nei
giorni di festa per
andare a
zonzo. In quel
preciso istante si
ricordò che poco più
avanti sulla loro
destra, ci doveva essere
il grande
Hotel
Pacific e così fu.
Domandò quindi alla tanto amata Adriana:
"Amore, visto che questo
nubifragio non accenna
a
diminuire desideri che
sostiamo il tempo
necessario "al Gran
Hotel Pacific?
Naturalmente offro tutto io,
tu non
dovrai
tirare fuori neppure un
centesimo vuoi?"
La risposta fu: "Sì va
bene amore mio, sostiamo e
pernottiamo
pure
all'Hotel Pacific, così
faremo un giorno di
vacanza, grazie
di cuore avviserò solo a
casa che
tarderemo di un
giorno".
Dopo una
mezzora, Adriana
aveva già consegnato le
chiavi dell'auto al
parcheggiatore
dell'Hotel, perché
gliela parcheggiasse
nell'autorimessa
sottostante.
Intanto i
due fidanzatini, si
sedettero comodamente
l'uno accanto all'altra,
in un morbido sofà a
orecchioni che si
trovava nell'accogliente
hall in attesa che
arrivasse il loro turno per
poter parlare con
l'impiegato della
reception.
Egli, dopo
aver registrato per
bene tutti i dati dei
due nuovi arrivi,
consegnò loro le chiavi
della suite 325 e poi
avvisò l'incaricato
perché andasse a
caricare in ascensore i bagagli
dei due innamorati.
Prima di accomiatarsi,
Adriana mise la mano
nella borsetta, prese il
portafoglio ed estrasse
dei soldi
donandoli al ragazzo che
gli aveva
portato i bagagli,
il quale dopo
aver ringraziato e salutato educatamente chiuse la
porta e, se ne andò. Una
volta
rimasti soli, i
due piccioncini,
sembrarono alquanto
spaesati.
Si guardarono
quindi attentamente
negli occhi senza
proferir parola poi, non
sapendo che pesci
pigliare, Adriana
con le sue movenze
sensuali, sola soletta
guardandosi attorno ogni
tanto si avvicinò alla
finestra sperando di
essere seguita ma,
purtroppo non fu così.
Egli rimase tutto solo
e impalato in mezzo alla grande
camera della
suite. Certo che le
sue idee
su cosa fare erano
molte, allorché optò per
sdraiarsi vestito sul
morbido letto, quindi
chiuse
gli occhi e
all'improvviso crollò in
un sonno profondo sino a
quando venne svegliato dal
suo tesoretto.
Il dolce risveglio,
avvenne nella maniera
più semplice e bella
possibile. Egli sognò
una bellissima
principessa, la
quale innamorata
follemente del suo
principe azzurro, non
esitò un secondo ad
accostar le sue morbide
labbra a
quelle di lui
e, con arte dandogli
così un caloroso bacio
che egli gradì
e molto
volentieri collaborò. A
rito ultimato
con
successo, Adriana
volle rimanere ancora
un poco
abbracciata al
suo eterno amore nel più
assoluto silenzio,
per
poter udire i tuoni
accompagnati dai fulmini
e dallo scroscio
della pioggia contro il
grande finestrone della
suite.
Il temporale non
accennava a diminuire
d'intensità, per cui la
dolcissima bimba
lo ringraziò di cuore il
suo
amore e
gli disse:
"Sai mio amore hai
avuto proprio un'idea splendida quando
mi consigliasti di
sostare in questo
Hotel, ora però
assieme a te,
desidererei tanto
prolungare questo
magnifico soggiorno
almeno per due settimane
finché il tempo si sarà
rimesso al bello, che
ne dici amore ti va
questa mia idea?" Egli
dopo una simile
proposta
rispose: "Sì mi
piace questa tua idea, e sono
molto contento sai? Mi sa che non
mancheranno le occasioni per
fare delle favolose
passeggiate solo in
compagnia di noi stessi
e nessun altro
magari sotto quei boschetti
laggiù
oltre quei
campi". Va bene amore,
però non intendo solo passeggiare sotto quei
boschetti sai?
