Silvano del Monte Athos

Racconti di esperienze vissute
e di alcuni incontri e conversazioni con asceti



PARTE II
 


Durante la mia vita ho più volte interrogato il Signore nei momenti di bisogno e ho sempre ricevuto risposta.

Padre Stratonico diceva anche che verrà un'epoca in cui i mo­naci giungeranno alla loro salvezza vivendo in mezzo alla gente.

 

se un uomo è pronto, anche in modo parziale, alla morte, non teme nulla, ma trova l'umiltà e il pentimento, dimentica tutto ciò che c'è nel mondo, conserva il suo spirito nel raccoglimento e prega con tutto il suo cuore.

 

Fà, o Signore, che io venga a Te  sulla strada che i tuoi Santi mi hanno fatto conoscere: quella dell'umiltà e delle lacrime.

 

- Perché sei contento? - gli chiesi.
- Tutti i fratelli mi amano.
- Perché ti amano?
- Obbedisco a tutti, nessuno escluso e vado dovunque mi si mandi.

 

Secondo me è per merito di questi uomini che il Signore custo­disce il mondo, poiché essi sono preziosi agli occhi di Dio; Dio infatti ascolta sempre i suoi umili servi e noi tutti stiamo bene grazie alla loro preghiera.



Un giorno, dopo la preghiera, ero seduto e pensavo: « Io non voglio morire ». Dissi allora: « Vedi, Signore, il mio cuore, Tu vedi che non desidero morire. Quando qualcuno da molto tempo non vede i suoi genitori, va con gioia da loro; ma pur conoscendoti, oh Signore, la mia anima non vuole morire ». La mia anima ricevette questa risposta: « E’ perché tu non Mi ami a sufficienz­a ». E veramente io amo poco il Signore.

Un po' di tempo fa scoppiò un incendio nel « kellion » di Santo Stefano. Il monaco di questo « kellion », che si trovava nel momento dell'incendio fuori dall'edificio, volendo salvare qual­che oggetto, si precipitò all'interno, dove morì carbonizzato. Se egli avesse pregato il Signore dicendo: « Signore, io vorrei salvare questo e quell'altro oggetto, dammi l'ispirazione perché io lo possa fare », allora SENZA DUBBIO il Signore l'avrebbe il­luminato dicendogli: « Vai », se fosse stato possibile salvare qual­cosa, ma nel caso contrario « Non andarci », poiché il Signore è vicino a noi e grande è il suo amore.

Durante la mia vita ho più volte interrogato il Signore nei momenti di bisogno e ho sempre ricevuto risposta. Questo amore noi non l'abbiamo conosciuto per mezzo della nostra intelligenza, ma con la grazia dello Spirito santo. Forse noi diremo: « Questo è possibile solo ai Santi ». Ma io posso dire che il Signore ama allo stesso modo il più grande peccatore e accorda a lui la sua grazia perché la sua anima si allontani dal peccato; il Signore lo accoglierà con grande gioia nelle sue braccia e lo porterà al Padre ed allora tutti i Cieli gioiranno per lui.

Il 14 settembre 1932, al Monte Athos vi fu un violento terre­moto. Successe durante la notte, alla quarta ora, alla veglia della festa dell'Esaltazione della Santa Croce. Io mi trovavo nel coro vicino al Padre priore, ed egli stava proprio accanto al luogo dove di solito ci si confessa. Si staccò un mattone dal soffitto e cadde, insieme a molti calcinacci, proprio lì. All'inizio io mi spaventai un po', ma mi calmai quasi subito e dissi al priore: « Ecco, il Signore misericordioso vuole che noi ci pentiamo ». Guardammo gli altri monaci che si trovavano in fondo alla chiesa e nel coro: pochi avevano paura e soltanto circa sei uomini uscirono dalla chiesa, mentre gli altri restarono al loro posto, e la veglia proseguì in modo regolare, come se nulla fosse accaduto. Allora pensai: « Come abbonda nei monaci la grazia dello Spirito santo ». Difatti, quando vi fu un terremoto così violento, che tutto l'edificio del Monastero tremava, la calce cadeva, i lampadari e le lampade ad olio e i candelieri traballavano, sui campanili le campane mettevano a suonare ed anche la grande campana emise un colpo a causa della violenza della scossa, loro, malgrado ciò, restarono tranquilli. Pensai pure: L'anima che ha conosciuto il Signore non teme nulla, eccetto il peccato e soprattutto il peccato. Sa che il Signore ci ama e se ci ama cosa dobbiamo temere? Il Signore misericordioso ci invia l'esortazione: « Figlioli miei, pentitevi e vivete nell'amore, siate sobri ed obbedienti; imparate da Me la dolcezza e l'umiltà e solo allora troverete riposo per anime vostre ».

