Scritti e insegnamenti spirituali di:
Isacco della Stella -
Giovanni Carpazio
- Isaia anacoreta - Sant’Ammona eremita - Teodoro di Tabenna
Dai “Discorsi” di Isacco della Stella.
Serm.21,53ss.PL194, 179ss.
Signore, tu hai mostrato ai tuoi servi
due verità: noi sappiamo ormai che tu sei
e anche ciò che tu non sei.
Ma ardiamo dal desiderio di raggiungere la terza verità: sapere cioè
quello che tu sei.
Davvero, fratelli miei, è Lui, il Signore, che noi cerchiamo. Attacchiamoci a
lui, non lasciamo la presa, e interroghiamolo su di
Lui stesso con insistenza,
persino con importunità.
Egli soffre perché gli si faccia violenza: vuole essere vinto e soltanto quando
sarà vinto darà la sua benedizione. Proprio perché vuole assolutamente essere
trattenuto, chiede che lo si lasci andare. Lasciami andare, perché è l'aurora
(Gen 32,27), dice la Sacra Scrittura.
Tratteniamo, dunque, fratelli, il nostro Dio mediante la conoscenza;
tratteniamolo con l'affetto, con la coscienza ben desta; tratteniamolo con la
vita, tratteniamolo per sé stesso, dilettandoci in lui, conformandoci a lui.
Allora la nostra molteplicità sarà convogliata
nell'unità; noi saremo uniti all'Unico.
Tratteniamo il Signore per essere semplificati dal Semplice, per dimorare, in
quanto è possibile, immobili con l'Immoto, addormentandoci in lui e riposando
nella pace. Signore, tu stesso mostrati a noi, perché sai quanto oggi
desideriamo soltanto te; tu conosci come aneliamo ad amare te per te stesso, noi
che materialmente quasi, e del tutto con lo spirito, abbiamo rifuggito il mondo
intero per essere disponibili a cercare soltanto te!
Serm.1,14ss. S Ch 130,93ss.
La Sapienza di Dio, il Figlio per natura, la Destra del Padre, la bocca che proclama la verità, annunzia che i poveri sono beati, destinati ad essere re, re del Regno eterno. Egli sembra dire: Voi cercate la beatitudine, ma essa non sta dove la cercate; correte, ma fuori strada. Ecco la via che mena alla felicità: la povertà volontaria, a causa mia. Ecco la strada. Il Regno dei cieli è in me, sta qui la beatitudine. Correte molto, ma male; più in fretta andate, peggio deviate. La strada è la povertà, non la gioia; si percorre la via per giungere alla mèta. Non temiamo, fratelli; poveri, ascoltiamo il Povero che raccomanda ai poveri la povertà. Crediamo alla sua esperienza. Povero è nato, povero visse, povero morì. Ha voluto morire, non volle arricchire. Crediamo perciò alla Verità che ci indica la strada che conduce alla vita. Via stretta, ma breve; e la beatitudine sarà eterna. Via stretta, ma che mena alla vita, al largo, e ci farà camminare per vaste distese. Eppure è un cammino scosceso, perché si eleva e così camminiamo verso il cielo. Di qui la necessità di alleggerirci, di non essere pesanti nel nostro andare; che vogliamo? Cerchiamo davvero la felicità? La Verità ci mostra la vera beatitudine. Vogliamo poi la ricchezza? il Re distribuisce i regni e fa i re.
Disc. III,6-10. S Ch 130,119-121.
Cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia (Mt 6,33), dice il Maestro. Ecco che cosa devi cercare, o uomo; ecco che cosa cerca da te il tuo Dio, perché tu lo cerchi in Lui. I pagani sono impegnati nella ricerca del mangiare, del bere, del divertirsi. Il Padre tuo celeste lo sa che hai bisogno di tutte queste cose; getta in lui ogni tua inquietudine e tieni per te la fatica. Egli avrà cura di te, se tu hai cura di cercare la giustizia. Stimala e cercala sopra di tutto e per essa tutto sforzati di acquistare. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizio (Mt 5,6). Quando ci sarà piena sazietà, allora ci sarà felicità piena. Allora sarò saziato sino in fondo da questa pienezza di giustizia di cui ora godo solo qualche briciola. Ora è una medicina, allora sarà un diletto. Ora è una disciplina austera che sembra comportare difficoltà e dolore. Allora sarà la gloria, quando quelli che si saranno esercitati in essa ne gusteranno i frutti in una pace sovrana. Quaggiù si vede apparire il fiore della giustizia e di tutte le virtù, là se ne raccolgono i frutti in pienezza. Così devono essere diretti fin dagli inizi attraverso il progresso diretto alla perfezione, coloro che cercano la beatitudine della virtù. Il principio della giustizia è non commettere ingiustizia verso nessuno; il progresso di sopportare con pazienza l’ingiustizia subita; la perfezione consiste nel fare il bene a tutti se si può e, se non si può, di volerlo.
