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Estrazione del petrolio

Sin dal terzo secolo a. C. nel Medio Oriente il petrolio fuoriesce spontaneamente e nel Golfo del Messico si riversa nel mare. Nel resto del mondo, invece, la ricerca del petrolio richiede numerose fasi.
La prima fase riguarda l'esplorazione del bacino sedimentario, con la verifica in esso dell'esistenza delle condizioni che permettano l'accumulo di idrocarburi.
Si inizia con il prelevamento di campioni di terreno a diverse profondità, si studiano le fotografie aeree e le immagini dei satelliti. Tramite i rilevamenti magnetici e gravimetrici si registrano le variazioni del campo magnetico e gravitazionale terrestre.
Un'altra tecnica è il rilevamento sismico, adatto per le ricerche dei fondali marini, che consiste nello studio dell'andamento delle onde sonore provocate da un'esplosione all'interno di una cavità.
Nessuno di questi sistemi assicura la presenza di petrolio, ma l'incrocio di questi dati permette di trovare il punto più favorevole per la perforazione. La perforazione avviene con un impianto formato da un'intelaiatura metallica detta Derrick che sostiene delle tubazioni d'acciaio avvitate l'una sull'altra, con uno scalpello all'estremità inferiore e una testa rotante all'estremità superiore.
Questo sistema ha sostituito il metodo a percussione, costituito da un martello che periodicamente cadeva sul fondo del pozzo.
Il perfezionamento delle tecniche di perforazione ha permesso di raggiungere profondità ritenute per molti anni proibite.
Grandi progressi sono stati ottenuti con le perforazioni fuori costa, effettuate dalle piattaforme off-shore, come quelle nel Mare del Nord, malgrado le condizioni ambientali sfavorevoli.
A incoraggiare le ricerche del petrolio ha contribuito in primo luogo il rialzo del suo prezzo.
Attualmente un quarto del petrolio estratto proviene da pozzi off-shore molti dei quali non sono sulla terraferma.
Normalmente si lavora su fondali di 200-300 metri. A seconda del tratto di mare varia il tipo di costruzione delle piattaforme, che possono essere mobili, fisse, artiche (resistenti ai ghiacci) e cedevoli.
Perforata la terraferma e trovato il petrolio, si ritira lo strumento di perforazione e si sostituisce con un sifone munito di una speciale rete che permette il passaggio di gas e del liquido ma non della sabbia; in seguito si installa un insieme di valvole utili per regolare lo sfruttamento.
In principio la pressione esercitata dai gas che si trovano insieme al petrolio, è sufficiente a spingerlo in superficie, poi, invece, si deve ricorrere a delle pompe.
Il petrolio estratto, viene poi stivato nei serbatoi di raccolta e condotto tramite oleodotti ai depositi costieri o alle raffinerie.