Ultime Notizie
Reggio EmiliaECONOMIA
& LAVORO MARTEDÌ 29 OTTOBRE 2002
Per il rilancio del settore carni Ieri all’hotel Posta il convegno organizzato
dalla Flai-Cgil nazionale e regionale
«Macelli, stop alle infiltrazioni mafiose»
L’allarme
lanciato da Ferretti condiviso dalla platea degli interlocutori: «Politica
edile poco trasparente, l’ombra della malavita dopo l’omicidio di Ismail». La
soluzione per raggiungere qualità e sicurezza: un Patto di filiera in nome
dello sviluppo dell’economia locale
Da una parte il Patto di fi liera per il rilancio del
settore carni. Dall’altra i timori scatenati dall’ombra della malavita dopo
l’omicidio inquietante – lo scorso luglio a Poviglio - di Ismail Jouàdi, socio
lavoratore di una coop di disossatori.
ALLARME INFILTRAZIONI MAFIOSE. Alla proposta lanciata ieri dalla Flai-Cgil
Emilia-Romagna, dunque, fa da contraltare l’allarme “destrutturazione e
appalti assegnati a cooperative esterne”; A tal proposito il segretario
provinciale della Cgil, Franco Ferretti, ha sottolineato: «Un problema
riguarda i pericoli che i casi di Poviglio e altre situazioni in particolare
nel settore edile, il rischio o meglio la conferma di infiltrazioni mafiose
nel sistema produttivo, ci propongono la necessità di. Reagire con forza e con
tutti gli strumenti a nostra disposizione per contrastare e sconfiggere questi
fenomeni».
IL PATTO DI FILIERA. «Per la prima volta tanti soggetti che operano nella
filiera delle carni si incontrano per discutere, chiamati dalla Flai-Cgil,
sulle prospettive del settore. Da questa sede lanciamo una proposta per
guidare un indispensabile processo di rilancio e qualificazione: un Patto di
filiera in nome dello sviluppo dell’economia regionale, del lavoro e degli
interessi dei consumatori». Giordano Giovannini, segretario generale
Flai-Cgil regionale, ha aperto in questo modo, nel pomeriggio, il convegno su
“Sistema carni? Lavoro, qualità, sicurezza”, promosso a Reggio Emilia da
Flai-Cgil nazionale e regionale, con la partecipazione di autorevoli
interlocutori esterni: dalla Regione alle associazioni regionali degli
agricoltori, dalla direzione regionale del lavoro alla Federconsumatori,
numerosi dirigenti d’azienda e amministratori locali.
UN MERCATO DESTRUTTURATO. Nel
convegno, la Flai ha denunciato i gravi fenomeni di destrutturazione che
hanno investito sia il mercato del lavoro sia le regole che sottendono alla
produzione del prodotto carne e che hanno portato anche a fenomeni
degenerativi come l’omicidio, nell’agosto scorso, di un lavoratore socio di
cooperativa 602, Ismail Jaouadi, che prestava la sua attività presso imprese
di macellazione nel comparto suino a Reggio-Emilia.
«Il
processo produttivo che dall’allevamento porta fino alla tavola - ha spiegato
Giovannini - è stato sottoposto in questi anni a profondi stress e a
ricorrenti crisi. Dietro la filosofia del produrre alte quantità in tempi
sempre più stretti (allevamenti intensivi e alimentazione non naturale per
la rapida crescita degli animali) e a costi sempre più bassi, si è
progressivamente scivolati dalla qualità e dalla eccellenza a una competizione
sulla “via bassa”. Ciò ha comportato deregolamentazioni delle
condizioni di lavoro e dei diritti dei lavoratori, svalorizzazione del
prodotto e rischi alimentari».
ZOOTECNIA E PRODUZIONE.
Tutto questo quando la zootecnia italiana rappresenta una parte decisiva dell’agroalimentare
nazionale e regionale e il prodotto carne entra nelle case del 90% delle
famiglie italiane. Secondo la Flai regionale, la filiera carni continua ad
essere fragile perché subisce la competizione degli altri paesi, europei e
anche emergenti, perché è esposta alle continue emergenze sanitarie e
alimentari? (Bse e polli alla diossina) che ne mettono in discussione la
credibilità verso il consumatore, perché i prezzi sono sempre sotto
pressione, fino all’uso del prodotto carne come “prodotto civetta”, e cioè
venduto sottocosto, da parte della grande distribuzione organizzata».
Otto proposte mirate per la qualità e la sicurezza.
