Damaskin Orlovskij
LA VITA DEL SANTO CONFESSORE
NIKON DI OPTINA
Il santo monaco e confessore Nikon (al secolo Nikolaj Mitrofanovic Beljaev) nacque il 26 settembre 1888 a Mosca da Mitrofan Nikolaevic e Vera Lavrent'evna. La famiglia, pur essendo credente, non era particolarmente assidua nella pratica religiosa, com'era costume allora nelle famiglie cittadine.
A cinque anni, Nikolaj guarì miracolosamente da una grave malattia. L'archimandrita Varsonofij di Optina avrebbe in seguito commentato così l'accaduto:
Sicuramente si tratta di un fatto straordinario. Ma per la verità non è un caso, perché tutto ciò che ci capita ha uno scopo ben preciso. A voi è stata donata la vita. La vostra mamma ha pregato, e anche san Nicola Taumaturgo ha pregato per voi, e il Signore, sapendo nella sua onniscienza che sareste entrato in monastero, vi ha ridato la vita. Credetemi, voi resterete monaco fino alla fine della vita.
NikoIaj aveva un cuore buono e sensibile, comprensivo verso chi aveva bisogno. Una straordinaria documentazione del suo itinerario umano e spirituale è conservata nel suo diario:
Io non ho mai provato il bisogno materiale. Al contrario, da quando ero in fasce fino alla morte del nonno, cioè fino all'età di tredici anni, ho vissuto quasi nel lusso. Inoltre ero il preferito della nonna e, sembra, anche del nonno. Insomma, vivevo bene. Mi ricordo che per Natale facevamo l'albero: c'erano bambini allegri, dolci, il brillio delle decorazioni: tutto questo mi dava gioia ... Mi ricordo bene una sera. Ero solo vicino all'albero. Nella stanza in penombra ardeva una lampada e l'ombra dell'abete cadeva su metà della grande stanza. Ed ecco che pensiero mi venne in mente: sono sazio, vestito, i miei genitori mi hanno regalato un bellissimo albero, mangio dolci, nella stanza c'è un bel tepore. Ma ci sono, io lo so, bambini a cui manca anche il necessario. Di alberi di Natale neanche si parla: sono mezzi svestiti, chiedono l'elemosina nel gelo o stanno affamati in fredde cantine...
Ricordo che spesso, anche nei giochi che amavo, provavo un senso di insoddisfazione e di vuoto. Io non sapevo che studi fare dopo il ginnasio, che cosa scegliere, quale campo della scienza e di conseguenza quale strada nella vita. Niente mi piaceva tanto da dedicarmici totalmente
Alla fede in Dio non ci pensavo e non me ne rendevo conto, avevo un'idea falsa delle cose della fede, del monachesimo, ad esempio. Voglio sottolineare che la chiesa (a questo io attribuisco una grande importanza) fu uno dei motivi principali che mi condussero al monastero, a Dio. A partire dai dodici-tredici anni io non la lasciai più, nonostante tutto.
Nikolaj così ricordava il suo cammino religioso:
Il mio primo confessore fu l'arciprete Sergij Ljapidevskij; dopo la sua morte fu suo figlio, padre Simeon, a diventare mio confessore. Nonostante la religiosità della mamma, della nonna, del nonno, di papà, essi ci mandavano raramente in chiesa, soprattutto d'inverno, per timore dei raffreddori. Un bambino non ci può andare da solo. Noi eravamo viziati e vezzeggiati, ma non ci permettevano di fare di testa nostra e noi non osavamo uscire senza permesso.
Una volta, credo in confessione, padre Simeon mi disse che era indispensabile andare in chiesa nelle feste. "È un dovere davanti a Dio". Io ci pensai su e fui d'accordo. Da allora cominciai ad andare spesso in chiesa, anche nei giorni feriali, quando ero libero. E questa divenne un'abitudine. Andavo anche alle catechesi serali della domenica. Veramente ci andavo più per "interesse", ma a volte, comunque, provavo qualcosa di simile alla commozione. Mi ricordo che una volta, alla catechesi, ascoltavo la predica nel coro e alla fine conclusi: “Non so come avrei passato il tempo a casa, ma qui ho udito qualcosa di utile all'anima".
Dopo il ginnasio, Nikolaj si iscrisse all'Università di Mosca, ma vi rimase per poco tempo. Egli così ricordava:
All'università riuscii a studiare poco più di mezzo anno. Dopo Natale i miei pensieri e desideri di essere gradito a Dio cominciarono a formarsi e io cominciai a frequentare l'università, anche se quotidianamente, con uno scopo particolare. Arrivavo all'università e rimanevo là fino alle nove; alle nove mi avviavo alla cattedrale di Kazan' per la messa, dopo aver fatto una visita alla chiesa Iverskaja, se non c'era molta gente. Dopo la liturgia, che a volte ascoltavo interamente in ginocchio, ritornavo lentamente a casa, entrando per strada nella cappella del Salvatore presso il ponte della Moscova; dopo aver pregato lì, ritornavo direttamente a casa. A casa pensavano che fossi all'università, mentre ero nella cattedrale della Madonna di Kazan'.
All'inizio del 1907 Nikolaj provò un serio e tenace desiderio di vivere in Cristo; in questo periodo non leggeva nessun libro, eccetto i Vangeli e il Cammino verso la salvezza del vescovo Teofane il Recluso. Nel febbraio 1907 provò il desiderio di confessarsi e comunicarsi in piena consapevolezza, cosa che fece confessandosi allo ieromonaco Serafim del monastero del Miracolo; per la prima volta si accostava al sacramento della confessione non formalmente, ma desiderando coscientemente la riconciliazione con Dio e l'unione con la chiesa.
Nikolaj parlò della sua intenzione di entrare in monastero a padre Petr Sacharov, suo insegnante di religione al ginnasio. Quest'ultimo non si sentì in grado di prendere una decisione da solo e lo indirizzò al suo compagno dell'Accademia teologica, l'arcivescovo Trifon Turkestanov. Questo avvenne prima della quaresima del 1907, nella settimana del figlio prodigo. All’incontro era presente la madre di Nikolaj, Vera Lavrent'evna. Sua eccellenza le disse, a proposito dei figli che provavano il desiderio di entrare in monastero: "Non preoccupatevi, essi vedranno là soltanto cose buone, e questo rimarrà loro per tutta la vita".
