Pavel Evdokimov

La Preghiera di Gesù

 

 


L’invocazione del nome di Gesù è alla portata di ogni uomo e in tutte le circostanze della vita; essa pone il nome come un sigillo divino su ogni cosa


 

«Pregare incessantemente», insiste. S. Paolo, perché la preghiera è la sorgente e la forma più intima della nostra vita spirituale. La vita di preghiera, la sua densità, la sua profondità, il suo ritmo, danno la mi­sura della nostra vita spirituale e ci rivelano a noi stes­si.

In uno spirito raccolto e silenzioso sorge la vera preghiera, e l'essere è misteriosamente visitato. « L'a­mico dello sposo è presente e ascolta»; l'essenziale dello stato di preghiera è esattamente « farsi presen­te », ascoltare la presenza di Cristo.

Agli inizi, la preghiera è agitata: l'uomo versa in essa tutto il contenuto psichico del suo essere; ma nel­la preghiera le troppe parole dissipano; mentre « è sufficiente tenere le mani alzate », dice S. Marco.

La preghiera del Signore è breve. Un eremita la iniziava al calar del sole e la terminava dicendo « amen » ai pri­mi raggi del sole nascente. Non servono lunghi di­scorsi; gli spirituali si accontentavano di pronunciare il nome di Gesù, ma in questo nome contemplavano il Regno.

Una grave deformazione fa della preghiera la ri­petizione meccanica delle formule. Ora, secondo i maestri, non basta avere la preghiera, delle regole, delle abitudini; occorre diventare preghiera, essere preghiera incarnata, fare della propria vita una litur­gia, pregare con le cose più quotidiane, vivere la sto­ria di un operaio conciatore che parla delle tre forme di preghiera: la domanda, l'offerta e la lode, e mostra come esse diventano lo stato di preghiera e possono santificare tutti gli istanti del tempo, anche per chi non può disporne. Al mattino, frettoloso, quest'uomo semplice presentava tutti gli abitanti di Alessandria al cospetto di Dio e diceva: « Abbi pietà di noi peccato­ri ». Lungo la giornata, durante il suo lavoro, avvertiva costantemente che tutto il suo faticare era come un'offerta: «A te, Signore!»; e la sera, tutto lieto di trovarsi ancora in vita, la sua anima non poteva che esclamare: «Gloria a te!».

È la concezione orante della vita stessa, secondo la quale il lavoro più modesto di un operaio o di una donna di casa e la creazio­ne di un genio sono compiuti allo stesso titolo di of­fetta davanti al volto di Do, come un compito affida­to dal Padre.

Secondo la Bibbia, il nome di Dio è una forma e un luogo della sua presenza. La «preghiera di Gesù» libera i suoi spazi e vi attira Gesù con l'invoca­zione incessante: « Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore».     

     Questa preghiera del pubblicano evangelico contiene tutto il messaggio biblico: la Signoria di Gesù, la sua filiazione divina, dunque la confessione della Trinità, l'abisso della ca­duta che invoca l'abisso della misericordia divina.

     Questa preghiera risuona incessantemente dal fon­do dell'anima, prende il ritmo della respirazione, si immedesima col respiro, anche durante il sonno: « Io dormo, ma il mio cuore veglia» (Ct 5, 2).

    Gesù at­tratto nel cuore, è la liturgia interiorizzata e il Re­gno nell'anima pacificata. Il nome riempie l'uomo co­me suo tempio, lo trasfigura in luogo della presenza divina.

L’invocazione del nome di Gesù è alla portata di ogni uomo e in tutte le circostanze della vita; essa po­ne il nome come un sigillo divino su ogni cosa. S. Gio­vanni Crisostomo dice: « La tua casa sia una chiesa; ammira il tuo Maestro; i tuoi figli si uniscano a te in una preghiera comune ». Questa preghiera porterà davanti al Padre le ansie e le sofferenze di tutti gli uo­mini, le loro tristezze e le loro gioie. Ogni istante del nostro tempo trae refrigerio da questo contatto di fuoco degli spiriti in preghiera.

Nelle case dei fedeli si vede sempre l'icona collo­cata in alto, e nel punto dominante della preghiera es­sa guida lo sguardo verso l'Altissimo e l'unico necessario. La contemplazione orante attraversa per così dire l'icona e si arresta solo nel contenuto vivo e pre­sente che essa esprime. Di una abitazione neutra, es­sa fa una « chiesa domestica », della vita di un fedele una liturgia interiorizzata e continua. Il visitatore, entrando, si inchina davanti all'icona, raccoglie lo sguardo di Dio, e poi saluta il padrone di casa. Pri­ma di tutto si rende onore a Dio: l'omaggio agli uo­mini viene dopo. Punto di mira non è mai una deco­razione; l'icona centra tutto l'interno sull'irradiazione dell'al di là che regna incontrastato. La piccola lam­pada davanti all'icona traduce il moto dello spirito; essere una fiamma sempre in preghiera alla presen­za dell'invisibile. È la dimensione liturgica della vita spirituale.

 

 

Questo testo è tratto dal libro di PAVEL EVDOKIMOV, La novità  dello Spirito – ed. Ancora, Milano 1997.