IL CORPO E LA
PREGHIERA
PROGRAMMA PRATICO
(A cura di P. Franco Gioannetti)
(Tratto da www.regnatvivus.it
a cui si rimanda per l'approfondimento di
altre tematiche relative alla preghiera e alla spiritualità ortodossa.
Il sito che vi segnaliamo contiene importanti contributi di esponenti delle
Chiese ortodosse.
Una sezione è a cura del
Centro Russia Ecumenica
e pubblica documentazione e materiali relativi all'Oriente cristiano.)
”Il corpo è per il Signore e il Signore per il corpo”
”Glorificate dunque Dio nel vostro corpo”
PROGRAMMA:
Introduzione
1. Primo Momento
2. Secondo Momento
3. Input di approfondimento - 1 -
4. Continua …
Introduzione
In primo luogo cerchiamo, forse praticamente, di superare un certo dualismo che molti di noi portano profondamente inciso nel loro modo di pensare. E cioè non consideriamo l’uomo come fatto di due componenti : corpo ed anima.
Può essere illuminante, in proposito, quanto dice Garaudy in “Danzare la vita”: “il corpo è l’uomo che si esteriorizza, è ciò che mi collega agli altri ed al mondo, ciò attraverso cui io mi esprimo e prendo coscienza di me stesso”.
Cerchiamo dunque in questa prospettiva di fare un cammino esperienziale, da vivere con serenità, senza tensioni, senza farci violenza senza dare fiducia assoluta alle sole usanze della mente e del cuore.
Se ci colleghiamo al Salmo 83 e leggiamo : “il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente”, sentiamo l’affermazione che anche il corpo chiede di pregare.
Vedremo infatti percorrendo questa esperienza che il corpo è pronto a collaborare nella e per la preghiera.
Ma ripeto, per comprendere ciò dobbiamo rifiutarci di pensare al corpo ed all’anima come a due realtà più o meno indipendenti ed antagoniste.
Non dobbiamo pensare alla materia come a qualcosa di sgradevole o di cattivo, né tanto meno dobbiamo considerare il corpo come una prigione da cui l’anima deve uscire per raggiungere Dio.
In realtà l’uomo è una unità: un corpo animato, un’anima incarnata. E’ un tutto unico.
Primo momento
Tuttavia, avere una sana concezione del corpo, concepito come un tutt’uno con l’anima, non basta: bisogna anche agire coerentemente con questa convinzione. Non si deve trattare il proprio corpo con superficialità, come un semplice strumento di cui ci si serve e che poi si butta via; e nemmeno rendersene schiavi, come si fa con un cane al quale si getta un osso per essere lasciati in pace.
Amare se stessi vuol dire amare il proprio corpo. Per prima cosa, bisogna averne cura, nutrendolo convenientemente, curandone l’igiene, preoccupandosi affinché abbia un sano riposo, dorma a sufficienza faccia attività fisica… Quanto numerosi sono i peccati di omissione, in questo campo, e di cui non ci rendiamo conto!
Aver cura del proprio corpo, ancora non basta: bisogna educarlo con intelligenza, pazienza, perseveranza, il che vuol dire correggere i suoi errori e coltivare le sue potenzialità. Ancora meglio: bisogna ”abitare” il proprio corpo ”realizzare” il matrimonio del corpo e dello spirito”, espressioni queste che però non diranno nulla a colui che non ha fatto questa esperienza.
Il cristiano vuole andare ancora più in là: si tratta per lui di conquistare un ”corpo spirituale” (1Cor, 15,44) tutto ”impregnato” di Spirito Santo. Sempre ai Corinti, San Paolo propone questo incredibile ideale: ”Il corpo è per il Signore e il Signore per il corpo.” (1Cor,6,13). Ciò, a ben vedere, non è poi così sorprendente, poiché il cristiano si nutre del corpo risuscitato di Gesù Cristo.
Questo preambolo un po’ lungo, era tuttavia necessario prima di arrivare a parlare della partecipazione del corpo alla preghiera. La prima cosa essenziale è che il corpo non ponga resistenza alla preghiera, come farebbe un ragazzo maleducato, sensuale, prepotente.
Anche questo però non basta e occorre un’altra cosa: la preghiera non deve essere distratta e resa difficoltosa dai suoi mali, dalla stanchezza, da un’eccessiva tensione fisica e nervosa, (mali dell’uomo moderno).
Un impedimento è spesso rappresentato da un modo scorretto di respirare: la respirazione è spesso superficiale, spezzata, irregolare. Anche la postura è importante: se il corpo non è diritto (su questo punto la tradizione esicasta tradizionale dissente e consiglia la cosiddetta "posizione di Elia" con il corpo umilmente incurvato per essere più raccolti nel cuore ed evitare ogni forma di orgoglio espressa anche simbolicamente con il corpo - nota del curatore del sito), immobile, nemmeno lo spirito potrà conseguire la vera distensione necessaria; da qui si deduce quanto sia importante l’atteggiamento corporeo che però, si badi bene, deve essere di attenzione, perché altrimenti si corre il rischio di cadere in uno stato di sonnolenza.
Chi impara a dominare il proprio corpo, constata molto presto che anche la mente ne viene positivamente influenzata.