Ciò che intendo
dire è
che desidererei essere
amata da te e, se non lo
hai ancora capito.....
Qui s'interruppe
bruscamente
e pianse; sì, pianse
tanto. Detto ciò, gli si
gettò al collo
stringendolo forte forte
e,
con le sue calde lacrime
agli occhi s'abbandonò
totalmente a lui a quel
punto che entrambi
persero i sensi, senza
capir più nulla
e con arte
fecero quella
bellissima cosa che si chiama... amore.
Quando tutto tornò alla normalità,
Adriana
disse: "Sai? Ora sto proprio bene grazie
di cuore per come hai
saputo trattarmi, sei
veramente molto
bravo e
delicato
a fare l'amore.
Adesso contatterò la mia
fantesca pregandola di
avvisare la servitù che
il nostro
ritorno sarà,
fra due settimane circa
e inoltre, di salutare
anche don Gioacchino Mellano". Il bravo
compagno di
viaggio le domandò: "Perdona la
mia curiosità ma chi
sarebbe don Gioacchino Mellano?"
Lei
rispose: "Vedi mio
carissimo amore? Nella
mia umile dimora dove ti
porterò più o meno fra
due
settimane c'è
una graziosa cappella
incorporata nello stesso
edificio e, dato che la
mia servitù ed io siamo
molto credenti, c'è il
cappellano, il quale è
appunto: "Don Gioacchino Mellano il quale
all'occorrenza viene a
celebrare le varie
funzioni religiose". Ho
capito
le
rispose il gentiluomo e
continuò domandando:
"Sai cara, se
rimanessimo qua per tutto il tempo che
vuoi non
potremmo fare finta di
essere in luna di miele;
che ne pensi?"
È un'ottima
idea rispose prontamente
Adriana, e
continuò: "Sarebbe mia
intenzione domandarti
una cosa molto seria e
importante per me ma, non so per te
cioè,
non so se ti farà
piacere". A questo
punto, non riuscì più a
parlare perché le venne
un groppo alla gola, cosicché
dai suoi occhi
iniziarono ad uscire le
prime vere, calde
lacrime d'amore. Egli
preoccupato non poco
dopo
averla
baciata e
coccolata come piaceva a
lei, le disse: "Orsù
stellina mia cara mi vuoi dire
che cosa ti sta
affliggendo?
Mi sembra
di aver intuito qualcosa
di bello, che però hai timore
di dirmelo non è forse così?
Dunque amor mio, ti
supplico … parlami e ti
dirò di sì perché
anch'io lo desidero tanto".
Dopo essersi ripresa
un
pochino gli parlò con
testuali parole: "Sai
amore, entrambi siamo
certi che
ci amiamo
tanto e
non riusciamo a
fare a meno l'uno
dell'altra, visto che
anche tu lo desideri te
lo chiedo in ginocchio
e...
con le lacrime agli
occhi
mi vuoi sposare". Detto
questo, il suo dolce
visino, lentamente si
avvicinò a quello di lui
portando le sue labbra
sensuali a contatto con
quelle del suo amato
dopodiché, ricevette
questa risposta: "Sì...sì
mia cara, Sai? L'ho desideravo
tanto anch'io ma non
avevo il coraggio di
dirtelo, ora che è tutto
chiaro, stammi
vicino e
mentre la pioggia
continua a scendere, se
lo desideri, potremmo
rimanere abbracciati ed
io ti farò
tante
coccole
poi, faremo quella cosa
che ti rende tanto
felice vuoi? La
risposta fu: "Oui mon
amour, lo desidero tanto
e,
sarei già
pronta.
