SAN SILVANO DEL MONTE ATHOS
Fonte:
Testo della Conferenza tenuta dallo
ieromonaco Dimitri il 13 marzo 1994 al Centro lnterreligioso Casa Betania, via
S. Vittore Milano
1) La Santità nella Chiesa Russa
Non possiamo affrontare e cercare di
comprendere la figura e l'originalità di Silvano, se prima non abbiamo
chiarito che cosa vi è di peculiare nel modo di concepire la perfezione
cristiana, nella spiritualità sviluppatasi nel popolo russo.
I primi Santi russi, venerati dalla pietà
popolare e, per conseguenza canonizzati dalla Chiesa Russa , sono i Santi
Principi Boris e Gleb (1015), due fratelli che vennero assassinati da Svjatopolk,
il loro fratello maggiore, che non voleva avere rivali nella successione al
trono del Grande Principe Vladimir.
Essi sono i primi di una, diciamo
impropriamente, categoria di santità, che avrà innumerevoli esempi nei secoli
posteriori.
Essi rappresentano gli "Strasioterpzj" cioè
coloro che subirono la passione in modo simile al Cristo. La caratteristica
fondamentale di
questo tipo di santità, è costituita dalla
non resistenza alla violenza che stroncherà la loro vita. Riusciamo a
comprendere meglio la similitudine col Cristo se rileggiamo il rito della
Preparazione delle Oblate nella Santa Liturgia: quando il Sacerdote inizia a
tagliare dalla prosfora (il pane eucaristico) la parte che dovrà rappresentare
l'Agnello di Dio, dice le parole tratte dal Profeta Isaia cap. 53 v. 7: "Come
pecora è stato condotto al macello... come Agnello Immacolato, muto davanti al
tosatore, egli non apre la sua bocca... con violenza e condanna è stato
umiliato. .. chi narrerà la Sua generazione?
Ecco allora perché questi che sono
semplicemente dei buoni credenti. assurgono a imitatori perfetti del Cristo
umiliato, deriso crocefisso. Ricordate quanta parte ha nella letteratura russa
la figura dell'innocente... è sempre rapportato all'innocente per eccellenza,
cioè il Cristo.
Una seconda categoria è rappresentata dagli "Jurodivyi
". i "pazzi per Cristo". Ci troviamo di fronte a persone che rinunciano
volontariamente alla sapienza umana. Lo scopo è quello di attirare su di sé‚ la
derisione e il disprezzo delle cosiddette "persone normali": questo, per loro,
costituisce una dura ascesi: un abbassamento, una kenosis che rende colui o
colei che la pratica un somigliante al Cristo. Spesso, proprio per il loro
aspetto di stolti, ai quali viene tollerata una libertà di parola incredibile,
essi osano rimproverare i potenti dei loro peccati, come Vassilj, il beato
Basilio al quale è dedicata la Cattedrale dalle cupole colorate della piazza
Rossa. La follia volontaria rappresenta dunque la manifestazione di una nuova
sapienza. soprannaturale. di una "sapienza del cuore", che si mostra con la pace
dell'anima, l'amore verso i nemici, il dono della preghiera fervente e anche una
conoscenza profetica del futuro o dei pensieri segreti dell'uomo.
1 Una terza categoria è quella che
riguarda da vicino il nostro Silvano. E' la categoria degli "Starzij".
Siamo nell'ambito della vita monastica,
laddove uomini e donne, che hanno abbandonato il mondo, vivono la loro vita
quotidiana di preghiera e di ascesi. Molte volte queste persone raggiungono un
tale grado di perfezione morale da essere di esempio ai fedeli. Il monastero
ortodosso ha la singolare caratteristica di non essere chiuso in se stesso, ma
di accogliere chiunque dei credenti desideri ricevere un insegnamento, un
conforto, una rigenerazione spirituale vicino a coloro che hanno avuto, più di
ogni altro l'urgenza di vivere vicino a Dio: la vita monastica è chiamata la
vita angelica, ma il monaco o la monaca non rifiuta di condividere i frutti
spirituali della vita monastica con chiunque lo chieda. Viene quindi a formarsi
un collegamento tra il semplice fedele e il monaco, direi spesso il rapporto
diventa quello che c'è tra padre e figlio. Il figlio chiede al padre di
insegnargli ad affrontare la vita nel modo migliore, utilizzando l'esperienza
paterna. Così anche nella vita spirituale ci si affida a chi ha raggiunto una
perfezione e una ricchezza spirituale, per poter avere uno stimolo da seguire
anche nella condizione in cui si vive, la stessa via di perfezione. Nasce così
un'osmosi tra il popolo cristiano e i suoi campioni migliori: è come in una
staffetta, il più forte passa il testimone a quello che viene dopo, e questo
utilizza l'esperienza di colui che è riuscito a vincere le difficoltà e gli
ostacoli alla santificazione. "Per lo starez russo, l'esperienza mistica si
presenta allo stato puro, quasi interamente spoglia dell'elemento speculativo e
filosofico che si trova invece presente nel monachesimo di cultura greca. Gli
starzij si nutrivano di letture patristiche: ma lontani dal modo di pensare
della filosofia antica e non interessandosi per niente dei problemi prettamente
filosofici, vi attingevano soprattutto informazioni sulla "pratica ascetica", e
le esperienze mistiche dei Padri. tralasciando la speculazione antropologica e
cosmologica. E' da qui infatti che scaturisce l'accento evangelico del loro
linguaggio. Nil Sorskij , nel XVI° sec., esprime la sua esperienza personale per
mezzo di parole prese da S. Simeone il Nuovo Teologo. Solo più tardi gli starzij
oseranno adoperare la loro lingua propria, una lingua semplice e popolare.
