Dalle "Omelie" attribuite a san Macario
TESTI SCELTI
"Il vero
metodo d’orazione
consiste nel seguire attentamente i propri pensieri e nel pregare con una grande
tranquillità e nella quiete"
Il
Signore aveva detto che avrebbero gridato persino le pietre qualora si fossero
zittiti i discepoli osannanti . Egli aveva voluto
predire ciò non solo degli Apostoli, ma di tutte le anime liberate dalla
pesantissima pietra del peccato che le opprime: una volta levato questo macigno,
esse gridano e lodano il Signore. Infatti quando Cristo è risorto, le pietre e
le rocce si spaccarono; i sepolcri si spalancarono. Nello stesso modo, quando il
Signore Gesù fa risplendere e apparire nell'anima il suo volto, pieno di bontà,
la pesante pietra del peccato si spacca per lasciare libero passaggio al
Maestro, perché egli vi entri e vi abiti. Allorché le anime, simili a duri
macigni, hanno visto il volto tanto desiderato di Cristo, allora esse gridano.
Ecco un monte che non racchiude abitazioni, ma è un semplice blocco di pietra.
Ora un artigiano, sperimentato scultore di pietra, arriva e costruisce splendide
dimore in questo monte. Cristo fa lo stesso, lui che è l’autentico artefice.
Viene verso i cuori che lo amano, incide e asporta lo spirito del peccato,
prepara palazzi e fa lì la sua dimora. Le anime simili a questa pietra
intagliata allora gridano ed esultano perché il Signore manifesta il suo volto.
Per la potenza di Dio, la pietra fu ribaltata e allontanata dal sepolcro. Maria poté allora vedere il Signore. Analogamente, per la potenza e la visita dello Spirito, la pietra che ricopre l'anima, il velo del peccato voglio dire, è rotolata via e messa lontano. L'anima è giudicata degna di vedere il volto di Cristo e riposarsi nel suo Spirito. Il Signore si mostra a lei nel suo duplice aspetto: con le piaghe e nella gloria della sua luce. L'anima contempla le sofferenze che egli subì per lei; ma contempla pure la lucentezza incomparabile della gloria divina. E si trasforma in quell'immagine, di gloria in gloria, sotto l'azione dello Spirito del Signore. Afferrata com'è da Dio, dimentica in certo modo la propria natura; si sente così compenetrata all'Uomo celeste e allo Spirito Santo, che diventa anch'essa spirito. Pensiamo ad un mendico: povero quanto mai, va di uscio in uscio per ottenere un po' di cibo. Un bel giorno costui diventa improvvisamente re; la felicità che ha tra le mani gli fa dimenticare la sua povertà. Capita lo stesso all'anima arricchita della gloria celeste: essa dimentica la sua originaria indigenza. Fa' dunque attenzione tu che mi ascolti e speri di essere l'erede di Dio e di unirti al suo Spirito; osserva bene come devi comportarti. Per quanto ne sei capace, sii degno della condotta che hai da seguire.
Colui che vuole davvero piacere a Dio, ottenere da Dio la grazia celeste dello Spirito, progredire fino alla pienezza nello Spirito Santo, deve imporsi di osservare tutti i comandamenti, sottomettervi con forza il suo cuore recalcitrante. Seguirà insomma questa parola della Scrittura: Tengo cari i tuoi precetti e odio ogni via di menzogna (Sal 118,128). Come uno si obbliga a perseverare nella preghiera e si ostina in questo esercizio fino a quando preghi facilmente, così, se ha buona volontà, si impone la pratica di tutte le virtù e si abitua ad un comportamento corretto. Senza posa supplica il Signore e lo prega. Egli sarà esaudito, riceverà la grazia di gustare Dio, di comunicare al suo Santo Spirito. Allora, tutto questo farà sviluppare, farà crescere il tesoro di grazia che gli fu concesso, e che consiste nella sua umiltà, nel suo amore, nella sua mitezza che è il suo luogo di riposo. Lo Spirito ci insegnerà la vera preghiera, di cui per ora siamo incapaci, anche facendoci violenza; lo Spirito ci condurrà alla bontà misericordiosa, ad osservare tutti i comandamenti del Signore. Ci insegnerà ad osservarli in verità, senza tensione, senza violentarci. Lo Spirito infatti sa colmare il nostro cuore con i suoi doni.