A fase ultimata del
piacevolissimo contatto
d'amore, come previsto
dopo circa due settimane
trascorse felicemente facendo
anche lunghe
passeggiate, nei boschi,
giunse il momento di
preparare i bagagli e
di
saldare il conto. Ad
ogni costo
Adriana non volle nel
modo più assoluto che
l'importo da pagare
venisse chiuso
dal suo
amore. Uscirono dall'Hotel e subito
arrivò il parcheggiatore
a consegnarle l'auto. Entrambi ringraziarono
il signore e in quel
mentre, Adriana aperse la borsetta
estraendo dal portafoglio una banconota da
…
ma, la cifra
la vide solo il parcheggiatore.
Finalmente i due
innamorati si trovarono
di nuovo da soli e pronti
per la
partenza
verso
l'abitazione di
Adriana. Con molta
grazia e sensualità,
l'elegante fanciulla
dimenando le anche e il
sedere,
per farsi
ammirare, passò
innanzi a colui che tanto l'amava
domandò scusa e aperse la portiera poi, fece
il giro
della sua
lussuosissima Isotta Fraschini.
Dal momento
che indossava una
stupenda minigonna di
fine seta
cangiante, cioè che
cambia colore a seconda
dell'angolo da cui è
osservata. Eleganti
scarpe con tacco a
spillo, delle calze
di nylon scure color
testa di moro,
agganciate ad un
finissimo reggicalze
anche esso scuro. Chi fosse transitato
da quelle parti e,
avesse osservato
attentamente il
rito di Adriana per salire in auto, non
avrebbe potuto fare
a meno
di sostare per ammirare
le sue
eleganti
mutandine
di pizzo rosa
tenue e complimentarsi
con lei per il buon
gusto nel scegliere l'abbigliamento.
Detto
ciò col piede
sinistro pigiò a fondo il
pedale della frizione,
posò la mano destra
sulla leva a cloche,
collocata
sul pavimento portandola
in folle, quindi
appoggiò il piede destro
sul pedale
dell'acceleratore,
inserì la chiave la
ruotò in senso orario, avviò il motore e pigiò leggermente
l'acceleratore
per dare un pochino di gas dopodiché
partirono
per raggiungere quanto
prima, come diceva
sempre la
ragazza: "Ti porterò
nella mia umile dimora
che
è ubicata in un bel
posto denominato viale
degli olmi al n° 21.
Durante
il viaggio, Adriana per
rompere la monotonia,
volse il suo viso verso
quello del suo ragazzo e poi
la sua
morbida mano
accarezzò quella di lui
e
dopo gliela chiese
in prestito ed egli
acconsentì. Una volta presa la trasse
a se dolcemente,
adagiandosela dolcemente come una
farfallina fra le mutandine e il rinforzo di pizzo della
bella
calza
di nylon, e poi con la sua
angelica voce sensuale
gli domandò: "Mio eterno amore, ti
prego anche ora che
sono
concentrata alla guida
ho tanta voglia di
essere coccolata e accarezzata da queste
tue mani d'oro, come
pure i
polpacci". Egli
accontentò la sua bella
ma, con l'occhio sempre
vigile sul
volante, sui pedali e
sulla leva
perché in
caso
di eccessiva
eccitazione, sarebbe
stato in grado di
prendere immediatamente
i comandi, senza
arrecare delle conseguenze
disastrose.
La
bella bambolina,
s'accorse che il suo
amore era alquanto
preoccupato e quindi non riuscendo
a stare
zitta, gli
domandò: "Ti supplico
tesoro, dimmi cosa c'è
sai? Noto in te, molto
turbamento; temi forse
che non sia in grado
di
provar piacere mentre
sono al volante cioè,
fare due cose
contemporaneamente? Così
facendo, non mi annoio
perché ho accanto a
me un ragazzo
molto, molto speciale ad
accarezzarmi tutta,
dalla testa ai piedi;
ma ora può
bastare
anche perché, mancano
solo pochi chilometri e,
saremo arrivati nella
nostra umile dimora,
vedrai amore
ti piacerà
ne sono convinta, nel
caso contrario, lascerò
a
te la decisione di
farla ristrutturare come
desideri sei
contento?