Un giorno, mentre andavo al monastero serbo di Scilandari, mi accompagnò il padre Nicola, incaricato dell'ospitalità della nostra skita della Tebaide. Noi abbiamo camminato durante la notte nel bosco, ed era piacevole sia la strada che la conversa­zione che abbiamo fatto. Noi parlavamo dell'amore verso il prossimo, e padre Nicola mi raccontò un fatto degno di esser ricordato.

Nella Russia del Sud, nei pressi di Rostov, lavorava una squa­dra di una ventina di uomini. Tra di loro ve n'era uno, Andrea, che aveva un carattere insopportabile e una cattiva condotta, per cui era difficile vivere insieme a lui. Mentre c'era un altro uomo, il più giovane, Nicola, che era di una bontà estrema; amava Dio ed osservava i comandamenti del Signore. Andrea fece del male e diede molte noie ai suoi compagni, i quali progettarono di ucci­derlo, ma il giovane Nicola non era d'accordo con loro per questo omicidio e li esortava a non uccidere in nessun caso. Gli operai della squadra non ascoltarono Nicola ed uccisero Andrea. Fu scoperto l'omicidio e il fatto venne a conoscenza della polizia. Nicola, vista la disperazione che questo causò in loro, disse: « Voi tutti avete famiglia, moglie e figli, mentre io sono celibe e quindi solo. Dite che sono stato io ad uccidere ed anch'io dirò le stessa cosa. Non mi addolora andare in carcere poiché ci andrò da solo: se invece condannassero uno di voi quante persone ne soffrirebbero! » Al primo momento gli operai non rispondevano, poiché si vergognavano davanti a Nicola che li aveva esortati a non uccidere; ma finì che malgrado tutto Nicola riuscì a convincerli, ed essi si misero d'accordo per dire che l'aveva ucciso Nicola.

Giunsero sul luogo i gendarmi, i capi, e il giudice istruttore e iniziò l'inchiesta: chi ha ucciso? Nicola disse: « Ho ucciso io ». Interrogarono poi gli altri, ed anche loro dissero che era stato Nicola. Nicola aveva un viso dolce ed un carattere umile; par­lava pacatamente e con dolcezza; i giudici fecero dei lunghi in­terrogatori poiché non si convincevano che un uomo così dolce e tranquillo potesse essere un assassino; ma il processo proseguì secondo la legge. Anche in tribunale rimasero tutti stupefatti che un uomo così umile ed affabile avesse ucciso, e nessun giudice voleva credere a ciò, sebbene Nicola affermasse che era stato lui ad uccidere Andrea. Al momento della sentenza, infatti, non si trovava nessuno che volesse firmare la sua condanna. E di nuovo Nicola e tutti gli altri vennero interrogati a lungo per chiarire questo mistero, e li si scongiurò di dire la verità. A quel punto Nicola, l'innocente accusato, dichiarò che se non si fosse condan­nato il vero responsabile egli avrebbe detto la verità. Ed essendo apparso a tutti, durante le deliberazioni del tribunale, che Andrea era stato una persona cattiva, il procuratore e i giudici furono d'accordo ad archiviare il processo se si fosse conosciuta la verità. Allora gli altri, e non Nicola, raccontarono come erano avvenuti i fatti e come Nicola avesse deciso di prendere su di sé la colpa per salvarli dalla punizione. Si sospese quindi il processo e si dichiarò che il delitto di Nicola non era avvenuto. Un giudice disse an­che: « Andrea era un uomo cattivo, e ciò che è successo se lo meritava. Quanto a costoro, che sono brava gente, che essi vivano in pace ».