Secondo momento
Ma si può ottenere ancora di più, e cioè che il corpo dia esso stesso un apporto positivo alla preghiera e ciò si verifica se esso riesce a trasmettere allo spirito la sua vitalità, il suo equilibrio, la sua pace. Lo spirito allora andrà verso la distensione, lo slancio, l’abbandono, l’offerta a Dio. Bisogna inoltre essere consapevoli del fatto che il corpo è ricco di energie che, canalizzate, fortificano lo spirito e lo sostengono nell’atto della preghiera.
La più alta vocazione del corpo, è però quella di farsi parola e lo si capisce in modo straziante, quando ci si trova al capezzale di una persona cara che ha perduto l’uso della parola e delle membra. Mettere in opera le risorse del proprio corpo per esprimere la propria vita intima è un’arte difficile: se ciò è vero nelle relazioni umane, tanto più lo è nei rapporti con Dio. È per questo motivo che, accanto alle attitudini che favoriscono la stabilità e la vitalità del corpo, indichiamo come molto importanti le posizioni che traducono i diversi atteggiamenti interiori di colui che prega. Ciascuno poi scoprirà quelle che meglio si addicono, secondo le disposizioni del momento, alla sua preghiera interiore.
Torniamo così al punto di partenza: è bello vedere un uomo che prega, con il corpo da cui l’anima traspare, i cui movimenti, gesti, sono la completa espressione di un’anima viva, ardente, adorante, innamorata. Vi sono momenti che fanno pensare alla bellezza di una danza...
Come sarebbe bello se ogni uomo di preghiera potesse pervenire a questa sinfonia del corpo e dello spirito! Ciò può avvenire, se egli si convince che è possibile, se lo vuole e se poi mette in atto le strategie necessarie per riuscirvi.
Tuttavia, in questo campo, come in ogni altro, bisogna ben distinguere ciò che è più importante da ciò che lo è meno.
Quando si tratta della preghiera, al primo posto viene naturalmente l’attività dello spirito, - del ”cuore” nel senso biblico del termine - non dimentichiamo la parola del profeta: ”Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me” (Isaia 29,13). Se però si trascura l’aspetto che riguarda il corpo, anche l’attività primaria, quella dello spirito, può esserne compromessa.
Consideriamo però che si può pregare, e in maniera sublime, anche nella malattia e nell’infermità. Al corpo torturato dalla sofferenza, viene offerto un altro modo di partecipare alla preghiera-offerta, quella del Cristo sulla croce.
Sano o ammalato, felice di vivere o sprofondato nel dolore, il corpo dell’uomo deve essere l’ostensorio dell’anima orante, attraverso il quale si mostra Dio: ”Glorificate dunque Dio nel vostro corpo”, scriveva san Paolo ai Corinti (1Cor 6,20) e ai Romani (12,1): “Vi esorto, fratelli,per la misericordia a di Dio, a offrire il vostro corpo (è proprio la parola corpo che vi è nel testo greco) quale sacrificio vivo, santo, gradito a Dio: questo è il culto che dovete rendergli” .
Tradotto e adattato da M. Grazia Hamerl
In attesa di riprendere il programma che sarà sviluppato anche attraverso immagini corporee vi presentiamo alcuni stimoli di approfondimento su cui riflettere.
Da " Jesus"/ maggio 2003
IN PRINCIPIO… ERA IL RESPIRO
Chiunque pratichi uno sport sa qual è l'importanza del fiato, del respiro. Anche per la "ginnastica dell'anima" il respiro è forse l'elemento principe. Pregare lasciandosi guidare dal ritmo della respirazione è pratica diffusa in Oriente e in Occidente, nei monasteri zen o tra i monaci ortodossi del Monte Athos. Auscultare e "addomesticare" il respiro, per raggiungere l'armonia completa, la fusione con il cosmo, è un ideale ascetico in molte religioni orientali. E anche la tradizione biblica, con il soffio creatore di Dio (ruah), con lo spirito che infonde vita al creato, sembra sottolineare il ruolo decisivo del respiro, il suo potere, la sua forza creatrice.
Nella pratica ascetica - come nello sport - il fiato aumenta con l'allenamento. Per questo, i veri maestri insistono sul valore della perseveranza, dell'assiduità. Ciò che conta è non perdere di vista l'obiettivo, adattando gli sforzi al suo raggiungimento.
Ma il paragone tra l'ascesi e la ginnastica o la corsa si ferma qui. Perché l'ascesi cristiana non è una tecnica o un insieme di tecniche e di metodi più o meno sofisticati. È una disposizione dello spirito e del corpo alla ricerca dell'essenziale, cammino di pacificazione e di unificazione interiore, per riconoscere nel proprio respiro il respiro di Dio, come scriveva un vescovo dei primi secoli del cristianesimo, Teofilo di Antiochia: «Dio ha dato alla terra il respiro che la nutre. È il suo alito che dà vita a ogni cosa. Senza il suo respiro, tutto sarebbe annientato. Questo respiro vibra nel tuo, nella tua voce. Quello che tu respiri è il Soffio di Dio» (Ad Autolico 1, 7).
Piero Pisarra
Continua …