Ad avanzarle la Flai-Cgil: tanto per cominciare, introdurre la
rintracciabilità e il “Marchio di Qualità Sociale” con un approccio di
filiera che garantisca l’intero sistema dal rischio di rotture della catena
del valore e qualità; puntare all’innovazione di prodotto - aggiungendo
lavorazioni, diversificazioni di scelta e di prezzo; sviluppare e valorizzare
le produzioni biologiche, Dop e Igp;- e promuovere marchi di distretto;
superare la presenza delle cooperative, 602, nella produzione e invertire la
tendenza di questi anni a moltiplicare gli appalti e le esternalizzazioni per
puntare invece alla ricomposizione controllo del ciclo produttivo; superare la
dispersione contrattuale; regolarizzare il mercato del lavoro considerando la
manodopera immigrata una risorsa per il settore; concordare un piano
straordinario sulla salute e sicurezza sul lavoro come elemento principe per
migliorare le condizione di lavoro; integrare e programmare maggiormente - le
azioni di vigilanza e repressione del lavoro nero.
(ER) ZOOTECNIA. FLAI-CGIL PROPONE UN PATTO ANTI-CRISI=
(DIRE)- BOLOGNA- UN "PATTO DI FILIERA" PER USCIRE DAL TUNNEL. E'
LA PROPOSTA DELLA FLAI-CGIL CHE OGGI A REGGIO EMILIA HA PROMOSSO
UN INCONTRO CON GLI OPERATORI DELLA FILIERA DELLE CARNI. NEL
CORSO DELL'INCONTRO IL SINDACATO HA DENUNCIATO "I GRAVI FENOMENI
DI DESTRUTTURAZIONE CHE HANNO INVESTITO SIA IL MERCATO DEL
LAVORO SIA LA REGOLE CHE SOTTENDONO ALLA PRODUZIONE DEL PRODOTTO
CARNE". TUTTO QUESTO, RICORDA LA FLAI, "QUANDO LA ZOOTECNIA
ITALIANA RAPPRESENTA UNA PARTE DECISIVA DELL'AGROALIMENTARE
NAZIONALE E REGIONALE (40% DELLA PRODUZIONE LORDA VENDIBILE
AGRICOLA, 44% IN EMILIA-ROMAGNA) E IL PRODOTTO CARNE ENTRA NELLE
CASE DEL 90% DELLE FAMIGLIE ITALIANE". DA QUI LE PROPOSTE, COME
L'INTRODUZIONE DELLA RINTRACCIABILITA' O DEL MARCHIO DI QUALITA'
SOCIALE, O UNA PIU' STRETTA VIGILANZA SUL LAVORO NERO. E ANCORA:
REGOLARIZZARE E QUALIFICARE IL MERCATO DEL LAVORO, SOPRATTUTTO
PER QUANTO RIGUARDA LA MANODOPERA IMMIGRATA.
"NOI- SPIEGA GIORDANO GIOVANNINI, SEGRETARIO GENERALE DELLA
FLAI REGIONALE- AVANZIAMO UNA PROPOSTA DI MERITO CHE FA LEVA
SULLA VALORIZZAZIONE DEL LAVORO, SULLA QUALITA', TIPICITA' E
SICUREZZA DEL PRODOTTO E SULLA NECESSITA' DI RICONQUISTARE LA
FIDUCIA DEL CONSUMATORE, IL QUALE CHIEDE DI ESSERE MEGLIO
INFORMATO SU CIO' CHE GLI SI PROPONE DI ACQUISTARE E PORTARE IN
TAVOLA".
(COM/RED/ DIRE)
19:12 28-10-02
ZCZC0815/SXR
ansa
YBO10053
R ECO S57 S58 QBXJ
CARNI: FLAI-CGIL E-R, UN PATTO DI FILIERA PER RILANCIO CARNI
(ANSA) - REGGIO EMILIA, 28 OTT - Un ''Patto di filiera'' per
il rilancio e la qualificazione del settore carni: lo ha
proposto il segretario generale della Flai Cgil dell'
Emilia-Romagna Giordano Giovannini, aprendo a Reggio Emilia il
consgeno su ''Sistema carni - lavoro, qualita' e sicurezza''
promosso dal sindacato assieme alla Flai nazionale.
Il settore - e' stato sottolineato - soffre gravi fenomeni di
destrutturazione: ''Dietro la filosofia - ha detto Giovannini -
del produrre alte quantita' in tempi sempre piu' stretti
(allevamenti intensivi e alimentazione non naturale per la
rapida crescita degli animali) e a costi sempre piu' bassi, si
e' progressivamente scivolati dalla qualita' e dall' eccellenza
ad una competizione sulla 'via piu' bassa'. Cio' ha comportato
deregolamentazioni delle condizioni di lavoro e dei diritti dei
lavoratori, svalorizzazione del prodotto e rischi alimentari''.
A danno dunque di un settore, la zootecnia, che rappresenta il
40% della Plv agricola nazionale (il 44% in Emilia-Romagna) e
che porta la carne nelle case del 90% degli italiani.