Giovanni Carpazio
Dai "Capitoli ai monaci"
Chi per un certo tempo è stato illuminato e sollevato dalla grazia divina e al sottrarsi di questa si lascia prendere da agitazioni, mormora e non si fa forza mediante la supplica per ritornare a quella piena certezza salvifica, ma anzi si scoraggia, è simile a un povero che ha ricevuto l'elemosina dal palazzo regale e se la prende perché non è entrato dentro a pranzare col re.
Beati quelli che non mi hanno veduto, e hanno creduto, come pure beati quelli che, al sottrarsi della grazia, non trovando conforto in sé stessi, ma vedendo piuttosto il prolungarsi delle afflizioni e una tenebra profonda, pure non si disperano, si corroborano anzi con la fede, convinti di vedere l'Invisibile, e perseverano generosamente.
Supponi che il Signore ti dica: in quella certa occasione ti ho tolto questo e questo carisma, perché con quelli credevi di dar sicurezza al tuo intelletto e di prenderti un po' di riposo. In cambio di quelli ti ho però dato questo e quest'altro carisma di egual valore. Ma tu, pensando a quelli che ti sono stati tolti e non scorgendo quelli che ti sono stati dati al loro posto, gemi, soffri e sei ferito dalla tristezza, ma rallegri me, mentre da me vieni rattristato. Io infatti rattristo per procurare un vantaggio, affaticandomi per salvare, non per perdere chi mi è stato computato come figlio.
Dagli “Insegnamenti”
Il Signore ti dice come a Matteo: Seguimi (Mt 9,9). Tu
dunque, seguendo con prontezza il tuo desideratissimo Sovrano,
anche se lungo la strada della vita inciampi con il piede
nella pietra di una passione, e cadi improvvisamente in peccato, oppure se molte
volte trovandoti in luoghi melmosi, senza volere scivoli e finisci col cadere,
non scoraggiarti! Quante volte ti possa
succedere di cadere e così di farti male, altrettante volte rialzati con la
stessa prontezza e segui il tuo Signore, finché tu non l’abbia raggiunto.
Così, Signore, nella santa riflessione apparirò a te, per vedere la tua potenza
e la gloria che mi salvano, e nel tuo nome solleverò le mie mani e comprenderò;
e penserò di riempirmi di adipe e di grasso, e si rallegreranno le mie labbra
salmeggiando a te (cf Sal 62,3-5). E’ infatti per me cosa grande avere nome di
cristiano, come mi dice il Signore per mezzo di Isaia: "E’ cosa grande per te
essere chiamato mio servo" (cf Is 49,6 Volgata). Dunque, se vogliamo realmente
piacere a Dio e accattivarci il beatissimo amore, presentiamo a Dio spoglio il
nostro intelletto; non tiriamo dietro ad esso nulla che appartenga a questo
mondo, né arte, né concetto, né sofisma, né difesa, anche se siamo molto
istruiti nella sapienza terrena.
La Divinità rifugge da quelli che le si accostano con presunzione nutrendosi di
vanagloria. Seguiamo il Signore poveri e nudi.
Dal “Discorso ascetico”
Guarda come uno che si sia spalmato le mani di pece poi se le
pulisca con un po’ d’olio. Molto più tu puoi essere purificato per la
misericordia di Dio. Come a te non è difficile lavare il tuo vestito, tanto più
è facile per il Signore lavare te da ogni macchia, anche se, com’è naturale, la
tentazione ti sopravviene necessariamente ogni giorno.
Perché quando tu dici al Signore: ‘Ho peccato’, ti è data una risposta: Ti
sono rimessi i tuoi peccati. Io sono colui che cancella e non ricorderò più
(Mt 9,2). Quanto dista l’oriente dall’occidente, ti dice il Salvatore, ho
allontanato da te i tuoi peccati, e come un padre ha pietà dei figli, io ho
pietà di te. Soltanto, tu non separarti, non fuggire da colui che ti ha scelto,
per salmeggiare e pregare; attaccati anzi a
lui durante tutta la vita, sia con pura fiducia, sia con pia impudenza e con
salda conversione a lui.
Con il suo comando Dio stesso ti purifica. Chi sarà allora colui
che ci condanna?