Ascoltando S. Serafino di Sarov parlare della grazia dello Spirito Santo, con la
calma sicurezza di un cristiano dell'epoca apostolica, siamo trasportati al di
là del cristianesimo ellenizzante dei grandi maestri del monachesimo orientale,
di un S. Basilio o di un S. Giovanni Climaco, per respirare l'atmosfera degli Atti
degli Apostoli. Nel suo eremitaggio del Nord, irraggiante una luce
soprannaturale che trasfigura il cupo paesaggio circostante, esso appare come il
fratello spirituale degli Apostoli e dei primi confessori della fede cristiana
che, come Stefano, contemplarono la gloria del Signore. Per la semplicità del
loro linguaggio, l'assenza di ogni preoccupazione filosofica, il carattere
gioioso e luminoso della loro esperienza mistica, gli starzij si presentano
molto vicini ai cristiani della primitiva comunità e allo spirito
dell'evangelo... La loro ascesi si distingue per l'equilibrio e la prudenza, per
la diffidenza nei confronti di ogni esagerazione, sempre indicativa ai loro
occhi di una mentalità morbosa. Esclusa la pesante mortificazione della carne,
rimane come mezzo ascetico per eccellenza, il digiuno, le veglie, il silenzio.
L'accento è posto. più che sulla lotta negativa contro la carne, sull'esercizio
delle virtù evangeliche in seno alla comunità monastica, soprattutto sull'amore
fraterno, che si manifesta con la condivisione dei beni, l'umiltà dei giovani
verso i loro anziani, la dolcezza di questi verso i loro fratelli più giovani,
il perdono delle offese. Ma soprattutto è preminente la preghiera incessante, la
preghiera del cuore, la preghiera di Gesù: "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio,
abbi pietà di me peccatore", nella quale si esprime la sua umiltà e la sua
aspirazione all'unione totale con il Cristo per il dono dello Spirito Santo.
Questa preghiera incessante fa tutt'uno con lo stesso battito del cuore, visione
luminosa che inonda l'anima di gioia e di pace. spogliando lo stesso corpo della
sua pesantezza e opacità: colloqui con la Madre di Dio e i Santi, nella lucidità
della coscienza e nella semplicità che può essere paragonata a quella degli
incontri di Dio e dell'uomo dei racconti biblici: questi sono in riassunto, gli
elementi essenziali della vita spirituale dello starez."2
Alla categoria degli starzij appartiene
Silvano del Monte Athos.
2) La vita di Silvano del Monte Athos
Nei Registri del Monastero Russo di
S. Panteleimon la vita di Silvano è descritta in termini freddamente burocratici:
Padre Silvano. monaco del Grande Abito.
Nome: Simeone Ivanovic Antonov, contadino
della Provincia di Tambov, Distretto di Lebedinsk, Villaggio di Sciovsk. Nato
nel 1866. Giunto ai Monte Athos nel 1892. Ha ricevuto il Piccolo Abito nel 1896,
e il Grande Abito nel 1911. Ha svolto i seguenti incarichi: a Kalamareia, al
Mulino, al Rossikon, all'Economato. Morto il 24 settembre 1938. "3
- 72 anni -.
