Intervista a Olivier Clement, teologo ortodosso

Olivier Clément, teologo laico e storico, è uno dei testimoni più stimati e fecondi dell’Ortodossia in Occidente. Professore all’Istituto di teologia ortodossa Saint-Sierge di Parigi e responsabile della rivista di teologia Contacts, è autore di moltissime opere dedicate alla storia e alla vita della Chiesa ortodossa e all’incontro tra Ortodossia, Cristianesimo occidentale, religioni non cristiane e mondo moderno.

 

Secondo lei, come sta andando il dialogo tra cattolici e ortodossi?

 

Non sta succedendo molto. C’è soprattutto il rifiuto da parte di Mosca. Ma vi sono buoni segnali nei Balcani e nel Medio Oriente: ad Antiochia o in Siria, e in Libano. Da parte russa c’è una chiusura completa. Attualmente i viaggi di Giovanni Paolo II hanno aperto diverse porte, in particolare, in Romania e in Grecia..

 

Secondo lei, in generale e non solo per quanto riguarda la Russia, vi sono speranze di risultati concreti a breve termine? E quali sarebbero i rischi in caso di fallimento?
 

 È una domanda che bisognerebbe rivolgere ai responsabili di una parte e dell’altra. Per il momento, non ne vedo. Esistono risultati concreti, nel cambio di mentalità, in Grecia per esempio; e poi, c’è la possibilità della ripresa del lavoro della grande Commissione teologica mista cattolico-ortodossa; penso che i suoi lavori potrebbero riprendere. Ma per il momento, non vedo altro.

Attualmente, il fallimento riguarda essenzialmente la Russia. Ma vi sono anche altre Chiese che rimangono chiuse al dialogo; la Chiesa serba per esempio; la Chiesa della Georgia, ha abbandonato da tempo il Consiglio Ecumenico delle Chiese. Questa Chiesa, sotto la spinta dei monaci  - non dei suoi dirigenti - si è chiusa nei confronti di tutti. Sono proprio i monaci, che sono dei fanatici, a bloccare ogni apertura: essi custodiscono il tesoro della fede, e non bisogna toccare né cambiare niente. Ecco questo è tutto.

 

Possiamo dire che la Russia non è più quel monolite di una volta, e che gli ortodossi, anche se c’è una frangia forte più chiusa, non sono così uniti?
 

Sì, si può dire così. C’è certamente una corrente che va verso l’apertura, ma è una corrente minoritaria. Penso, per esempio, a p. Alexandre Men che è stato assassinato nel 1990: egli ha lasciato un’associazione, ha diversi amici che sono anch’essi molto aperti.

 

Hanno la possibilità di farsi ascoltare?

 

Non hanno molte possibilità di farsi ascoltare all’interno della Chiesa. Sono persone che agiscono soprattutto nella base della Chiesa.

 

Vi sono altri gruppi come quello di Men?

 

Sì, vi sono personalità che hanno un seguito, persone come Padre Godchetkov, che è un uomo notevole, ma che ad un certo punto ha avuto grosse difficoltà. Ha creato un’associazione che fa un buon lavoro, ma il cui campo di attività rimane limitato.

 

In quanto punto di riferimento per il mondo ortodosso, come vedrebbe una riconciliazione completa tra il mondo ortodosso e quello cattolico?
 

Credo che bisognerà arrivare a gesti che recuperano e riassicurano la sensibilità ortodossa russa, soprattutto perché, penso che in altri paesi le relazioni continueranno normalmente. Il punto fondamentale, sono i gesti nei confronti della Chiesa ortodossa russa.


Vedi anche: Olivier Clément: Cattolicesimo e Ortodossia