La sera del 23 febbraio Nikolaj partì per Optina, "senza avere di quel luogo - come egli stesso scrisse - la più pallida idea. Due settimane prima di quel momento non sapevo nemmeno che Optina esistesse". Il 24 febbraio, nel giorno del Ritrovamento della testa di Giovanni il Precursore, egli vide Optina per la prima volta. Dopo essere vissuto là per qualche tempo, Nikolaj voleva rimanere al monastero, ma tutti i monaci più anziani gli consigliarono di vivere ancora un po' nel mondo e il padre superiore non volle accoglierlo. Al momento del commiato gli propose di fargli una breve visita, gli diede le regole generali di preghiera, lo benedisse con l'icona della Madre di Dio "Rifugio dei peccatori" e gli disse: "Vi benedico, Nikolaj Mitrofanovic, per la gioia dei familiari e dei conoscenti e per il vantaggio della vostra amma.
Per otto mesi Nikolaj visse nel mondo, ricevendo il nutrimento spirituale dall'igumeno Iona del monastero dell'Epifania, accompagnato dalla benedizione del vescovo Trifon. Egli talvolta rimaneva nel monastero fino a tarda sera, quando le porte si chiudevano. Padre Iona insisteva molto che egli lasciasse al più presto il mondo per entrare in monastero.
Il 5 dicembre 1907 Nikolaj arrivò a Optina; il 7 dicembre, festa di sant'Ambrogio di Milano, nel giorno dell'onomastico dello starec Amvrosij, il superiore dello skit, l'archimandrita Varsonofij, benedisse il suo trasferimento a Optina Pustyn'; il 9 dicembre, nel giorno della festa dell'icona della Madre di Dio "Gioia inaspettata", egli partì per Mosca per sistemare definitivamente i suoi affari nel mondo. Il 23 dicembre era già di ritorno a Optina e il 24 prese alloggio in una cella dello skit.
Il 29 gennaio 1908, nel giorno della festa del santo martire Ignazio, Nikolaj fu rivestito dell'abito di novizio. Consegnandogli la corona del rosario, l'archimandrita Varsonofij gli disse: "Eccovi l'arma con cui battere spietatamente i nemici invisibili. Abbiate anzitutto il timor di Dio, senza questo non otterrete nulla. Ora per voi comincia una nuova vita. Anche se avete già vissuto in monastero, non era la stessa cosa. Ora tra i diavoli si dirà: “Erano quasi nostri, e ora sono venuti qui a salvarsi, come è possibile”. Ma voi non temete".
Nello skit Nikolaj compì la sua obbedienza nel giardino, fu aiutante del bibliotecario, ma il suo compito principale divenne ben presto quello di segretario del superiore dello skit, l'archimandrita Varsonofij. Padre Varsonofij prese a benvolere l'umile novizio e gli disse: "Fin dal primo momento fui ben disposto verso di voi e credo che questa buona disposizione si manterrà per tutto il tempo che mi rimane da vivere. Rimanete qui come monaco per tutta la vita. Il fondamento della vita monastica è l'umiltà. Se c'è l'umiltà c'è tutto, se non c'è l'umiltà non c'è niente. Ci si può salvare anche senza opere, con la sola umiltà".
Fin dall'inizio della vita a Optina Nikolaj si diede come regola quella di tenere un diario. Il 17 marzo 1908 egli scriveva:
Ora dall'inizio della quaresima compio l'obbedienza come aiutante del bibliotecario, e in biblioteca c'è molto da fare.
Ecco come il Signore mi rafforza, nella mia indegnità: non risento per nulla del digiuno e nemmeno desidero un cibo migliore. Mi capita di avere pensieri riguardanti il passato, ma sono momentanei e non mi danno fastidio. Cerco di ascoltare la funzione, benché non mi riesca sempre, anzi; di solito sono molto distratto.
Prima criticavo i monaci, ma ora che sono in monastero vedo quant'è difficile essere un vero monaco. Io non sono cambiato affatto, sono rimasto lo stesso uomo passionale: i vizi, i peccati sono gli stessi di quando ero nel mondo, solo che vivo in una cella. Non sono diventato un angelo, cosa che prima pretendevo da ogni monaco, senza distinguere se era giovane o vecchio e da quanto tempo viveva in monastero; non volevo considerare nulla. Ora comincio a capire per esperienza quanto è facile criticare e quanto è difficile fare.
Circa un anno dopo scriveva:
Tutte le mie conoscenze le ho acquisite in monastero, qui, più che al ginnasio e all'università, è avvenuta tutta la formazione di qualcosa di definito riguardo alle mie idee e convinzioni. Non mi sbaglio quando dico che là non ho ricevuto quasi nulla, benché sia vissuto nel mondo diciannove anni, e in monastero abbia trascorso meno di un anno.
Padre Varsonofij, che aveva raggiunto un alto livello spirituale, si sentiva solo nel monastero, tanto più che ebbe in sorte di vivere in un periodo in cui a Optina erano cominciati disordini e conflitti; per questo le conversazioni con quel novizio umile e sincero, desideroso di ricevere insegnamenti e salvezza, furono per lo stesso starec di grande consolazione: per quanto le loro esperienze fossero diverse, essi tendevano allo stesso scopo. Il 30 gennaio 1909 Nikolaj annotò nel suo diario:
Il padre, parlando con me, per la prima volta mi ha chiamato suo "confidente". Io non mi aspettavo questo, e non so come posso meritarmelo. Che Dio salvi il padre. Io comincio a vedere sempre più chiaramente che il padre è un grande starec. E purtroppo per me, il padre sempre più spesso parla della sua morte, del fatto che i suoi giorni "sono contati". "Io sono completamente solo - disse una volta il padre - e le forze diminuiscono". "Noi, cioè io e padre Amvrosij, facevamo tutto insieme, ci consolavamo reciprocamente nei momenti tristi. A volte andavo da lui e gli dicevo: 'Batjuska padre Amvrosij, mi sento in difficoltà. - 'Che cosa c'è di difficile? Ora non è niente. Arriveranno giorni...'. E ora sono arrivati. I monaci sono tanti, tanti sono buoni, ma nessuno è in grado di consolarmi. Ora ho capito cosa significa: 'Verranno giorni..."'
