Ma il vento non è un'alternativa! Più rischi che vantaggi. 

Articolo tratto dal quotidiano "L'Unione Sarda" del 29 ottobre 2003.

 

Nei comuni di Nulvi e di Ploaghe, la maggiore delle tre holding attive in Italia dal 1990 nel settore eolico (la multinazionale Italian Vento Power Corporation), sta installando alacremente un impianto di fonti energetiche alternative. Dall’Alta Gallura (dove ha già messo in funzione le torri eoliche di Aggius, Bortigiadas e Villalba) si sta, dunque, passando a seminarle in Anglona. A differenza dei fondamentalisti che si pavoneggiano nella politica dei veti, ritengo che le fonti energetiche rinnovabili e assai pulite (come quelle che costruisce l’IVPC) vadano incentivate. Ovviamente in mancanza di un piano energetico nazionale, e mentre incombe (nei prossimi 10-15 anni) la fine dell’autonomia energetica da fonti non rinnovabili, l’energia prodotta dal vento non si può dire che costituisca un’alternativa. Bisogna avere la correttezzza di dire la verità alle popolazioni interessate. L’eolico è solo un supporto, una sorta di funzione collaterale alla energia prodotta da fonti fossili (petrolio, metano e altri idrocarburi) che, come è noto, hanno una ricaduta eco-sanitaria altamente negativa per il paesaggio, la fauna, la flora e la popolazione.
Non so se sia il caso di suonare l’allarme degli abitanti dell'Anglona (e delle altre aree isolane, a cominciare dal Campidano) e marciare su Monte Iscopa, dove saranno impiantate le centrali, e sdraiarsi sull’erba per un pic nic di protesta.
Il problema non è di opporsi alla costruzione di una fonte rinnovabile,
ma di accertare preliminarmente se fanno parte di una pianificazione territoriale e di un programma poliennale di approvvigionamento energetico nel rispetto della sostenibilità ambientale.
Purtroppo
sindaci, assessori, presidenti di giunte, che erogano finanziamenti, direttamente o indirettamente, alle società, molto spesso non hanno né competenze specialistiche né team di esperti da cui farsi consigliare. Amano lasciarsi sedurre dall’idea di battere cassa, limitandosi a strappare alll’IVPC una piccola quota di profitti (meno del 2 per cento).
In questo modo non si difende il sistema eco-ambientale. Le istituzioni locali dovrebbero chiedere anzitutto che ad un impianto eolico in più corrisponda una centrale termoelettrica (più cara in termini energetici e di salute)in meno. Bisogna farlo senza alzare troppo la voce, sapendo che a causa dell’intermittenza del vento una turbina eolica (che ha una potenza di picco di 600 KW) produce in un anno una quantità di energia elettrica che è stata calcolata sia pari a quella di un ipotetico impianto a gas a 200 KW.
Caro presidente Masala, cari sindaci, prima di dare l'assenso alla costruzione di filiere eoliche nei vostri territori, avete fatto un rigoroso monitoraggio per accertare se esse mettono a repentaglio, come è avvenuto in molte atre aree, la popolazione degli uccelli, rapaci e no, dell’area, e impediscano la reintroduzione del grifone, del falco pescatore, del gipeto?
In secondo luogo, avete valutato l’impatto visivo e acustico, le interferenze sulle comunicazioni che spesso si accompagnano a queste installazioni? In terzo luogo, avete tenuto conto che i parchi eolici richiedono enormi sbancamenti di colline e montagne per il trasporto dei materiali, determinando un degrado per l’avicoltura, e offrendo un’esca facile agli incendi, ai rifiuti, al bracconaggio e ad altre forme di antropizzazione?
Per finire,
non è vero che le torri eoliche siano la variante moderna dei mulini a vento. Esse spesso provocano rumori, disagi e disturbi a uomini ed animali con un impatto devastante sul paesaggio. Dal momento che l’IVPC ha avuto un’agevolazione regionale di 4.717.110 euro, era il caso di chiedere quale sarà l’apporto all’occupazione di queste energie alternative? Esse hanno un alto costo iniziale di investimento e un basso costo di gestione e manutenzione.


di Salvatore Sechi Ordinario di Storia contemporanea all’Università di Bologna

 

 

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