"Sì … sì, certo mia
piccolissima sbarbina ma, ma la proprietà è
tua per cui le decisioni
le prenderemo
assieme".
Continuò dicendo:
"Rammenti quel dì quando
ci conoscemmo?"Certo
amore, disse lei: "A quell'epoca
eravamo
ancora piccini, ricordo quel pomeriggio
autunnale ero appena
arrivata a casa dalla
scuola e frequentavo
la
prima elementare. Sai?
Mi sentivo tanto triste
e sola, uscii perciò
in cortile per giocare
ma, non c'era nessun
bambino con cui giocare
assieme, così non riuscivo a
divertirmi. Ad
un tratto, udii un
cinguettio, levai dunque
lo
sguardo verso il
cielo e vidi passare un
uccellino poi, abbassai
lo sguardo
e oltre la rete
metallica di color
verde,
posta sopra un
muretto in mattoni
pieni rivestito di
cemento, ti vidi eri
tutto solo seduto in un
angolino e non
giocavi.
Vedendoti così triste e,
non conoscendo ancora il
tuo nome ti chiamai
così: "Ehi bimbo! Per
favore, volgi
lo sguardo
verso me e dimmi, qual è
il tuo nome? Poi ti
domandai se ti
avesse fatto piacere
uscire dal tuo cortile
per
venire nel mio a
giocare con me". E
ancora mi dicesti: "Mi chiamo Stefano
adesso domanderò il
permesso
a
mia nonna
perché la mia mammina è
a lavorare". La nonna
gli diede il
permesso e lui da quel
giorno, quando
veniva
chiamato da Adriana,
usciva volentieri, per
andare a giocare da
lei, e giocavano
entrambi spensierati,
quasi tutti i pomeriggi.
Sai Stefano? Ricordo
come fosse ora quando ci sedevamo
sul prato adiacente
all'orto, e
tu iniziavi
ad accarezzarmi, poi
inserivi la tua giovane
e inesperta mano
fra la mia gonna,
posandola poi sulla
mia
coscia accarezzandola
come fai ora che sei
adulto. Io ti lasciavo fare
come
faccio adesso
perché già allora,
mi
piaceva immensamente sai
Stefano?
È
per questo che ti amo
tanto e non
voglio perderti ti ho
sempre amato
credimi". E
ancora: "Ecco siamo
arrivati; vedi? Laggiù
oltre quella siepe, imboccheremo
il lungo viale degli
olmi
e là, al n°
21 ci sarà la nostra
casetta … oh!!! Amore,
non immagini quanto sia
contenta". Egli le
rispose: "Pure
io
Adriana … sai? Penso che
mi ambienterò molto facilmente nel luogo
dove dimoreremo
e avverto che questo
sarà un angolo di pace e
serenità. Se sarà come
intuisco, andrò molto
d'accordo pure
con la servitù". Adriana
disse: "Non ne dubito
perché sei un ragazzo
speciale.
Adesso però, sosto un
momento in quest'area
alla nostra
destra, poi
avviserò del nostro arrivo, perché vorrei da te,
il primo bacio d'amore,
quello che precederà
tutti gli
altri dopo che
avremo fatto il nostro
trionfale ingresso in casa
nostra". Va bene
bambolina rispose lui
e continuò
dicendo:
"Per cortesia,
potresti appoggiare i
tuoi bei
piedi
sugli appositi pedali e
fermati dove vuoi?" Al
che fece
come
le fu
consigliato di fare, poi
abbassarono le tendine,
le quali erano
agganciate ai finestrini
dell'auto, per
non
essere osservati da
occhi indiscreti.
Stefano, dopo aver
soddisfatto appieno
la sua dolcissima
Adriana
(come
pure se
stesso),
entrambi stettero ancora
un po' abbracciati senza
dirsi nulla, poi la
bella bimba
ringraziò il
suo
amore per
il bel trattamento
ricevuto. Ripresasi poi
dal grande piacere
sessuale, tirò un sospiro di sollievo e
nel
contempo avvicinò
a sé la borsetta, dalla
quale estrasse il
telecomando per aprire
il grande cancello
scorrevole,
posto su una guida
metallica simile alle
rotaie. Una volta che il
cancello fu
aperto,
tramite il cellulare,
avvisò del
loro arrivo. Vennero accolti con tutti gli onori
cosicché Stefano, non si sentì spaesato
per nulla.