In molti svariatissimi modi la grazia dello Spirito concede alle anime che gli obbediscono in tutto il favore di giungere alla misura perfetta della purezza, attraverso progressi, crescite e lunghi periodi. Dapprima lo Spirito nutre i cuori con il latte spirituale, pieno di soavità e di affetto celeste. Poi, man mano che l’anima progredisce e si rinnova, le dà cibo più solido: nello stesso tempo essa riceve le ali della grazia, cioè la potenza dello Spirito, che la fanno progredire nelle opere buone. Poi la grazia divina, buona madre celeste, insegna all’intelligenza a volare, anzitutto attorno al nido del cuore e dei pensieri. Intendo qui che le insegna a pregar Dio senza distrazioni, con potenza spirituale. In seguito, quanto più solido è il cibo che riceve dallo Spirito divino, più lontano e più in alto essa volerà, guidata e sostenuta da questo stesso Spirito. Quando sia cresciuta, l’intelletto volerà di montagna in montagna, cioè da questo universo verso quello celeste, da questo mondo verso il mondo beato, imperituro e infinito, con gran pace e levità; ormai l’anima è guidata dalle ali dello Spirito verso le visioni e le rivelazioni dei misteri celesti, verso spettacoli spirituali indicibili, che lingua mortale non può ridire.
L’anima interamente occupata nelle realtà divine e sublimi, è infiammata d’amore spirituale e da brama divina per le bellezze gloriose e splendenti dello Spirito; ferita da un affetto insaziabile per lo Sposo divino, diventa per così dire indifferente alle realtà inferiori. Serba ormai il suo desiderio polarizzato sulle realtà divine, superiori, che la parola non può dire, né il pensiero umano immaginare. Le anime davvero reali, che hanno ricevuto in sé l’immutabile potenza della carità e sono state ferite dal perfetto amore per lo Sposo divino, non hanno più interesse per le passioni maliziose. Ma come arrivarono ad essere liberate dallo Spirito? Proprio a costo di molti lavori e di un gran vigore. Hanno combattuto la lotta della fede fino al termine e ora sono senza posa attirate verso i misteri celesti dello Spirito. Totalmente assorbite dalle bellezze splendenti della divinità, cercano con tutto il cuore quanto vi è di più elevato e migliore. Infatti la divinità dello Spirito ha bellezze indicibili, varie e infinitamente molteplici, indicibili, inimmaginabili; esse si svelano a chi ne è degno, per affascinarlo, dargli gioia, vita, riposo. Lo distolgono dalla terra per fissare il suo sguardo, sempre più infiammato, sullo Sposo divino e consegnarlo totalmente al suo amore.
Per diventare figlio di Dio e coerede di Cristo, devi disfarti della funesta familiarità col peccato e ricevere i costumi spirituali del secondo Adamo, quello del cielo. Bisogna quindi accostarsi al Dio vivente con una condotta virtuosa; dobbiamo accordarci strettamente ai suoi modi, perché è lui il capo, la perla, il fondamento; e senza tale fondamento non si sa sopra che cosa si costruisce. Proprio così: uno potrà bene abitare nel deserto, praticare l'ascesi con perfetto dominio di sé, ma se non costruisce sul Signore, costruisce sulla sabbia delle realtà fragili e caduche. Quando si separa il capo dal resto del corpo, le altre membra non possono sussistere insieme; si decompongono e si corrompono immediatamente. Nello stesso modo, è impossibile che un'anima viva senza essere legata al Capo, cioè senza Cristo, così come il pesce non può vivere senza l'acqua. Chi invece possiede il fondamento di Cristo edifica la sua opera sulla roccia. Gloria alla misericordia di Cristo nei secoli eterni!
Il vero
metodo d’orazione consiste nel seguire
attentamente i propri pensieri e nel pregare con una grande tranquillità e nella
quiete.
Infatti, il combattimento spirituale
di un uomo deve svolgersi integralmente nel suo
pensiero. Egli deve abbattere attorno a
lui la foresta dei cattivi pensieri, fissare con
forza la mente su Dio, vietarsi di seguire le
pulsioni che gli sorgono dal fondo. Deve invece
raccogliere i pensieri
che scivolano via da ogni lato e
discernere i buoni dai cattivi.
L’animo che è sotto la tirannia dei peccati assomiglia a un folto bosco sulle
pendici di un monte, alle canne di un fiume, a una selva di cespugli spinosi.
Chi vuole attraversare quei posti, deve protendere la mano e con sforzi violenti
aprirsi un varco fra i rovi e gli arbusti. Proprio in modo analogo l’animo è
circondato dalla selva di pensieri ostili. Perciò
alla mente occorre una buona dose di attenzione diligente
per discernere e respingere i moti che vengono dalla potenza nemica.