A livello di Filiera, la Flai propone di introdurre la
rintracciabilita' e il marchio di qualita' sociale, l'
innovazione di prodotto, la valorizzazione di produzioni
biologiche, Dop, Igp, la promozione dei marchi italiani, di
superare la dispersione contrattuale, regolarizzare il mercato
del lavoro, varare un piano straordinario per la salute e la
sicurezza sul lavoro, integrando le azioni di vigilanza e
repressione del lavoro nero, delle evasioni e dell' illegalita'.
(ANSA).
MR
28-OTT-02 17:11 NNNN
Per la prima volta tanti soggetti che operano nella
filiera delle carni si sono incontrati per discutere, chiamati dalla Flai
Cgil, sulle prospettive del settore.
«Da questa sede - ha detto Giordano Giovannini, segretario generale della
Flai-Cgil dell'Emilia Romagna - lanciamo una proposta per guidare un
indispensabile processo di rilancio e qualificazione: un patto di filiera
in nome dello sviluppo dell'economia regionale, del lavoro e degli
interessi dei consumatori».
Queste le prime parole di Giovannini, che ha aperto nel pomeriggio di ieri
il convegno su «Sistema carni? lavoro, qualità, sicurezza», promosso
appunto da Flai Cgil nazionale e regionale, con la partecipazione di
rappresentanti della Regione alle associazioni regionali degli
agricoltori, dalla direzione regionale del lavoro alla Federconsumatori,
numerosi dirigenti d'azienda e amministratori locali.
Fenomeni
degenerativi
Nel convegno, la Flai Cgil ha denunciato i gravi fenomeni di
destrutturazione che hanno investito sia il mercato del lavoro sia le
regole che sottendono alla produzione del prodotto carne e che hanno
portato anche a fenomeni degenerativi come l'omicidio, nel luglio scorso,
di un lavoratore socio di cooperativa, Ismail Jaouadi, che prestava la sua
attività presso imprese di macellazione nel comparto suino a Reggio.
«Il processo produttivo che dall'allevamento porta fino alla tavola - ha
segnalato Giovannini - è stato sottoposto in questi anni a profondi stress
e a ricorrenti crisi. Dietro la filosofia del produrre alte quantità in
tempi sempre più stretti (allevamenti intensivi e alimentazione non
naturale per la rapida crescita degli animali) e a costi sempre più bassi,
si è progressivamente scivolati dalla qualità e dalla eccellenza ad una
competizione sulla "via bassa". Ciò ha comportato deregolamentazioni delle
condizioni di lavoro e dei diritti dei lavoratori, svalorizzazione del
prodotto e rischi alimentari».
«Tutto questo - ha continuato Giovannini - quando la zootecnia italiana
rappresenta una parte decisiva dell'agroalimentare nazionale e regionale
(40% della PLV agricola - 44% in Emilia Romagna, e di questo, le carni
suine, avicole e bovine detengono percentuali tra il 18 ed il 12%) e il
prodotto carne entra nelle case del 90% delle famiglie italiane».
Credibilità
in discussione
Secondo la Flai regionale, la filiera carni continua ad essere fragile
perché subisce la competizione degli altri paesi, europei ed anche
emergenti, perché è esposta alle continue emergenze sanitarie ed
alimentari (Bse; polli alla diossina; ecc.) che ne mettono in discussione
la
credibilità verso il consumatore, perché i prezzi sono sempre sotto
pressione, fino all'uso del prodotto carne come "prodotto civetta", e cioè
venduto sottocosto, da parte della grande distribuzione organizzata. «Sono
pertanto necessarie - ha detto Giovannini - urgenti ed efficaci politiche
a livello di filiera che puntino sulla qualità, sulla valorizzazione del
lavoro e sulla sicurezza. C'è un problema grande come una casa e si chiama
il valore, il prezzo, della carne; o ancor meglio chi determina la catena
delvalore e come si scaricano costi e guadagni. Non è un caso che la
destrutturazione del lavoro e del processo produttivo sia avvenuta per
prima là dove il rapporto diretto con il commercio e la distribuzione era
ed è prevalente e cioè nel settore bovino.
Contraffazione marchi
prosciutti Ora indaga anche la Dda
Carlino RE
Stanno probabilmente indagando sul riciclaggio di denaro gli uomini
della Dda (Direzione distrettuale antimafia) di Bologna, che negli ultimi
tempi si sono interessati alla vicenda del facchino tunisino ucciso lo
scorso luglio nelle campagne di Poviglio.
Ismail Jaouadi (foto), 28 anni, fu crivellato di colpi di pistola
perché, sostiene l'accusa, l'uomo avrebbe scoperto attività illecite in
alcuni macelli di Reggio e Modena. E per questo motivo ricattava da circa
un anno il titolare della cooperativa Dimac di Castelnuovo Rangone.