Da questo fatto possiamo vedere quale forza possiede l'amore per il prossimo. La grazia divina che era nel cuore del giovane Nicola era riflessa, infatti, sul suo volto e agiva anche su tutti gli altri.

 

PADRE GIOVANNI DI CRONSTADT

     Io ho visto padre Giovanni a Cronstadt. Stava celebrando la liturgia e fui colpito dalla potenza della sua preghiera e fin ad oggi - sono passati quarant'anni e più - non ho mai visto nessuno celebrare come lui. Il popolo lo amava e tutti restavano nel timore di Dio. Ciò non è sorprendente poiché lo Spirito santo attrae a sé i cuori degli uomini. Noi, infatti, sappiamo dall'Evangelo quali moltitudini seguivano il Signore. La parola del attirava gli uomini poiché era pronunciata dallo Spirito santo, per questo essa è dolce e piacevole all'anima.

Quando a Luca e Cleopa, che camminavano sulla strada verso Emmaus, si avvicinò e parlò il Signore, i loro cuori non bruciavano forse d'amore per Dio? Anche padre Giovanni aveva in sé questa abbondanza di Spirito santo che bruciava la sua anima d'amore per Dio; e grazie a lui questo Spirito agiva sugli uomini. Ho infatti visto delle folle che lo seguivano, come se egli avesse posseduto un incendio, per ricevere la sua azione, e dopo averla ricevuta erano beati, poiché lo Spirito è soave e dona all'anima pace e mitezza.

Alcuni non hanno una buona opinione di padre Giovanni, e in tal modo offendono lo Spirito santo che viveva e continua a vivere in lui anche dopo la sua morte. Essi dicono che era ricco e si vestiva con abiti lussuosi. Non sanno forse costoro che la ricchezza non nuoce a colui che ha in sé lo Spirito santo. La sua anima, infatti, è tutta in Dio; ed essendo trasformata da Dio ha dimenticato ricchezza ed abiti. Beati coloro che amano padre Giovanni, poiché pregherà per loro. Il suo amore per Dio è ardente; tutta la sua persona brucia d'amore.

Oh padre Giovanni, tu sei il nostro grande intercessore. Io rendo grazie a Dio per averti visto, e ringrazio te, buono e santo pastore, poiché grazie alle tue preghiere io ho abbandonato il mondo e sono giunto alla Santa Montagna dell'Athos, dove ho conosciuto la grande misericordia di Dio. Ed ora io scrivo, contento di ciò che il Signore mi ha fatto conoscere della vita e dell'opera del buon pastore.

Segno di grande ascesi è vivere con una giovane donna senza toccarla. Lo possono fare solo coloro che accolgono, in modo sensibile, lo Spirito santo; la dolcezza dell'amore di Dio supera l'amore umano. Molti Santi temevano la vicinanza di donne, ma padre Giovanni, sebbene fosse circondato da donne,  conservava lo Spirito santo.

Ed aggiungerei anche: era così umile da non perdere la grazia dello Spirito santo, e per questo amava molto la gente e guidava gli spiriti degli uomini verso Dio.

Vedi dunque come agisce in lui la potenza dello Spirito santo? Se leggiamo il suo libro « La mia vita in Cristo », l'anima perce­pirà nelle sue parole la forza della grazia divina. Se tu dici: « Io però le leggo senza alcun piacere », io ti domanderò: « Forse que­sto non succede poiché tu sei orgoglioso? Sappi che la grazia non tocca un cuore orgoglioso ».