L'orologio
a torre (a colonna), montato su una
struttura in noce italiana e appoggiato
sul pavimento in granito
rosa
lucido come uno specchio, nell'angolo
destro tra l'ampio ingresso e il salone,
aveva appena battuto quattro
rintocchi meridiani, per cui arrivarono
due giovani e belle ragazze le quali
dopo aver fatto un piccolo inchino
e
piegando un po' le gambe, si
presentarono porgendo la mano al nuovo
e atteso signore dicendo:
"Benvenuto fra
noi signor Stefano, il
mio nome è Cristina. Poi, fu la volta
della seconda
ragazza che si presentò dicendo: "Sono
Angela, piacere". Egli, con modi
alquanto raffinati da autentico
gentleman, disse loro:
"Il piacere è tutto mio, voi
mi state
onorando tantissimo sapete? Non mi sarei
mai
aspettato un'accoglienza così calorosa
grazie, grazie di
cuore".
Prendendo la parola Cristina disse: "Signor Stefano è
giunta l'ora del tè, per cui se desidera
seguirmi in
salone le sarà servito dalla
signorina
Angela, la mia cara collega, nonché
grandissima amica". Vi seguirò molto
volentieri, rispose lui.
Il
salone era enorme e pieno di
sfarzo con luci tenui e musica di
sottofondo per creare una
armonia dolce e
celestiale. Ad ogni tavolo vi erano
quattro, sei oppure otto comodissime
poltroncine con morbidi
braccioli, imbottite
e rivestite di un morbido velluto
appariscente.
Stefano fece il suo
ingresso accompagnato
dalla
bellissima Angela sino in fondo a
destra, vicino alla lunga e alta
vetrata, dove ad attenderlo
c'era già
comodamente seduta la sua dolce
Adriana. Il suo sorriso era dolcissimo,
al
che gli disse: "Ciao Stefano,
avvicinati perché come vedi, sono seduta
sopra ad un divanetto per due persone
quindi prendi posto qui accanto a me".
Egli chinatosi le sfiorò le labbra con
le sue è, dopo averle dato un bacino
d'amore, lei tutta
contenta, esclamando con vocina sensuale
gli sussurrò all'orecchio: "Oh!!!
Stefanino, ti amo
tantissimo e
te
lo domando con le lacrime agli occhi,
non abbandonarmi mai soffrirei troppo".
Te lo prometto le
rispose
il suo dolce amore;
dopodiché
le si sedette quasi in braccio e
accarezzandole le
belle gambe le disse: Sai
bambolina sei sempre più solare e
sbarazzina, inoltre mi piaci tantissimo
così come sei non cambiare mai.
Proseguendo poi il discorso le disse:
"Noto che la giornata, già sta volgendo
al declino, tuttavia degusterò
molto
volentieri, una o due tazze del
vostro buon tè con limone e biscotti o
qualche altra cosa buona".
Mentre diceva
queste belle cose, arrivò
la bellissima Angela, spingendo un
elegante carrello anch'esso in
noce
italiana. Le ruote
erano di un
metallo luccicante e tutto faceva
supporre che fossero d'oro
o d'ottone lucidato. Sul piano
d'appoggio
del carrello, c'era ogni ben
di Dio; tè di diversi
gusti e torte, pasticcini
e biscotti. Quand'ebbe finito di servire
ciò
che i signori Adriana e Stefano, che
assaporarono volentieri, Angela
con un dolce sorriso e un piccolo
inchino, si
accomiatò augurando buon
proseguimento
di
serata e un arrivederci a presto per
desinare. Detto ciò, voltatasi si
avviò con eleganza verso la
cucina. Nel contempo in quella località
denominata: "Passalacqua" dove
dimoravano
Adriana e il
suo
futuro sposo, il sole da splendente che
era, non emetteva più la sua intensa
luce, per il motivo
che a poco
a poco, il giorno stava per concludersi,
lasciando spazio alla sera cosicché
facesse il suo tenebroso
ingresso portando con sé, minacciosi
nuvoloni seguiti a strascico da
temporali anche di forte intensità.
