Sr.
Paola o.p.
PREGARE OGGI IL “NOME” DI GESÙ(1)
Suggerimenti pratici e metodologici
Certamente sono necessarie alcune indicazioni, anche per
chiarire quali sono le differenze tra questo tipo di preghiera ed altre
espressioni religiose che troviamo al di fuori del cristianesimo.
Innanzi tutto è necessario distinguere la preghiera dalla
tecnica psicosomatica. Se è pur vero che il ritorno in se stessi e l’ambiente
esteriore sono importanti, il movimento di interiorizzazione non è fine a se
stesso, quasi uno sforzo per giungere al proprio Io, individuato come
l’Assoluto, come possiamo trovare nello yoga e in una mistica neo-platonica.
Ma si tratta di un movimento di fede, di adorazione e di umiltà verso il Dio
rivelato, presente nello spirito. Inoltre occorre porre attenzione perché la
preghiera non diventi meccanica.
L’antropologia che soggiace a questa preghiera fa del
cuore il luogo naturale dello spirito. La stessa attenzione al respiro ha una
certa somiglianza con i mantra e si
riconosce una certa dipendenza e scambio con il dkhir musulmano: segno questo che lo spirito umano è uguale
dovunque, certi desideri sono insiti nella natura umana (2).
Ma il metodo esicasta non è mai stato considerato un
“mezzo più veloce” per attendere alla contemplazione, evitando così la
dimensione ascetica. Certo, gli esicasti hanno spesso sottolineato la grandezza
di questo metodo, ma dalla loro testimonianza di vita trapela anche un cammino
di ascesi.
Separata dalla dimensione psicosomatica, la preghiera di Gesù può sembrare riducibile ad una giaculatoria, ma si tratta comunque “di una giaculatoria particolarmente venerabile per la sua antichità, per il suo fondamento biblico e il suo significato teologico. E nel cuore dell’uomo il pensiero e il sentimento abituali della presenza misericordiosa del Salvatore, luce delle anime, hanno certo più che altro la virtù di mantenere lo spirito nel raccoglimento interiore, nella preghiera continua e nell’unione con Dio.
Si può ammirare e praticare la preghiera di
Gesù senza praticare, né ritenersi obbligati di seguire in tutto, il metodo
esicasta della preghiera. Si ricorderà anche che i primi Padri dell’esicasmo
lasciano a ciascuno la libertà spirituale di scegliere la “monologia” che
meglio conviene al proprio stato, e per la quale ci si sente più attratti” (3).
“Scopo” della preghiera di Gesù
I monaci erano andati nel deserto per ricondurre tutte le
proprie forze all’amore di Dio: eliminare, cioè, le molteplici preoccupazioni
per ottenere, con l’unificazione interiore, la salvezza, ad onore e gloria di
Dio.
Nell’Oriente si è sempre posta una particolare
attenzione alla creazione della persona ad “immagine e somiglianza” di Dio: questa dimensione ontologica e teologica è anche il fine della preghiera del
Nome di Gesù: è il Verbo, Archetipo, Immagine, Icona del Padre, che può
condurci alla somiglianza con Dio-Trinità, partecipi della sua natura divina.
Questa nuova realtà, l’uomo-deificato, la théosis, esprime l’ideale religioso
dell’Oriente: l’antropologia orientale è l’ontologia della deificazione,
illuminazione progressiva dell’uomo. Con i sacramenti e la liturgia, la Chiesa
è il luogo dove questo cammino si compie.
Nella tradizione esicasta, la théosis assume spesso la forma esteriore di una visione di luce: la
luce increata della Divinità che nella trasfigurazione di Cristo sul monte
Tabor si rese visibile a Pietro, Giacomo e Giovanni. Questa è la luce alla
quale ci possiamo avvicinare con l’invocazione del Nome. La preghiera di Gesù
permette che la luminosità della trasfigurazione raggiunga tutti gli spazi
della nostra vita.