In queste poche righe viene racchiusa una
vicenda umana che sicuramente sarebbe stata nota soltanto a Dio, se non vi fosse
stato un giovane monaco dello stesso Monastero russo, che dal 1931 divenne il
figlio spirituale, il confidente, l'amico fraterno di questo umile monaco
addetto ai servizi del Monastero. Questo monaco di nome Sofronio. raccolse le
lettere e ogni scritto ebbe a trovare di Silvano per il suo nutrimento
spirituale. si ritirò in eremitaggio per alcuni anni. Nel 1952 ritornò a Parigi,
la città dove aveva compiuto i suoi studi di teologia presso il famoso "S. Sergio"
l'Istituto Superiore di studi teologici ortodossi, e iniziò a pubblicare in
russo gli scritti spirituali di Silvano. Da quella edizione vennero ad
aggiungersi ben presto altre in diverse lingue. In lingua italiana il primo
libro venne edito dalla Libreria Editrice Fiorentina (LEF) nel 1962 , a cura di
don Divo Barsotti: L'edizione che abbiamo utilizzato per questa presentazione
della figura di Silvano è oltre al testo di Barsotti. quella edita nel 1978
dalla Gribaudi, tradotta a cura della Comunità di Bose.
"Il campo su cui si svolge la vita spirituale
dell'uomo - scrive l'Archimandrita Sofronio- è soprattutto il cuore. Colui che
vorrà scrutare il proprio cuore, comprenderà la parole del Profeta Davide: "il
cuore dell'uomo è un abisso" (Sal. 63,7). E' là che si scopre la vera vita
cristiana, nelle profondità del cuore, in questo abisso segreto non solo per gli
estranei, ma in definitiva, per sé stessi".
Quali sono le tappe della vita di Silvano che
Sofronio ci descrive certamente sulla base delle confidenze avute da Silvano
stesso? I primo ricordo risale ai primi anni della sua vita. Il padre del
piccolo Simeone, accolse un giorno in casa, un venditore ambulante di libri. La
conversazione che ne seguì attrasse fortemente l'attenzione del piccolo.
L'ambulante voleva a tutti costi dimostrare che Dio non esiste: "Dov'è questo
Dio?". Nella mente del piccolo Simeone venne ad insinuarsi un proposito: "Quando
sarò grande andrò io a cercare Dio per tutta la terra". Uscito l'ospite, Simeone
disse al padre: "Tu m'insegni a pregare. ma lui dice che Dio non esiste", e il
padre commentò: "Pensavo fosse un uomo intelligente, ma ho capito che è uno
sciocco. Non dar retta a ciò che ha detto". Passati gli anni, Simeone , divenuto
un giovane bello e vigoroso, venne assunto come carpentiere per la costruzione
di alcuni edifici nella proprietà del principi Trubezkoi.
La cuoca degli operai raccontò un giorno di
esser stata in pellegrinaggio alla tomba di S. Giovanni Sezenovski, il Recluso,
di aver assistito a miracoli avvenuti sulla tomba del Santo. Mentre ascoltava,
Simeone pensò: "Se costui è Santo, è perché Dio è con noi e io non devo quindi
percorrere tutta la terra per cercarlo ".
E a questo pensiero il suo giovane cuore
s'infiammò d'amore per Dio. Piano piano incominciò ad avere un'attrazione per la
vita monastica. Ne parlò col padre chiedendogli il permesso di recarsi al
Monastero delle Grotte di Kiev. Ma il padre rispose che prima doveva compiere il
servizio militare e poi era libero di decidere. Ma col tempo si affievolì questa
ansia di perfezione spirituale e giovane Simeone riprese la vita normalmente
futile dei ragazzi della sua età. Un giorno durante una festa, due giovani
vollero provocarlo per vanteria con le ragazze: dalla rissa che ne seguì uno dei
due giovani venne colpito violentemente da Simeone, e cadde a terra schiumando e
perdendo sangue. Sembrava che fosse morto, ma dopo una mezz'ora si riprese:
venne portato a casa, ma per due mesi dovette stare a letto. Questo fatto causò
contro Simeone l'odio dei paesani che cercavano ogni occasione per aggredirlo.
Egli riprese la sua vita impura, dimenticando ogni velleità verso la vita
monastica; ma una sera, nel dormiveglia ebbe l'impressione che un serpente gli
entrasse in bocca e penetrasse in lui. Ne ebbe un disgusto tanto terribile che
si svegliò di soprassalto. Udì allora una voce che gli diceva: "Tu hai ingoiato
un serpente in sogno e questo ti ha disgustato. Ebbene a me disgusta quello che
fai". Era una voce dolcissima e l'effetto nel giovane fu sconvolgente. Simeone
riconobbe in quella voce, la voce della Santa Madre di Dio, e fino alla fine dei
suoi giorni rese grazie perché Ella non lo aveva disprezzato per la vita che
conduceva ma lo aveva visitato per rivelargli le sue debolezze. "Adesso capisco
- diceva - come il Signore e la Madre di Dio abbiano pietà degli uomini. Pensate
che la Madre di Dio è venuta dal cielo per insegnarmi, per richiamare me che non
ero altro che un giovane immerso miei peccati". Tuttavia a causa della sua vita
impura. non gli fu concesso di vedere la Santa Vergine.