Adriana,
girando un po' il capo verso
la finestra, vide curvarsi ad arco le
fronde degli olmi e dei pini che fiancheggiavano
il viale, perché all'improvviso
sopraggiunse un ventaccio freddo e umido
proveniente dal grande nord da incutere
terrore d'ogni intorno. Non ci
misero molto ad arrivare dal cielo i
primi goccioloni e come previsto pure un tuono
secco e potente
accompagnato da un fulmine, il quale
abbattendosi a poca distanza dalla villa, fece prendere
fuoco un palo della vigna.
Vedendo
ciò, Adriana sconvolta più che mai per quello che aveva appena visto, senza
rendersene neppure conto si gettò a
capofitto in braccio a Stefano piangendo e, bofonchiando
qualche parola
che
egli non riusciva ad intendere.
Lui, se se la tenne stretta stretta fra le sue braccia, felicissimo di averla tutta per
sé e di coccolarsela come se fosse stato, un bel giocattolo prezioso. Appena le fu
passato l'attacco di panico, dalla
sua
bocca, uscirono queste parole: "Mon amour, ho avuto tanta paura, ti
prego; stringimi fra le tue braccia,
sai?
Senza te mi sentirei una ragazza perduta ma, sono certa che tu
mi proteggerai non è vero Stefano?"
Commosso
moltissimo e sicuro di se le rispose:" Sì dolcissima
bambolina ecco vedi? Se ho accettato
di stabilirmi per sempre
con te è perché ti amo veramente, inoltre
non voglio prendermi gioco d'una
ragazza buona e dolce quale tu sei."
Grazie
amore, fu la risposta; poi, continuò
dicendo: "Senti che tuoni assordanti? Sicuramente i lampi con la loro
potentissima luce,
illumineranno a giorno tutta la
cittadina di Passalacqua e oltre". Poi esclamò: "Oh! Ecco che
verso di noi,
sta arrivando il signor Luca Volpe,
il bravo e simpatico chef della nostra casa".
Appena arrivò, salutò
l'ancora signorina Adriana dopodiché
disse a Stefano: "Lieto di fare la sua conoscenza, il
mio nome è Luca Volpe e
sono al servizio in questa bella villa
ottocentesca in qualità di chef da dieci anni esatti
ad oggi".
Allorché la bella datrice di lavoro
l'interruppe dicendogli: "Ottimo Luca per avermelo ricordato, quindi
stasera
siederai a mensa con noi, così
ceneremo assieme e festeggeremo serenamente il tuo decimo compleanno
della tua assunzione". E ancora: "Ah
scordavo!!! Desidero invitare a cena tutta la servitù;
incaricherei
te per gli
inviti, mi faresti questo
grande piacere?" La
risposta fu: "Naturalmente signorina,
ci penso io". Adriana, gli disse:
"Prego Luca,
non scappare subito
rimani ancora un po' con noi, è ancora
presto per la cena, mettiti comodo ad
osservare come grandina".
Va bene, obbedisco signorina Adriana,
oltretutto sono al suo servizio perciò,
rimarrò
con molto piacere ancora
una mezzoretta dopodiché, con il suo
permesso, andrò ad avvisare coloro che operano
in villa. Passata
la mezzoretta, lo chef domandò ad
Adriana il permesso di assentarsi per
andare ad organizzare
tutto
per benino riguardo la festa; e così fu.
La bella padroncina di casa, riuscì a
bloccare Luca facendolo tornare
indietro, al che
gli disse: "Se non ti è di troppo
disturbo avvisa pure don Gioacchino,
dicendogli che
è invitato a
cena. Va bene signorina; sarà la
prima cosa che farò a presto".