Il 19 febbraio il padre mi disse: "Fratello Nikolaj, io ve l'ho detto diverse volte e ve lo dico ancora: mi viene il pensiero di lasciare tutto e ritirarmi in una qualche cella. La vita diventa terribile, terribile. Solo che ho timore di andarmene da solo e non ho nessuno con cui consigliarmi. Se fosse ancora vivo padre Varnava andrei da lui, ma ormai non è più tra noi. Andarmene di mia iniziativa mi fa paura: ho la stessa paura di una sentinella che si allontana dal suo posto: la fucilano. In una situazione del genere incominci a capire le parole del profeta Davide: 'Salvami, Signore'. Se si prende soltanto una parte della frase, è ovvio che nessuno vuole la propria morte e nessuno dice: 'Portami alla perdizione, Signore '. Tutti in qualunque momento possono dire: 'Salvami, Signore'. Ma poi aggiunge: 'Poiché non c'è più chi è fedele ' (Sal 12,2). Non ho nessuno a cui rivolgermi, Signore, salvami. Soltanto ora mi è chiaro perché i santi padri fuggivano dal mondo, letteralmente fuggivano... Anch'io vorrei fuggire nel deserto...".
Non molto tempo prima, una sera il padre, non su mia domanda ma di sua volontà, cominciò a dirmi: "Prima io non capivo che cosa avveniva nel mondo, ma ora che mi tocca confrontarmi con esso, sono colpito dalla sua estrema complessità e mancanza di gioia. Si, ci sono delle gioie, ma sono passeggere, momentanee. E di che genere sono queste gioie? Del genere più infimo. E noi abbiamo una beatitudine che quasi somiglia al paradiso. Ci sono anche le afflizioni, certo, ma sono temporanee. 'Fa bene chi si preoccupa della vita interiore contemplativa, poiché essa gli dà tutto"'.
Padre Varsonofij diceva al suo novizio e segretario Nikolaj:
"Ognuno deve sopportare il tempo della tentazione e della lotta - una difficile condizione di sofferenza... Chi non ha provato queste malattie che hanno origine nel mondo, prima dell' entrata in monastero, deve necessariamente sperimentarle in monastero. Anche a lei toccherà questa sorte, dato che nel mondo non ha fatto questa esperienza". "Ecco, vede attraverso quali crogioli deve passare un monaco sulla strada della vita monastica, dall'inizio alla fine. Qui è necessaria la preghiera di Gesù, senza di essa nessun'anima può resistere. Finché sono vivo - per quanto il Signore mi sosterrà - lei è al sicuro, ma quando io non ci sarò più, lei sarà affidato a se stesso. Perciò faccia provvista di sopportazione. E non si turbi e non si scoraggi in previsione di questo. Apra il venerabile Teodoro Studita e vedrà che anche allora c'era tutto questo. E ora faccia provvista di sopportazione". Più di una volta ebbi modo di sentir dire dal padre, a me e ad altri: "L'ipocrisia, la doppiezza, la malizia sono sempre peccato, ma sulla strada monastica sono la rovina. Bisogna tenersi saldamente sulla strada, non deviare, non servire agli uni e agli altri".
Spesso padre Varsonofij parlava con il novizio Nikolaj della preghiera di Gesù, affermando giustamente che essa è lo strumento fondamentale e il più efficace nella lotta contro il nemico, e una volta chiese: "Qual è il segno della provvidenza divina verso l'uomo?". Al silenzio imbarazzato del discepolo, il padre rispose: "Le afflizioni continue che Dio manda all'uomo sono il segno di un particolare interessamento di Dio per lui. Il significato delle afflizioni è molteplice: esse vengono inviate per impedire il male, o per far comprendere qualcosa, oppure per una maggior gloria... Ma far propria la preghiera interiore è necessario... Quella orale da sola non è sufficiente, ma quella interiore sono in pochi a ottenerla. Ci sono alcuni che dicono: 'Che senso c'è a fare la preghiera? Che vantaggio c'è?'. Il vantaggio è grande, soltanto non bisogna tralasciarla".
Una volta Nikolaj annotò nel suo diario: "Ieri il padre ha detto che vivremo dei tempi terribili, ma che la grazia di Dio ci proteggerà. Questo l'ha detto sotto l'impressione dei discorsi sulle nuove invenzioni che, pur avendo dei lati positivi, si dimostrano sempre più dannose che utili".
Il Venerdì santo del 1910, un 16 aprile, insieme ad altri novizi, Nikolaj ricevette la tonsura e l'abito monastico. Dopo la tonsura, si ritrovarono tutti nella cella di padre Varsonofij, che disse ai nuovi monaci:
Vi ho detto prima e ora vi ripeto: l'umiltà è tutto. Se c'è l'umiltà c'è tutto, se non c'è l'umiltà non c'è nulla. Voi avete ricevuto il primo grado del monachesimo. Questa non è una promozione, come ad esempio nel mondo, quando danno il grado di ufficiale. Là chi ha ricevuto il grado si sente in dovere di esserne orgoglioso. Da noi è diverso. Sulla bandiera monastica sono scritte queste parole: "Chi vuole essere primo sia il servo di tutti". Umiliatevi e ancora umiliatevi: ora la grazia di Dio vi consolerà, ma essa farà anche inferocire il Nemico.
Nel febbraio 1912, alcuni monaci e un certo numero di laici legati a Optina manovrarono per far allontanare padre Varsonofij dallo skit. L'agitazione si concluse con un decreto del Sinodo, che nominava Varsonofij superiore del monastero Staro-Golutvin. La protesta della comunità contro il decreto, contrario a Optina Pustyn' e agli interessi della chiesa, rimase inascoltata.
Il 24 maggio 1915 Nikolaj ricevette la tonsura e il mantello monastico con il nome di Nikon in onore del martire Nikon, il 10 aprile 1916 gli fu conferito l'ordine di ierodiacono, il 3 novembre 1917 quello di ieromonaco.