"Una volta avvenne che , durante una festa
paesana. Simeone vide un contadino che suonava allegramente la fisarmonica e
danzava insieme agli altri. Allora il giovane lo prese in disparte e gli
domandò: " Dimmi, Stefano, come puoi suonare e danzare dopo che hai ucciso un
uomo?". Quel tale infatti, durante una rissa tra ubriachi, aveva ucciso un uomo.
Stefano portò più in là Simeone e gli rispose: "Tu devi sapere che quando ero in
prigione, ho pregato molto Dio perché mi perdonasse. E avvenne un giorno che il
letto sul quale io mi trovavo in ginocchio e con la testa immersa nel cuscino,
si mise a tremare e il mio cuore si riempi d'immensa gioia. Allora compresi che
Dio m'aveva perdonato. E ora suono e danzo e la mia anima è in pace per questo
motivo" Simeone allora comprese - anche lui che per poco non aveva ucciso un
uomo che si può domandare a Dio il perdono dei propri peccati e ritornare ad
aver la pace dell'anima.4.
Giunto il momento di compiere il servizio militare, venne inviato a
S. Pietroburgo, nel battaglione della Guardia Imperiale. Come soldato Simeone
visse la vita della caserma con onesta fedeltà, e tutti i suoi compagni gli
erano amici. Una sera trovandosi con i suoi commilitoni in un ristorante per una
festa, divenne pensieroso e alle domande dei suoi amici, rispose: "In questo
momento noi stiamo qui a divertirci, ma sul Monte Athos ci sono dei monaci che
pregheranno per tutta notte. Ebbene chi di noi al Giudizio finale darà una
risposta migliore, noi o loro?". Si trovava così a pensare continuamente al
Monte Athos, e spesso inviava danaro per aiutare i monaci. Poco prima di finire
il servizio militare, Simeone si recò col segretario della sua compagnia a far
visita al padre Giovanni di Kronstadt,per chiedere l'intercessione delle sue
preghiere e la sua benedizione. Non lo trovò, lasciò allora un biglietto con
alcune parole: "Padre, io voglio diventare monaco. Pregate perché il mondo non
mi trattenga ". Il giorno dopo, in caserma, sentì attorno a sé lo schioppettio
delle fiamme dell'inferno. Dal giorno in cui padre Giovanni pregò per lui, le
fiamme dell'inferno non cessarono di bruciare intorno a lui, ovunque si
trovasse.
Nell'autunno del 1892 Simeone arrivò al Monte
Athos, ed entrò nel Monastero russo di S. Panteleimon. I primi giorni del
postulante athonita, sono dedicati ad un ritiro spirituale in cui il novizio
ripensa alla sua vita passata , ai suoi peccati, e si prepara alla S. Confessione
generale. I tormenti l'Inferno che patì in quei giorni , fecero nascere in lui
il desiderio di liberare la sua anima da tutto ciò che l'opprimeva. Nel momento
della Confessione, Simeone confessò ogni azione della vita chiedendo il perdono
di Dio. E con l'assoluzione una grande pace pervase la sua anima. Tuttavia
inesperto qual era, non capì che non bisognava mai illudersi di aver terminato
il proprio combattimento. Venne per lui il tempo della rilassatezza, fu di nuovo
assalito da ogni sorta di tentazioni, e si sentì di nuovo sprofondare nelle
fiamme l'inferno. Il suo confessore gli diede un consiglio che sarà da lui
sempre osservato:" Non accettare mai i pensieri!"
Fratel Simeone venne così iniziato alla vita
spirituale athonita: immersione incessante in Dio, la preghiera solitaria nella
cella, i lunghi uffici in chiesa, i digiuni, le veglie, la confessione
frequente. la comunione, la lettura, il lavoro, l'obbedienza.
Dopo circa tre settimane, una sera mentre
pregava nella sua cella, dinnanzi all'Icona della Madre di Dio, la preghiera di
Gesù: raccomandata a tutti i cristiani, e praticata con intensità nel
monachesimo ortodosso, penetrò a tal punto nel suo cuore, che da quel momento
scaturì spontanea da sola giorno e notte, ma Simeone non comprese ancora la
grandezza e la rarità del dono ricevuto dalla S. Vergine.
