APPROFONDIMENTI SULLA FISIOLOGIA ESICASTA


MACIEJ BIELAWSKI

IL CUORE, I POLMONI E L'INTELLETTO: IN MARGINE AD UNA FISIOLOGIA ESICASTA


"Tu sai che il nostro respiro è l'aria che ispiriamo ed espiriamo, in forza del cuore, che è causa della vita e insieme del calore del corpo. Il cuore attira l'aria per emettere all'esterno il proprio calore, mediante l'espirazione e raggiungere una buona temperatura. Cooperatore, o piuttosto, ministro di questa economia è il polmone che, creato poroso dal Creatore, senza fatica introduce ed espelle l'aria come un mantice.
Così il cuore, attirando il freddo con il respiro ed emettendo il caldo, osserva senza irregolarità l'ordine che gli è stato affidato per la stabilità del corpo vivente.
Tu, dunque, siediti, raccogli l'intelletto e introducilo, [l'intelletto] per via delle narici, per cui entra il respiro nel cuore, e spingilo e costringilo a scendere insieme con l'aria che viene inspirata nel cuore."

Questo frammento va visto in una prospettiva storica più ampia. Essa non sarebbe tanto necessaria se si potesse prendere tutta questa strana ed interessante descrizione del cuore e dei polmoni, del respiro e dell'intelletto solo in un senso simbolico o metaforico, ma non è così. A prima vista sembra non si tratti di un testo "poetico", ma piuttosto "medico". In questo caso non abbiamo a che fare con una sorta di "fisiologia mistica", presente ad esempio nel kundala yoga o in alcune correnti del sufismo, come si vorrebbe vedere l'esicasmo ogni tanto, ma piuttosto con una descrizione che corrisponde alle conoscenze anatomiche della medicina dell'epoca.
Le origini di tale modo di capire e di presentare il funzionamento del corpo umano sono radicate in tempi e territori lontani. Vi hanno contribuito lungo i secoli i medici e i filosofi, la ricerca scientifica e la superstizione. Ma occorre anche prendere in considerazione che dal momento in cui Niceforo si è accinto a comporre le pagine del suo Discorso fino ai nostri giorni sono passati circa 800 anni. La comprensione della fisiologia umana, come anche delle esperienze spirituali, è cambiata. Oggi riguardo alla fisiologia e alla mistica abbiamo forse comprensioni, immaginazioni e superstizioni diverse da quelle degli esicasti. Perciò a questo punto una breve investigazione nel campo della storia della medicina sembra essere una cosa utile, interessante e persino affascinante.

Le origini dei concetti familiari a Niceforo, quali la centralità del cuore e il funzionamento del sistema respiratorio, si trovano nel mondo antico babilonese ed egiziano. Queste conoscenze poi sono state in qualche modo approfondite, precisate e descritte da Ippocrate (ca. 460-377 a.C.) e da Aristotele (384-322 a.C.). Sembra che in questo processo non senza importanza si collochino i risultati raggiunti in seguito dalla scuola medica di Alessandria fondata intorno all'anno 323/322, dove si eseguivano in un modo metodico le dissezioni anatomiche del corpo umano. Questa scuola fu chiusa due secoli dopo la sua apertura da parte di Tolomeo e la prassi della dissezione del corpo umano è stata ripresa soltanto nel rinascimento italiano. Un'altro personaggio importante dell'antichità è il medico dell'imperatore Marco Aurelio, Galeno (129-201). I suoi scritti sono diventati un'autorità indiscussa e punto di riferimento in campo medico per più di mille anni, anche a Bisanzio.