Nel 1917, con l'ascesa dei bolscevichi al potere, ebbe inizio un periodo di cruente persecuzioni contro la chiesa. Nonostante il regime antireligioso, molti monasteri cercarono di resistere nelle mutate condizioni, assumendo esteriormente denominazioni diverse, ma conservando lo statuto monastico.
Il monastero di Optina nel 1919 fu trasformato in plemchoz (azienda zootecnica), di cui fu messo a capo uno dei novizi del monastero. L'impresa di nuova costituzione utilizzava per contratto tutti gli edifici del monastero, tranne le casupole degli starcy e la biblioteca; dopo la liquidazione dell'azienda, tutti gli edifici del monastero divennero di competenza del museo. Presso il museo furono allestiti una fabbrica per la lavorazione del cuoio e dei laboratori per la lavorazione del legname, nei quali lavoravano come operai una trentina di persone fra monaci e novizi. Nel maggio 1919 lo ieromonaco Nikon fu nominato temporaneamente direttore del museo, in mancanza di altre persone. Nell’autunno dello stesso anno le autorità lo arrestarono, per rilasciarlo però subito dopo. Nel 1920 nel museo arrivò una commissione incaricata di liquidarlo e di trasferire tutto il patrimonio del monastero al museo principale. All'inizio di luglio del 1920 una parte delle proprietà della chiesa fu trasferita alla comunità religiosa. In questo periodo nel monastero si stava organizzando una cooperativa ortofrutticola, della quale entrarono a far parte i monaci.
Nel 1922 la commissione per la liquidazione allontanò dal monastero molti monaci e da quel momento Optina Pustyn' divenne di competenza particolare dell'OGPU, che vi inviò un proprio rappresentante a garantire una sorveglianza continua dei monaci; spettava a lui tenere le chiavi di tutti i locali del monastero, eccetto la chiesa e il museo.
Il 9 marzo 1920 morì il superiore dello skit, lo schigumeno Feodosij; il 30 luglio 1922 si spense lo ieroschimonaco Anatolij Potapov e nell'inverno dello stesso anno fu arrestato lo starec Nektarij che indirizzò i suoi figli spirituali allo ieromonaco Nikon. Così a padre Nikon toccò in sorte di guidare il monastero in tempo di persecuzioni, accogliendo per la confessione la gente che, come prima, continuava a recarsi a Optina per ricevere una guida spirituale.
Nell'autunno del 1922 padre Nikon scriveva alla madre:
Riguardo alle nostre condizioni di vita, le cose sono complicate e al tempo stesso semplici: complicate, perché è difficile esporre sulla carta che cosa rappresenta adesso l'ex monastero e tutto ciò che noi viviamo e intraprendiamo; semplici, poiché "se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori", come dice il salmo (Sal 127,1). Sì, bisogna prendere le decisioni possibili, suggerite dal buon senso e non contrarie allo spirito della vita cristiana e monastica; ma prendendole, bisogna attendere il successo totalmente dalla mano del Signore...
Il Signore è la mia ferma speranza e il mio rifugio. Nell'affidare me stesso e ogni cosa alla volontà di Dio trovo la pace della mia anima. Se io mi affido alla volontà di Dio, la volontà divina si compirà, ed essa è sempre buona e perfetta. Se io appartengo a Dio, il Signore mi difenderà e mi consolerà. Se per il mio bene mi arriverà qualche tentazione, sia benedetto il Signore, che predispone la mia salvezza. Anche nelle ondate di afflizioni il Signore è forte nel dare consolazione grande e gloriosa... Così io penso, sento, osservo e così credo.
In questi giorni più di una volta ho ricordato padre Varsonofij. Mi sono ritornati alla mente le sue parole, l'insegnamento che mi diede una volta, e forse più di una volta. Mi disse: "L'Apostolo insegna: 'Mettete alla prova voi stessi per vedere se siete nella fede ' (2Cor 13,5) - e continuava: "guardate che cosa dice lo stesso Apostolo: 'Ho terminato la corsa, ho conservato la fede, e ora già mi si prepara la corona ' (2Tm 4,7-8). Sì, è una gran cosa conservare, tener cara la fede. Per questo anch'io vi dico: mettetevi alla prova per vedere se siete nella fede. Se conserverete la fede potrete avere fiducia nella vostra sorte".
Ora che vacillano le fondamenta della Chiesa ortodossa russa, io vedo quanto è prezioso l'insegnamento dello starec. Ora sembra che sia venuto il tempo della prova: siamo nella fede? Ma bisogna anche sapere che può conservare la fede chi crede con ardore e sincerità, chi ha più caro Dio di ogni altra cosa; e questo succede soltanto a chi custodisce se stesso da ogni peccato, chi custodisce la sua moralità. "O Signore, conservami nella fede per mezzo della tua grazia"
Il pensiero che è possibile mantenere la fede soltanto se si pratica il bene non è mio: è l'insegnamento dell'evangelo e dei santi padri.
Padre Nikon, che doveva tutto a padre Varsonofij, cominciò a tenere le sue prediche, già dopo la morte dello starec, proprio grazie a lui. Celebrando la liturgia e ascoltando l'evangelo, egli si ricordò del modo in cui lo starec Varsonofij commentava quel brano evangelico:
Entrando nella sua cella, egli mi chiese se avessi fatto attenzione all'evangelo che era stato letto nella liturgia e, indicando le parole: "Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'Uomo sarà consegnato ... e lo scherniranno, lo flagelleranno e gli sputeranno addosso" (Mc 10,33-34), disse: "Ecco i gradini della salita all'alta Gerusalemme: bisogna percorrerli. Su quale gradino ci troviamo noi?". Porgendo orecchio alle parole dello starec, collocandole nel mio cuore, io rimanevo in silenzio. Ed ecco che, non ricordo bene se dopo qualche giorno, o forse dopo qualche ora, il superiore annunciò allo starec il trasferimento da Optina all'eparchia di Mosca. Questo destò nello starec una grande afflizione. Infatti non dev'essere considerato afflizione ciò che si subisce esteriormente, ma quanto Dio permette che si soffra interiormente a causa di questa esperienza, che procura afflizione e sofferenza.