Oh padre Giovanni, tu ora vivi nei cieli e vedi il Signore che la tua anima amava già qui sulla terra. Noi ti supplichiamo: pre­ga per noi, perché anche noi amiamo il Signore e portiamo i frutti del pentimento.

Oh buono e santo pastore, tu che voli come un'aquila sulle alture, ti sei innalzato al di sopra dell'immensa Russia e da que­ste altezze, dove ti ha condotto lo Spirito santo che vive in te, tu vedi i bisogni del tuo popolo. Con la potenza dello Spirito santo hai attratto questo popolo verso Dio; e gli uomini che sentono la parola divina uscire dalla tua bocca singhiozzano per l'ardente pentimento.

Oh grande e buon pastore, sebbene il tuo corpo è morto, tu sei tuttavia con noi in spirito ed intercedendo per noi presso Dio tu ci vedi con lo Spirito santo dall'alto del Cielo.

[E noi umilmente ti veneriamo.]

 

PADRE STRATONICO

Padre Stratonico, eremita del Caucaso, visitò due volte la Santa Montagna. Era originario della provincia di Karkov. Quand’era nel mondo faceva il commerciante e possedeva un negozio; aveva anche dei figli. La sua anima si infiammò d'ardente penti­mento e, abbandonata la sua famiglia e i suoi beni, egli si ritirò nel Caucaso.

Era un uomo straordinario. Alla sua vista l'anima veniva colta da fremito. I suoi occhi erano costantemente inondati di lacrime; e quando parlava di Dio manifestava una grande emozione e assumeva un atteggiamento umile e chi lo ascoltava riceveva gioia e consolazione. La sua parola era potente, impregnata di timore di Dio e di amore ed era veramente, tra i padri, come un'aquila. Chi lo conosceva si trasformava e vedendo la sua vita santa diven­tava umile. Con la sua parola ritemprava le anime e ne rialzava molte dalla loro caduta. Ascoltandolo parlare, l’anima dimenti­cava la terra e si rivolgeva con ardore verso Dio

Era un uomo un po' più alto della media; piacevole, dai capelli scuri; piaceva a tutti. Era degno, dagli asceti del Caucaso. Si sottometteva a sforzi ascetici; sopportava il caldo e il freddo; d'inverno andava a piedi scalzi soffrendo per amore di Dio. Non si trovò mai sulle sue labbra una mormorazione contro Dio; la sua anima si era totalmente abbandonata alla volontà di Dio, e sopportava con gioia ogni tribolazione. Predicava un bruciante pentimento e riportava numerosi monaci dal profondo abbattimento a un fervente sforzo spirituale. Dalle sue parole si poteva percepire con chiarezza la grazia di Dio che fa rinascere lo spirito degli uomini e li distacca dalla terra.

Un giorno alcuni asceti del Caucaso condussero padre Stratonico da un indemoniato e quando egli lo vide il suo grande amore lo fece piangere e disse: « Oh povera creatura di Dio! Come viene tormentata dai demoni! » Fece poi sopra di lui il segno della croce con queste parole: « Che il Signore Gesù Cristo ti guarisca » e il malato guarì immediatamente. Questa era infatti la forza del­la fede e della preghiera di quest'uomo.

Oh, nostro padre Stratonico, tu che hai tanto amato le lacrime, dove si trova ora la tua dimora? Vieni da noi, e noi ti costruiremo una cella su un'alta montagna; i nostri sguardi saranno rivolti alla tua santa vita e, nella possibilità delle nostre forze, noi imiteremo il tuo grande esempio d'ascesi. Padre, è passato il tempo delle lacrime. Adesso tu senti nei Cieli i canti dei Cherubini e vedi la Gloria del Signore che la tua anima amava anche qui sulla terra fino a giungere, nello slancio verso di Lui, ad essere in balia delle lacrime di pentimento. Il Signore ama l'uomo e gli dona queste lacrime affinché la sua anima si purifichi con quest'acqua e possa contemplare senza distrazione il Signore in uno spirito d'amore, di timore e di venerazione.