La nostra conoscenza della medicina bizantina è ancora relativamente scarsa. Si possono però disegnare le sue linee principali di sviluppo e rintracciare le tappe della trasmissione delle sue conoscenze. Un personaggio che ha avuto un influsso notevole sulla scienza medica di Bisanzio fu Oribasio di Pergamone (IV sec.), il medico di Giuliano l'Apostata. Oribasio ha composto un riassunto di testi di Galeno, aggiungendovi dei propri commenti. La sua opera ha determinato la visione medica di Bisanzio lungo tutta la sua storia. Gli altri scritti che hanno trasmesso la scienza medica degli antichi al mondo bizantino sono legati ai nomi di Aezio di Amida, in Mesopotamia (VI sec.), che in un certo modo ha semplificato il pensiero di Galeno e di Oribasio, ad Alessandro di Tralles (625-605) che ha arricchito la scienza precedente con osservazioni e conoscenze pratiche, a Paolo di Egina (t642) che ha arricchito i risultati trasmessi da Oribasio soprattutto con informazioni basate sulle sue esperienze chirurgiche, a Teofilo di Protospatharios (VII, IX o anche X sec.) che nella sua opera sulla costituzione del corpo umano ha cercato di combinare la teologia cristiana con le idee di Galeno, a Melzio il Monaco (IX sec.?) che ha prodotto una sintesi sulla natura umana mescolando Galeno e teologi come Gregorio di Nissa o Massimo il Confessore. Nel X secolo Teofane Nonnos ha scritto un'enciclopedia medica e gli ambienti bizantini hanno ricevuto nuovi impulsi da parte dei medici arabi. Di medicina si occupavano in modo pratico e teoretico, in tempi ormai vicini a quelli di Niceforo, i famosi Michele Psello (1018-ca. 1081), Niceforo Blemmida (1197-ca. 1269) e Giovanni Zacharia Aktuarios (ca. 1275- 1328) che sempre e in modo ampio si ispiravano a Galeno.
È evidente allora come l'ambito dentro a cui si svolgevano la prassi, le riflessioni e l'immaginazione dei bizantini riguardo alla medicina, alla fisiologia e all'anatomia umana erano quelle prevalentemente ereditate da Ippocrate e Galeno, arricchite dalla riflessione aristotelica.
Per ora non siamo in grado di indicare gli autori, antichi o bizantini, che avrebbero potuto influire direttamente, cioè attraverso i loro scritti, sulle conoscenze anatomiche di Niceforo l'esicasta. Forse Niceforo non ha letto niente di letteratura medica, ma aveva un'idea comune al suo tempo relativa al funzionamento del corpo umano che egli ha applicato alla sua teoria della prosoché e al suo metodo di preghiera. Rimane però sicuro che il suo pensiero e la sua immaginazione si muovevano soprattutto dentro al modello di Galeno che, come conferma la storia degli scritti medici di Bisanzio, ha dominato il campo in modo assoluto.
In questo modo di pensare il corpo umano, la biologia, la magia, la fisiologia e la superstizione, la ragione e la religione erano mescolati. Si tratta di una cosa molto importante per capire anche gli esicasti. Non importa per il momento la ricostruzione minuziosa (e quasi impossibile) della visione dell'anatomia umana proposta dai grandi medici dell'antichità (Ippocrate - Aristotele - Galeno). Non importa neppure attardarsi in discussioni se gli esicasti seguissero più il cardiocentrismo di Aristotele che il gastrocentrismo di Galeno. Importante invece è capire che nel modello antico e in quello bizantino si voleva a tutti i costi avere una visione d'insieme, un sistema globale che spiegasse i processi fisiologici. Quando le osservazioni non potevano fornire dei dati o delle risposte concrete, le lacune si riempivano con la filosofia, con la religione, con la magia. Bisognava ad ogni costo salvare l'ordine stabilito dal Creatore. In questo mondo, esteso tra il fisiologico e lo spirituale, tra il razionale e il superstizioso, si colloca anche il modo di pensare degli esicasti. Qui le teorie della caduta e della salvezza, dell'attenzione e della preghiera, si mescolano con una certa visione del corpo umano e dei suoi modi di funzionamento. Ma adesso volgiamo l'attenzione al testo di Niceforo.