Questa vita quieta e devota che conduceva,
induceva a pensare di aver raggiunto una volta per sempre la salvezza: ma questi
non erano altro che dei pensieri di vanità: iniziarono anche strani fenomeni... luci
che invadevano la sua cella mentre pregava e la caduta dello spirito di
compunzione che lo aveva difeso fino allora; gli si presentarono visioni di
demoni. Un giorno Simeone domandò a uno di questi: "Perché vi contraddite in tal
modo: un giorno dite che io sono un santo e un altro che io non sarò salvato?"
E il demone con tono ironico: "Ma noi non diciamo mai la verità!"
Questo continuo susseguirsi di visioni
causarono al giovane novizio un'angoscia che volgeva alla disperazione. Per
liberarsi da questo fenomeno egli decise di intensificare la sua preghiera, a
tal punto da passare le notti pregando in piedi o seduto su uno sgabello.
I Superiori gli affidarono il compito di
lavorare al mulino del Monastero, così Simeone, senza abbandonare la sua
preghiera incessante, i suoi digiuni, lavorava con impegno trasportando ogni
giorno un gran numero di sacchi di farina. Nonostante questa attività fisica e
spirituale, gli assalti dei demoni continuavano a tormentarlo. e piano piano
cadde di nuovo nella prostrazione. li timore della perdizione e la disperazione
s'impadronirono della sua anima e seduto nella sua cella, pensò: "Dio è
inesorabile, e non si commuove"; e passò un'ora intera in preda a un'angoscia
infernale. Andato poi ad assistere ai Vespri nella cappella del Profeta Elia.
annessa al mulino, vide alla destra delle Porte Regali, là dove vi è l'Icona del
Cristo, il Cristo vivente. Nella sua insondabile provvidenza, il Signore apparve
al giovane novizio, cosicché tutto il suo essere si riempì del fuoco della
grazia dello Spirito Santo, quel fuoco che il Signore fece discendere sulla
terra con la sua venuta. D'innanzi a questa visione, Simeone si sentì prostrato
e il Signore sparì. Tutto l'essere di Simeone venne attratto dal dolce sguardo
di Gesù, che è colmo di gioia, perdona tutto ed è infinitamente buono... la
dolcezza dell'amore divino trasportò il suo spirito nella contemplazione di Dio.
Strana contraddizione, la vita dell'asceta... più cerchi Dio, più sei tormentato
dagli assalti del Nemico; più hai la sensazione che Dio ti abbia abbandonato,
più sei circondato dalle tenebre della morte e dai tormenti dell'inferno... ma se
invochi, Dio ti si manifesta nella sua bontà e nel suo infinito amore.
Non è poi così tanto assurdo... sperimenti la
pace. conosci la grazia e contempli la luce divina... per questa puoi riconoscere
le tenebre dell'abbandono di Dio e gli attacchi delle passioni. perché hai un
termine di paragone... gli uomini spirituali diventano infinitamente sensibili ad
ogni fenomeno che tocca la vita spirituale... sperimentano quanto l'amore del
Cristo sia un amore crocefisso!
Silvano esprime questa esperienza quando
scrive: "Colui che non ha conosciuto il Signore. non può cercarlo piangendo".
Quando descrive l'inconsolabile dolore e le
inesauribili lacrime di Adamo dopo la cacciata dal Paradiso, egli, in realtà
descrive le lacrime e il dolore della sua anima dopo la perdita della grazia.
L'apparizione del Cristo fu il segnale che
Dio aveva perdonato i suoi peccati; sparirono allora le fiamme dell'inferno che
lo avevano accompagnato in quegli anni, e cessarono anche le visioni demoniache,
l'anima di Simeone era pervasa dalla gioia pasquale; con tutto ciò continuò la
sua vita prescritta dall'obbedienza monastica: lavoro materiale e preghiera
intensa.