Possiamo fare ancora un riferimento ai Racconti di un pellegrino russo, in cui
emerge come questa preghiera modifica il rapporto con le creature, rendendole
trasparenti, sacramento della presenza di Dio:
Caratteristiche della preghiera di
Gesù (5)
La preghiera di Gesù presenta alcuni elementi: semplicità
e flessibilità, completezza, potenza del Nome, disciplina spirituale di una
persistente ripetizione, senza dimenticare che l’Oriente ha sempre dedicato
una certa attenzione anche al corpo (6).
Semplicità e flessibilità
Come iniziare? Prima di pronunziare il nome di Gesù, è
indispensabile cercare di mettersi in uno stato di quiete, di silenzio, per
implorare l’aiuto dello Spirito Santo nel quale solo si può dire “Gesù è
il Signore” (cf. 1Cor 12,3), e con semplicità, dedicare alla preghiera spazi
abbondanti ogni giorno:
Anche la forma esteriore della preghiera è molto
semplice: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me”, ma non
è una formula fissa: può essere ampliata (...
peccatore) o abbreviata (Signore Gesù).
Se le si appongono modifiche, nella ricerca del “proprio” ritmo, è cosa
buona non cambiarla spesso.
Può essere recitata durante le abituali attività o le si
può riservare degli spazi propri. In quest’ultimo caso, la tradizione
ortodossa consiglia un luogo riservato, in penombra, con gli occhi chiusi o
dinanzi ad un’icona illuminata da candele, seduti o in piedi. All’effetto
soporifero dell’oscurità si può reagire alzandosi o fare il segno di croce
alla fine di ogni invocazione, terminando con una prostrazione. Anche stando
seduti occorrerà fare attenzione che lo sgabello non sia troppo comodo: nei
monasteri ortodossi si usa un piccolo sgabello, ma è sufficiente che la sedia
non abbia i braccioli.
Oltre alla posizione si consiglia anche un certo
controllo
della respirazione. La preghiera di Gesù può essere sincronizzata con questa
(la prima parte mentre si inspira, la seconda mentre si espira) o con il battito
del cuore (8).
Un altro aiuto alla preghiera è dato dalla
cordicella per
la preghiera o rosario (9), composta da un centinaio di nodi: non serve però per contare il numero
delle volte che la preghiera viene ripetuta, ma per concentrarsi con più
facilità e per raggiungere un ritmo regolare (10).
Inoltre, la recitazione della preghiera deve sgorgare tranquilla, senza enfasi o violenza interiori, lasciandole prendere il proprio ritmo, fino a lasciarle “cantare” nell’intimo la sua melodia.
Dire la preghiera di Gesù un centinaio di volte, senza
fretta e in modo attento, secondo alcuni esicasti, significa impiegare “almeno”
mezz’ora.
Completezza
Ancora il pellegrino russo ci viene in aiuto; egli afferma
Essa infatti ci ricorda i due principali misteri della
nostra fede, l’Incarnazione e la Trinità: si invoca Cristo con il nome umano
“Gesù” e lo si riconosce “Signore” e “Figlio di Dio”; rivolgendosi
alla seconda persona, Gesù, si include anche il Padre, e lo Spirito Santo è
presente poiché sta scritto che non si può dire “Signore Gesù” se non
nello Spirito Santo (12).
Inoltre apre all’adorazione e alla penitenza, formando
un movimento dialettico di ascesa e di ritorno, in cui la parola “pietà”
viene a trovarsi come punto di incontro tra il peccato e la misericordia.
La potenza del Nome
A questo proposito basta riflettere su quanto già scritto
circa l’importanza del Nome nella Sacra Scrittura (13). Il Nome non è un talismano, non
“funziona” grazie alla ripetizione automatica: richiede fede e ascesi. I
Padri parlano di raccoglimento, silenzio, vigilanza interiore, attenzione a
colui che stiamo implorando e alle parole che lui stesso ci dice, soprattutto
perseveranza e fedeltà (14).
Gli “effetti” della preghiera di Gesù
Sono soprattutto due: l’unificazione e l’interiorità.
Quando si inizia a pregare spesso ci si trova immersi in
molti pensieri che distraggono: sono un segno della nostra mancanza di unità.