Padre Stratonico diceva anche che verrà un'epoca in cui i mo­naci giungeranno alla loro salvezza vivendo in mezzo alla gente.

Nella propria vita bisogna conservare con tutte le proprie for­ze, fino alla fine, il fervore dei primi tempi, poiché molti l'han­no perso e non l'hanno ritrovato. Per questo bisogna costan­temente ricordarsi della morte; se un uomo è pronto, anche in modo parziale, alla morte, non teme nulla, ma trova l'umiltà e il pentimento, dimentica tutto ciò che c'è nel mondo, conserva il suo spirito nel raccoglimento e prega con tutto il suo cuore.

Chi possiede il ricordo della morte non si lascia sedurre dal mondo; ama il suo prossimo ed i suoi nemici; è obbediente e sobrio. A motivo di ciò, nella sua anima si trova la pace e la grazia dello Spirito santo. Quando tu avrai conosciuto Dio per mezzo dello Spirito santo, la tua anima gioirà del Signore e tu L'amerai, ti ricorderai incessantemente della dolcezza dello Spirito santo che è veramente il nutrimento celeste.

Noi ci siamo intrattenuti a lungo col grande asceta padre Stra­tonico su questo argomento. Egli mi raccontava che nel Caucaso incontrò sette uomini che avevano gustato la grazia dello Spirito santo, ma tra di loro alcuni non conoscevano la via del Signore e non sapevano come il Signore mettesse alla prova le anime per cui vennero meno durante il cammino. Queste cose sono dette nelle Scritture e nei Padri, ma bisogna vivere a lungo per cono­scere tutto questo come esperienza personale.

Agli inizi, quando un uomo comincia a servire il Signore, il Signore gli dona la sua grazia e un ardente zelo verso il bene, per cui tutto gli sembra facile e gradevole; quando scopre questo cambiamento in sé dice nella sua inesperienza: « Avrò questo fer­vore per tutta la mia vita ». Così si innalza sopra coloro che vivono con negligenza giudicandoli; e a causa di ciò perde questa grazia che l'aveva aiutato a portare a compimento i comanda­menti di Dio. L'anima non capisce come ciò possa essere acca­duto: tutto andava così bene ed ora è così difficile e non ha più neppure voglia di pregare. Ma non bisogna aver paura: è il Si­gnore che con bontà educa l'anima. Appena l'anima si innalza al di sopra di suo fratello, in quello stesso istante, gli sopraggiunge un  PENSIERO malvagio. Se l'anima si umilia, la grazia non l'abbandona; ma se essa non si umilia, sorge in lei una leggera tentazione perché l'anima s'umili. Se non si umilia ancora, ini­zia l'assalto dell'impurità. Se malgrado ciò persiste nel non umi­liarsi, cade in qualche peccato. E se anche allora non si umilia, sorgerà una tentazione più grande e commetterà un grave pec­cato. E la tentazione si ingrandisce sempre più finché l'anima non si sarà umiliata; allora se si umilierà molto, la tentazione si allontanerà e conoscerà l'umile consolazione del cuore e la pace, e sparirà ogni male.

Tutta questa lotta ha un solo scopo: l'umiltà. I nemici che sono caduti a causa dell'orgoglio ci attirano in questo abisso sulla stessa via. I nemici ci lusingano e se l'anima accoglie la loro lode, la grazia si ritira da essa finché non si pente. Per tutta la vita, quindi, l'anima impara l'umiltà di Cristo e finché non sarà diventata veramente umile verrà tormentata dai PENSIERI malvagi. Ma l'anima umile trova il riposo e la pace di cui parla il Signore (Gv 14, 27).

Il digiuno, l'astinenza e le veglie, il silenzio ed altri sforzi ascetici ci aiutano, ma la vera forza si trova nell'umiltà. Santa Maria Egiziaca fece disseccare il suo corpo con il digiuno di un anno, poiché non aveva nulla da mangiare, ma con i PENSIERI dovette lottare per diciassette anni.