Succede sovente che più d’uno si basa sulla propria forza e crede di potersi
aprire da sé un sentiero attraverso la montagna coperta di boschi. Allo stesso
modo, durante la preghiera, alcuni, troppo baldanzosi della propria forza
fisica, tirano fuori esclamazioni a sproposito. Ignorano l’astuzia sottile dei
pensieri e si immaginano che potranno attuare la perfezione con i propri mezzi.
Invece vi sono altri che sorvegliano i propri pensieri e conducono la lotta
unicamente al di dentro. Costoro, poiché sono perspicaci e riflessivi, possono
porre azioni perfette, atterrare i pensieri che insorgono e compiere la volontà
del Signore.
Per la sua indicibile bontà e inconcepibile misericordia Dio muta, rimpicciolisce e rende simile sé stesso alle anime fedeli, sante e degne, corporeizzandosi secondo la loro capacità; egli vuole che l’Invisibile possa essere visto, l’Intoccabile possa essere toccato, secondo la natura della sottigliezza dell’anima. In questo modo essa potrà concepire la soavità divina e godere per esperienza diretta dell’ineffabile godimento della bontà della luce. Solo si sforzi per divenire cara e gradita a Dio, e per esperienza e percezione diretta vedrà beni celesti e un diletto inesprimibile: insomma l’infinita ricchezza della divinità. In altri termini, l’anima sarà ammessa a percepire quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo (1Cor 2,9), cioè lo Spirito del Signore, che diventa riposo dell’uomo degno, letizia, gioia e vita eterna.
Il Signore infatti si corporeizza anche in cibo e bevanda, come è
scritto nel vangelo: Chi mangia di questo pane, vivrà in eterno (Gv 6,35),
perché egli possa riposare indicibilmente e riempire l’anima di allegrezza
spirituale, giacché è detto: Io sono il pane della vita (Gv 6,38).
Penso
che Mosè per tutto il tempo, durante il digiuno dei quaranta giorni sulla
montagna, accostandosi a quella tavola spirituale, si deliziava e godeva. A
ciascuno dei santi, dunque, il Signore si mostrò come volle, per farlo riposare,
salvarlo e condurlo alla presenza di Dio.
Prima che in ogni anima agisca la grazia e porti i frutti dello Spirito, il Signore cerca in noi un frutto che appartiene in proprio solo alla nostra libertà; si tratta del nostro volere, della nostra libera decisione, della fede e carità intera che dobbiamo consegnare a lui. Il Signore cerca anzitutto la prontezza alle buone opere, interne ed esterne, per quanto sta in noi. Ecco ciò che egli si aspetta dall’uomo insieme col tendere incessante verso di lui. Quando egli vede questa buona volontà nell’anima, allora le concede la sua grazia e viene ad abitare in lei; allora le concede il favore di portare i frutti dello Spirito Santo.
Il Signore fa il giro di ogni cuore, vi cerca frutti per entrare e riposarsi. Difatti egli è morto per tutti e la razza di Adamo è stata redenta dalla sua morte. Perciò ogni anima è debitrice verso di lui: deve morire a sé stessa e vivere per Dio: riceverlo, preparargli e apprestargli come dimora sé stessa e il proprio corpo.
Così il Signore potrà entrare e trovar riposo nei buoni costumi della nostra volontà. Nutrito, dissetato, rivestito e confortato dalle virtù del nostro cuore, ci dirà: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il Regno (Mt 25,34-35).
Occorre perciò che una simile attesa ci urga dentro il cuore insieme con la speranza della venuta del Signore a riposarsi in noi. O per dir meglio, si tratta del nostro riposo nel Signore.
I fratelli devono stare insieme nell’amore e nella gioia, qualunque cosa facciano. Nei confronti di chi prega colui che lavora dica cosi: Il tesoro che si procura il mio fratello lo posseggo anch’io, perché è in comune. Rispetto a chi legge, colui che prega dica così: Il vantaggio che ricava lui dalla lettura, torna a guadagno mio. E chi lavora a sua volta dica così: Il servizio che compio è vantaggio comune. Chi prega non giudichi chi lavora, dicendo: Perché non prega? Chi lavora non giudichi chi prega, dicendo: Quello sta fermo e io fatico. Chi compie un servizio non giudichi l’altro, ma ciascuno, qualunque cosa faccia, la compia a gloria di Dio. Chi legge nutrirà amore e gioia per chi prega, pensando: Sta pregando per me. E chi prega penserà a chi si affatica così: Quello che fa, lo compie per l’utilità comune.
Così una grande concordia, una grande armonia potranno conservare i fratelli reciprocamente nel vincolo della pace e potranno vivere insieme in sincerità e semplicità, sotto lo sguardo compiaciuto di Dio.