Infatti, ancor prima di entrare
in cucina, estrasse
il cellulare dal
taschino e telefonò. La risposta del
sacerdote fu positiva.
Fatto
questo entrò in cucina e dopo aver
dato la bella notizia a tutti i
colleghi, diede loro una mano a
preparare cibi
molto buoni. Nel frattempo, Adriana
moriva dalla voglia di dire a Stefano:
"Ora che siamo
soli, desidero dirti che quando saremo
nel nostro morbido
lettone, mi
piacerebbe essere coccolata da te e
fare l'amore vuoi? Certo, lo desidero
tanto anch'io e dal momento
che piove,
fa freddo e l'aria è umida ci
scalderemo entrambi a suon di baci e
carezze". Grazie amor mio disse lei.
L'attesa, passò alquanto veloce, e poi ad
un bel momento arrivò don Gioacchino Mellano, che venne accolto
con
gioia dai due innamorati. Ella con
tutta calma, spiegò al sacerdote ciò che
desiderava fare col suo
Stefano.
Perfetto disse don Gioacchino,
allora bisogna provvedere per tempo
nell'avere tutti i documenti
in regola per poi
fare le
pubblicazioni e farle affiggere
nell'apposita bacheca, in municipio".
Ebbero tutto il
tempo per dialogare
anche su altri
argomenti dopodiché, arrivò la servitù
per preparare e imbandire i cibi
sulla mensa con una certa
sontuosità.
C'era poi un via vai di carrelli, (anch'essi in noce
italiana con ruote
lucide, che sembravano d'oro),
spinti dalle cameriere che
facevano la spola fra la cucina e il
salone. Sopra
ai rispettivi piani d'appoggio, vi
erano
alcuni contenitori in acciaio
inossidabile con i rispettivi coperchi
aventi pomelli e manici in radica dai
quali usciva
del vapore acqueo
accompagnato da un delicato profumino
niente male.
Quando tutto fu pronto lo chef
Luca con
la collaborazione delle due
eccellenti cameriere
Cristina e Angela, iniziarono a servire
la prima portata. Ad un
tratto nel bel
mezzo della cena,
ci fu un blackout motivato dal fatto che
un fulmine, scaricò tutta la sua potenza
vicino al granaio il quale miracolosamente non s'incendiò poiché,
all'interno non vi era nulla, sfiorando
così solo
la cabina elettrica, situata a
pochi passi dall'abitazione. La fortuna
volle che al centro di ogni tavolo ogni
ospite
avesse
un candeliere con sei bracci, e
ogni braccio reggesse (nell'apposito
foro filettato) una bella candela
accesa
per cui la cena assunse un
aspetto ancor più romantico.
La medesima si protrasse poi sino a tarda serata,
dialogando ciascuno dei propri affari.
Dal momento in cui non
era ancora
tardissimo e, i commensali gradivano
mangiare ancora un po' di
torta e
qualche pasticcino, allora la
dolcissima
Adriana, domandò a Luca se per cortesia,
potesse scendere in cantina assieme
ad Angela e Cristina,
per prendere
qualche buona bottiglia di (Cristal che è un ottimo
champagne) e così fu.
Le fanciulle, obbedirono
prontamente a quella richiesta ma, non essendoci il tempo di
andare in cucina e, prendere delle torce
elettriche,
Cristina disse: "Prego
Angela, reggi questo candeliere, poi vi
precederò facendovi da guida; Luca invece scenderà
subito dopo me,
dopodiché darai la
precedenza allo chef, per cui egli sarà preceduto da me e
seguito da te; ok
Angela?" Ok
incamminiamoci dunque per codesto loco
umido e oscuro. Ma non passarono quindici
secondi che
Angela con le lacrime agli occhi, si confidò dicendo: "Ah!!! Ti
confesso una cosa … sai Cristina ho un
pochino di
fifa ad inoltrarmi in cantina
senza corrente elettrica, ti prego
dunque non ridere di me, ma ho veramente
tanta
paura, qualsiasi altra cosa
la farò,
però questa risparmiamela". Udito ciò,
Stefano dopo aver chiesto il permesso
alla sua Angela, prese un candeliere e
assieme a Cristina e Luca, s'inoltrarono nelle viscere
della fresca cantina.