Mi permetto di cominciare con osservazioni esteriori. Certe somiglianze con il testo di Niceforo si possono riscontrare sia nell'anonimo Metodo della preghiera e attenzione (come si è già detto erroneamente attribuito talvolta a Simeone il Nuovo Teologo o anche a Niceforo stesso),  che tra i testi di Gregorio Sinaita.
La questione è già stata studiata e sulla base di questo tipo di ricerche si è arrivati alla conclusione che, nonostante una certa somiglianza tra questi autori e questi testi, esiste tra di loro soprattutto una notevole differenza e divergenza di visioni che mostra come l'esicasmo nella sua fase nascente non fosse né uniforme né ancora dogmatizzato.
Gli studi precedenti hanno anche mostrato la complessità dei problemi: che cosa veramente ha pensato e scritto ognuno di questi autori? Come interpretare certi frammenti? In quale misura questi testi sono stati interpolati dai copisti o dagli scrittori posteriori? Penso che anche la mancanza di edizioni critiche renda attualmente impossibile un'indagine sinottica ed approfondita, che potrebbe portare a delle conclusioni soddisfacenti. Per il momento è sufficiente essere coscienti di questi problemi e dei limiti nel campo delle ricerche. Bisogna pure sottolineare che, soprattutto nel caso di una ricostruzione della visione "fisiologica", tra diversi autori dell'epoca esistono differenze tali che parlare in questi casi di un "esicasmo" in senso generale rischia di in durre in confusione. Per cui, nel nostro studio ci limiteremo piuttosto alla lettura del testo di Niceforo, sapendo che già questa scelta metodologica porta con se grossi limiti e rimane discutibile. Ma d'altra parte questo potrebbe essere un punto di partenza per ricerche future. In confronto ad altri, il testo di Niceforo è relativamente semplice, facile e poco mistico", o mescolato a immaginazioni che si potrebbero chiamare "esoteriche" (come ad esempio le visioni dell'aria risplendenti di luce che troviamo in Gregorio Sinaita, ecc.). Niceforo rimane discreto e sobrio. Ma vediamo il testo.
È una descrizione pittoresca, un po' divertente, ma anche complicata e misteriosa. L'immagine qui proposta che sta alla base è comprensibile e facile da ricostruire. Il cuore è come il forno che si riscalda (ovviamente con il fuoco, che qui non è menzionato) sempre di più. Questo forno deve però mantenere una temperatura esatta, non troppo alta e neppure troppo bassa, perciò deve essere rinfrescato da qualcosa di più freddo. Questo ruolo appartiene all'aria e parte dall'esperienza che di solito si inspira un aria meno calda rispetto a quella che è espirata (almeno là dove il clima è mite). Un meccanismo che prende l'aria fredda e rinfrescante e la indirizza verso il cuore (forno) è messo in atto dai polmoni, che sono presentati come il mantice dell'officina di un fabbro. È un'analogia immaginativa relativa al funzionamento del cuore e dei polmoni, del sangue e dell'aria, secondo un'analogia comune per il mondo antico e poi bizantino (1), che è stata cambiata soltanto in epoca moderna. E' sorprendente? Ma in un modo simile si pensava a tutto. Il processo della digestione, ad esempio, era non soltanto immaginato ma seriamente considerato dai medici, partendo da Galeno, come il processo della cottura di un pasto. Lo stomaco era pensato come una pentola che macinava il cibo e poi lo cuoceva col "calore innato" presente in quest'organo, come si prepara una zuppa di verdura.'

In questa visione, una certa centralità appartiene al cuore. È il cuore "che è la causa della vita e del calore del corpo", ed è il cuore che "osserva senza irregolarità l'ordine  che gli è stato affidato", ovviamente, dal Creatore. Questo creatore ha formato anche i polmoni porosi, cioè in modo tale che possano lavorare come un mantice. L'importante sembra la parola "ordine" - tutto è fatto nel modo precisamente stabilito dal Creatore. Per questo ha una garanzia di funzionamento buono, regolare, stabile, che pertanto agisce in modo naturale e "senza fatica", perché il Creatore è buono e fa le cose in modo perfetto. Anche se con il riferimento al Creatore entra in questa visione una dimensione religiosa e non puramente fisiologica, bisogna sottolineare che di per sé il testo è piuttosto "medico" e corrisponde alla visione medica e non precisamente "religiosa" dell'epoca. Il cuore non è stato presentato finora come centro dell'uomo, dei sentimenti, delle emozioni, dei pensieri e delle decisioni volitive. Non si parla del cuore come nella Bibbia. Sarebbe anche difficile dire in questo momento che Niceforo, scrivendo del cuore e dei polmoni, tratta di una "preghiera del cuore".