Lo starec allora soffrì veramente. Confidandomi la sua afflizione, un giorno egli mi disse che per la gran lotta interiore e per l'amarezza egli temeva di impazzire. Egli e noi comprendevamo benissimo che questa disposizione delle autorità supreme era per lo starec un castigo, che era stata macchinata da coloro che gli volevano male, che c'entravano la calunnia, il servilismo, la menzogna e molte altre cose di cui non si può dar conto in breve. Effettivamente lo starec era stato insultato, piagato e coperto di sputi (assurde calunnie e pettegolezzi sul suo conto, persino accuse di eresia e di appartenere alla setta dei chlysty), era stato ucciso, poiché a causa di tutte le afflizioni e pene, sia negli ultimi giorni della sua permanenza allo skit, sia nel luogo del suo nuovo impiego, il suo stato di salute, già debole, ne risentì talmente che dopo un anno esatto egli morì.
L'impiego che gli era stato assegnato, con lo svolgimento di tutti gli obblighi a esso connessi e con le pene che gli procuravano le condizioni e le circostanze della sua vita in un luogo nuovo, era per lui una croce, e una croce pesante. Credendo che la croce sia mandata solo da Dio, lo starec sopportava tutto, rimanendo al suo posto, affidandosi alla volontà di Dio e non ricorrendo ai mezzi umani. Egli percorse i gradini della salita a Gerusalemme.
Tutto questo mi venne subito alla mente, riempì il mio intelletto e il mio cuore di sentimenti e di pensieri. Fino ad allora io non avevo mai pronunciato discorsi e insegnamenti in chiesa (dovevo soltanto fare il lettore), ma in quel momento mi venne il desiderio di esprimere i miei sentimenti parlando alla gente. E' vero: le labbra parlano quando il cuore è colmo. Un pensiero mi chiedeva insistentemente di pronunciare il discorso, un altro mi suggeriva che, se avessi parlato, avrei subito delle conseguenze. Il secondo pensiero mi suggeriva prudenza per salvaguardare il mio benessere esteriore, ma il primo pensiero vinse. Tuttavia, non volendo pronunciare il mio primo discorso in chiesa senza benedizione, decisi, dato che non avevo nessun altro davanti a me all'altare, di sottoporre la cosa allo ierodiacono che celebrava con me perché mi desse il suo giudizio e la sua benedizione.
La risposta fu una conferma e io, alla fine della liturgia, uscii e pronunciai il mio primo discorso. Non parlai dello starec e dei miei ricordi, ma cominciai a spiegare il senso dell'evangelo che era stato letto, le cui sante parole avevano riempito la mia anima.
Nel 1923 i monaci e i novizi del monastero formarono una cooperativa agricola. Nell'autunno del 1923 un ispettore del lavoro, per incarico della giunta provinciale di Kozel'sk, cercò di mettere in discussione in tribunale la legalità di una cooperativa agricola formata da monaci, ma la cosa non gli riuscì e la pratica fu archiviata. Nonostante ciò, nello stesso anno la cooperativa agricola fu chiusa dalle autorità e tutta la proprietà fu trasferita al museo, presso il quale rimase solo un piccolo numero di monaci, mentre agli altri fu ordinato di andarsene. Per le funzioni religiose fu lasciata la chiesa dell'Icona della Madre di Dio di Kazan'. Dopo la concelebrazione dell'ultima liturgia, l'archimandrita Isaakij Bobrikov disse allo ieromonaco Nikon: "Padre Nikon, noi ce ne andiamo, ma tu rimani: qui verranno i fedeli, bisogna che ci siano le funzioni e bisogna accoglierli; e come ierodiacono rimarrà padre Serafim". Prima che l'archimandrita lo benedicesse padre Nikon non osava quasi dare consigli, e se talvolta li dava, lo faceva non a suo nome, ma diceva che lo starec tal dei tali in quel caso avrebbe detto la tal cosa.
Nel 1924 la chiesa dell'Icona della Madre di Dio di Kazan' fu chiusa, il 15 giugno fu celebrata l'ultima messa, dopo la quale padre Nikon, benedicendo il suo gregge afflitto, disse:
Come è strano il vostro comportamento: io sono un monaco e ho fatto voto di sopportare ogni cattiveria e rimprovero, insulto e persecuzione, e se questo avviene, se devo sopportare questo, bisogna rallegrarsi - così si realizza la condizione monastica - e non affliggersi; voi invece spargete lacrime. È stato detto: bisogna rallegrarsi, quando siete in ogni sorta di prova (cf. Mt 5,11-12).
Preparandosi per andare via, egli disse: "Mi ricordo che, quando ero ancora Nikolaj, padre Varsonofij disse su di me queste parole come preghiera: 'Signore, salva questo tuo servo. Sii di aiuto e di difesa per lui, quando egli non avrà né un tetto, né dove andare. Amen"'.
I fratelli del monastero si dispersero, padre Nikon raggiunse Kozel'sk e si stabilì in un appartamento dove già abitava il monaco di Optina Kirill Zlenko. Qui padre Nikon iniziò a ricevere i suoi figli spirituali, visitava le comunità formate dalle monache del monastero di Samordino, che si erano sistemate in vari appartamenti, teneva con loro conversazioni spirituali, rispondeva a molte domande, e un giorno disse: "Il padre spirituale è soltanto una colonna che mostra la strada, ma il cammino bisogna farlo da soli. Se il padre spirituale dà delle indicazioni, ma il discepolo non si muove, egli non andrà da nessuna parte, ma si perderà presso la colonna".
Padre Nikon celebrava nella cattedrale di Kozel'sk e teneva i rapporti con l'amministrazione del museo che si era formato nel territorio di Optina Pustyn', cercando di conservare ciò che era possibile dei libri e del patrimonio della chiesa. Il museo stava vendendo molte cose di proprietà del monastero, per disposizione delle autorità, in particolare alcuni paramenti sacerdotali, e padre Nikon li comprava per il clero. Egli teneva anche una voluminosa corrispondenza e predicava spesso.