Però è palese che più importante di tutto è perseverare nella preghiera. Una sola cosa tuttavia è richiesta: avere nell’anima quel tesoro e nella mente quella vita che è il Signore; sia che lavoriamo, sia che preghiamo o leggiamo, si abbia quel possesso che non passa mai, cioè lo Spirito Santo.
Nessuno dica: mi è impossibile amare il Bene assoluto, pensare a lui o credere in esso, perché sono sotto la schiavitù e i vincoli del peccato. La capacità di esercitare le opere della vita, di strapparti al male che abita in te, e di liberartene con le tue proprie forze, ciò non è in tuo potere, perché il Signore se lo riserva in esclusiva. Lui solo ha condannato il peccato, lui solo è colui che toglie il peccato del mondo. Proprio lui ha promesso di liberare dalla schiavitù del male coloro che lo amano e credono .
Chi viene liberato dal Redentore, è davvero libero. Ma riflettere, credere, amare Dio o cercarlo, ciò dipende da te; e tu ne sei capace. Così resti il padrone di associarti al male che abita in te e di collaborare a tali frutti di morte. Però ti è proposto di divenire tu stesso occasione di riuscita della tua propria vita, cercando il Signore, pensando a lui, amando e aspettandolo. Lui ti procurerà forza e liberazione. Soltanto attende da te l’apertura al suo dono, perché sei libero di orientarti in modo cosciente, di amare e d’invocare l’unico vero medico, senza venir a patti con la malizia; hai infatti le forze per consacrarti al bene. Il resto lo compirà Dio, appena ti vedrà in queste disposizioni: lui ha il potere di guarire il cuore dalla febbre del peccato, fortificandolo, dopo averlo strappato dalla tirannia e dall’influsso delle passioni. Lui solo può far questo, come sta scritto: Il potere appartiene a Dio; tua, Signore, è la grazia (Sal 61,12).
Nessuna industria naturale, né i fratelli e neppure ricchezza o coraggio sono capaci di strappare al peccato l’anima che ne è deturpata e non ha più lo sguardo puro. Soltanto l’apparire di Cristo può purificare corpo e anima. Perciò, amputiamo ogni preoccupazione che concerne questa vita, consacriamoci al Signore e invochiamolo giorno e notte.
Quanto più questo mondo visibile e la dolcezza che vi si cela dentro, ci avvolgono nel benessere, almeno in apparenza, tanto più le passioni dell’anima vengono esasperate e aumentano la nostra miseria.
L’anima è anche molestata dalla potenza avversaria. Poiché ha trasgredito la legge, è divenuta un orrido deserto, se ne sta come vedova raminga e abbandonata dallo Sposo celeste: è proprio lo zimbello di tutte le potenze tenebrose. Queste hanno snaturato le sue facoltà, e le hanno rapito il senso delle realtà divine al punto che l’anima neppure più avverte il male che le fanno e suppone che da sempre questo fu il suo stato.
Se le capita allora di conoscere dall’annuncio della Parola la sua condizione derelitta di isolamento, se geme dinanzi al Dio amico degli uomini, allora riprenderà vita e sarà salvata. Perché? Appunto per essere ritornata alle sue origini. Non vi è familiarità più utile di quella dell’anima con Dio e di Dio con l’anima.
Il Signore vuole essere ricevuto nell’anima, vuole che essa comunichi con il suo Spirito e divenga con lui un solo spirito (cf 1Cor 6,17). Anela che il nostro cuore sia rinnovato e trasformato, distrutte le passioni e che in noi appaia evidente l’azione dello Spirito Santo e le opere delle virtù.
Perciò il Signore ha fame e sete delle nostre anime, è come straniero e malato tra di noi, non ha ancora riposo e dimora dentro il nostro cuore. Bussa di continuo, perché vuole entrare da noi, riposarsi in casa nostra e si occupa di noi con ogni cura in vista di questo piano. Accogliamolo dunque con molta fede e molto amore. Introduciamolo nel nostro cuore, offriamogli l’ospitalità, diamogli da mangiare e da bere, rivestiamolo, rimettendogli le nostre volontà completamente dedite al suo servizio, docili al suo Spirito.
Meglio: nutriamoci e dissetiamoci del suo Spirito, rivestiamoci del Signore stesso, perché egli è nostro cibo e bevanda, nostro vestito, tesoro, eredità, possesso, riposo, abitazione. In una parola, egli è davvero la nostra vita eterna; ed ogni anima che non l’ha ricevuto in sé, ora, e non l’ha confortato coi frutti delle sue virtù, cioè non ha cominciato a vivere la vita dello Spirito, quest’anima non avrà parte con i santi nel regno dei cieli; essa non può entrare nella città celeste dei rinati.