Ogni cosa era per lui buona, esprimeva la
bellezza e la bontà di Dio, anche il suo corpo era diverso: era leggero, come se
le forze fossero aumentate; la parola di Dio scaturiva dalla sua anima, le
veglie notturne e soprattutto le preghiere nella solitudine della sua cella,
erano colme di dolcezza. Questa sovrabbondanza di gioia. riempiva il suo animo
di compassione, ed egli pregava per il mondo intero. Ma dopo un lungo periodo,
si accorse che la grazia di Dio stava ancora perdendo la sua intensità, e di
nuovo, il suo animo venne colpito dalla tristezza sentendo che il Signore si
stava allontanando da lui. Chiese allora consiglio allo starez Anatoli. che
viveva anch'egli al Rossikon. "Tu senza dubbio, preghi molto" gli chiese
Anatoli. "Prego incessantemente", rispose Simeone. "Penso che tu non preghi con
correttezza, per questo tu vedi i demoni". "Non capisco che cosa, tu intenda per
pregar correttamente o scorrettamente, ma io so che bisogna pregare
incessantemente e per questo io prego costantemente". "Durante la preghiera -
disse il padre Anatoli - mantieni lo spirito puro spoglio da ogni immaginazione
e da ogni pensiero e soffermati sulle parole della preghiera", e gli spiegò che
cosa significasse un spirito "puro" e come "soffermarsi" sulle parole della
preghiera e concluse: "Se tu sei già ora così, chissà come sarai quando sarai
vecchio!". Purtroppo queste ultime parole di Anatoli fecero piacere al giovane
Simeone, ma gli causarono un danno ancor maggiore... un asceta non deve mai
lodare un confratello, questo può causargli di cadere nella vanagloria. nel
compiacimento de proprio progresso spirituale... la vanità e l'orgoglio attirano
dietro di sé‚ tutti i mali e tutte le cadute... la grazia si ritrae, il cuore si
raffredda, la preghiera s'indebolisce, lo spirito si disperde, l'assalto delle
passioni s'intensifica. L'anima giace così ancora nella tristezza, supplica,
piange, lotta per afferrare l'inafferrabile. Per molti anni Simeone ebbe fasi
alterne di grazia e di abbandono.
Diventato nel frattempo Monaco col nome di
Silvano, imparò poco a poco combattere in modo più incisivo: dormiva su un
sgabello per 15-20 minuti per notte, era assiduo nel lavori manuale di operaio,
praticava l'ascesi dell'obbedienza interiore, era frugale nel pasto, consacrava
molto tempo alla preghiera esicasta, ma sempre era un alternarsi di luce e di
abbandoni, di assalti e di vittorie della grazia.
L'anima di Silvano rimaneva in uno stato
continuo di attenzione interiore e di continua vigilanza, alla ricerca ardente
di una via d'uscita. La sobrietà spirituale fece sì che il suo intelletto
ritrovasse sempre più spesso il "luogo dell'attenzione" nel suo cuore: imparò a
discernere il modo in cui nascevano i pensieri dettati dalle passioni, e come
riconoscere in qual maniera agisce la grazia, giungendo infine a interrogarsi
sul problema che aveva tormentato la sua vita: come fare, una volta avuta la
grazia, a far in modo di non perderla più?
Erano trascorsi quindici anni dal giorno in
cui il Signore gli era apparso, quando una volta, durante una di queste ingrate
notti di lotta contro i demoni, accadde che egli, malgrado ogni sforzo, non
riuscisse a giungere alla preghiera pura. Silvano si alzò allora dallo sgabello
per fare delle prostrazioni, ma vide l'immensa figura di un demone che si era
collocata davanti alle Icone. aspettando che egli si prosternasse davanti a Lui;
tutta la cella era infestata dai demoni. Padre Silvano si sedette di nuovo sullo
sgabello e, con la testa reclinata e il cuore trafitto, fece questa preghiera:
"Signore. Tu vedi che io cerco di pregarti con spirito puro, ma i demoni me lo
impediscono. Insegnami ciò che devo fare. perché essi non mi disturbino" E nella
sua anima ricevette questa risposta: "Gli orgogliosi soffrono sempre a causa dei
demoni" . "Signore - disse Silvano - insegnami ciò che io debbo fare perché
l'anima mia diventi umile". Ed ancora nel suo cuore ebbe questa risposta da Dio:
"Tieni il tuo spirito agli inferi e non disperare". Questo breve dialogo con
Dio, costituì nella vita di padre Silvano una tappa estremamente importante. Il
mezzo indicato era strano, incomprensibile, crudele, ma Silvano l'accettò con
gioia e riconoscenza.. Il suo cuore percepì che il Signore era misericordioso nei
suoi riguardi e che Lui stesso lo guidava. Rimanere agli inferi non era per lui
cosa nuova, ma cosa nuova era il "non disperare"...prima egli cadeva nella
disperazione, ora questi momenti in cui sentiva l'abbandono di Dio, gli
causavano non disperazione ma una grande sofferenza.
Dio non aveva fatto altro che ricordargli che
la radice di ogni nostro peccato, il seme della morte, è l'orgoglio; Dio è
umiltà e colui che vuole giungere a Dio deve conquistare l'umiltà. Comprese
allora che la grande umiltà di Cristo, così ricca d'indicibile dolcezza, umiltà
che egli poté gustare al momento dell'apparizione, è un attributo inalienabile
dell'amore divino. Comprese che ogni sforzo ascetico deve orientarsi al
raggiungimento della perfetta umiltà. E comprese anche che era per acquisire la
perfetta umiltà che molti asceti, dai Padri del Deserto a S. Serafino di Sarov (e
il nostro Francesco d'Assisi non è da meno), hanno donato la loro vita al
Signore, rinunciando a tutto.