Per l'esecuzione furono arrestate quattro persone (tuttora in carcere
e accusate di omicidio volontario): Gaspare Mattarella (presidente della
coop Dimac), Biagio Grassia, Mario De Luca e Antonio Erbini, questi ultimi
tutti soci della cooperativa.
Ma gli investigatori non si sono fermati ad individuare chi ha ucciso
Ismail Jaouadi. Hanno infatti da subito iniziato a indagare anche sulle
attività di contraffazione dei marchi dei prosciutti che la Dimac avrebbe
messo in opera: la vicenda ha portato a mettere sotto indagine diverse
aziende modenesi e reggiane proprio con l'accusa di alterare i marchi
delle carni.
Un prosciutto olandese o ungherese fatto passare magari per italiano
porta a un lauto guadagno dato che la carne italiana è più pregiata e di
maggior valore rispetto a quella ungherese.
Ora nella vicenda, come detto, si è aperto un nuovo capitolo: nei
giorni scorsi il pubblico ministero Lucia Russo, che coordina le indagini
per l'omicidio, ha infatti incontrato Italo Materia, magistrato in forza
alla Direzione distrettuale di Bologna.
Ma l'attenzione della Dda non sarebbe sull'omicidio (che pare
completamente chiarito agli investigatori), ma su quello che ci potrebbe
essere dietro alle attività relative ai macelli.
Come detto, c'è anche l'ipotesi del riciclaggio di denaro. Reato che
però non riguarderebbe i quattro arrestati per omicidio.
Castelnuovo Falsi
prosciutti
Se ne occupa
l'Antimafia
CASTELNUOVO. «La situazione è gravissima, negli ultimi anni è notevolmente
peggiorata, e tutto ruota attorno al graduale peggioramento delle
condizioni di lavoro di coloro che sono impiegati nel settore delle
carni».
L'opinione è quella di Ivano Gualerzi, segretario della Flai Cgil di
Reggio, che ha aperto alla sala del Capitano del popolo, all'hotel Posta
di Reggio, i lavori del convegno sul tema «Il sistema carni: lavoro,
qualità e sicurezza».
Il riferimento è all'omicidio di un operaio-socio di una cooperativa di
Castelnuovo, freddato con cinque colpi di pistola davanti al macello per
il quale lavorava.
Le indagini sull'omicidio di Ismail Jaouadi - per il quale sono in carcere
quattro persone, il presidente e tre soci della cooperativa di servizi per
cui il ventottenne tunisino lavorava - hanno portato alla scoperta di un
movente inquietante.
Jaouadi è stato ucciso perché ricattava i suoi dipendenti e le ditte per
le quali la cooperativa Dimac lavorava.
Non solo: mano a mano che il sostituto procuratore Lucia Russo si
addentrava nel fango di questa vicenda, le scoperte erano sempre più
inquietanti.
Tanto da richiedere consulenze nel campo della lotta alle sofisticazioni
alimentari e addirittura nel riciclaggio di denaro.
Nei giorni scorsi, in procura, il sostituto procuratore Lucia Russo ha
incontrato per fare il punto il procuratore aggiunto Italo Materia,
magistrato della direzione distrettuale antimafia.
«L'obiettivo del convegno - spiega Gualerzi - è quello di mettere attorno
a un tavolo, su questi temi, tutte le componenti coinvolte, per vedere se
di fronte a questa emergenza, che noi già denunciammo due anni fa con una
analoga iniziativa a Modena, la pensiamo alla stessa maniera».
«Quel delitto non
è stato il frutto del caso»GAZZETTA
REGIO E.
L'omicidio di Poviglio e l'illegalità nel settore carni
A rischio la tutela dei lavoratori e del prodotto
Sarebbe al tempo stesso il sintomo di una rete diffusa di sofisticazione e
di illegalità nel settore delle carni e la cancrena di una società in cui
la politica di smantellamento delle tutele porta alla perdita della
coesione sociale. Questa la doppia lettura dell'omicidio di Poviglio - il
facchino Isamil Jaouadi è stato ucciso il 5 luglio e da allora sono in
cella presidente e tre soci della coop di macellazione Dimac - proposta
nel corso del convegno organizzato dalla Cgil «Il sistema carni: lavoro,
qualità e sicurezza», che si è svolto ieri all'hotel Posta, alla presenza
dei segretari nazionali, regionali e locali del comparto di settore. Fra i
relatori anche il segretario provinciale della Cgil, Franco Ferretti e
l'assessore provinciale al lavoro, Raffaele Leoni.
Non sarebbe isolata, dunque, ma ben radicata nel settore, secondo la Cgil,
la vicenda di Ismail Jaouadi, operaio socio della cooperativa di
macellazione Dimac assassinato perché ricattava i dipendenti e le ditte
coinvolte, come hanno messo in luce le indagini, in sofisticazioni
alimentari e riciclaggio di denaro.
