Bronte

Documenti e immagini

manifesto del film Bronte

Questa fotografia rappresenta un manifesto pubblicitario del film "Bronte: cronache di un massacro", prodotto nel 1972 da Florestano Vancini. Il film, con un sottotitolo di esasperata enfasi pubblicitaria, che grazie a una velata accusa punta il dito sui libri di storia che ignorano questo fatto, ricalca le vicende narrate da Giovanni Verga nella novella "Libertà", pubblicata tre anni dopo "Le Noterelle dell'Abba".

Scheda del Film BRONTE

Il soggetto elaborato tra gli altri dallo scrittore regista Fabio Carpi, nasce dalla suggestione di una novella di Verga, Libertà (1882), e dalla consultazione di vari testi e documenti storici. Ci si rifà agli atti del processo di Bronte (1860) e a quelli di Catania del 1863, al testo di Benedetto Radice Nino Bixio e Bronte (1910) all'Epistolario dello stesso Bixio e alle "Lettere garibaldine" di Ippolito Nievo.
Non mancano tra i testi ottocenteschi le "Noterelle di uno dei Mille" di Giulio Cesare Abba e "le Memorie di un garibaldino" di Francesco Grandi. A Bronte, in provincia di Catania, nell'agosto del 1860, di fronte alla vittoria dei garibaldini, i notabili del paese detti "cappelli" o "galantuomini " cercano di salvare i loro privilegi adeguandosi alla nuova situazione. I contadini e i braccianti che vivono in condizioni di estrema miseria cercano di reagire. L'avvocato Nicola Lombardo, liberale, tenta di colmare i contadini organizzando il paese secondo i principi di giustizia e libertà. Ma il popolo guidato dal carbonaio Calogero Gasparazzo insorge e processa sommariamente i notabili del paese e i ricchi borghesi . Quindici i morti. Da Catania vengono inviate forze regolari dell'esercito per sedare la rivolta. Nino Bixio decide di recarsi personalmente a Bronte e per dare un esempio a tutta la Sicilia ordina l'arresto di 150 persone e fa processare militarmente i cinque maggiori indiziati, fra cui l'avvocato Lombardo e un povero demente che ha scambiato la rivolta per un gioco. Privi di ogni diritto alla difesa i cinque sono dichiarati colpevoli e fucilati.

Nino Bixio

In questa litografia del 1861 è rappresentato Gerolamo Bixio detto Nino, valoroso combattente per l'indipendenza e l'unità d'Italia. Egli abbandonò le giovanili idee mazziniane per convertirsi alla politica di Cavour. Partecipò alla difesa della Repubblica Romana e alla spedizione garibaldina del 1860. In quest'ultima fu incaricato di reprimere nel sangue la rivolta dei contadini di Bronte.

In questa fotografia del 1861 vediamo Giulio Cesare Abba, che combattè con valore nella seconda e terza guerra d'indipendenza e partecipò all'impresa dei Mille. Egli fu testimone oculare della spedizione garibaldina a Bronte, che descrisse nel libro "Noterelle di uno dei Mille". Questo documento costituisce una testimonianza storica fedele, pervasa talora di nostalgica tristezza nel vedere gli ideali per cui Abba aveva combattuto involgariti e delusi da un Italia finalmente unita ma di aspettative morali e civili nettamente inferiori da quella per essa concepite.

Verga: addosso ai galantuomini!

Sciorinarono dal campanile un fazzoletto a tre colori, suonarono le campane a stormo e cominciarono a gridare in piazza : "Viva la libertà!"
Come il mare in tempesta. La folla spumeggiava e ondeggiava davanti al casino (circolo) dei galantuomini, davanti al Municipio, sugli scalini della chiesa: un mare di berrette bianche; le scuri e le falci che luccicavano. Poi irruppe in una stradicciuola.
- A te prima, barone! che hai fatto nerbare la gente dai tuoi campieri! - Innanzi a tutti gli altri una strega, coi vecchi capelli irti sul capo, armata soltanto delle unghie - A te prete del diavolo.! che ci hai succhiato l'anima! - A te, ricco epulone, che non puoi scappare nemmeno, tanto sei grasso del sangue del povero! - A te, sbirro! che hai fatto la giustizia solo per chi non aveva niente! - A te, guardaboschi, che hai venduto la tua carne e la carne del prossimo per due tarì al giorno!
E il sangue che fumava ed ubbriacava. Le falci, le mani, i cenci, i sassi, tutto rosso di sangue! Ai galantuomini! Ai cappelli! Ammazza! Addosso ai cappelli!
Don Antonio sgattaiolava a casa per le scorciatoie. Il primo colpo lo fece cascare colla faccia insanguinata contro il marciapiede - Perchè? perchè mi ammazzate? - Anche tu al diavolo! - Un monello sciancato raccattò il cappello bisunto e ci sputò dentro - Abbasso i cappelli! Viva la libertà! (...)
Ma il peggio avvenne appena cadde il figliolo del notaio, un ragazzo di undici anni, biondo come l'oro, non si sa come travolto dalla folla. Suo padre si era rialzato due o tre volte prima di strascinarsi a finire nel mondezzaio, gridandogli - Neddu! Neddu! - Neddu fuggiva, cogli occhi e la bocca spalancati dal terrore senza poter gridare. Lo rovesciarono; si rizzò anch'esso su di un ginocchio come suo padre; il torrente gli passò di sopra; uno gli aveva messo lo scarpone sulla guancia e gliel'aveva sfracellata; nonostante il ragazzo chiedeva ancora grazia colle mani. - Non voleva morire, no, come aveva visto ammazzare suo padre; strappava il cuore! Il taglialegna, dalla pietà, gli menò un gran colpo di scure colle due mani, quasi avesse dovuto abbattere un rovere di cinquant'anni - e tremava come una foglia - Un altro gridò - Bah! egli sarebbe stato notaio, anche lui!
(G.Verga, Novelle, Milano, Mursia, 1988).

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