Eppure contemplare significa, prima di tutto, essere presenti, qui e ora. Ma c’è il rischio di perdersi nel passato o in un futuro
fantastico. La preghiera richiede la consapevolezza, l’essere presenti dove si
è, di fronte a Dio, in quel preciso momento, né prima né dopo.
La preghiera di Gesù, per grazia, ci può aiutare a
recuperare l’unità frantumata dal peccato, a essere presenti al kairós (15).
Se un modo per combattere i pensieri consiste nell’affrontarli è anche vero che questo, ci dicono i padri del deserto, è un metodo che possono usare i “forti”.
Un altro metodo, alla portata di tutti, è quello di
aggirare l’ostacolo, ordinando tutta la nostra attenzione verso un altro
obiettivo: visto che la nostra mente non può che avere solo un pensiero per
volta, concentrarci sulla preghiera di Gesù significa sottrarci progressivamente
al turbinio dei nostri pensieri.
Tutto questo però non deve far dimenticare che
la
preghiera di Gesù non è semplicemente un metodo per l’eliminazione dei
pensieri: è prima di tutto espressione di amore per Gesù (16).
La ripetizione del nome di Gesù rende la nostra preghiera
anche più interiore, più parte di noi stessi; noi diveniamo “preghiera”.
Scriveva Pavel Evdokimov (1901-1970):
L’invocazione del Nome, mentre diviene sempre più
interiore, ci conduce in un cammino nel nostro intimo: si passa da una preghiera
orale alla preghiera della mente per giungere a quella del cuore o, meglio,
della mente nel cuore.
Questa preghiera, come tutte del resto, inizia come
preghiera orale, parole pronunciate oralmente e volontariamente, concentrando la
mente in ciò che si dice. Col passare del tempo, per grazia di Dio, la
preghiera tende ad una maggior interiorità: la partecipazione della mente
richiede meno impegno, diviene quasi spontanea e i suoni delle parole possono
anche cessare: il Nome viene pronunciato nel silenzio, solo con la mente. Questo
tuttavia non significa che non ci saranno dei momenti in cui non si sentirà il
desiderio di invocare a gran voce il Nome di Gesù!
Ma noi siamo molto più della nostra stessa mente: la
preghiera ci conduce al centro del nostro essere, il cuore. Il cuore è la
nostra parte intima, è simbolo delle illimitate potenzialità spirituali della
creatura umana, creata ad immagine di Dio e chiamata a conseguire la sua
somiglianza. Per raggiungere questo centro dobbiamo discendere non dalla ma con la mente. Questo è anche un aspetto della unificazione. Il
cuore è anche il punto di incontro tra l’uomo e Dio, luogo di autoconoscenza
e di autotrascendenza, dove ci si intuisce tempio della santissima Trinità. Il
pellegrino russo afferma che un mattino fu svegliato dalla preghiera: la sua
preghiera era divenuta quella di un Altro che era in lui (18), la preghiera a Gesù era, ora, di Gesù (19).
Una preghiera personale o
comunitaria?
Anche se la preghiera di Gesù ha un suo posto particolare
nella liturgia della professione monastica orientale, come preghiera per monaci
e monache (20), essa è una preghiera per tutti.
Una preghiera che può essere pregata anche comunitariamente. Un suggerimento in tal senso è fornito da L. Guglielmoni in un suo libretto (21):
a) se i presenti alla celebrazione hanno tutti il testo
della preghiera del nome di Gesù, si può chiedere a più persone di leggere a
voce alta un’invocazione, con una breve pausa di silenzio tra l’una e
l’altra litania;
b) un solista proclama una serie di invocazioni del nome
di Gesù e l’assemblea canta un’acclamazione a Cristo, in modo
responsoriale;
c) adagio e coralmente, i presenti ripetono con devozione
l’invocazione “Signore Gesù”, mentre un solista ricorda ogni volta
l’attributo corrispondente (22);
d) a cori alterni, vengono recitate adagio le invocazioni,
seguite al termine da un silenzio prolungato (23).
Ricordiamo, infine, che è preghiera e come tale trasforma
chi la prega e l’umanità intera:
NOTE
1 Cf.: E. BEHR-SIGEL, op. cit., pp.
119-152; L. GUGLIELMONI, Pregare il nome
di Gesù, Milano 1997; Ibid., Pregare
il nome di Gesù, in “La Settimana del Clero”, 22 (1997), p. 14; J.-Y.