Ed è stato proprio riprendendo i principali fatti di cronaca che hanno
caratterizzato la vicenda di Poviglio che il segretario reggiano della
Flai Cgil, Ivano Gualerzi, ha aperto i lavori: «Non bisogna farne oggetto
di speculazione, ma siamo certi che non si tratti solo di un caso».
Avrebbe una radice ben precisa il fenomeno del sommerso legato alle carni:
«La politica di smantellamento delle regole, che andrebbero rimesse al
centro così come il lavoro e i processi complessivi della filiera», ha
detto ancora Gualerzi.
Va in questa direzione la proposta di concertazione tra le parti lanciata
dal segretario regionale di Flai Cgil, Giordano Giovannini: «Un patto tra
i rappresentanti delle varie componenti attive nella filiera delle carni:
è indispensabile per evitare che i casi Poviglio si moltiplichino». Ma
questa è soltanto una delle proposte comprese nel nuovo piano di filiera
presentato dalla Cgil, «teso a rilanciare quello delle carni come settore
d'eccellenza», sulla scia del protocollo d'intesa che la Regione
sottoscrisse nel maggio 2001 per la sua riqualificazione.
Riguardano in senso stretto la politica agroindustriale alcune delle
proposte del sindacato: «Rintracciabilità dei prodotti, diversificazione
dell'assortimento delle carni e dei relativi prezzi e promozione sui
prodotti tipici e biologici». «Etichettature, certificazioni e,
soprattutto, il marchio di qualità sociale» sono invece quelle auspicate
per la politica industriale.
A fronte di una situazione, in cui, denuncia la Cgil, «in modo irregolare
sempre più diverse fasi della produzione delle carni vengono appaltate
alle cooperative, la tutela della sicurezza dei lavoratori e la difesa
della legge 142 sulla cooperazione» sono gli altri due punti
indispensabili, secondo il sindacato, per risolvere la situazione.
«Si va verso la cancellazione dei contratti nazionali di lavoro e dello
Statuto dei lavoratori e persino verso la diversificazione degli assetti
contrattuali in base alla zona: una assurdità», - ha commentato Giovannini.
A concludere i lavori è stato chiamato il segretario nazionale della Flai
Cgil, Giancarlo Battistelli, in sostituzione di Franco Chiriaco, convocato
ieri da Epifani: «La frantumazione dei processi di produzione è la
premessa per la perdita dei diritti da parte dei lavoratori, di
consistenza da parte delle aziende e di una sempre maggiore diffusione del
lavoro nero».
Se il prosciutto è con delitto 11 agosto 2002 Nella patria degli
insaccati di qualità, le già «rosse» province emiliane, torbide storie di
truffe e falsificazioni legate alle cooperative di macellazione.
Esternalizzazione sfrenata, pochi controlli su chi compie il «lavoro
sporco». Finché si arriva all'omicidio, e comincia a saltare il tappo. SARA MENAFRA REGGIO EMILIA Ma cosa succede nella
rossa Emilia, paradiso del prosciutto, olimpo dell'insaccato? Perché
dall'assassinio di un tunisino residente in Italia è partita un inchiesta
sulla contraffazione di prosciutti e salumi che coinvolge due cooperative
ma potrebbe scoperchiare i malaffari di altre aziende della zona? Prima di
venire ucciso il 24 luglio con 7 colpi di pistola Ismail Jauadi, 28 anni,
tunisino, era socio lavoratore di una delle cooperative di facchinaggio e
macellazione che negli ultimi anni sono sorte come funghi ovunque in
Emilia: la Dimac di Castelnuovo Rangone, in provincia di Modena. Avendo
come soci quelli che poi sarebbero diventati i suoi killer, aveva lavorato
in varie aziende della zona fra cui la ditta di macellazione del suino
Korona, alla periferia di Poviglio: proprio a qualche centinaia di metri
da dove è stato ritrovato il suo cadavere. Quando sono stati arrestati, i
quattro componenti del gruppo che avrebbe rapito e assassinato Ismail
hanno spiegato che la decisione di uccidere il collega era una scelta
obbligata: l'uomo li ricattava. Anzi avrebbe ricattato anche le aziende
dove i facchini e dissossatori della Dimac lavoravano. Durante gli anni di
lavoro, prima nella Suin.com di Castelvetro (Modena) e poi nella Korona di
Poviglio (Reggio Emilia) avrebbe filmato gli illeciti e le falsificazioni
che avvenivano in azienda per poi chiedere soldi per il suo silenzio.
Finché, dicono gli inquirenti, è diventato troppo «ingombrante».