Dopo che gli venne accordata la rivelazione,
il monaco Silvano seguì fermamente la via spirituale che gli era stata indicata.
A partire da quel giorno il suo "canto preferito", secondo la sua stessa
espressione. diventa il seguente: presto io morirò e la mia miserabile anima
discenderà nelle tenebre degli inferi e là solo, nelle fiamme oscure, io
piangerò gridando al Signore: "Dove sei, o luce dell'anima mia? perché mi hai
abbandonato? Io non posso vivere senza di te".
Ancora per quindici anni, Silvano ebbe a
subire quest'alternanza di stati di grazia e di abbandono. Ma a poco a poco
comincia a predominare nella sua preghiera la compassione per coloro che non
conoscevano Dio. "Pregare per gli uomini è versare il proprio sangue" diceva lo
starez al quale lo Spirito Santo aveva insegnato l'amore di Cristo. L'amore di
Cristo è una beatitudine alla quale nessuna cosa al mondo può essere paragonata;
ma allo stesso tempo è una sofferenza più grande di tutte le altre. Amare con
l'amore del Cristo significa bere al suo calice, quel calice che Cristo chiese
al Padre di allontanare. Insegnando a Silvano l'amore di Cristo, lo Spirito
Santo gli permise di vivere veramente e di assumere la vita di tutta l'umanità.
La sua preghiera, tesa all'estremo e accompagnata da abbondanti lacrime per il
mondo intero lo avvicinò e lo unì con forti legami all'Adamo totale il Cristo.
Per lui che visse la resurrezione della propria anima, divenne naturale vedere
in ogni uomo un fratello per l'eternità. Silvano pregava per tutti, in modo
particolare per i morti, ed anche per quelli che ancora non erano nati. Nella
sua preghiera, che infrangeva i confini del tempo, ogni riferimento a ciò ch'era
effimero nella vita umana scomparve.
Nella sua sofferenza per il mondo, gli fu
dato vedere quali uomini conoscevano Iddio, e quali non lo conoscevano. Gli era
insopportabile pensare che vi erano degli uomini nelle "tenebre esteriori" (Mt. 8,22).
La sua anima si consumava al pensiero che vi fossero uomini che potessero vivere
senza conoscere Dio e il suo amore. e pregava con una preghiera intensa affinché
il Signore, nel suo ineffabile amore, concedesse loro di conoscerlo.
Nel tempo che Silvano divenne economo, aveva
alle sue dipendenze circa duecento operai; al mattino egli dava loro le
istruzioni per compiere i lavori, poi si ritirava nella sua cella a pregare. Ma
il suo cuore soffriva per i suoi operai, per le loro difficoltà, per la loro
dura sorte, e per ognuno di loro aveva una preghiera. I suoi operai sapevano di
essere trattati con rispetto e contraccambiavano offrendo il loro lavoro con
impegno e con slancio maggiore degli
operai degli altri economi. La compassione
per il popolo gli faceva desiderare di soffrire per esso; era pronto a versare
il suo sangue per la pace e la salvezza degli uomini e lo versava nelle sue
preghiere. Un giorno chiesero allo starez se le responsabilità dell'incarico di
economo non disturbassero il silenzio ascetico del monaco. lo starez replicò:
"Cos'è il silenzio? il silenzio è la preghiera incessante e la permanenza
dell'intelletto in Dio. Padre Giovanni di Kronstadt era costantemente attorniato
da gente, ma dimorava in Dio più degli eremiti. Sono diventato economo per
obbedienza, e grazie alla benedizione che mi è stata data dall'igumeno, posso
pregare meglio adempiendo questo incarico più che quando ero nell'eremitaggio.