Il problema comincia però nell'ultima frase qui riportata, quando si menziona l'intelletto che, insieme all'aria inspirata, dovrebbe entrare nel cuore ed essere costretto con la volontà a rimanervi. In questo caso l'aria inspirata sarebbe un veicolo tramite il quale l'intelletto attraverso il naso e i canali respiratori entrerebbe nel cuore. Questa immagine è comprensibile. Tuttavia sorgono immediatamente certe domande. Dove si trova l'intelletto prima di essere trasportato nel cuore? Vola in aria, vicino al naso, come una mosca, e poi ha bisogno di essere cacciato e portato nel cuore? Ci si domanda inoltre se l'intelletto sia qualcosa di materiale, così da poter essere cacciato e introdotto in noi come una "cosa"? Che cosa è l'intelletto e perché dovrebbe scendere nel cuore? Forse in questo caso abbiamo a che fare con un salto qualitativo, cioè con uno spostamento mentale: prima si parlava del corpo (il cuore, i polmoni) in un senso concreto, anatomico, fisiologico e adesso si è passati ad una dimensione filosofica, mentale e non più carnale? Sembra di sì, anche se dalle parole stesse di Niceforo questo non risulta in modo chiaro.
È ovvio invece che, in queste antropologie o anatomie, il luogo dell'intelletto non si trovava nella testa, ma poteva essere nello stomaco, nel fegato o nel cuore. Allora, che cosa significa introdurre o farlo scendere, via narici, nel cuore? Niceforo non dice niente di più e sarebbe illecito attribuirgli idee o immagini che nel suo Discorso non si trovano. Né la sua descrizione anatomica, né le sue idee religiose o mistiche dicono più niente. Forse bisogna pure essere semplici e discreti come è Niceforo? Forse l'intelletto che ha bisogno di entrare nel cuore è il modo figurato di comprendere dei pensieri che sono dispersi, che vagano attorno e che dovrebbero essere riportati all'attenzione, essere concentrati. In questo caso, l'aspetto fisiologico, quello filosofico (come funziona l'intelletto) e quello teologico (il regno dei cieli che si trova dentro di noi) sono messi insieme provocando una certa difficoltà di comprensione. Penso che questa mancanza di chiarezza abbia potuto creare, e difatti abbia creato nella storia, certi malintesi.

Un altro passo interessante si trova alla fine dell'opera, quando Niceforo dice che "la potenza razionale di ogni uomo sta nel petto, poiché quando tacciamo con le labbra, è là dentro il petto che parliamo, deliberiamo, ordiniamo le preghiere, i salmi e altre cose". In questo caso la ricostruzione dell'immaginario fisiologico è molto più facile. Alla base di esso si trova l'osservazione che quando si parla, il suono delle parole esce con l'aria espirata. Si pensava allora che le parole  nascono proprio nel petto dove si trova, come ha appena ricordato il testo di Niceforo, "la potenza razionale". Si pensava dunque piuttosto con o dentro il petto e non con un cervello situato nella testa dove oggi si trova, secondo noi, la potenza razionale. Con questo immaginario era molto più facile parlare della possibilità di introdurre, insieme all'aria inspirata, dentro il cuore, le parole pronunciate durante la preghiera.