Che tipo di falsificazioni? Le due aziende, ora sotto
inchiesta per associazione a delinquere, truffa e frode alimentare,
avrebbero contraffatto i marchi del bestiame macellato. E se pensiamo che
il prosciutto di Parma viene venduto in tutta italia a non meno di 60 mila
lire al chilo, non è difficile immaginare che il mercato in nero di questi
capi fruttasse miliardi. Come hanno spiegato nei giorni scorsi i
carabinieri, la contraffazione dei prosciutti è un attività illecita
semplice e redditizia. Basta un flessibile per grattare la cotenna di un
prosciutto e cancellare i marchi da cosce provenienti dall'estero,
soprattutto da Belgio e Olanda (che hanno forma e dimensioni
particolarmente simili a quelli prodotti in zona). Ad aiutare il mercato
clandestino è anche l'apertura delle frontiere seguita alla nascita
dell'Unione europea. Come aveva spiegato il capitano della Guardia di
finanza Gavino Putzu alla Gazzetta di Reggio, da qualche anno la
«bolla d'accompagnamento» che spiega provenienza e destinazione di questo
tipo di prodotti non è più obbligatoria: «E' l'autista del mezzo che
controlliamo - dice Putzu - a dirci da dove proviene e dove è diretta la
merce. Alcune ditte forniscono il loro carico di una fattura
accompagnatoria, ma non è un obbligo, e la maggior parte dei carichi sono
privi di qualsiasi documento».
Ed è qui che i conti iniziano a non tornare. «La
destrutturazione del settore - spiega Ivano Gualerzi, segretario della
Flai Cgil di Reggio - ha portato alla esternalizzazione di interi rami
d'impresa fra cui, in molti casi, la stessa catena della macellazione. Ma
le cooperative appaltanti sono spesso totalmente indipendenti e
incontrollabili».
Esternalizzazione e just in time sono
trasformazioni del modo di produrre che hanno riguardato tutti i settori
industriali. Ma nel settore della macellazione il cambiamento è ancora più
estremo. «I tempi di questo settore sono velocissimi. In quattro mesi un
suino nasce cresce viene macellato e arriva sulle nostre tavole o inizia
il percorso della salumificazione. Per di più nel mercato della carne
fresca è impossibile immagazzinare il prodotto». Il mercato del suino è
contemporaneamente redditizio, miliardario e altalenante, perché
sottoposto a crisi periodiche come quella dell'afta epizootica, così come
quello del bovino è un mercato che punta sui prezzi bassi di carne fresca
ma che ha subito la pesante crisi della Bse.
Entrambi i settori, seppur diversi, per ridurre i
costi hanno esternalizzato il lavoro peggiore: quello alla catena di
macellazione e di dissossamento. Due lavori che nonostante le evoluzioni
tecnologiche sono rimasti quasi interamente manuali: l'unica macchina che
interviene nella catena è la scotennatrice, poi serve solo il coltello. I
macelli suini e bovini sono diventati in breve un labirinto di aziende che
appaltano o affittano a cooperative interi rami di impresa nei quali
lavorano dipendenti o soci di altre due o tre cooperative. La maggior
parte di queste cooperative di facchini e dissossatori risultano essere
«cooperative sociali». E grazie al ruolo «sociale» pagano ancor meno
contributi previdenziali delle altre. Come soci questi lavoratori hanno
pensioni e copertura sanitarie minime; non hanno assegno di disoccupazione
né applicazione dello statuto dei lavoratori - tantomeno l'articolo 18.
Per di più il lavoro alla catena della macellazione è
particolarmente usurante: dopo anni passati a lavorare di coltello quasi
tutti i dissossatori iniziano a soffrire di disturbi al tunnel carpale, la
guaina che contiene i tendini della mano. Un formicolio insistente lungo
tutto il braccio risolvibile con intervento chirurgico ma che se non
curato diventa cronico. I turni di lavoro non conoscono pause: si lavora
di giorno e di notte. Di più quando ci sono gli scioperi. «Eppure -
spiegano dalla Flai - quasi nessuno protesta. Anzi, i contatti che
cerchiamo di avere con loro, nonostante l'assenza del contratto nazionale
e del diritto di assemblea, vengono spesso respinti».
Ma perché un lavoratore dovrebbe essere disposto a
lavorare in queste condizioni? La spiegazione potrebbe essere che il caso
di Ismail non sia isolato. La macellazione clandestina, il mercato di
falsi prosciutti, potrebbero aver creato un regime economico a parte che
vive di lavoro senza regole ma molto ben pagato. «Un dissossatore arriva a
prendere anche 3000 euro, fra retribuizione e fuori busta. Molti sono
disposti a farlo per anni per poi tornare nei paesi di origine, dato che
spesso sono meridionali o extracomunitari».
Quello delle cooperative «spurie» sembra un mondo a
parte popolato per lo più da immigrati meridionali ed extracomunitari
rimasti separati dalla società emiliana. «E' vero - spiega Gino Guida
della Flai - ma è altrettanto vero che queste cooperative lavorano per
aziende locali. Per di più spesso le confederazioni di cooperative
maggiori forniscono il supporto logistico che consente a queste coop di
nascere e crescere».