LELOUP, op. cit., pp. 166-197; M. J.
F. MÁRQUEZ, Vita e contemplazione.
Itinerario pratico alla vita interiore, Cinisello Balsamo (MI) 1993, pp.
202-208; H.-P. RINCKEL, op. cit., pp.
69-100; K. WARE - E. JUNGCLAUSSEN, op.
cit., pp. 9-56; UN MONACO DELLA CHIESA D’ORIENTE, op. cit., pp. 103-125.
2 Cf. il capitolo VII: “L’invocazione del nome nelle grandi tradizioni
spirituali dell’umanità”, in J.-Y. Leloup, op. cit., pp. 129-150.
3 P. Adnès, Jésus (prière a), coll. 1149-1150. Alcuni esempi biblici, tratti da Itinerari di formazione alla meditazione
cristiana, in Tempi dello Spirito, estratto
del n. 126, luglio-settembre 1996, pp. XLV-XLVI: Gesù, il Messia (Gv 1,41; 4,25); Gesù, l’Emmanuele (Mt 1,23); Gesù, colui che viene nel
nome del Signore (Mc 11,9; Lc 13); Gesù, luce del mondo (Gv 8,12); Gesù, sole di giustizia (Mal 4,2); Gesù, stella del mattino (Ap 22,16); Gesù, via vivente verso il
Padre (Eb 10,19); Gesù, nostra via (Gv 14,6); Gesù, nostra verità (Gv 14,6); Gesù, il Santo e il Giusto (At 13,14); Gesù, il Difensore (1Gv 2,1); Gesù, il giusto Giudice (2Tim 4,6-8); Gesù, il nuovo Adamo (1Cor 15,45); Gesù, nostra vita (Gv 1,4); Gesù, nostra risurrezione (Gv 11,25); Gesù, sacerdote della nuova
alleanza (Eb 8,6); Gesù, sacerdote
misericordioso e fedele (Eb 2,17); Gesù,
mediatore tra Dio e gli uomini (1Tm
2,5); Gesù, il buon pastore (Gv
10,11); Gesù, porta delle pecore (Gv
10,7); Gesù, Agnello di Dio (Gv 1,29);
Gesù, profeta venuto in mezzo al tuo popolo (Lc 7,16); Gesù, nostro Maestro (Mc 9,5); Gesù, dolce e umile di cuore (Mt 11,29); Gesù, nostra pace (Ef 2,14); Gesù, Redentore (1Cor 1,30); Gesù, prezzo per i nostri
peccati (1Gv 4,10); Gesù, il
Salvatore (Mt 1,21); Gesù, Principe
della vita (Gv 8,12); Gesù, capo
della nostra fede (Eb 12,2); Gesù,
luce della vita (Gv 8,12); Gesù, pane
del cielo (Gv 6,35); Gesù, acqua viva
zampillante per la vita eterna (Gv
4,10); Gesù, nostra giustizia, Gesù, nostra santità, Gesù, nostra Redenzione
(1Cor 1,30).
4 ANONIMO, Racconti di un pellegrino
russo, pp. 57-58.67.
5
Cf. in part.: K. WARE, La preghiera
di Gesù nella spiritualità ortodossa, in E. BEHR-SIGEL, op. cit., pp. 119-152 = K. WARE - E.
JUNGCLAUSSEN, op. cit., pp. 9-57.
6
A questo proposito è necessaria una precisazione. La tecnica fisica
elaborata dagli esicasti è un sussidio certamente utile, che però non ci deve
mai far perdere di vista che la preghiera è un’invocazione che viene rivolta
ad un’altra Persona, al Dio fatto uomo, Gesù Cristo: il suo contesto è
anzitutto di fede e di comunità ecclesiale. Per alcuni padri, quali Gregorio il
Sinaita, la preghiera di Gesù poteva essere raccomandata solo a membri
praticanti e in comunione con la Chiesa.
7
E. BEHR-SIGEL, op. cit., p.
124.