Nel giorno della festa del santo martire Nicone, il 28 settembre del 1925, padre Nikon disse ai suoi figli spirituali:
Se noi saremo sempre con il Signore, avremo la forza e la capacità di testimoniarlo e avremo il coraggio, la costanza e la forza di confessarlo, e di confessarlo non solo con la lingua, ma con la nostra vita. Anche a noi sarà data la grazia di sopportare di buon grado ogni sofferenza, ogni difficoltà e vicissitudine della vita per amore di nostro Signore Gesù Cristo
Cercate dunque di essere sempre con il Signore, e allora potrete essere confessori di Cristo, lo testimonierete così saldamente, così impavidamente, così prodigiosamente, come lo testimoniarono i martiri e tutti i santi. Eccovi l'insegnamento. Siate sempre con il Signore, abbiate il ricordo di Dio, temete di respingere l'aiuto del Signore a causa dei peccati o dei pensieri peccaminosi. Temete di rimanere senza il Signore.
Nel giorno della festa della Trinità padre Nikon disse:
Le afflizioni dei monaci di questi ultimi tempi sono più sottili, cioè a uno sguardo superficiale non si può considerarle come afflizioni. Ma questa è solo una subdola astuzia del nostro nemico. Le tentazioni evidenti, grossolane e crudeli suscitano nell'uomo zelo ardente e coraggio per sostenerle. Il nemico ha sostituito le tentazioni grossolane con altre meno forti, ma sottili e molto efficaci. Esse non risvegliano lo zelo nel cuore, non lo infiammano all'ascesi, ma lo tengono in una posizione di incertezza, e tengono l'intelletto nel dubbio. Esse indeboliscono, esauriscono gradualmente le forze dell'uomo, lo conducono all'abbattimento, all'inazione e lo annientano, riducendolo ad abitazione per le passioni a causa dell'indebolimento, dell'inazione e dell'abbattimento ... Questo si manifesta nel fatto che ci si attende qualche miglioramento, dicendo: digiuneremo e pregheremo quando riapriranno i monasteri e le chiese. Ma il Signore ha promesso che se ci pentiremo i nostri peccati ci saranno perdonati, mentre non ci è stato promesso che vivremo fino a domani.
[...]
Nel 1927 le autorità, alla vigilia della chiusura di tutti i monasteri che ancora restavano sul territorio russo sotto le apparenze di cooperative agricole, presero la decisione di eliminare completamente Optina Pustyn', di arrestare i monaci che vivevano a Kozel'sk e di liquidare l'amministrazione del museo, che agli occhi delle autorità non era stata capace di eliminare uno dei centri monastici più importanti e noti dal punto di vista spirituale. Preparandosi agli arresti, i funzionari dell'OGPU redassero un documento nel quale veniva così formulata la necessità di procedere in tal senso:
Dopo la rivoluzione dell'ottobre 1917, i monasteri di Optina e di Samordino conservarono la loro indipendenza fino al 1923, organizzando nel monastero di Samordino un sovchoz (grossa azienda agricola), dove le monache in numero di trecento erano come delle operaie e sotto la bandiera dell'economia sovietica conducevano la loro vita monastica, secondo la regola monastica stabilita. Il monachesimo era diretto dagli starcy del monastero dì Optina - Nektarij, Nikon Beljaev e altri -, che davano indicazioni ideologiche e pratiche per il lavoro nei due monasteri. Nel 1921, al tempo della confisca degli oggetti preziosi della chiesa, svolsero la funzione di quartier generale per l'opposizione a questo sequestro.
Il monastero di Optina era considerato nel periodo prerivoluzionario come il terzo santuario della Russia. Nel momento della rivoluzione di Ottobre i suoi monaci, tenendo conto della situazione, si riorganizzarono e diedero origine a un plemchoz e un sovchoz, che furono presi in tutela dal sel'sojuz di Suchinici. Presso Il monastero si costituì una cooperativa ortofrutticola formata dai monaci, che continuò a esistere fino al 1924 e fu liquidata per agitazione antisovietica. Dopo essere stati definitivamente dispersi, i capi dell'ex monastero, insieme con Nikon Beljaev, si trasferirono nella città di Kozel'sk e nei suoi sobborghi, dove intrapresero un'attiva azione antisovietica. Nelle chiese locali installarono i loro monaci e le loro monache, con queste ultime formarono dei cori nelle chiese e le utilizzarono per i loro rapporti, per la diffusione di voci controrivoluzionarie e via dicendo. Lì frequentano spesso persone sospette, provenienti anche da altre città; il loro punto d'incontro era l'appartamento di Nikon Beljaev, che aveva anche una serie di altri appartamenti nei villaggi. La commissione incaricata dell'esecuzione della condanna, liquidando definitivamente il monastero di Optina Pustyn', e perseguendo inoltre la difesa degli interessi del museo-riserva di Optina Pustyn', con il suo protocollo del '9 luglio c.a. nr. 5/3, ha permesso, prima di assumere degli operai attraverso l'ufficio di collocamento, di far restare al loro posto di lavoro diciassette persone di condizione monastica, indicate nominalmente nel protocollo nr. 5, per la conduzione del museo e la sorveglianza della proprietà. Per il posto di dirigente del museo di Optina Pustyn', come anche per quello di dirigente amministrativo dello stesso, fin dall'inizio della smobilitazione del monastero di Optina, cioè dal 24 marzo ad oggi - per la durata di circa cinque mesi - non è stato assunto nessuno per mezzo dell'ufficio di collocamento. Durante un'ispezione effettuata il 25 luglio è stato accertato che nei confini del monastero vivono, con la conoscenza e il consenso dei dirigenti, cinquantatre persone di condizione monastica e inoltre quaranta persone di varia condizione, arrivate da diversi luoghi, in parte dall'ex monastero di Samordino, e poi dalla città di Belev del governatorato di Tula e via dicendo, che introducono le regole della vita monastica, celebrando quotidianamente funzioni religiose, mattina e sera, nell'unica chiesa lasciata per la riunione dei credenti, attirando il pellegrinaggio dei cittadini, ignorando con ciò stesso le disposizioni del governo sovietico e la condanna del tribunale del governatorato di Kaluga. Nell'ex monastero di Optina Pustyn' i collaboratori continuano come prima a svolgere azioni cultuali; alle pareti del museo ci sono icone di santi in tutti gli angoli, negli armadi rivestimenti di icone, croci, il ritratto della zarina Anna Ioannovna, campane e altre cose del genere, che tra l'altro si possono trovare in qualsiasi chiesa.