La storia della cooperativa Korona, coinvolta
nell'inchiesta sulla morte di Ismail Jauadi, è esemplare: la coop gestisce
uno stabilimento di proprietà della Italcarni che l'azienda aveva chiuso
qualche anno fa. Lo stabilimento vive grazie al lavoro di addetti esterni
affittati in cooperative come la Dimac. Fino all'anno scorso però non era
chiaro se lo stabilimento funzionasse oppure no. Solo quando il 21
settembre del 2001 un lavoratore «in affitto» al primo giorno di lavoro si
è dato una coltellata all'inguine che rischiava di ucciderlo il
funzionamento della coop è venuto alla luce. Ma quanti altri stabilimenti
vivono nelle stesse condizioni?
Tutte le
mafie possibili nella «cupola del bestiame»11
agosto 2002 SA. M. Lo scandalo dei
prosciutti falsi in Emilia Romagna non è il primo a coinvolgere la
macellazione di bestiame o il traffico di animali vivi o macellati che
attraversa l'Italia. Da anni la Lav pubblica un rapporto annuale sulla
zoomafia che ha portato alla luce i collegamenti fra questo doppio mercato
di bestiame e organizzazioni mafiose. Ciro Troiano è il responsabile
dell'osservatorio sulla zoomafia della Lav.
Sia nel rapporto 2001 che in quello 2002 parlate
di una «Cupola del bestiame». Ma è vero che a gestire questo mercato ci
sono organizzazioni mafiose?
L'interesse in questo settore coinvolge tutte le
principali organizzazioni italiane: mafia, camorra, `ndrangheta e sacra
corona unita. Le inchieste giudiziare hanno portato alla luce il
coinvolgimento di famiglie caposaldo della camorra casertana come i
Mallardo o i Zaccaria. In sicilia alcuni boss mafiosi sono risultati
coinvolti nel traffico di bestiame affetto da Brucellosi o da Bes. Bovini
che venivano macellati clandestinamente e immesse sul mercato. Anzi le
indagini sul primo caso di mucca pazza umana in Italia sembrerebbero
affermare che l'animale infetto venisse proprio da questo mercato nero.
Ma le indagini sulla Bse non hanno inciso su
questi traffici? Si diceva che mai come nel periodo della Bse la carne
italiana era sicura...
Nel periodo della Bse il furto del bestiame in
Sardegna, Calabria, Campania, Sicilia e Puglia era cresciuto di circa il
30%. Questo perché nel periodo della «crisi mucca pazza» i macellai
preferivano spesso comprare carne rubata in Italia e venduta a prezzi
ridotti piuttosto che rischiare soldi comprando carne all'estero che non è
detto che qualcuno avrebbe acquistato. Allora i ministri Veronesi e
Sirchia misero in giro la storia che «mai come adesso la carne è sicura».
Ma se fosse stato come dicono loro allora perché l'abigeato cresceva al
punto che in Sicilia venivano rubati 6000 bovini all'anno? Questi capi
dove vanno a finire? Io non credo che organizzazioni come mafia e camorra
rubano mucche per dar loro la libertà.
Quello clandestino è un mercato economicamente
consistente?
In Campania e Sicilia si. Ma qui conta anche la
mentalità locale. Per molti è normale comprare carne macellata «in casa»
che non si sa esattamente da dove provenga. Ma il mercato si estende anche
a nord e qui la macellazione clandestina avviene quasi sempre in macelli
legali con coperture di aziende locali e autorità compiacenti.
PRODUZIONE
REGGIANA11
agosto 2002 La provincia di
Reggio Emilia ha una produzione lorda vendibile che vale 518 milioni di
euro. Il 90% è costituito da prodotti a denominazione di origine protetta.Ogni
anno vengono messe sul mercato 800.000 cosce di prosciutti. Al 31/12/2001
i capi allevati erano: 160.475 bovini, 94.224 vacche da latte, 231
bufalini, 8.023 ovini, 878 caprini, 4.878 equini, 443.794 suini, 404
struzzi. Le aziende attive nel settore agricolo sono in tutto 1.963. (Dati
Confdiretti, Cia, Apa)
MACELLI
ITALIANI11
agosto 2002 In Italia il numero
dei macelli è diminuito consistentemente nel corso degli anni `90. Nel
1999 i macelli bovini erano 2200 a cui si aggiungono i 700 impienti di
macellazione per altre specie animali. Solo il 15% (corrispondente a 330
impianti) dei macelli italiani è in possesso del bollo Cee. In Francia ce
l'ha il 77% del totale (270 impienti) in Spagna il 38,1% (1455). In
Olanda, Germania, Danimarca e Irlanda si arriva al 100%. La maggior parte
degli impianti di macellazione bovina di dimensioni superiori ai 6000 capi
si trova in Emilia, Veneto e Lombardia. Il 73% dei capi è macellato in 4
regioni: il 19% in Lombardia, il 23% in Veneto, il 18% in Emilia Romagna,
il 13% in Piemonte.