8
Spesso la preghiera, dopo un po’ di tempo, si adatta al ritmo del
respiro o del cuore, ma anche se questo non accade non c’è motivo di
preoccupazione.
9
Viene chiamato dai greci
komvoscoinion o komvologion; dai
russi: ciotki, vervitsa o lestovka.
10 Il conteggio è anzi da scoraggiarsi: l’attenzione a questo che invece troviamo nei Racconti del pellegrino russo (pp. 38-40) ha, da parte dello starets, il senso di mettere alla prova il desiderio del pellegrino. D’altronde, tenere occupate le mani è di grande aiuto per raggiungere la quiete del corpo.
11 ANONIMO, Racconti di un pellegrino russo, p. 54.
12 1Cor 12,3.
13 Cf. il II cap.
14 Cf. le pp. 21-23 di questo
articolo.
15 È significativo come nella
liturgia ortodossa, quando è terminata la fase preliminare e tutto è pronto per
l’eucaristia, il diacono si avvicina al sacerdote e dice: “È tempo per
il Signore di agire”, dove in greco per “tempo” troviamo proprio “kairós”.
16 “Il nostro atteggiamento
interiore, quando cominciamo l’invocazione del Nome, sia quello di san
Riccardo di Chishester: “O mio misericordioso Redentore, amico e fratello,
possa io vederti più chiaramente, amarti più teneramente e seguirti più da
vicino””: E. BEHR-SIGEL, op. cit.,
p. 137.
17 P. EVDOKIMOV, Sacrement de l’amour. Le mystère
conjugal à la lumière de la tradition orthodoxe, Parigi 1962, p. 83, cit. in E. BEHR-SIGEL, op. cit., p. 137.
18 Cf. ANONIMO, Racconti di un pellegrino russo, p. 50.
19 In questo cammino può essere
molto utile anche il controllo della respirazione: mentre si inspira si può
favorire la “discesa” della mente verso il cuore. Questa tecnica è tuttavia
sconsigliata al principiante senza guida. In ogni caso le tecniche fisiche sono
solo un accessorio, senza le quali la preghiera di Geù può essere comunque
praticata.
20 “Alla vestizione di un
monaco o di una monaca, nelle tradizioni greca e russa, c’è l’abitudine di
dargli una cordicella per la preghiera (komvoscoinion).
Nella tradizione russa l’abate pronuncia le seguenti parole: “Prendi, o
fratello (sorella), la spada dello Spirito, che è la parola di Dio, per la
preghiera continua a Gesù, perché tu devi sempre avere il nome del Signore Gesù
nella mente, nel cuore e sulle tue labbra, dicendo continuamente: Signore Gesù
Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore””: E. BEHR-SIGEL, op. cit., p. 151, nota 59.
“Fin dal Medio Evo, i monaci dell’Oriente bizantino
associano la formula della preghiera di Gesù all’uso di un rosario;
quest’ultimo aiuta a contare le invocazioni. Il rosario viene conse-gnato ai
monaci durante la professione mona-stica. La recita della preghiera di Gesù, o,
in altri termini, di un certo numero di rosari con “metanie” (sia
inclinazioni che prostrazioni), può restituir completamente o in parte
l’uffi-cio divino secondo una tavola di equivalenze ben definite. Ecco perché
la preghiera di Gesù è più che una devozione privata. Essa fa parte, in un
certo senso, della preghiera canonica della Chiesa. Infatti è prescritta dalla
regola 87 del Nomocanon.
Il rosario monastico è chiamato dai Greci
combolonion o comboscoinon, dai Russi lestovka o vervica o cëtki. Il ro-sario greco si compone di 100 perle o grani
di legno, o nodi di stoffa. Ad ogni preghiera di Gesù corrisponde un grano di
rosario ed una metania. Vi sono due
speeie di metanie: le piccole metanie o inclinazioni profonde, senza
flettere le ginoechia, e le grandi metanie
o prostrazioni complete, nelle quali la fronte toeea la terra. Al Monte
Athos si fanno 1200 (12 x 100) grandi metanie al giorno e la sera 300 piccole.