Una volta posati i
piedi sul suolo della medesima, il
blackout cessò tornando quindi la
corrente
elettrica. Dopo
circa cinque
minuti, videro arrivare
freschi dal sottosuolo, Cristina, Luca e
Stefano
con in mano le bottiglie del
buon Cristal per cui la festa, poté
continuare ancora un
po'.
Frattanto all'esterno, il tempo era
come si suol dire da lupi, allora
l'infinita bontà e ospitalità di
Adriana, fece sì
che diede disposizione
a Cristina e ad Angela (appena avessero
potuto), di salire a controllare che tutto fosse
in
ordine e non mancasse nulla nella camera
celeste, che assegnò immediatamente
al reverendo perché potesse
trascorrere
quella e altre notti simili, anche a
tempo indeterminato. Ad un bel momento,
vennero propagati
nell'aria (e
uditi dai nostri innamorati), due suoni
metallici e ben distinti molto fievoli, provenienti dall'ingresso.
Erano
stati infatti prodotti dal meccanismo
dell'orologio montato all'interno della colonna il
quale in quell'istante
batté due
rintocchi. Considerata l'ora con molta discrezione, don Gioacchino disse:
"Domando scusa ma sto per
crollare dal
sonno; quindi con il vostro
permesso
salgo in camera e, dopo aver recitato le orazioni, mi metto a
letto, cercando di
dormire qualche ora. Molto bene don Gioacchino permesso accordato, ci
vedremo domattina
per la prima colazione rispose sorridendo la
ragazza.
Rimasti soli Adriana
iniziò un discorsetto niente male
iniziava così:
"Mon amour, è troppo
chiederti di condurmi a
letto? Perché come sai ho sempre tanta
voglia di te e tanta voglia di
vivere. In risposta ricevette: "Sì amor
mio,
lo sai che amo solo te e vivo per
te. Al primo posto c'è il nostro Buon
Dio e immediatamente dopo, vieni tu".
Riprese dicendo: "Ora mi darai la mano e assieme, saliremo al piano dove c'è la
nostra stanza; una volta lì, ci
sdraieremo sul nostro morbido lettone e ti prometto che ce la metterò
tutta per renderti felice". Entrati nella
camera Stefano
rimase colpito dalla bellezza della
tinta delle pareti, le quali erano
di un grazioso giallo canarino
molto tenue
donavano
pure, parecchia luce e tanta
gioia all'ambiente. Quando poi vide il
letto, rimase senza
parole per cui dopo
un po' (ritornatagli la voce), esclamò:
"S S, SSSSanti numi dell'olimpo che
letto!!!
Sembra
uscito da una fiaba. Ma questo è il letto di una principessina non è
vero dolcissima Adriana? Ti prego amor
mio,
dimmi che sto sognando." La
risposta fu: "No Stefano non stai
sognando;
ciò che i tuoi occhi vedono, è realtà e,
se ti farà piacere, sarà il nostro nido
d'amore vuoi?"
Quel letto signorile era alto da terra
più o meno
cinquanta o
sessanta cm ed
era coperto da un copriletto di color
rosa pallido a pieghe. Sui quattro
spigoli di ciascun lato del
medesimo,
c'era un'elegante colonnina in legno
massello del diametro di circa quindici/venti centimetri la quale
poggiava a
terra ed era ben ancorata al letto.
Sopra ad ogni colonnina, era fissato un
grande tessuto anch'esso
rosa pallido
pendente sino sul pavimento in rovere. A
quell'ora ormai, tutta la servitù aveva
finito di rassettare
per benino la casa
e dormiva ormai profondamente.
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