Tu non imparerai l'umiltà da un momento all'altro. Infatti il Signore dice: « Impara da Me l'umiltà e la mitezza ». Per imparare ci vuole del tempo. Alcuni sono invecchiati facendo sforzi ascetici, ma tuttavia non hanno imparato l'umiltà; non possono neppure comprendere perché non abbiano la pace e perché la loro anima sia abbattuta.

Oggi è venuto a trovarmi padre T. - un eremita -. Sapendo che questo Staretz era un asceta, io pensai che desiderasse parlare di Dio. Ebbi un lungo colloquio con lui e poi lo pregai di dirmi una parola in modo da correggere i miei errori. Restò per istante in silenzio e poi mi disse: « Ho percepito in te l'orgoglio… Perché parli così tanto di Dio? I santi nascondono l'amore Dio nella loro anima ed amano parlare delle lacrime ».

Padre T., tu hai umiliato l'anima mia che ama il Creatore.
L'anima mia ama il Signore e come potrei dissimulare questo fuoco che mi brucia?
Come potrei nascondere la misericordia di Dio che ha l'anima mia?
Come potrei dimenticare i benefici del Signore con i quali la mia anima ha conosciuto Dio?
Come potrei non parlare di Dio quando la mia anima è diven­tata sua prigioniera?
Come potrei tacere su Dio quando, giorno e notte, il mio spirito arde d'amore per Lui? Forse per questo sarei un avversario delle lacrime?
Per qual motivo, o padre, hai detto alla mia anima: « Perché parli così tanto di Dio? »
La mia anima l'ama, e come potrei nascondere l'amore che il Signore ha per me?
Io sono certamente degno degli eterni tormenti, ma Egli mi ha perdonato e mi ha dato la sua grazia, che non può restare na­scosta nell'anima.
Spero tuttavia che tu non ignorerai che io ti amo e per questo ti ho parlato di Dio pensando che anche la tua anima ami Dio e che venga ravvivata dall'amore divino.
Io potrei dire alla mia anima: « Nascondi in te le parole del Signore ». Ma tutti i Cieli conoscono ciò che nella sua misericor­dia il Signore ha fatto per me; e quindi mi chiederebbero subito perché nasconda la misericordia del Signore e non ne parli agli uomini affinché tutti amino Dio e trovino in lui il riposo.
Il Maestro, nella sua bontà, comunque ci chiama tutti: « Ve­nite a me, voi che siete stanchi, e io vi darò riposo ».
L'anima mia conosce questo riposo in Dio e per questo, aman­do Dio e i miei fratelli, parlo della misericordia di Dio.
Io penso che la tua anima, come la mia, trovi la sua gioia in Dio, ma tu hai umiliato la mia anima dicendo: « Perché parli così tanto di Dio? »
Ma tuttavia ciò che io ho detto è realmente la verità, cioè che il nostro Signore è misericordioso e perdona agli uomini i loro peccati.
Ecco dunque che io imporrò il silenzio alle mie labbra, e can­terò da solo nella mia anima un inno a Dio perché il Signore si rallegri, poiché immenso è il suo amore: per noi ha versato il Suo sangue e ci ha dato lo Spirito santo.

Padre Cassiano ha detto che tutti gli eretici saranno dannati. Io non so nulla, ma la mia fiducia è solo nella Chiesa ortodossa: in essa si trova la gioia della salvezza che si ottiene con l'umiltà di Cristo.

Io Ti rendo grazie, mio Signore e mio Creatore, perché tu nella tua bontà hai umiliato la mia anima e le hai rivelato le strade che hanno seguito i tuoi Santi. Tu ami coloro che piangono e sulla via delle lacrime i tuoi Santi sono giunti a Te. Tu ami gli umili e con la Tua grazia insegni loro il Tuo amore e la Tua umiltà, che sono temuti dai nostri nemici, i demoni. Tu, o Signore, gioisci per l'umile anima;

 

fà, o Signore, che io venga a Te  sulla strada che i tuoi Santi mi hanno fatto conoscere: quella dell'umiltà e delle lacrime.

