I posti di comando

 

Il posto di guida rappresenta il “punto d’unione” tra l’uomo e la macchina.

Qui sotto sono mostrati alcuni esempi, appartenenti a mezzi diversi.

 

 

 

 

Fiat “Dovunque 50”

 

Il posto di guida del “Dovunque 50” è chiaramente improntato alla massima semplicità. Il cruscotto è costituito da cinque elementi circolari, dal bottone dell’accensione e dalla leva del freno motore. Sopra il tunnel sono presenti le varie leve e tiranti che regolano la trazione e le prese di forza.

Si noti l’esiguo spazio destinato alle gambe del conducente, obbligate a stare tra sedile, volante e passaruota.

 

Foto: Riccardo Caporali

 

 

Fiat “650 N”

 

L’abitacolo del “650 N” ricalca lo stile Fiat degli anni ’60: volante a tre razze in bachelite bianca e cruscotto a elementi circolari raggruppati davanti al conducente. Nella parte alta del quadro strumenti è presente una serie di spie e, fissati al piantone dello sterzo, ci sono i comandi degli indicatori di direzione. L’essenzialità dell’insieme è dovuta anche alla semplicità del mezzo; il “650 N” era un medio-leggero, con un peso totale di soli 85 quintali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto: Riccardo Caporali

 

 

Fiat “682” e “690”

 

I “682” e “690”, i veicoli della Casa torinese più diffusi negli anni ‘60, avevano il cruscotto costituito da elementi circolari e piccoli interruttori che azionavano le luci di posizioni e gli anabbaglianti. La leva con l’impugnatura sferica, azionava il freno motore mentre l’altra, con il terminale squadrato, l’acceleratore a mano.

Il moltiplicatore delle marce, incernierato al pavimento, era parallelo alla leva del freno a mano.

 

 

Fiat “682 N4” – Foto: Michele Contardi

 

 

 

La controsoffittatura e la parete posteriore della cabina erano ricoperte da pannelli di masonite forata. Le portiere erano dotate ciascuna di un cristallo discendente e di un comodo deflettore. La ventilazione dell’abitacolo, oltre che dai finestrini, era assicurata da due prese d’aria anteriori – in inverno, il riscaldamento funzionava prelevando aria calda dal circuito di raffreddamento del motore. L’accesso al propulsore era possibile aprendo il relativo tunnel (nella foto di colore beige), fissandolo all’apposita cinghia agganciata sul soffitto. Nel caso in cui il motore dovesse ricevere riparazioni importanti, poteva essere sfilato dal suo alloggiamento. 

 

Fiat “690 N1” - Collezione: Gianluca Dall'Olio

 

 

Alfa Romeo “Mille”

 

La cabina dell’Alfa Romeo “Mille” era particolarmente curata sia dal punto di vista del design sia dal punto di vista funzionale. Il parabrezza, come consuetudine sdoppiato, era molto inclinato – ciò conferiva al veicolo un aspetto “filante”. All’interno, nella parte posteriore era possibile installare o due lettini con materasso di gommapiuma oppure una bagagliera. Nei due sedili poteva essere regolato sia l’avanzamento longitudinale sia l’inclinazione degli schienali; nella parte centrale del cruscotto erano raggruppati i comandi di presa d’aria fredda, dello sbrinatore e del riscaldatore. Il cruscotto era di tipo automobilistico, e poteva essere fornito completo di autoradio con casse acustiche.

 

 

Collezione: Gianluca Dall’Olio

 

 

Lancia “Esagamma 516”

 

Già nel 1962 la Lancia offriva un veicolo, l’”Esagamma 516”, con soluzioni meccaniche e stilistiche d’avanguardia. Solo il cruscotto esibiva uno stile raffinato, elegante. I sei indicatori circolari avevano il bordo cromato; il tutto era circondato da spie di diverso colore. La lunga leva alla sinistra del quadro strumenti era il moltiplicatore delle marce mentre quella che era a destra era il devio luci. Il volante a tre razze in bachelite nera aveva un diametro contenuto – l’idroguida diminuiva lo sforzo del conducente. Una curiosità: il riscaldamento funzionava tramite uno scambiatore di calore olio-aria.

Foto: Riccardo Caporali

 

 

 

Fiat “693 N1”

 

Lo stile è sempre quello: volante a tre razze in bachelite bianca e indicatori circolari. La forma però è diversa, quasi per “staccare” il cruscotto dal resto della plancia.

La leva del cambio ha una novità: sotto il pomello è presente il moltiplicatore delle marce. Questa miglioria aumenta notevolmente il confort di guida, in quanto il guidatore ha sia le marce normali sia le ridotte a “portata di mano”.

 

Foto: Riccardo Caporali

 

 

Lancia “Esagamma E520” e “Esadelta C402”

 

L’ultima cabina Lancia costruita per veicoli industriali era molto più confortevole rispetto quelle montate dalle Case concorrenti. Il tunnel motore era costruito in vetroresina; il mobiletto che copriva il radiatore rappresentava un valido punto di appoggio; disponeva anche di due posacenere e di un accendisigaro. Inoltre poteva essere adattato per ospitare l’autoradio e le rispettive casse acustiche. Al soffitto erano fissate due alette parasole e il rubinetto dell’aria per i tergicristalli. Nella progettazione era stata data molta importanza all’aerazione della cabina, installando bocchette per la fuoriuscita dell’aria sia alla base del parabrezza sia sul mobiletto copriradiatore. In caso di marcia lenta, il flusso d’aria poteva essere introdotto nell’abitacolo tramite un elettroventilatore. Gli optional disponibili erano l’apertura a compasso della botola sul tetto e le brandine, che potevano essere addossate alla parete posteriore dell’abitacolo.

 

 

 

Collezione: Gianluca Dall'Olio

 

Fiat “691 N”

 

Anni ’70: l’abitacolo del camion cambia stile. Molti particolari che prima erano costruiti in metallo, ora sono fatti in materiale sintetico. Nel caso della cabina del “691 N” ciò accade per il cruscotto che è un tutt’uno con la plancia. Gli indicatori, circolari, sono tre: a destra abbiamo il tachigrafo, al centro il contagiri e a sinistra uno strumento multiplo comprendente i manometri, il termometro dell’acqua e il livello di gasolio. Il volante è in bachelite nera a due razze, con un diametro inferiore rispetto a quello della serie “682” e “690”. Il moltiplicatore delle marce è ancora parallelo alla leva del freno a mano. 

 

 

Foto: Riccardo Caporali

 

 

Fiat “300 PC”

 

L’abitacolo del “300 PC” è identico a quello del “691 N” – l’unica differenza è costituita dal moltiplicatore delle marce, ora solidale alla leva del cambio.

 

Foto: Riccardo Caporali