Un sorriso aperto e sincero è un indice inequivocabile di felicità. Ma come sa bene la scienza, non tutti i sorrisi sono uguali…

Gli psicologi che studiano le espressioni facciali hanno individuato due tipi di sorriso: il sorriso di Duchenne e il cosiddetto “sorriso Pan American”. Il sorriso di Duchenne, che deve il nome allo studioso che per primo lo ha descritto, è un sorriso genuino: gli angoli della bocca si arricciano verso l’alto e intorno agli occhi si formano piccole rughette comunemente note come “zampe di gallina”. Poiché i muscoli coinvolti in questa espressione sono difficili da controllare volontariamente, un sorriso di Duchenne è quasi impossibile da simulare, e si può sfoggiare solo se viene “da dentro”. Il sorriso Pan American, che deve il suo nome all’omonima linea aerea, è invece un sorriso meccanico, di pura cortesia, proprio come quello dell’assistente di volo che risponde a un passeggero. Questo sorriso esprime cortesia e gentilezza ma non ha nulla a che vedere con una sincera gioia interiore. Non a caso, ha osservato un giornalista, la Pan American è morta ma il suo sorriso vivrà per sempre…

Quanto siamo sinceri quando sorridiamo? Dipende, ma ormai è dimostrato che l’abitudine a sorridere può condizionare positivamente la nostra salute e la nostra felicità. Gli psicologi Dacher Keltner e LeeAnn Harker della University of California di Berkley hanno esaminato 141 fotografie di laureati nel 1960 tratte dall’annuario del Mills College, un materiale molto adatto all’analisi del sorriso. Nelle foto di gruppo e in tutte le fotografie che hanno un fine “istituzionale”, la gente tende a produrre un sorriso radioso (sorriso di Duchenne) oppure un sorriso formale (sorriso Pan American). I due psicologi hanno classificato le 141 immagini secondo il tipo di sorriso, eliminando quelle di tre donne che non sorridevano per niente. Nel gruppo rimanente, i sorrisi erano al 50% di un tipo, e al 50% dell’altro. Ricontattati uno per uno in età diverse (a 27, 43 e 52 anni), ai partecipanti sono state chieste informazioni specifiche riguardo all’andamento del loro matrimonio e della loro vita in generale. I soggetti che nell’album universitario sfoggiavano il sorriso Duchenne erano quasi tutti sposati e soddisfatti della loro vita lungo tutti i trent’anni del follow-up dello studio, al contrario dei  “soggetti Pan American”, ai quali la vita, è il caso di dirlo, aveva riservato meno sorrisi. Conclusione: l’abitudine a sorridere genuinamente potrebbe contribuire alla felicità personale a un migliore adattamento alle condizioni della vita, e un atteggiamento di apertura stabile e duraturo potrebbe essere positivamente correlato alla buona salute e alla longevità.

La bellezza del sorriso? Una questione di proporzioni…
Avete presente quegli spazi che si creano tra l’interno della guancia e i denti quando sorridono persone che hanno l’arcata dentale stretta? In inglese questi spazi si chiamano buccal corridors o negative spaces, e la loro presenza può condizionare il giudizio estetico complessivamente attribuito a un sorriso. Alcuni ricercatori americani hanno condotto uno studio, pubblicato in febbraio sull’American Journal of Orthodontics and Dentofacial Orthopedics, per determinare l’influenza dei cosiddetti buccal corridors sull’attrattività di un sorriso. I ricercatori hanno utilizzato 10 immagini a colori di persone sorridenti scelte a caso (5 donne e 5 uomini), e le hanno modificate digitalmente fino a ottenere una gamma completa di ampiezze del sorriso: stretto (buccal corridor del 28%), medio-stretto (buccal corridor 22%), medio (buccal corridor 15%), medio-ampio (buccal corridor 10%), e ampio (buccal corridor 2%). Le 5 immagini ottenute per ciascun soggetto fotografato sono state miscelate in 11 possibili combinazioni fino a ottenere 110 accoppiamenti, proiettati come diapositive in una sequenza puramente casuale a 30 soggetti adulti che dovevano confrontare le due immagini di ogni coppia di immagini e valutarne l’attrattività. Ecco i risultati dell’esperimento: un sorriso più ampio, cioè con il buccal corridor ridotto al minimo, è giudicato più attraente di un sorriso stretto che presenta buccal corridors più ampi, e questo giudizio non varia né in funzione del sesso del soggetto che sorride nell’immagine, né del sesso di chi la giudica. Perciò, conclude lo studio, un sorriso ampio che mostra pochissimo spazio tra i denti e l’interno delle guance è una caratteristica estetica preferibile in entrambi i sessi. (Fonte: American Journal of Orthodontics and Dentofacial Orthopedics, febbraio 2005, vol. 127, numero 2).