Tra di noi, al Monastero, c'era un giovane monaco che a causa di una caduta da un albero, durante la raccolta delle olive, si era fratturato le gambe. Mentre si trovava all'infermeria, che è nell'edificio della Trasfigurazione, il monaco che dormiva nel letto vicino al suo morì. L'infermiere allora preparò il corpo del defunto per la sepoltura e chiese al novizio malato di tenere per un istante un ago. Il malato rispose: « Perché mi importuni? ». Dopo questa frase la sua anima perse la pace; chiamò il suo padre spirituale e gli confessò il suo peccato di disobbedienza.

Il saggio comprese il motivo per cui l'anima del novizio perse la pace, ma l'insensato sosteneva che era un motivo futile.

Il luglio 1932 ricevetti la visita di padre Panteleimon, che veniva dal Vecchio Rossikon. Gli domandai come stesse e lui con volto radioso mi rispose:

- Io sono molto contento.
- Perché sei contento? - gli chiesi.
- Tutti i fratelli mi amano.
- Perché ti amano?
- Obbedisco a tutti, nessuno escluso e vado dovunque mi si mandi.

Allora pensai: « Facile è la via che porta al Regno di Dio. Ha trovato il riposo nell'obbedienza che esercita per amore di Dio, per questo la sua anima è nella pace ».

Un padre, lo ieromonaco I., mi ha raccontato che tra di noi,  a Krumitza, un monaco era entrato in agonia ma non riusciva a morire. Gli dissero allora: « Tu non hai confessato i tuoi peccati e quindi non puoi morire ». Egli rispose: « Io mi sono confessato due volte, ma credo che i miei peccati non siano stati perdonati e vorrei confessarmi all'igumeno Macario ». Esaudimmo allora il suo desiderio: giunse l'igumeno Macario dal monastero, confessò il monaco ed egli con tranquillità e pace trapassò.

Padre I. mi chiese il motivo di ciò che era avvenuto. Io gli dissi che sebbene questo monaco si fosse già confessato non cre­deva, per mancanza di fede, che i suoi peccati gli fossero stati per­donati e difatti, a motivo delle sue disposizioni spirituali, cioè conformemente alla sua mancanza di fede, era successo questo fatto. Ma noi dobbiamo avere una fede salda, nel credere che, nella nostra Chiesa, tutto è stato istituito dallo Spirito santo, per cui secondo la sua fede l'uomo riceve dal Signore la grazia.

 

UN GIOVANE MONACO

Signore, ti rendo grazie perché oggi mi hai inviato il tuo servo, un giovane monaco di cui nasconderò il nome perché la vanità non lo faccia cadere, e a causa di ciò la sua santa vita sia privata di ogni valore.

Noi ci siamo intrattenuti parlando dell'amore e quando questo giovane monaco mi ha detto che durante i trent'anni della sua vita non aveva mai offeso nessuno, lo guardai e la mia anima di­nanzi a lui si umiliò fino alla polvere.

La sua anima, fin dall'infanzia, amava Dio; e contemplando in spirito il Signore non si permetteva di offendere nessuno, qua­lunque fosse, e per questo il Signore l'ha salvaguardato dai pec­cati.

Secondo me è per merito di questi uomini che il Signore custo­disce il mondo, poiché essi sono preziosi agli occhi di Dio; Dio infatti ascolta sempre i suoi umili servi e noi tutti stiamo bene grazie alla loro preghiera.

Oh Signore, ti rendo grazie perché mi hai rivelato il tuo servo. E quanti Santi vi saranno che noi non possiamo conoscere! Ma l'anima percepisce la vicinanza dei Santi e viene assorbita dall'umiltà dello Spirito di Cristo. Lo Spirito divino vive nei Santi e l'anima avverte la sua venuta.