Padre Nikon fu arrestato il 16 giugno 1927 e incarcerato nella città di Kaluga. Per il procedimento relativo a Optina Pustyn' furono arrestate in tutto undici persone. L'OGPU chiese con quali mezzi egli vivesse, se aiutasse materialmente qualcuno e se svolgesse azione antisovietica. Padre Nikon rispose che viveva della vendita di piccoli oggetti fatti in casa e di ciò che riceveva in chiesa, ma che non sapeva quanto ricavava; per quanto riguardava l'agitazione antisovietica, egli non se ne occupava.
Una degli arrestati in questa circostanza scriveva dal carcere:
Perché sono finita in carcere non lo so. Dicono per cose di religione, per un certo articolo 58. Anche il dirigente del museo di Optina padre Nikon è incarcerato e anche altre nove persone di Kozel'sk. Mi hanno presa con addosso soltanto il vestito, senza avvertirmi, senza nemmeno le calze; non ho niente su cui sdraiarmi e con cui coprirmi, e non ho nemmeno un soldo. Da mangiare ci danno: al mattino acqua bollente senza tè e zucchero con pane nero rancido, a mezzogiorno lavatura di piatti calda e un cucchiaio di kasa ammuffita, alla sera di nuovo un cucchiaio di lavatura di piatti.
Il 1° luglio a padre Nikon fu notificata l’imputazione. Lo accusavano di
intrattenere stretti rapporti, mentre era domiciliato nella città di Kozel'sk, con il direttore del museo di Optina, con il quale svolgeva azione antisovietica tramite le persone a lui vicine, cioè compagne di fede. Svolgeva inoltre propaganda religiosa tra la popolazione cristiana, suscitando in tal modo sfiducia nel potere sovietico. Oltre a ciò è stato accertato che Beljaev faceva incetta di proprietà e oggetti preziosi ecclesiastici per fini sconosciuti e con mezzi di provenienza ignota, con la collaborazione del dirigente del museo di Optina, che gestisce la suddetta proprietà.
Il 1° agosto l'inquirente interrogò nuovamente padre Nikon:
- Quando e per quanto tempo avete diretto il museo di Optina, chi vi ha raccomandato per ricoprire questo posto e perché siete stato arrestato mentre dirigevate il museo?
- Nel 1919 io effettivamente dirigevo il museo di Optina, o per essere più esatti ero stato nominato conservatore temporaneo della proprietà del museo dai commissari venuti da Mosca, evidentemente nella mia qualità di persona istruita, che aveva svolto in precedenza, cioè durante la vita del monastero, la funzione di segretario; effettivamente fui arrestato, ma non conosco il motivo dell'arresto; pensavo e penso di essere stato arrestato come ostaggio.
- Ci sono stati casi di rivendita ad altre persone dei paramenti da voi acquistati, e inoltre vi è capitato di comprare dei paramenti completi, e con quale frequenza?
- Non escludo casi di rivendita di paramenti ad altre persone, ma io facevo questo non per speculazione, bensì per reverenza. Mi è anche avvenuto di comprare dei paramenti completi, ma non so dire con quale frequenza.
Il 16 agosto 1927 l'indagine fu conclusa e fu redatto l'atto d'accusa, nel quale i collaboratori dell'OGPU scrivevano tra l'altro:
Con la nascita della modernizzazione tra le chiese ortodosse compare un antagonismo per il possesso delle parrocchie tra i monaci e il clero delle parrocchie. Sotto la guida dello ieromonaco Nikon Beljaev i monaci dell'ex monastero di Optina conducono una lotta dapprima per impadronirsi delle parrocchie nella città di Kozel'sk, e in conseguenza di ciò la chiesa principale di Kozel'sk finisce nelle loro mani; per rafforzare la sua posizione Nikon Beljaev allontana il custode della chiesa principale e al suo posto mette i suoi fidati monaci.
Nikon Beljaev, dopo aver installato nel suo appartamento un luogo di preghiera e un locale di ricevimento per coloro che venivano da lui per confessarsi e ricevere la benedizione per altre persone, li rifornisce di libri allo scopo di diffonderli tra la popolazione. Nel suo appartamento, sotto il pretesto della confessione e della benedizione, vengono organizzati incontri con elementi controrivoluzionari.
Avendo molti contatti, Nikon Beljaev, allo scopo di utilizzare adeguatamente i paramenti sacri venduti all'asta nel museo, si assume il compito di ricomprare tutti i paramenti venduti, allo scopo di fornirli ai suoi protetti e in genere a tutte le persone di sua fiducia, per cui Beljaev fa incetta di circa cinquanta paramenti sacri completi e li fornisce non solo ai suoi protetti e persone di fiducia abitanti nel quartiere in cui abita, ma anche a persone aventi stretti rapporti con lui e abitanti in altre città dell'Unione Sovietica.
La pratica fu mandata per la conclusione a Mosca, alla sesta sezione del reparto segreto della OGPU, dove nell'ottobre 1927 fu emessa la conclusione definitiva:
Le persone elencate, facenti parte del suindicato raggruppamento controrivoluzionario, hanno svolto direttamente e indirettamente azione e agitazione controrivoluzionaria, mascherandola con idee religiose, corrompendo in questo modo la mentalità della popolazione cristiana circostante e suscitando scontentezza e ostilità nei confronti del potere sovietico.
Il 19 dicembre 1927 il consiglio speciale presso il collegio della OGPU condannò lo ieromonaco Nikon a tre anni di detenzione in un campo di concentramento. Il detenuto Beljaev fu inviato al campo di concentramento delle Solovki, ma prima che il convoglio arrivasse sulle rive del Mar Bianco la navigazione verso le Solovki fu chiusa, e padre Nikon rimase in un campo di concentramento a Kem', dove lo misero a sorvegliare i depositi sulla riva del mare.