La parola alla scienza: lo Smile Index e altri criteri
L’Indice del Sorriso, o Smile Index, è uno schema di classificazione del sorriso proposto da Ackerman, e come il sorriso Duchenne o quello Pan American, distingue tra il sorriso I, quello recitato, e il sorriso II, quello spontaneo. Nel primo caso, il sorriso è volontario e non deve necessariamente essere sollecitato da un’emozione, è statico nel senso che può essere mantenuto per lungo tempo, e l’animazione delle labbra è relativamente riproducibile. Nel secondo caso, il sorriso è involontario e viene indotto da un’emozione, è dinamico nel senso che si produce istantaneamente ma non può essere sostenuto per lungo tempo, ed è naturale in quanto esprime un’autentica emozione umana e perciò l’elevazione del labbro in questo sorriso è quasi sempre molto più animata e accentuata che nel sorriso recitato.

In ortodonzia, quando si analizza il sorriso si valuta in genere quello recitato sulla base di due caratteristiche principali: la proporzione degli incisivi e della gengiva che vengono mostrati, e la dimensione trasversale del sorriso. In generale, è preferibile che in un sorriso recitato l’elevazione del labbro si fermi al margine gengivale degli incisivi mascellari, e anche se una certa proporzione di visibilità delle gengive è accettabile e in alcuni casi sia addirittura attraente, mentre l’assenza totale delle gengive nel sorriso non è considerata attraente. Considerati come gruppo, gli uomini in genere mostrano una proporzione inferiore degli incisivi mandibolari quando non sorridono rispetto alle donne, ma con il progredire dell’età entrambi i sessi sia a riposo, sia sorridendo, mostrano sempre meno denti e gengive, un fatto che fa risaltare per contrasto che sorridere mostrando tutti i denti è un segno di giovinezza.

La dimensione trasversale del sorriso è definita dalla sua ampiezza e dalla presenza e proporzione dei cosiddetti “spazi negativi” o “buccal corridorsin inglese, quegli spazi laterali che si creano tra l’arcata dei denti e la parete interna delle guance e che sono più evidenti nei soggetti con arcata dentale stretta. Nella letteratura scientifica sull’argomento, l’assenza completa di spazi negativi è associata a un sorriso innaturale o forzato, anche definito “sorriso da dentiera”. Infine, secondo alcuni autori anche la curvatura dei denti anteriori dell’arcata superiore, il cosiddetto arco del sorriso, è un parametro indispensabile per la valutazione della gradevolezza estetica di un sorriso, unita all’osservazione che i denti anteriori dell’arcata superiore di lunghezza identica conferiscono al sorriso un aspetto vecchio, al contrario della disomogeneità della loro lunghezza: nel sorriso “giovane” gli incisivi sono più lunghi rispetto agli altri denti e perciò creano una linea che si abbassa al centro del sorriso e si rialza ai suoi lati.

Quando la gengiva si vede troppo
Una delle cause di questo problema è rappresentata da una capacità muscolare più elevata della norma di sollevare il labbro superiore quando si sorride, un fenomeno cui nel passato si poteva ovviare solo con la chirurgia. Oggi la tossina botulinica di tipo A, il famoso botox impiegato in medicina estetica e dermatologia per spianare le rughe della fronte ed eliminare le “zampe di gallina” noto alla comunità scientifica dalla fine degli anni ’70 per il trattamento di gravi condizioni mediche, è stato impiegato in uno studio pilota volto a determinarne l’utilità nel ridurre l’eccessiva esibizione gengivale. Il trattamento effettuato su 5 soggetti si è rivelato efficace nel produrre un sorriso esteticamente molto più gradevole, con un effetto che è durato da un minimo di 3 a un massimo di 6 mesi. L’iniezione di tossina botulinica di tipo A rappresenta un’alternativa nuova, esteticamente efficace e minimamente invasiva per il miglioramento temporaneo dei cosiddetti “gummy smiles”, o sorrisi “a tutta gengiva”, provocati dall’iperfunzionalità dei muscoli elevatori del labbro superiore.
(Fonte: American Journal of Orthodontics and Dentofacial Orthopedics, febbraio 2005, vol. 127, numero 2).

pubblicato il 01/04/2005. Dott. Cesare Paoleschi