TEORIA STABILIZZATORE SERIE A VALVOLE
In queste pagina spiego analiticamente le relazioni che legano i parametri implicati nel funzionamento dello stabilizzatore al fine di determinarne la bontà; essa è caratterizzata da due elementi.
Il primo è il fattore di bontà e generalmente viene contraddistinto dalla lettera S.
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Più è alto il valore di S migliore è lo stabilizzatore e cioè minore è la variazione della tensione di uscita dE0 rispetto a quella della tensione d’ingresso dEi.
In questo testo le lettere che indicano il parametro si fanno precedere dalla lettera “d” quando se ne vuole indicare una variazione, sia positiva che negativa, rispetto al suo valore costante.
Il secondo elemento che determina la bontà dello stabilizzatore è la sua resistenza di uscita.
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Ovvero più è bassa la resistenza di uscita migliore è lo stabilizzatore e cioè minore è la variazione della tensione in uscita dE0 per una variazione della corrente dIp assorbita dal carico.
DETERMINAZIONE DEL FATTORE DI BONTA’ S
Si faccia riferimento alla figura 1.
figura 1
Ammettiamo che ci sia una variazione della tensione d’ingresso dEi che tenda a far variare la tensione di uscita che il nostro stabilizzatore deve cercare di riportare al valore nominale.
Supponiamo inoltre che il carico rimanga costante.
La tensione Eg presente sulla griglia di U1 sarà imposta dal partitore formato da R1 ed R2:
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Dove B è:
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Quindi ad una variazione della tensione di uscita corrisponde una variazione dEg pari a:
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La tensione dE1 presente sulla placca di U1 è generata da due effetti; il primo è dovuto alla differenza tra la tensione dEg presente sulla griglia del tubo e quella stabile fornita dal diodo zener; essendo la valvola U1 un amplificatore a catodo comune questa differenza la si ritrova sulla placca amplificata. Questa tensione la chiamo dE1’.
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Dove K1 è:
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Dove u1 è il fattore di amplificazione di U1 ed rp la sua resistenza interna, il segno – indica che la valvola è invertente.
Per comprendere questa formula analizziamo il circuito in figura 2 relativo alla valvola U1 e valido per i soli segnali variabili.
figura 2
Il generatore dipendente U1 alimenta tramite la resistenza interna rp la resistenza R3 dato che sia la sorgente di Ei che lo zener per i segnali variabili sono corti circuiti; in questo modo la tensione dE1’ si ritrova ai capi di R3.
L’atro effetto che contribuisce alla generazione di dE1 è dovuto alla partizione delle resistenze R3 ed rp della tensione d’ingresso Ei che alimenta la loro serie, figura 3.
figura 3
La tensione variabile dovuta alla partizione di dEi sarà presente ai capi di R3. Chiamo questa tensione dE1”:
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Dove:
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Quindi la tensione totale dE1 tenendo conto dei versi delle tensioni è:
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Adesso andiamo avanti facendo riferimento alla figura 4 dove è rappresentato il circuito per i segnali variabili. Notare che sia la sorgente Ei che il diodo D1 non appaiono più perché cortocircuiti per il segnale.
figura 4
La tensione tra la griglia e il catodo di U2 è:
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Ma per definizione il fattore di amplificazione u è:
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Da cui:
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Dove u2 è il fattore di amplificazione della valvola U2. Con alcuni passaggi:
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Ma:
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Sostituendo:
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Possiamo finalmente determinare il fattore di bontà S estrapolando dEi oppure dE0 dalla precedente formula e facendone il rapporto:
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Che nel normale funzionamento si può approssimare a:
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Dalla formula si capisce che la bontà della stabilizzazione è determinata dalla amplificazione della catena, più essa è alta e migliore è S.
Dato che con un solo tubo non è possibile ottenere buoni risultati, si utilizzano più valvole al posto di U1 ricordando che il segnale sulla sua placca deve essere sempre invertito rispetto a quello presente in uscita.
Un ottimo esempio di stabilizzatore a valvole lo trovate a:
STABILIZZATORE SERIE A VALVOLE 300V 100mA
l’ho realizzato in contemporanea con la stesura di questa pagina; esso esibisce un rapporto di stabilizzazione pari a 10000; questa sua efficienza unita alla semplicità circuitale determina una buona base sulla quale esercitarsi e partire per sviluppare ulteriori circuitazioni più complesse.
DETERMINAZIONE DELLA RESISTENZA DI USCITA
Facciamo riferimento alla figura 4 e supponiamo che la tensione Ei d’ingresso sia costante. Ammettiamo poi ci sia una variazione del carico tale da provocare una variazione della corrente Ip assorbita da esso.
La tensione dEgk è:
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Trascurando la resistenza interna del tubo rispetto quella del carico risulta:
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Dove gm2 è la trasconduttanza del tubo 2.
“ti voglio bene papà con un transistor potremmo avere una bassa tensione quindi prendere un componente ionico a sfasamento otriottrico”
(questo lo ha scritto mia figlia e non ho il coraggio di cancellarlo)
Tenendo conto che dEi = 0 dato che si è supposto che essa sia costante, nella [10] il secondo termine al secondo membro si annulla e dE1 diviene:
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Inoltre nella [19] trascurando la variazione dE0 rispetto a quella di dE1, la 20 diviene:
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Quindi la resistenza di uscita è:
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Essa, come il parametro S, risulta essere tanto più bassa quanto è più alto il guadagno dell’intero sistema.
Spero di avere chiarito il funzionamento dello stabilizzatore dal punto di vista analitico.
Buon proseguimento
Fabio