Oh Signore, fà che tutti gli uomini siano uguali a questo gio­vane monaco. Tutto il mondo allora risplenderebbe di Gloria, poiché la grazia di Dio vive con abbondanza nel mondo. Lo Spi­rito santo dà all'anima di conoscere l'amore di Dio e l'amore per gli uomini. Lo Spirito santo insegna all'anima la mitezza e l'umil­tà; essa trova in Dio serenità e dimentica tutte le miserie di questo mondo, poiché il suo consolatore è lo Spirito santo. Le anime dei Santi gustano lo Spirito santo già sulla terra. Questo è, come dice il Signore, « il Regno di Dio che è in noi ».

Oggi ho parlato con padre ... della nobiltà d'animo. Veramente egli è nobile, avendo ricevuto questa nobiltà dallo stesso Signore.

Quando dopo la Resurrezione il Signore apparve ai suoi disce­poli, Egli si mise a parlare con l'apostolo Pietro e senza fargli nessun rimprovero gli chiese soltanto con nobiltà: « Mi ami tu? »(Gv 21, 15). Queste dolci parole nate dall'amore paterno del Signore ci insegnano ad agire allo stesso modo verso coloro che ci offendono. In questo consiste la nobiltà di Cristo; all'uomo essa è incomprensibile e la può conoscere solo grazie allo Spirito santo.

Gloria al Signore e alla sua misericordia che con lo Spirito santo ci istruisce, altrimenti noi non sapremo cosa sia il nostro Signore.

 

L'AQUILA E IL GALLO

Un'aquila che volava nei cieli alti gioiva della bellezza del mondo e pensava: « Io volo sopra gli immensi spazi e vedo le valli e le montagne, i mari e i fiumi, le praterie e le foreste; vedo una quantità di animali e di uccelli; vedo le città e i paesi e come vi­vono gli uomini; mentre il gallo, in campagna, non conosce nulla, salvo il cortile della fattoria dove vive, e non vede che qualche persona e qualche animale. Io volerò da lui e gli parlerò della vita del mondo ».

L'aquila discese e si posò sul tetto della fattoria e vedendo il gallo passeggiare con orgoglio e con gaiezza in mezzo alle galline, pensò: « Dunque egli è soddisfatto della sua sorte. Ma malgrado ciò gli parlerò egualmente di quello che conosco ».

E l'aquila parlò al gallo della bellezza e grandezza del mondo. All'inizio il gallo ascoltò con attenzione pur non comprendendo nulla. Ma l'aquila si rattristava sempre più notando che il gallo non capiva niente, e provava difficoltà a parlare con il gallo; e il gallo da parte sua si annoiava non capendo nulla di ciò che diceva l'aquila, e provava difficoltà nell'ascoltarla. Ma ognuno era contento della sua situazione.

Questo è ciò che succede quando un uomo colto parla con un ignorante, o ancor meglio è il caso di quando un uomo spirituale parla con un uomo non-spirituale. Lo spirituale è simile all'aquila, il non-spirituale al gallo. Lo spirito dello spirituale si istruisce giorno e notte nella legge del Signore e si innalza a Dio con la preghiera; mentre lo spirito non-spirituale è legato alla terra e tormentato dai PENSIERI. Lo spirito del primo gioisce della pace che viene dall'alto, l'anima del secondo resta vuota e straziata. Lo spirituale vola come un'aquila nelle altezze e la sua anima per­cepisce la presenza di Dio e vede il mondo intero anche se prega nell'oscurità della notte; mentre il non-spirituale gioisce della vanità e delle ricchezze, oppure cerca i piaceri carnali. E quando uno spirituale e un non-spirituale si incontrano, entrambi si an­noiano, e il loro rapporto è difficile.

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PARTE I

 

Tratto da: Archimandrita Sofronio, Silvano del Monte Athos - La vita, la dottrina, gli scritti - ed. GRIBAUDI a cui rimandiamo vivamente per l'approfondimento.