Al termine della detenzione, venne confinato nella regione di Archangel'sk. Durante la detenzione nel campo padre Nikon si ammalò di tubercolosi e all'arrivo del convoglio ad Archangel'sk il medico della commissione gli consigliò di prendere in seria considerazione le sue condizioni di salute e di chiedere il trasferimento in un luogo più adatto per lui. Dopo essersi consigliato con padre Agapit Taube, padre Nikon disse: "Sia fatta la volontà di Dio". E non prese alcuna iniziativa in questo senso. Lo ieromonaco Nikon fu mandato nella città di Pinega e si stabilì nel villaggio di Vospola, che si trovava a qualche chilometro da Pinega, presso una donna anziana e dura, che vide nel monaco confinato solo un operaio datole gratuitamente e lo costrinse a un duro lavoro senza compenso. Intanto la tubercolosi progrediva velocemente e padre Nikon si sentiva sempre peggio. La padrona all'inizio pensava che il prete fingesse e che le sue condizioni di salute non fossero tanto gravi quanto egli voleva far vedere; nonostante il suo stato, essa esigeva da lui l'esecuzione di lavori pesanti.
Padre Nikon così descrisse in una lettera l'inizio della sua ultima malattia:
La malattia cominciò all'improvviso. Sentendomi bene, io andai a spalare la neve vicino a casa e sentii un dolore alle vene della gamba malata. Ciò nonostante lavorai per un pò e mi stancai. Subito cominciarono a farmi male tutte le vene, dal ventre ai piedi. Applicai un cataplasma, misurai la temperatura: quaranta gradi. Si manifestò un'emorragia.
Nei tre giorni seguenti la temperatura fu quasi normale. All'improvviso sentii un dolore al petto e la temperatura salì a quaranta gradi, e perdurò per circa una settimana. Io rimasi a letto abbastanza a lungo, per due o tre settimane. Le vene smisero di farmi male, l'emorragia si riassorbì, ma la piaga che si era aperta subito dopo è guarita soltanto da poco. Non ho più il respiro di prima, è più difficoltoso.
La padrona dell'appartamento capì soltanto allora che il sacerdote era gravemente ammalato e cominciò a dirgli di andar via di casa: "Vai dove vuoi, se non puoi lavorare non mi servi, c'è della gente sana che vuole venire da me, loro potranno lavorare, tu invece sei malato. Se poi muori, cosa farò di te?".
Padre Nikon riuscì ad arrivare dal medico, in un ospedale distante sei verste dal villaggio, che gli diagnosticò una tubercolosi. Il sabato precedente la Domenica delle Palme, il 22 marzo 1931, il sacerdote confinato Petr, che viveva nel vicino villaggio di Kozlovka, lo fece trasferire a casa sua. Nelle lettere a una figlia spirituale padre Nikon scriveva:
L'attesa di un trasferimento è una delle condizioni difficili della nostra vita. Volevano trasferire anche me, come molti altri, ma io per ora sono rimasto perché malato. Ma la malattia non mi rallegra. Il dottore ha diagnosticato una tubercolosi polmonare. Di spirito sono tranquillo, perché in tutto c'è la volontà di Dio. Per ora ho tutto il necessario, e il futuro è nelle mani di Dio. Gloria a Dio per ogni cosa. Mi rallegro del tuo buon umore. Sì, Dio ci fa intendere le cose e ci chiama alla salvezza.
A Pinega, oltre alla razione, è difficile trovare prodotti alimentari, e chi non riceve pacchi si trova nel bisogno, fa la fame ... La posta funziona regolarmente. La razione che danno ai disoccupati è, naturalmente, insufficiente: trecento grammi di pane al giorno, seicento grammi di miglio al mese e due chilogrammi di pesce al mese, sale a sufficienza, in inverno mezzo litro di cherosene.
Il clima è come ad Archangel'sk, ma spesso c e un vento penetrante. La gente è piuttosto burbera, poco comprensiva. Verdure quasi non se ne trovano, nemmeno a baratto, nemmeno le patate. Non so come si vive altrove, perciò non posso fare confronti. Ringrazio Dio che finora mi dà la forza interiore e mi manda tutto l'indispensabile alla vita. Gloria a Dio per ogni cosa.
San Teodoro Studita, trovandosi al confino, esulta e si rallegra per coloro che vi muoiono. E a me è venuto il pensiero che noi, monaci che ci siamo esclusi dal mondo, anche ora, involontariamente, facciamo una vita separata dal mondo. Così ha voluto il Signore. Il nostro compito è conservarci nella fede e guardarci da ogni peccato, e tutto il resto affidarlo a Dio. Non avrà motivo di vergogna chi spera nel Signore.
La figlia spirituale di padre Nikon così annotò le notizie sulla sua malattia e sui suoi ultimi giorni:
Sabato 14 giugno fu chiamato il dottore per tranquillizzare il malato. Il medico ascoltò attentamente il padre e "per confortarlo" disse: "Non c'è nessuna tubercolosi galoppante, la debolezza è un fenomeno temporaneo, passerà tutto". Ma a me il dottore disse: "Il padre ha una tubercolosi in pieno sviluppo, in pieno corso, e non c'è più niente da fare, lui è ancora vivo soltanto perché ha un cuore sano.
Le parole dette al padre dal dottore evidentemente lo tranquillizzarono e lo consolarono, poiché egli cominciò persino a pensare e a chiedere di poter fare domanda per essere trasferito in una località più favorevole dal punto di vista climatico.
Il tempo passava e il padre si indeboliva sempre più, ma tuttavia, quando si sentiva meglio, scriveva di sua mano, per quanto a fatica, brevi biglietti ad alcuni suoi figli spirituali; ad alcuni scriveva qualche parola sulle loro lettere, ad altri dettava biglietti che firmava di suo pugno.
Il 20 giugno chiese un foglio di carta e voleva scrivere qualcosa, ma la debolezza non gli consentì di scrivere molto, scrisse soltanto due righe: "Quale bellezza nei libri spirituali".
Il 4 luglio padre Nikon perse completamente le forze. L'8 luglio, alle dodici, l'archimandrita Nikita Kurockin lo comunicò e lesse il canone per la partenza dell'anima. Lo ieromonaco Nikon morì quello stesso giorno, alle dieci e quaranta di sera.
Tratto da: A.A.V.V., Optina Pustyn' e la paternità spirituale, ed. Qiqajon - Comunità di Bose a cui rimandiamo per l'approfondimento dei temi relativi allo Starcestvo russo. In questo volume sono pubblicati gli atti del X Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa - sezione russa - svoltosi a Bose il 19-21 settembre 2002.