LA CUPOLA
DEL BESTIAME 11
agosto 2002 Nel 2001 per reati
legati al furto e alla macellazione clandestina di animali sono state
denunciate 700 persone, di cui 30 arrestate. Due sono veterinari.
L'evasione fiscale connessa a questi traffici è di 50 milioni di euro e
altrettanti sono i finanziamenti Cee ottenuti irregolarmente. L'abigeato
ha fruttato almeno 25 milioni di euro. Durante l'anno sono stati rubati
10.000 capi di bestiame. Da quando c'è l'emergenza «mucca pazza» i furti
di bestiame, secondo la Confagricoltura, sono aumentati complessivamente
de 20%. Avvengono soprattutto nel mezzogiorno (75%). In Sardegna c'è il
maggior numero di casi, il 33,5%, in Sicilia il 18,7% nel Lazio il 13,6%
in Calabria il 9,1%. Durante 372 ispezioni per la Bse in stabilimenti di
lavorazione della carne sono state denunciate 41 persone. A 608 ispezioni
nei macelli sono seguite 61 denunce. (Dati Lav 2002)
Prosciutti non commestibili nei negozi»23
agosto 2002 Nell'inchiesta
sull'omicidio di Reggio Emilia spunta l'ipotesi di un traffico di salumi
«riciclati» SA. M. Si allarga l'inchiesta
di Reggio Emilia partita dall'omicidio di un lavoratore tunisino e che
nelle scorse settimane aveva svelato un traffico di «prosciutti falsi» che
coinvolge alcune ditte della zona del reggiano. Mentre si attende per le
prossime ore il deposito degli atti relativi alla prima parte
dell'inchiesta, il Nucleo antisofisticazioni dei carabinieri (Nas) avrebbe
trovato nuovi elementi che proverebbero la contraffazione dei marchi sulle
cosce di prosciutto disossate e trasportate dai facchini dell'azienda
Dimac. Nei giorni scorsi le indagini avevano fatto emergere che la
cooperativa Dimac, di cui erano soci sia il giovane ucciso, Ismail Jauadi,
che le quattro persone che lo avrebbero ucciso, falsificava i marchi sulle
cosce di prosciutto facendole passare per prodotti di denominazione
controllata. Anche le due aziende in cui aveva lavorato Jauadi, la
Suin.com di Castelvetro (Modena) e la Korona di Poviglio (Reggio Emilia)
sono sotto inchiesta per gli stessi reati. Secondo quanto affermano gli
investigatori, il tunisino aveva raccolto prove sulle falsificazioni fatte
e ricattava i quattro soci che, stanchi delle richieste sempre più
onerose, all'inizio di luglio avrebbero deciso di eliminarlo. Ora si
scopre che i marchi falsi apposti dalla ditta sarebbero serviti non solo a
far aumentare i prezzi dei salumi prodotti, ma anche a contrassegnare come
«commestibili» prodotti di origini alquanto dubbie.
L'inchiesta, dunque, si allarga. E proprio per questo
la pm Lucia Russo che conduce le indagini ha chiamato in aiuto una serie
di consulenti incaricati di seguire le indagini in tutte le sue
ramificazioni. Per esempio gli esperti della polizia postale che nei
giorni scorsi hanno passato al setaccio i computer delle aziende per cui
aveva collaborato la Dimac, fra cui la Suin.com di Castelvetro (Modena). A
insospettire gli inquirenti, chie si avvalgono anche dell'aiuto
dell'Ufficio italiano cambi del ministero del Tesoro (che generalemente si
occupa di contrabbando, violazioni doganali e riciclaggio di denaro),
sarebbero i bilanci delle aziende coinvolte nell'inchiesta: una di esse,
con 200 dipendenti, ha un fatturato che supera i 70 milioni di euro annui,
per la maggior parte generati dal commercio con altri paesi europei. Un
fatturato troppo alto per un'azienda di questo settore. E' proprio questo
elemento che avrebbe fatto ipotizzare che le aziende siano coinvolte in un
giro di riciclaggio di denaro.
Sono tutte ipotesi, certo. Ma fa specie che siano
tutte emerse da un'unica indagine per omicidio. E forse non è un caso se a
qualche chilometro di distanza, a Guastalla, si è scoperto sempre ieri che
alcuni vitelli bloccati dalla Asl perché sembravano gonfiati con un ormone
fuori legge sono stati macellati nonostante il blocco. Alla fine si è
scoperto che il «boldenone» non c'era. Ma cosa sarebbe successo se il test
avesse dato un risultato diverso?