Se l'anima ama gli uomini, e ha compassione di loro, la preghiera non cessa mai"
Un giorno lo visitò uno studente che si mise
a parlargli della libertà. Allora Silvano prese a dire:" Chi non desidera la
libertà? Tutti la desiderano, ma bisogna sapere in che cosa consiste e come
trovarla... per diventare libero bisogna anzitutto legare se stessi, più tu
legherai te stesso, maggiore sarà la libertà del tuo spirito... bisogna legare
le passioni, perchè non dominino in noi; bisogna legarsi per non far del male al
prossimo.. di solito si cerca la libertà per poter fare ciò che si vuole. Questa
non è libertà ma è il dominio del peccato.La libertà di dedicarsi alla
fornicazione, di mangiare senza ritegno e di ubriacarsi, di conservare rancore,
di commettere atti di violenza o di uccidere. o qualcosa d'altro di simile, non
è assolutamente libertà; poichè, come ha detto il Signore: "ogni uomo che pecca
è schiavo del proprio peccato". Bisogna pregare molto per liberarsi da questa
schiavitù. Noi pensiamo che la vera libertà stìa nel non peccare, ed amare Dio e
il nostro prossimo con tutto il nostro cuore e tutte le nostre forze. La vera
libertà è dimorare costantemente in Dio"
Fino alla fine della sua vita Silvano ebbe
una sola preoccupazione:
pregare per tutti gli uomini: "Pregare per
gli uomini è certo difficile. ...significa versare il proprio sangue.. .ma
bisogna pregare. Tutto ciò che la grazia ci ha insegnato, bisogna portarlo a
compimento fino al termine della vita.., talvolta il Signore abbandona l'anima
per metterla alla prova, perchè l'anima possa manifestare la sua sapienza e la
sua libertà; ma se l'uomo non si sforza nell'opera della preghiera perderà la
grazia; e se invece egli dimostrerà la sua buona volontà la grazia lo amerà e
non lo abbandonerà mai ".
Silvano diceva spesso che lo Spirito Santo
gli aveva insegnato ad amare con lo stesso amore del Cristo, e l'amore di Cristo
è una beatitudine che, in questo mondo, non può essere paragonata a nulla e, nel
medesimo tempo, è una sofferenza più grande di tutte le sofferenze, una
sofferenza che porta alla morte. La morte, quest'ultima soglia, è anche l'ultima
prova del nostro amore e della nostra libertà.
Il 15 settembre 1938 padre Silvano diede segni di malessere. Venne allora condotto in infermeria e messo in una camera isolata. Ogni giorno riceveva la S. Comunione. Il lunedì successivo ricevette l'Unzione dei malati. Non essendoci un vero medico ma solo un monaco infermiere, non fu possibile capire quale fosse la malattia di Silvano. Si vedeva che ogni giorno che passava peggiorava sempre di più. Venerdì 23 settembre il padre Sergio, suo confessore, andò da lui per leggergli il Canone della Beata Vergine; la preghiera che si recita per gli agonizzanti. Avvicinandosi al letto chiese: "Padre Silvano, benedite", ma poiché Silvano taceva, riprese:" Padre ci riconoscete?". "Vi riconosco", rispose con voce fioca ma chiara.. "Come vi sentite?". "Bene, mi sento bene", ma Silvano nascondeva le sue sofferenze fisiche, ma forse per lui la malattia non era più importante da doversene lamentare. "Noi siamo venuti per pregare per voi... per recitare il Canone della Madre di Dio... volete?". "Sì, lo voglio veramente!" e lo starez seguì la preghiera con gli occhi chiusi immobile, tranquillo. Terminata la preghiera padre Sergio si congedò. Verso mezzanotte il padre Nicola, l'infermiere entrò nella stanza e lo starez gli chiese:"Hanno recitato il mattutino?". "Sì - rispose l'infermiere - avete bisogno di nulla? ". "No, grazie. Non ho bisogno di nulla!". Un'ora e mezzo dopo, al termine della funzione, il padre Nicola entrò di nuovo nella stanza e si accorse che padre Silvano era morto: nessuno l'aveva udito spirare. Dopo la preparazione, il corpo di Silvano venne portato in Chiesa, celebrato l'Ufficio del funerale, venne trasportato nel Cimitero fuori dal recinto del Monastero e sepolto semplicemente lo stesso giorno del decesso.
Lo Starez Silvano del Monte Athos è stato
iscritto nell'elenco dei Santi della Chiesa Ortodossa dal Patriarca di
Costantinopoli Demetrio I, ai primi di maggio del 1988. la commemorazione
liturgica, secondo l'antica consuetudine, è stata fissata il giorno 24
settembre, data del suo ingresso in cielo.
NOTE:
1) E. Behr-Sigel "Preghiera e santità nella
Chiesa Russa" Ed. Ancora 1984 pag. 172
2) E.
Beher-Sigel op.cit. pag.
180-182
3) Archimandrita Sofronio: "Silvano del Monte
Athos" Gribaudi l978 pag. 39
4) Arch. Sofronio op. cit. pag. 44 e segg
Tratto da http://www.ortodossia.info:
a cui si rimanda vivamente per l'approfondimento di altre tematiche relative alla spiritualità ortodossa