Se invochiamo il nome del Signore Gesù,
la nostra coscienza viene agevolmente
purificata e nulla ci distingue dai profeti e dagli altri santi.
Poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera, ma all’acquisto della
salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, il quale è morto per noi
(1Ts 5,9).
Viviamo perciò insieme con Cristo, sia quando vegliamo nella virtù sia quando
sonnecchiamo in certi difetti.
Guardando a lui con grandi gemiti e incessantemente lamentandoci, aspiriamo a
lui.
Isaia anacoreta
Dalla “Custodia dell’intelletto”
Nn.13-15. FG l°,91-92.
Se l’uomo non odia ogni attività mondana, non può rendere culto a
Dio. Qual è allora il culto di Dio? Non consiste forse nel non avere noi nulla
di estraneo nell’intelletto, mentre lo preghiamo? Né voluttà mentre lo
benediciamo? Né malizia mentre inneggiamo a lui? Né odio mentre diamo a lui la
preferenza? Né zelo malvagio che ci freni mentre meditiamo di lui e ci
ricordiamo di lui?
Tutte queste cose tenebrose sono come un muro che circonda la misera anima, ed
essa non può render culto a Dio con purezza quando le reca in sé. Perché la
trattengono nell’aria e non le permettono di andare incontro a Dio,
di benedirlo nel segreto e di accoglierlo con dolcezza di
cuore per essere da lui illuminata.
Perciò l’intelletto è sempre nelle tenebre e non può progredire secondo Dio,
perché non si dà cura di recidere queste cose con avvedutezza. Quando
l’intelletto serba i sensi dell’anima lontano dalle volontà passionali
e li trasferisce nell’impassibilità, staccandosi da
tali voglie devianti, allora da Dio viene un aiuto potente. Infatti se il
Signore vede le passioni gettarsi sull’anima per dominare i sensi con il peccato
e l’intelletto gridare ininterrottamente a
Dio nel segreto, allora egli manda il suo aiuto e dissolve
tutto in un sol tratto.
Ti raccomando, fratello, di non rilassare mai il tuo cuore, finché vivrai su
questa terra.
Dalle "Massime"
Logos 8,11.12 Solesmes,pp.252-253.
Veglia sopra di te con cura attenta certo che nostro Signore è
morto e risorto per noi e ci ha riscattati con il suo sangue prezioso, perché
anche tu non viva più per te stesso, ma per Colui che è morto e risorto per noi.
Credi fermamente che sei sempre dinanzi ai suoi occhi;
egli scruta il tuo cuore e sta sempre davanti a te.
Nella tua coscienza sii sempre come se tu fossi già morto e uscito da questo
mondo, in procinto di comparire continuamente davanti al Signore. Veglia su di
te con cura vigile e stando alla presenza
di Dio non fare nulla, nemmeno il più piccolo atto, fuori della sua volontà.
Ma qualunque cosa tu compia, - parlare, andare da qualcuno, mangiare, bere,
dormire - esamina anzitutto se si tratta di un'azione secondo Dio. Allora potrai
lodarlo mentre la compi. In caso contrario, astienti dal farla. Così agirai
sempre come si conviene davanti a Dio, e lo loderai con tutte le tue azioni, i
tuoi pensieri, per essere presso di lui in gran vicinanza e intima sicurezza.
Qualunque poi sia l'opera che compi, non farla come se ti spettasse un salario,
ma con grande umiltà; reputati un servo inutile che deve molto e fa poco.
L'occhio della tua mente sia fisso in ogni tempo su quello che non compi dei
precetti divini: gemi, affliggiti senza
posa e supplica Dio di perdonarti i peccati, a motivo della sua grande
compassione e del suo amore per noi uomini.
Sant’Ammona eremita
Dalle “Lettere”
Lettres des Pères du désert, Bellefontaine, 1895,pp.59-60.
Ai miei diletti nel Signore. Colui che
è privo dell’abito celeste della vita nuova, abito intessuto dello Spirito di
verità e della forza che viene da lui, preghi il
Signore con lacrime fino a quando
l’Altissimo rivesta la sua anima di questa forza dell’alto, al posto della
vergogna e della nudità del corpo che porta. Come infatti la nudità del corpo è
vergogna e confusione dinanzi agli uomini, così Dio e i suoi santi distolgono lo
sguardo da quelli che non sono rivestiti dell’abito dello Spirito Santo. Se
Adamo arrossì quando si vide nudo, quale non sarà la vergogna dell’anima
spogliata del suo Signore! Colui che è mancante dell’abito dello Spirito Santo
deve dunque arrossire della sua persona, riconoscere il suo disonore e aver onta
della propria nudità. Il suo cuore gridi forte verso Dio e lotti fino a quando
la gloria celeste apparirà su di lui per ricoprirlo.