Mi fermo qui con le illustrazioni e con le speculazioni che riguardano la questione della "fisiologia mistica" degli esicasti e di Niceforo il Solitario in particolare. Occorre però affermare nuovamente una cosa. Il testo di Niceforo è molto moderato, sobrio e semplice, se non addirittura "povero". In questo frammento, uno dei più antichi dell'esicasmo, non si trova niente dell' "esoterico" che più tardi gli sarà attribuito. Non c'è niente della concentrazione sull'ombelico che tanto ha irritato Barlaam il Calabro. Non si parla di nessuna visione (fisica o spirituale) di nessuna luce. Non c'è la minima traccia dell'esperienza di un calore piacevole. Non c'è neanche un tono da maestro che trasmette la dottrina di una gnosi o di una prassi segrete che prometterebbero non si sa quali vertigini mistiche. È un discorso sobrio e modesto. Forse la riservatezza di Niceforo era causata dalle discussioni, per esempio sulla luce e sul calore, che potevano già essere presenti sempre di più tra i monaci. Forse Niceforo notava tra di loro certe attitudini "eterodosse" diffuse ampiamente in quest'epoca a Bisanzio?  Non saprei rispondere a queste domande. La lettura del testo mostra soltanto che Niceforo non parla per niente delle cose che gli sono state più tardi attribuite e che sono state poi associate all' "esicasmo". Niceforo riporta alcuni testi patristici sull'attenzione, si serve di una visione fisiologica che descrive il funzionamento del cuore e dei polmoni in una maniera propria all'epoca e richiede una concentrazione dell'intelletto osservando il respiro e, parlando in modo immaginativo, portandolo nel cuore.
Non vorrei troppo demitizzare questo monaco esicasta, privarlo di tutto ciò con cui è associato usualmente nell'immaginario comune e farne un erudito conoscitore dei padri e un sobrio stoico. Ma, sulla base di quanto si è detto finora, è veramente difficile sostenere certe immagini del passato che lo riguardano. Si può certo affermare che per lui il corpo è legato a tutta la dimensione dell'esperienza spirituale, ma siamo ancora ben lontani dal corpo vestito di luce così tanto esaltato dagli entusiasti delle teologie orientali, e dalle prassi e dalle teorie esoteriche che gli adepti e i ricercatori di nuove spiritualità vorrebbero trovare ad ogni costo. Siamo pure lontani dalle derisioni di tanti avversari dell'esicasmo, attratti a bella posta dagli aspetti ombelicocentrici, dalle sensazioni visuali o dai piaceri calorosi.


Nota (1)

Lo stesse analogie riguardo alla "temperatura costante", al "forno", al "mantice", alla "cottura",  etc., si riscontrano nel campo della "alchimia spirituale" descritta nella stessa epoca in termini simbolici che richiamano in maniera sorprendente la terminologia fisiologica esicasta. Tuttavia l'alchimia anche quando parla di "morte" (nigredo) e  "rinascita" (albedo e rubedo), parte da premesse "tecniche" e "operative" (l'arte filosofica) che prescindono completamente da concetti teologici quali la grazia, i doni dello Spirito Santo, l'amore per Cristo espresso attraverso la preghiera continua.
Anche quando nel pensiero alchemico si fa cenno alla "preghiera", ad una presunta grazia ricevuta da Dio, allo stesso Cristo risorto, si parla solo in termini simbolici e mai si esce completamente dall'ottica "tecnico-operativa" che comporta fasi precisamente scandite e stabilite che se eseguite con "mestiere" non mancano di dare il risultato sperato: la pietra filosofale, l'elisir, la trasmutazione dei metalli.
Non è il caso nemmeno di aggiungere più di tanto che dietro tali sofisticate e "segrete operazioni" si nascondono vere e proprie tecniche e operazioni di "magia sessuale". In questo si cimentano ancora oggi i massoni dei vari "ordini egizi" e "di frangia".
Pratiche analoghe vengono eseguite, pur con modalità e tecniche operative diverse, dagli adepti del tantrismo induista e buddhista-tibetano e dai taoisti  che cercano di raggiungere la realizzazione e la illuminazione grazie a procedimenti segreti di "controllo e trasmutazione"  dell'energia sessuale (Kundalini).
Può apparire incredibile e  sorprendente, ma lo stesso Dalai Lama e tutti i grandi rappresentanti delle scuole tibetane (Nyingma-pa, Kagyu-pa, Gelug-pa, Sakya-pa) insegnano e usano, anche se ai livelli più "interni" del cammino, tecniche tantriche di "trasformazione" (il Tantra è la "via della trasformazione") della energia sessuale a "fini illuminativi", per realizzare l'esperienza dell' "unione della vacuità con la gioia-piacere". Questo può essere realizzato sia da soli, attraverso la meditazione sul "mandala interno" (canali energetici, soffi, chakra), sia attraverso l'utilizzo rituale di un partner di sesso opposto.

(il curatore del sito R. Benvenuto De Matteis) dematteisrocco@libero.it