La preghiera di Gesù ha una duplice forma. La forma ordinaria è molto
sviluppata: “Signore Gesù Cristo, Figlio e Verbo del Dio vivo, per le
pre-ghiere della tua purissima Madre e di tutti i santi, abbi pietà di noi e
salvaci”. La preghiera più breve, “Signore Gesù Cristo, figlio di Dio,
abbi pietà di me” è considerata forma peniten-ziale. Differenti sono gli usi
russi: il rosario russo comprende 107 nodi così distribuiti: 1 grosso nodo e 17
piccoli, 2 grossi e 33 piccoli, 1 grosso e 40 piccoli, 1 grosso e 12 piccoli.
Queste quattro divisioni rappresentano le quattro parti dell’Ufficio
quo-tidiano: vespro, compieta, mattutino e preghiere dette typica. I quattro grossi nodi rappresentano i quattro evangelisti. I
Russi adoperano la formula: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà
di noi”. Fanno meno metanie dei
Greei. Incominciano il rosario con 10 grandi metanie, poi 30 piccole (le une e le altre con la preghiera di Gesù);
seguono 60 preghiere di Gesù senza metanie;
sui grani che restano, grandi metanie.
Il rosario do-vrebbe essere detto cinque volte al giorno Le equivalenze
russe della preghiera di Gesù (con metanie
per ogni invocazione) e degli uffici sono: ai vespri 500, a compieta 200, a
mattutino 500, alle typica 700. La
pratica era dunque piuttosto severa. Non sapremmo dire in quale misura i monaci
uniati praticassero la preghiera di Gesù. Essa era in uso presso gli Studiti
della Galizia orientale, oggi dispersi, ma ignoriamo ciò che aceadeva presso i
Basiliani ruteni, italo-greci e siriaci. Presso i sacerdoti secolari ed i laici
uniati crediamo che la corona latina abbia sostituito, in misura considerevole,
la preghiera di Gesù”: UN MONACO DELLA CHIESA D’ORIENTE, op. cit., pp. 75-76.
21 L. Guglielmoni, Pregare il nome di Gesù, Milano 1997.
22 Ad esempio: Tutti: Signore Gesù; Solista:
nome di amore e di perdono.
23 In questo breve libretto,
l’autore indica anche alcuni suggerimenti per la preghiera personale (p. 18):
a) ripetere, con il cuore e più volte,
un’invocazione del nome fino ad assimilarla, cioè a farla scaturire con
spontaneità e abbandono interiore;
b) leggere adagio un’intera sezione
del nome di Gesù, fermandosi poi in silenzio e fissando lo sguardo sul
tabernacolo (se si è in chiesa) o sul Crocifisso o sul libro aperto della
Parola o su un’icona di Cristo;
c) attingere alla preghiera del nome
dopo aver meditato un brano del Vangelo o dopo aver ricevuto l’Eucaristia o il
perdono sacramentale;
d) imparare a memoria qualcuna di queste
invocazioni, da dire lungo la giornata.
La seconda parte del
libretto è formata da un buon numero di schemi, suddivisi in relazione ai tempi
liturgici.
Ne riportiamo un esempio
del Tempo di Avvento:
Gesù, nome atteso da Israele.
Gesù, nome portato dal cielo.
Gesù, nome confidato a Maria.
Gesù, nome rivelato a Giuseppe.
Gesù, nome comunicato ad Elisabetta.
Gesù, nome pronunciato dai pastori.
Gesù, nome adorato dai Magi.
Gesù, nome benedetto dai vegliardi nel Tempio.
Gesù, nome diffuso a Gerusalemme.
Gesù, nome conosciuto a Nazaret.
Gesù, nome gridato dal cieco.
Gesù, nome implorato dai lebbrosi.
Gesù, nome cercato dai poveri.
Gesù, nome temuto dai demoni.
Gesù, nome acclamato dalla folla.
Gesù, nome pronunciato nello Spirito.
24 N. Gorodetzkij, The Prayer of Jesus, in “Blackfriars”,
23 (1942), p. 76, cit. in UN MONACO DELLA CHIESA D’ORIENTE, op. cit., pp. 98-99.