E’ necessaria infatti la lotta contro i pensieri
perché essi non facciano più da schermo tra l’uomo e Dio
e il nostro sguardo possa volare fino a lui, senza alcun ritardo. Insomma, vanno
azzerati i desideri dei pensieri vagabondi. Quando questi vagolano qua e là,
l’uomo si affretti a raccoglierli e a discernere fra l’intenzione buona che sta
nel cuore e i pensieri che provengono dal maligno.
Chi sorveglia i suoi pensieri, sosterrà nel suo cuore un
combattimento accanito.
Se aderisce in pieno al desiderio di Dio, non soddisfa più il suo proprio, né
quello del demonio, ma soltanto quello del Signore, come sta scritto: Non
seguire il tuo istinto e la tua forza, assecondando le passioni del tuo cuore (Sir
5,2).
Teodoro di Tabennesi
Dalla “Vita” di Teodoro di Tabennesi
Les moines d’Orient,t.IV,2. A.J. FESTUGIERE,Cerf,1965,pp.238s.
Quando uno vuole purificarsi da qualche vizio, per esempio dall’ira, se ha subito un oltraggio bisognerà che una prima volta dica a sé stesso: Ecco, oggi ho guadagnato un soldino d’oro. E qualora una seconda violenza lo aggredisca, se non reputa di aver acquistato un secondo guadagno simile al primo e così di seguito, fino a un gruzzolo di monete d’oro, non potrà evitare di montar in collera. Se infatti quando è ingiuriato la prima volta, lo tollera forzatamente, che farà al secondo oltraggio e via dicendo, se le ingiurie si fanno frequenti?
Ma i comandamenti di Dio sono davvero zecchini d’oro e pietre preziose, più dolci del miele e del favo, come sta scritto (cf Sal 18,11). Invece noi lo ignoriamo e non entriamo in questa linea di sentimenti, a causa dei nostri pensieri secondo la carne.
Chi ha mai detto ad un tale che gli abbia dato un pane bianco:
per stavolta vada, ma se continui a darmene, ti strappo la pupilla degli occhi?
Non si mostra invece pieno di affetto verso il donatore, anche se costui non
vuole tali dimostrazioni?
Son fatti così gli uomini di Dio: non solo sopportano chi li perseguita e fa
loro del male, ma pregano persino per lui, secondo il precetto del Salvatore, da
cui erediteranno la moneta d’oro, secondo la promessa della Scrittura: Eredi
di Dio, coeredi di Cristo (Rm 8,17).
Uomo, che cosa hai fatto per meritare di essere l’erede di Dio? Forse che per causa sua fosti perseguitato o ti hanno condannato a morte? Eppure grande è la bontà di Dio. Egli assomiglia ad uno che ci dica: datemi tutto quello che avete in casa vostra in materia di vasi di terracotta e io li infrangerò; in cambio riceverete vasi d’oro e di metalli preziosi.
Dalle “Catechesi”
Catech.3. Oeuvres de St Pacôme et de ses disciples, Lovanio,1956, CSCO 159,p.58.10-23.
Non dobbiamo essere trascurati, né dimenticare la nostra salvezza; ma anzi rinnovarci in colui che ci dà la forza, Cristo Gesù. Scambiamoci a vicenda l’affetto del nostro cuore, e portando la croce di Cristo, seguiamolo in verità, nello spirito della promessa che abbiamo fatto a lui, volontariamente e senza nessuna costrizione.
Quel che Dio cerca in noi sono i frutti dello Spirito Santo e occorre non essere negligenti in questo, perché è il punto su cui saremo esaminati. Dunque cerchiamo di stimolarci a vicenda per saper portare tutto il nostro frutto nelle cose che piacciono a Dio.
Sappiamo che Dio si occupa di noi: lavoriamo per quel che è necessario al corpo e sforziamoci di diventare un tempio santo di Dio. Allora, fratelli miei fate tutto il possibile perché nessuno di voi sia escluso, nel giorno in cui si manifesterà la gloria del Signore, dall’assicurazione piena di gioia: Ancora un poco, infatti, un poco appena, e colui che deve venire verrà e non tarderà; il mio giusto vivrà mediante la fede (Eb 10,37-38). Non deve accadere che per la nostra viltà o per il sopraggiungere di qualche tempesta, noi siamo infedeli all’impegno che abbiamo liberamente abbracciato nella Comunità santa.