Dentro di noi agisce il male, suggerendoci inclinazioni perverse. Esso però non è in noi, tanto per fare un esempio, così come l’acqua si mescola con il vino. E’ in noi senza mescolarsi col bene. Noi siamo un campo in cui grano e zizzania crescono separatamente. Siamo una casa in cui c’è il ladro, ma c’è anche il padrone.
Siamo una sorgente che si trova in mezzo al fango, ma dalla quale sgorga acqua pura. Tuttavia, basta agitare il fango e la sorgente si intorbidisce. Così succede all’anima: se il male si sparge, forma tutt’uno con essa e la rende sordida. Col nostro consenso, il male e l’anima si uniscono, diventano complici.
Giunge però il momento in cui l’anima si libera per restare di nuovo sola. Si pente, piange, prega e si ricorda di Dio. Ciò non potrebbe farlo se fosse sempre immersa nel male.
E’ come in un matrimonio. Una donna si unisce ad un uomo e diventano una cosa sola. Ma un coniuge muore, l’altro resta in vita. C’è invece l’unione con lo Spirito Santo. Allora diventiamo con lui un solo spirito (1Cor 6,17). Veniamo interamente assorbiti dalla grazia.
Tanto spesso noi non vogliamo convertirci davvero: Dio però prova grande pietà per noi e attende con pazienza quando, tornando indietro, arriveremo a lui. Allora saremo illuminati nell’uomo interiore, affinché il nostro volto non si copra di vergogna nel giorno del giudizio.
A noi ciò appare difficile per via dell’austero esercizio richiesto dalla virtù, anzi per via della suggestione e dei consigli dell’avversario; Dio invece si impietosisce e pazienta. Egli aspetta il nostro ritorno, e quando pecchiamo sopporta. Sopporta attendendo la nostra conversione e se cadiamo non si vergogna di accoglierci ancora, come ha detto il profeta: Forse chi cade non si rialza e chi perde la strada non torna indietro? (Ger 8,4). Solo pratichiamo la sobrietà, armiamoci di buona intenzione e torniamo indietro subito per la retta via cercando aiuto in Dio che è pronto a salvarci. Egli attende lo slancio fervido della nostra volontà (per quanto ne siamo capaci) e la fede alacre, frutto del buon proponimento. Il successo è il Signore che lo opera tutto quanto in noi.
Affrettiamoci, dunque, carissimi, come figli di Dio, a spogliarci di ogni trasandataggine e rilassatezza, per diventare pronti a seguirlo senza rimandare di giorno in giorno; non lasciamoci ingannare dal male, perché non sappiamo quando avverrà la nostra partenza dal corpo. Grandi e indicibili sono le promesse fatte ai cristiani, tanto che neppure tutta la gloria e la bellezza del cielo e della terra sono paragonabili alla fede di una sola anima ricca di Dio.
Le cinque vergini rimasero sobrie, perché erano le sagge e si
affrettarono a procurarsi ciò che era estraneo alla loro natura,
prendendo
l'olio nei vasi del loro cuore, cioè la grazia dello Spirito che scende
dall'alto; così riuscirono ad entrare insieme con lo Sposo nel talamo celeste.
Le altre, invece, le stolte, che erano rimaste nella propria natura,
non furono
sobrie e non si preoccuparono di prendere l'olio di esultanza nei loro vasi
mentre erano ancora nella carne; per così dire, caddero addormentate per
trascuratezza, vanità, indolenza, ignoranza, o anche per presunzione di
giustizia. Per questo furono chiuse fuori dal talamo del Regno, non essendo
state capaci di piacere allo Sposo celeste: trattenute fuori dal legame del
mondo e da qualche affetto terreno, non offrirono allo Sposo celeste tutta la
loro carità e il loro amore e non si procurarono l'olio.
Le anime che ricercano
quel che è estraneo alla natura, cioè la santificazione dello Spirito, legano
tutta la loro carità al Signore, e in lui camminano, pregano, pensano,
rifiutando ogni altra cosa; per questo sono considerate degne di ricevere l'olio
della grazia celeste, e possono attraversare il mondo senza cadere, piacendo
perfettamente allo Sposo. Invece chi rimane nella propria natura mortale, col
pensiero striscia per terra, fa calcoli sulla terra, mentre la sua mente vive
sulla terra. In apparenza pensa di essere dello Sposo e adorno della
giustificazione; non è rinato dall'alto, dallo Spirito, perché non ha ricevuto
l'olio di esultanza.